Disabilità sensoriali

Cammino di Santiago con cane guida: la storia emozionante di Dajana e Camilla

Un viaggio commovente, per riflettere e sperare. Ma soprattutto superare la contrapposizione possibilità/rinuncia dajanae capire che al mondo possono coesistere modi differenti di fare le stesse cose.

Oggi vi vogliamo raccontare la storia di Dajana Gioffrè, una ragazza 24enne di Torino che ha deciso di percorrere 116 chilometri del cammino di Santiago di Compostela insieme a una compagna eccezionale chiamata Camilla. Un’amica? Senz’altro, ma in realtà molto di più: è questo il nome, infatti, del fedele labrador biondo che da due anni l’accompagna, vestendo i panni di cane guida. Cieca da quando ha 13 anni, Dajana è oggi una studentessa di psicologia all’ultimo anno di università, oltre ad essere impiegata in un’agenzia per il lavoro. Segni particolari? Grinta ed energia da vendere.

Com’è nata l’idea del Cammino di Santiago?
Era almeno un anno che desideravo fare questo cammino perché alcuni miei amici, essendoci stati, mi avevano incuriosito con il racconto della loro esperienza bellissima. Ho titubato a lungo chiedendomi: come faccio a portare il mio cane? Per me Camilla è un grande strumento di autonomia, quando siamo lontane sono in ansia, anche se ce l’ho da solo due anni.

Quando si è presentata l’occasione giusta?
Il servizio cani guida da tempo stava pensando a un’esperienza forte per sensibilizzare la cittadinanza sulla tematica dei cani guida, l’importanza di farli accedere nei locali o negli alberghi. Il Presidente della scuola Cani Guida Lions – Giovanni Fossati – ha ottenuto i finanziamenti da Maxi Zoo Italia, che è diventato il nostro sponsor, in modo tale da non togliere i soldi all’istituto, chiedendo successivamente ad un giovane e preparato addestratore di cani guida la disponibilità a poterci accompagnare. Siamo partiti in sei: io, Giovanni Fossati con la moglie Daniela, Illdebrando Gambarelli con la moglie Patrizia (che fanno parte dei Lions, distretto di Finale Ligure) e un addestratore cinofilo della Scuola Cani Guida di Limbiate.

Che cosa ti ha spinto a fare il cammino? Motivi spirituali, religiosi o di altra natura?
I fattori sono molteplici. Nel mio caso non è stata una scelta di tipo religioso perché io mi definisco agnostica, ma parlerei piuttosto di un desiderio spirituale strettamente individuale. Volevo fare un’esperienza forte: avere la possibilità di riflettere molto, di mettermi alla prova fisicamente, perché sapevo che portandomi “all’estremo” avrei capito tutta una serie di cose su me stessa. Sapevo che la possibilità di fare cammino con il cane mi avrebbe permesso di approfondire ulteriormente il rapporto con Camilla. Da parte mia c’era anche il desiderio di fare un’esperienza culturale, dove incontrare persone provenienti da tutto il mondo: sapevo che lì avrei avuto molte occasioni di conoscenza. E avrei trovato più forza per arrivare alla meta.

Come si è svolto il viaggio?
Siamo arrivati a Sarria in macchina. Lì abbiamo cominciato a camminare, percorrendo l’ultima lunga tappa che porta a Santiago di Compostela: 116 chilometri, divisi in 5 giorni di cammino, da lunedì a venerdì. La scuola era molto preoccupata che Camilla non ce la facesse, motivo per cui l’addestratore cinofilo ci ha seguito in macchina, controllando che stesse bene. In realtà è quella, tra le due, che ha resistito di più! Ogni giorno Camilla mi guidava per un paio di chilometri, poi la lasciavo libera e tranquilla. Siamo partiti il 30 maggio e siamo arrivati a Compostela il 3 giugno, sulla pagina Facebook “Buen Camino: Dajana e Camilla” trovate foto e brevi riflessioni.

