Disabilità sensoriali

Vogliamo emanciparci

integrazioneL’integrazione dipende dai mezzi che lo Stato mette a disposizione dei cittadini. In Italia l’handicap ferma il tempo: le persone con disabilità vengono trattati come eterni bambini. Ecco le loro storie di Giovanni Molaschi

Tra il 2001 e il 2010 la popolazione italiana è aumentata del 5,9%. L’incremento non interessa i giovani. Le persone con un’età compresa tra gli 0 e i 18 anni sono diminuite del 2,64%. Dietro il calo delle nascite si nasconde un fallimento doppio. In Italia la decrescita economica collima con quella sociale. Le persone che oggi vorrebbero avere un figlio faticano a diventare una famiglia. Sonia ha 30 anni. Per muoversi ha bisogno della carrozzina. Per amore si è trasferita a Milano dove proverà a diventare madre. “La famiglia è un progetto che vorrei realizzare. L’arrivo di un figlio spaventa tutte le donne, non solo quelle che come me devono confrontarsi tutti i giorni con l’handicap. La disabilità non esclude la maternità”.

Una famiglia per nascere ha solo bisogno di un futuro che senza la giusta tranquillità economica è difficile da raggiungere. “Le leggi, evidenzia Sonia, ci sono ma non sono belle come dicono. Io faccio parte della categoria protetta e lavoro nel pubblico eppure fatico ad ottenere un trasferimento. La burocrazia blocca tutto. Io sono costretta a ricominciare tutto da capo solo dopo aver raggiunto il mio compagno. Per i primi tempi il suo reddito e la mia pensione dovranno bastare”.

Il sistema italiano, secondo Fulvio Santagostini (presidente di Ledha, Lega per i diritti delle persone con disabilità), non vede nell’handicap una risorsa. “Un invalido civile quando lavora diventa un contribuente a tutti gli effetti. Lo Stato, oggi, vieta a 20-30 mila persone di pagare le tasse. La legislazione italiana riguardante la disabilità è una delle più avanzate d’Europa eppure si fatica a metterla in pratica”. “Nel 1996″ evidenzia Massimo, un educatore che segue i ragazzi con handicap mentali, “nascevano i primi servizi all’autonomia per le persone con un ritardo mentale. Il progetto prevedeva un’integrazione con la società entro 3 anni. Nel 2011 la Regione Lombardia ha avviato lo stesso progetto. Ci sono persone che non sono mai uscite dai servizi all’autonomia promossi negli anni Novanta”.

Secondo Massimo i problemi logicistici dipendono dai ritardi culturali. “Troppo spesso ci si dimentica che le persone con disabilità non rimangono degli eterni bambini. La disabilità non ferma la crescita. Gli adulti dovrebbero rispettare i coetanei al di là delle abilità personali. Fino a quando non sarà garantito un reddito minimo alle persone con disabilità si perpetuerà una dipendenza dalla famiglia che blocca l’emancipazione dei singoli”.

La disparità di trattamento evidenziata da Massimo fa parte anche del presente di Sonia. “Ho trent’anni eppure mi danno sempre del tu solo perché mi vedono in carrozzina. Io, agli estranei, do del lei. Mi piacerebbe ricevere lo stesso trattamento”. “Per molti” aggiunge Marco, allenatore di una squadra di hockey composta da persone con handicap, “dalla mia disabilità dipende tutto. Un mal di testa diventa una conseguenza. A me, come a molti, l’emicrania viene a causa dell’aria condizionata”. L’handicap genera confusione e tabù. “Tutte le domande riguardanti i bisogni, quando si parla di disabilità, sembrano essere vietate”. “Se un uomo con handicap ha un problema riconducibile all’intimità” conclude Santagostini, “di solito viene preso in considerazione dall’urologo o dall’andrologo. Il sessuologo, oggi, si occupa solo delle persone normodotate”. “Tutti i blocchi della società, sottolinea Marco, sono esasperati quando si ragiona di diversità”. Differenze che diventano convenienti solo se confluiscono nella normalità. “Da lontano, precisa Marco, ci assomigliamo tutti”.

Fonte: repubblica.it

(r.b./c.p.)