Disabilità sensoriali

Lova, il buio sconfitto a colpi di pagaia

«Quando ho cominciato ad accettarmi sono stato accettato anche dagli altri. E’ questa la lezione di vita che voglio trasmettere a chi, come me, vive nel buio». Angelo Lova, 50 anni di Sannazzaro, privo di vista dal 2012 a seguito di una grave forma genetica di retinite pigmentosa, al suo esordio agli italiani di canoa disabili della Federcanoa ha vinto, all’Idroscalo di Milano, tre titoli nazionali nella categoria B-1.
ANGELO LOVA

Da sole poche settimane, dopo una straordinarie impresa estiva che lo ha portato in canoa da Milano a Pavia e poi sino a Venezia con un tragitto fluviale di 500 chilometri, ha deciso di mettersi in gioco anche agonisticamente. E al suo Canoa club Vigevano ha portato ben tre titoli italiani sui 200, 500 e mille metri. Lova dice: «La canoa olimpica da gara è difficile da governare e timonata con l’uso dei piedi. Per me che ho scoperto questo sport solo da pochi mesi è stata un’avventura davvero emozionante che ha richiesto un’impostazione ben diversa da quella per la Milano-Venezia». Appena dietro l’imbarcazione c’è Enrico Calvi del Cus Pavia a impartire gli ordini a voce: «destra», «sinistra», «diritto», «pochi metri all’arrivo», «accelera i colpi» … E Lova, rispettando fedelmente i comandi, ha fatto centro tre volte, dai mille metri di fondo ai 200 metri di sprint passando, ancora vincente, dalla mediofondo sui 500 metri. «Ho alcuni sogni nel cassetto da condividere con i miei maestri di canoa Fabrizio e Claudia Zanirola ed Enrico Calvi. Il primo sarà una tre-giorni invernale sul Ticino, dal lago Maggiore sino alla foce nel Po. Poi una Milano-Venezia aperta anche ad altri disabili».

Per Angelo Lova la canoa è diventata autentico mezzo di riscatto: «Nel 2012, quando ho perso progressivamente la vista, ho voluto superare fortemente questa barriera. Ho scoperto la canoa e per me è stato il riscatto completo. Quando la gente sa che non vedi sorgono spesso barriere insormontabili, ma al Canoa club mi hanno accolto a braccia aperte». Il resto lo ha fatto la famiglia, specie la moglie Raffaella. «E’ stata il vero motore della mia vita di non vedente. Con lei ho superato anche l’handicap. Quando mi stavo fermando è stata Raffaella a farmi credere ancora nel futuro. E’ merito suo se ho raggiunto questo traguardo».

Fonte: laprovinciapavese.gelocal.it