Cento minuti di gioco

Il teatro proposto da Fanny & Alexander è una sinestesia di poeticità, narrazione, visioni e suoni che coinvolge lo spettatore introducendolo in un'atmosfera a metà tra il sogno delirante e la favola macabra. Centuria si articola in due parti: Romeo and Juliet, un radiodramma di e con Stefano Tommassini, rielaborazione dello spettacolo proposto dalla compagnia in occasionae della Biennale di Verona; e Was it I saw a cat?, concerto attraverso lo specchio per pianoforte e flauto, proposto nel 1999 al Concorso TTVV. Le tematiche costituiscono il punto comune delle due "sezioni" che variano per ritmo , innescando una serie di sovrapposizioni sensoriali che sta al pubblico sciogliere, ciascuno secondo la propria sensibilità, ed è proprio a questa attivazione del pubblico che l'opera di Fanny & Alexandre punta, tesa com'è ad una ricerca poetico-estetica in grado di risvegliare e stimolare le facoltà immaginative dello spettatore. (Bkay)

 

 

Le emozioni fatte a pezzi

Peccato: lo spettacolo di Fanny e Alexander, "Centuria", non ha funzionato. La seconda parte ha gettato l'ombra del sospetto sulla reale(?)essenza degli autori. Niente a che vedere con la prima parte dove, con un'operazione intelligente, si mette in scena in forma di radiodramma, l'antica e sfortunata storia d'amore di Romeo e Giulietta. E proprio come avviene in radio, il tuo ascolto è collegato all'immaginazione. Lì è la parte emozionale ad essere stimolata. Il bellissimo gioco di luce e di proiezioni rende la scena teatro di emozioni profonde, allucinate, come solo un dramma evoca. Poco spazio quindi alla fisicità dell'attore se non attraverso il simulacro della sua presenza. Però, già lì cominciavo a sentire alcune note stonate... i tempi troppo lunghi, il desiderio di raccontare troppo, come per cominciare a prendere le distanze dallo spettatore, in quel particolare modo che gli intellettuali conoscono così bene.. E infatti così diventa la seconda parte, aristocratica, colta, un esercizio di stile, come un concerto da camera che rappresenta se stesso. Nonostante la musica dal vivo, i musicisti in scena e vicini al pubblico... E così le emozioni intuite nella prima parte vengono sezionate, fatte a pezzi, chirurgicamente... Che altro si può dire se non....peccato??? (Cyberill@)

 

Squarci di visione e d'ascolto

Un doppio sentimento: forte gratificazione per una poetica intelligente del frammento e irritazione per un esercizio di stile inconcludente che sembra commissionato da estranei. Di chi parlo? Rappresentano la componente più concettuale della Terza Ondata teatrale italiana, i più astratti e visionari. Sono Fanny & Alexander. Il loro "Centuria" visto al Cantiere Big è un'operazione in progress che troverà un prossimo sviluppo alla Biennale Teatro di Venezia. Lo rivendicano come un "percorso documentaristico" ma suona come un vezzo. C'è un sottile e geniale "teatro della memoria" in questo approccio con l'idea di ricombinazione teatrale di performance precedentemente realizzate: da "Sulla turchinità della fata" a "Romeo and Julet: un radiodramma", quest'ultimo presentato nel progetto Prototipo alla Biennale veneziana 1999 (vedi a proposito il diario di bordo di teatr'on). Nel primo tempo la ricostruzione di "Romeo and Juliet" esalta l'intelligenza dello spettatore disposto ad inseguirli nella frammentazione drammaturgica dell'opera scespiriana, in un gioco di sottrazione che tra buio e improvvisi squarci di visione, con sciabolate di luce, costringe ad essere in tensione, cercando di scoprire il valore di un gioco attoriale che si sottrae. Prende forma un teatro dell'ascolto che amo contemplare. E' proprio questo ad affinare la percettività dello spettatore, una fatica che però alcuni non sono disposti a fare. Quello che mi ha fatto arrabbiare è stato il fatto che nell'intervallo ho sostenuto molto, moltissimo, il valore di questo gioco di sottrazione che Fanny & Alexander esercitavano, mentre nel secondo tempo mi hanno di fatto sconfessato. E' come se fossero scivolati su un atto di autocompiacimento con due musicisti, con pianoforte e flauto traverso, buoni esecutori di buon repertorio, estratti da un salotto cameristico di routine (senza negarne qualità, ma quanta inerzia culturale...). Accompagnavano un video che per cinque volte si replicava invitando punti di vista diversi (buona idea teorica ma assolutamente naufragata). E' come se avessero realizzato questa operazione su commissione di qualcuno che hanno voluto blandire. Perchè hanno fatto una cosa simile? Ruggisce il mio dovere di spettatore:mi arrabbio proprio perchè avevo sostenuto la bellissima prima parte. Sento di averne il diritto, in quanto spettatore che si mette in gioco nella condivisione teatrale. E penso che possa essere utile anche a loro, per non trincerarsi nell'autoreferenzialità. (cain)