Nessun problema per te e Camilla negli ostelli?
A Porto Marin, meta della prima giornata di cammino, non siamo riusciti a trovare strutture che ospitassero cani. L’unica alternativa era quella di tornare in macchina nell’albergo dove avevamo dormito la notte precedente. Mi sono anche dovuta dividere dal gruppo perché altrimenti non avrei trovato un letto su cui dormire. Per il resto devo dire di non aver avuto nessun tipo di problema: abbiamo dormito in cascine bellissime, c’erano persino le mucche che pascolavano…

Avrai sicuramente sentito parlare dell’hotel di Rimini che si è rifiutato di ospitare una signora cieca.
Sì, so che il cane della signora ha avuto la stessa addestratrice di Camilla. Ormai gli addestratori si ritrovano sempre a doverci aiutare in queste situazioni. C’è da dire che in Europa non è che le cose vadano meglio ovunque, anzi. Ho fatto l’Erasmus in Norvegia e lì, ricordo, non potevo nemmeno entrare dentro il tabacchi dove si comprano i biglietti dell’autobus perché è il negoziante a decidere se il cane può entrare o meno. Sono tanti i miti da sfatare.

Quale la reazione delle persone che incontravano te e Camilla durante il percorso?
Emotivamente, durante il cammino, vivi tutto in modo più amplificato. In molti casi i pellegrini ci aspettavano nelle tappe (forse aspettavano più Camilla che me); alcuni, quando vedevano Camilla, si emozionavano e piangevano: ma io non mi offendevo per questa cosa, capivo quanto fosse forte capire per alcuni di loro che un cane può essere gli occhi della persona. Erano estremamente emozionati.

Hai fatto qualche altro incontro che ti ha colpito?
Mi sono rimaste nel cuore, in particolare, due persone. Una è una signora statunitense che ha avuto una vita molto particolare, e ha deciso di fare il cammino mettendosi alla prova percorrendo tutti gli 800 chilometri; per stare con noi e fare l’ultima tappa insieme, ha modificato la sua andatura. E poi c’è un signore incontrato a Casa Blanco, una struttura in mezzo alla campagna: ha voluto condividere con noi anche alcune riflessioni scritte durante il cammino, una sorta di diario. Siamo rimasti in contatto.

A chi consiglieresti di fare il cammino di Santiago?
A tutti. Molte persone lo fanno per un motivo specifico: chi aveva perso un bambino durante la gravidanza, chi aveva avuto problemi in famiglia, chi era rimasto senza una persona cara. Si può anche fare senza una ragione particolare e a prescindere dall’età. Quanto bisogna allenarsi prima di partire? Io per paura mi ero allenata nel mese e mezzo precedente, evitando di prendere l’autobus e piuttosto camminando, ma una volta arrivata mi sono resa conto che mi sarei trovata di fronte a un cammino molto diverso da quello cittadino, con dislivelli, terra battuta, a volte fango. Eppure, sono riuscita comunque. Credo, insomma, che una persona in buona salute riesca a farlo senza un allenamento eccessivo.

Progetti per il futuro?
Spero di ripetere il cammino in primavera, questa volta senza Camilla, ma in tandem. Vorrei fare un viaggio un pochino più all’avventura. Magari in bicicletta. A proposito: sì, ci so andare! Non so perchè sia possibile, forse perché ho conservato la memoria, avendo perso la vista quando avevo 13 anni…

Un’ultima domanda: l’emozione dominante che ti ha lasciato questo viaggio?
Oltre al bisogno di arrivare all’estremo delle proprie forze per capire tutta una cosa di se stessi, la cosa che mi ha colpito di più è stato provare una sensazione “a specchio”: vedere l’emozione degli altri nel comprendere che ci sono modi diversi nella vita di fare le stesse cose. Io ho fatto il cammino, proprio come tutte le persone che erano lì, ma l’ho fatto in maniera diversa.

Fonte: urbanpost.it