Disabilità sensoriali

Essere sordi e ciechi: una disabilità che non viene ancora riconosciuta

Circa 100mila persone prive della vista e dell’udito vivono confinate in casa, secondo un’indagine di Istat e Lega del Filo d’Oro. Essere sordi e ciechiNon poter vedere, sentire, parlare. Nel nostro Paese più di 100mila persone sordocieche, cioè prive totalmente o parzialmente sia della vista che dell’udito, vivono confinate in casa, sul letto o su una sedia; 7 su 10 hanno difficoltà nelle più semplici attività quotidiane, come lavarsi, vestirsi, mangiare; circa 20mila persone vivono in uno stato di dipendenza assoluta e hanno bisogno di assistenza tutto il giorno. Ad analizzare le condizioni di vita di questo “esercito” di invisibili (sono 189mila i sordociechi in Italia) è stato il primo studio sulla popolazione di persone con disabilità sensoriali e plurime in condizione di gravità, promosso dalla Lega del Filo d’Oro e realizzato dall’Istat, presentato a Roma. «La ricerca ricostruisce per la prima volta le reali dimensioni della sordocecità, che fino a poco tempo fa sembrava riguardare solo poche migliaia di persone e, più in generale, inquadra un vero e proprio problema sociale diffuso» afferma Rossano Bartoli, segretario generale della Lega del Filo d’Oro.

Innumerevoli barriere

Chi ha entrambe le disabilità sensoriali il più delle volte deve fare i conti con innumerevoli barriere, come se non bastasse vivere nel buio e nel silenzio. E così per quasi nove persone sordocieche su dieci uscire di casa rappresenta un problema a volte insormontabile che spinge verso una condizione di completo isolamento, anche affettivo; quasi tutte le persone sordocieche ritengono inaccessibili i mezzi di trasporto e gli edifici pubblici. Più di sei persone su dieci hanno difficoltà a incontrare parenti e amici, mentre il 78,7% degli intervistati dall’Istat non riesce a occuparsi dei propri interessi o partecipare a eventi culturali e di intrattenimento.

Legge disattesa

La legge n. 107 del 2010 ha riconosciuto per la prima volta la sordocecità come una disabilità unica che, comportando difficoltà specifiche nell’accesso all’informazione, alla comunicazione e alla mobilità, necessita di ausili e servizi specifici. Ma, a distanza di sei anni dall’entrata in vigore, la normativa è ancora disattesa. I motivi? Li spiega Francesco Mercurio, nato cieco e diventato sordo all’età di dieci anni, consulente legale della Lega del Filo d’Oro dopo essersi laureato in giurisprudenza con una tesi sulla “Tutela delle persone disabili nella Costituzione e nella normativa di attuazione”. «Ci sono alcune criticità che vanno superate – dice Mercurio -. Innanzitutto non è stata ancora predisposta dall’Inps la modulistica che consente di barrare la casella “sordocecità” per la richiesta di accertamento dell’invalidità: questo consentirebbe di evitare doppie visite per accertare separatamente la sordità e la cecità e quindi di essere convocati da un’unica commissione medica in cui ci sono tutti gli specialisti».

Mancato riconoscimento

Ma c’è anche un altro problema. La legge, pur affermando che la sordocecità è una disabilità unica e specifica, definisce sordocieche le persone cui siano riconosciute distintamente entrambe le minorazioni, sordità e cecità, sulla base della legislazione vigente. Di fatto, quindi, la sordocecità è considerata ancora come una sommatoria di due distinte disabilità. «Così non viene riconosciuto lo status di sordocieco alle persone che, pur essendo non vedenti, sono diventate sorde dopo il dodicesimo anno d’età – osserva Mercurio -. Secondo le norme in vigore, infatti, sono sorde esclusivamente le persone con una minorazione congenita o acquisita durante l’età evolutiva, tale da aver compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato; a coloro che lo sono diventate dopo i 12 anni, invece, viene riconosciuta l’invalidità. Per superare queste incongruenze, servirebbero modifiche a livello legislativo».

Servizi e ausili specifici

Il mancato riconoscimento della sordocecità non permette, per esempio, di accedere ai servizi specifici previsti dalla legge 107. Per esempio, se una persona solo sorda può comunicare attraverso la Lis, Lingua italiana dei segni, per una persona che è anche cieca occorre la Lis tattile. C’è poi il nodo delle protesi e degli ausili, essenziali per chi ha una disabilità, come lo è, per esempio, l’uso di sistemi di comunicazione non verbale per una persona sordocieca. «I dispositivi a carico del Servizio sanitario nazionale previsti nel nomenclatore tariffario, non aggiornato da 17 anni, sono ormai obsoleti e superati – sottolinea il consulente legale della Lega del Filo d’Oro -. Allora nemmeno esistevano alcuni ausili come le protesi acustiche digitali o gli impianti cocleari di ultima generazione. Oggi in alcuni casi si riesce anche ad accedere ai nuovi ausili tramite il servizio pubblico, ma dipende dalla regione; in altri casi chi ne ha bisogno deve pagarli di tasca propria oppure è costretto a farne a meno. Sarebbe opportuno – conclude Mercurio – che il nomenclatore tariffario fosse aggiornato ogni due anni, in modo da dare risposte concrete e immediate alle esigenze delle persone».

Fonte: ultime-notizie.cloud