Disabilità sensoriali

Robbie Wilde, “Quel Dj Sordo” che sfida il silenzio a colpi di scratching

Basse frequenze, memoria muscolare, tecnologia e passione: così il dj protagonista della scena dance di New York, porta la musica dove il suo udito non può arrivare. Con Moby è nel cast di “Before We Were Kings”. “Spero che la mia storia possa ispirare chi vive la sordità” Dj Robbie WildeNon ha mai fatto mistero della sua disabilità. Anzi, sui social network ama farsi chiamare “That Deaf Dj” (Quel Dj Sordo). Stiamo parlando di Robbie Wilde, deejay esordiente della scena dance newyorkese. Protagonista in America dello spot del Touch smart pc della Hewlett-Packard, si muove nel circuito dei club della cosiddetta Tri-state area, compresa fra New York, il New Jersey e il Connecticut. La sua vicenda, come il suo nome, ricorda quella di Frankie Wilde, personaggio del film canadese “All Gone Pete Tong” (2004), che narra la storia di un DJ diventato sordo nel pieno della propria carriera. La realtà di Robbie, però, supera di gran lunga la finzione.

27 anni, nato nel Regno Unito e cresciuto in New Jersey, era ancora un ragazzino quando perse completamente l’udito all’orecchio sinistro e l’80% a quello destro, per un’infezione mal curata perché privo di assicurazione sanitaria, a causa delle difficoltà economiche attraversate all’epoca dalla sua famiglia.“Ho scelto di non frequentare la scuola per sordi per paura di essere etichettato come diverso”, ha raccontato alla CNN. “Non è stato facile. C’era pure chi si prendeva gioco di me”. Ha imparato a leggere le labbra e a parlare normalmente, nonostante non fosse più in grado di sentire suoni né voci. “Percepisco solo le basse frequenze”, spiega. Durante il college s’innamora del turntablism, l’arte di suonare il giradischi con lo scratch, la tecnica che consente di creare sonorità tramite la manipolazione ritmica dei dischi in vinile. A 18 anni, diventa allievo del campione mondiale DJ Shiftee, presso la scuola DubSpot di New York. “La sfida più grande è stata quella di mandare a tempo le tracce”, ricorda nel documentario della Dubstop a lui dedicato. “Shiftee mi ha insegnatol’importanza della memoria muscolare e della pratica, per costruire abitudini corrette”.

Come tanti, oggi per suonare utilizza due giradischi Technics, un mixer Rane, un controller e un Mac e si aiuta con dispositivi normalmente usati da professionisti. Al posto delle cuffie, ha adottato uno speciale In Ear Monitor, auricolare che amplifica il suono ad alta fedeltà, disegnato su misura per il suo orecchio destro dalla Starkey, società che produce apparecchi acustici e che lo sponsorizza. Per avere la percezione reale dei bassi, invece, impiega il dispositivo audio tattile SubPac. È una sorta di subwoofer a forma di schienale, che s’indossa come uno zaino e trasmette le basse frequenze sulla pelle, ricreando la sensazione delle vibrazioni che si percepirebbero in un locale. “Con gli sviluppatori abbiamo creato una linea studiata per migliorare il modo in cui DJ, produttori e persone con gravi problemi di udito interagiscono con il suono”, spiega. Infine, per distinguere i suoni dalle pause e individuare l’entrata di una voce nel brano, ha optato per il software di Digital DJing Serato, che in base alle frequenze, rappresenta sullo schermo forme d’onda con una distinzione cromatica tra i bassi, i medi e gli alti.

Previsto fra breve il lancio dell’EP Coda. “Alcuni brani – racconta a Redattore Sociale – sono già disponibili su iTunes. Ma sto già lavorando sul un altro album, in uscita la prossima primavera”. Insieme ad artisti come Moby e Wolfgang Gartner, inoltre, prenderà parte al cast del documentario “Before We Were Kings”, incentrato suglieffetti neurologici della musica per curare ansie e patologie. “Spero che la mia storia possa veramente ispirare chi come me vive la sordità“, conclude. E a chi si vuole avvicinare al mondo del djing consiglia: “Credete in voi stessi, perché se c’è passione, tutto è possibile”.

Fonte: redattoresociale.it

(n.s./c.a.)