Città di Torino

Trecento anni di vita del Palazzo Civico di Torino 1663 - 1963

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Quadro storico

La sede quattrocentesca

Nel corso del '600, il volto architettonico di Torino ebbe a subire le più radicali mutazioni, quelle che cioè distrussero, definitivamente, l'aspetto di grosso borgo rurale, giudicato assai sgradevole dal Montaigne, turista esigentissimo. L'aggressione dei nuovi agglomerati urbani alle campagne finitime era andata facendosi, frattanto, ognor più massiccia dal giorno in cui la Cittadella del Paciotto era sbocciata, come uno splendido fiore astriforme dall'inesorabile quadrilatero del perimetro romano.

Costituirà, all'opposto, una sorpresa per molti la nitidezza, la modernità di concezioni che permearono la politica urbanistica di Carlo Emanuele II, così come le formulò nei fitti suoi "Memoriali". E cioè : "Nobilitare la Capitale con l'istituzione di Accademie, di Collegi di nobili, di pubblici alberghi per l'esercizio della virtù, ed invitarci negozianti, banchieri, e altri virtuosi a rendere la città insigne e comoda, come porta al principio del l'Italia, e uno dei più vantaggiosi passaggi per coloro che provengono; a farla più forte, con la costruzione di nuove mura secondo le vere regole militari". Il censimento degli abitanti denunciava 36.000 unità!

Un programma così nobilmente ambizioso, non poteva non sedurre gli organi comunali responsabili. Logico, quindi, che, per il progetto di un edificio, cui veniva annessa tanta importanza, ci si rivolgesse ad un architetto del prestigio di Francesco Lanfranchi, uomo introdotto nei più chiusi ambienti di Corte.

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