Architettura del palazzo
Il "Disegno del Pallazzo dell'Ill.ma Città di Torino qual si è esseguito et operatto fatto da me Franc. Lanfranchi"
La sede quattrocentesca
"E' il Palazzo Civico uno de' più notabili edifizi di Torino; soda ad un tempo e maestosa ne è l'architettura, ricca di marmi e di pietre. Bella è la loggia che n'orna il prospetto ecc. ecc.". Così il Cibrario, disinvoltamente con pochi, ma precisi e vigorosi colpi di scalpello, intagliava l'immagine del protagonista di coteste pagine. Al riguardo, però, verrebbe spontaneo osservare come le parole dell'insigne storico non riecheggino se non debolmente l'orgoglio dei compilatori delle più antiche guide sei-settecentesche, ove la qualifica di architettura "soda", rimbalza dall'una all'altra, bene esprimendo quell'impressione di solidità, di terrestre concretezza che le strutture del Lanfranchi suscitavano. Esse del resto rispondevano pienamente al gusto subalpino, che quale tipica manifestazione di temperamenti nordici, è sintesi di razionalità e fantasia, è continua oscillazione pendolare tra due poli opposti. Ed il polo opposto a Lanfranchi ha nome Guarini.
Riportandoci adunque ai tempi in cui un'opera pubblica di tanta importanza venne decisa, progettata, attuata, l'orgoglio di quei nostri antenati d'allora ci appare pienamente giustificato, così come tenuto conto delle gravi ed impreviste difficoltà sorte nel corso dei lavori, non ci sembreranno del tutto esagerate ed iperboliche le lodi dell'abate Valeriano Castiglione.
Fu forse proprio l'insorgenza di coteste difficoltà, ad impedire che l'idea originaria del Lanfranchi, quale ci appare nel disegno autografo conservato negli archivi comunali, venisse fedelmente rispettata dai costruttori, tanto da far sospettare che l'avessero frettolosamente interpretata. L'edificio, ne avrà, magari, guadagnato in compostezza ed austerità, però a tutto discapito di alcune tra le più estrose invenzioni del genialissimo artefice. Il presente discorso verte, tanto per intenderci, intorno alla facciata