Centro relazioni e famiglie

I timori degli italiani alla luce della crisi

da NanniMagazine.it, 19 ottobre 2012L’ANALISI – Eurispes: i timori degli italiani alla luce della crisi “Parlare solo di tagli e rigore senza una visione strategica per il rilancio alimenta il senso di instabilità”. Il Presidente Fara commenta così i dati secondo cui il 56,6% delle persone crede che nei prossimi mesi la situazione è destinata a peggiorare.

Continuare a parlare solo di rigore, tagli, sacrifici e vincoli nella totale assenza di un progetto, di un’idea di prospettiva, di una visione strategica per il rilancio del Paese, rischia di alimentare un senso di smarrimento e di totale sfiducia che potrebbe portare nel breve-medio termine ad una nuova stagione di rivendicazione e proteste difficilmente governabili. Con il rischio concreto che la situazione possa complicarsi ulteriormente e sfuggire di mano“.

Così il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, commenta i dati della ricerca condotta dal suo istituto, pubblicati il 18 ottobre, sulle opinioni e i timori degli italiani circa la crisi economica e la tenuta sociale. Dal punto di vista generale il dossier sottolinea come la ricchezza sia diminuita, il debito pubblico aumento la disoccupazione raddoppiata. Una situazione che sta iniziando ad investire, oltre l’Italia, economie considerate forti come quella tedesca e francese. Si acuisce il fenomeno dell’impoverimento e della proletarizzazione dei ceti medi. E in questo clima rovente il distacco avvertito dai cittadini nei confronti delle Istituzioni rischia di alimentare rivedicazioni e proteste difficili da governare.

RICCHEZZA DEL PAESE IN CALO E DEBITO PUBBLICO ALLE STELLE. Per quel che riguarda il primo aspetto, ossia la ricchezza complessiva del Paese, negli ultimi 5 anni, tra il 2007 e il 2012, questa è crollata del 6,7 per cento, mentre stando alle recenti stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI) il debito pubblico, già particolarmente elevato, è cresciuto di altri 23 punti percentuali, passando dal 103 per cento, nel 2007 al 126 per cento nel 2012. La stessa Banca d’Italia, nell’ultimo bollettino, ricorda che il rallentamento dell’economia mondiale sta interessando non più solamente i paesi avanzati, ma anche le economie emergenti, unico vero traino della domanda mondiale in questi anni di crisi. E quello che più preoccupa è che la crisi del debito sovrano nell’eurozona, sta cominciando ad avere effetti anche sulle economie tradizionalmente più forti, come Francia e Germania.

LE RICADUTE SULLA PRODUZIONE ITALIANA. Un quadro economico inedito e allarmante che ha avuto – e sta avendo -, ricadute severe sul tessuto produttivo italiano, sia in termini di crollo della produzione industriale sia in riferimento ai livelli occupazionali sia, in ultimo, sui consumi interni. Nel primo caso, fatta 100 la produzione industriale nel 2007, il valore nel 2011 è crollato di quasi 17 punti percentuali, mentre sul versante del mercato del lavoro il tasso di disoccupazione è passato dal 6,1 per cento nel 2007 all’8,9 per cento nel 2011. In realtà, la stessa Banca Centrale Europea mette in guardia dal rischio che in Italia il tasso di disoccupazione possa essere sottostimato; da Francoforte certificano che, includendo anche i lavoratori scoraggiati (tutti quei soggetti che il lavoro hanno perfino smesso di cercarlo), il tasso reale di disoccupazione nel nostro Paese è pari al 12,5 per cento, 4 punti in più rispetto ai dati ufficiali. Insomma, è possibile sostenere che, a causa della crisi economica, i disoccupati in Italia sono raddoppiati.

IL 2014 L’ANNO DELLA RIPRESA. Eppure, proprio secondo quanto dichiarato dal Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, si cominciano a vedere “cauti segnali di ripresa”, anche se per molti, al massimo, si faticherà ad arrestare la caduta. La stessa Banca d’Italia prevede per il nostro Paese un Pil negativo anche il prossimo anno. Tra il decreto Salva-Italia, il Fiscal compact e la nuova Legge di stabilità, infatti, appare abbastanza difficile che il 2013 – come anche il 2014 -, possa essere l’anno della ripresa economica. Nel caso del “Salva-Italia”, il primo decreto dell’era Monti, è importante ricordare che dei 77 decreti attuativi ne sono stati approvati solo 22; questo lascia supporre che il grosso delle misure contenute nel provvedimento avrà effetti nei prossimi anni. Il Fiscal Compact, di cui perfino in Parlamento si è discusso troppo poco, contiene misure talmente severe da incidere profondamente sulle politiche economiche che i prossimi governi si troveranno ad attuare; nei prossimi vent’anni, infatti, il nostro Paese si è impegnato a rientrare del proprio debito monstre: dal 2014 i paesi con un debito superiore al 60 per cento del Pil, dovranno ridurre di 1/20 l’anno la quota eccedente.

IL 56% DEGLI ITALIANI PESSIMISTA SUL FUTURO DEL PAESE. L’estremo rigore delle misure messe in campo, porta a dubitare che nei prossimi anni si riuscirà a riprendere la strada della crescita. E questo, anche a causa della natura recessiva di molti provvedimenti adottati e da adottare, come ha ammesso molto chiaramente perfino lo stesso Presidente del Consiglio, Mario Monti, alcune settimane fa. Della stessa opinione, d’altronde, la maggioranza dei cittadini italiani che nelle rilevazioni effettuate dall’Eurispes dichiarano di essere molto preoccupati per il futuro: il 56,6 per cento crede, infatti, che la situazione economica nei prossimi mesi è destinata a peggiorare, mentre solo il 6,1 per cento pensa, al contrario, che possa migliorare.

ECCO COME LA CRISI HA CAMBIATO I SENTIMENTI DEGLI ITALIANI. È interessante mettere in evidenza quanto emerge dalla lettura diacronica del ‘sentiment’ raccolto; osservando la serie storica, appare subito evidente quanto la crisi economica in atto sia stata determinante nel cambio di atteggiamento dei cittadini. Nel 2007, infatti, il sentimento generale era decisamente meno pessimista e la quota di cittadini che ipotizzava un miglioramento della situazione economica del Paese, era pari al 35,6 per cento, mentre già nel 2008 gli ottimisti crollavano al 10,9 per cento, segno di un rapido deterioramento del quadro complessivo. Una situazione estremamente difficile, compromessa anche dall’involuzione che sta attraversando il quadro politico-istituzionale sia sotto il profilo delle riforme annunciate e mai approvate – o, peggio ancora, realizzate a metà – sia sotto il profilo giudiziario, con episodi di corruzione intollerabili per i cittadini chiamati, nello stesso tempo, a fare sacrifici enormi.

FIDUCIA IN CALO NELLE ISTITUZIONI POLITICHE PER 7 ITALIANI SU 10… Il livello di fiducia degli italiani nelle Istituzioni è particolarmente basso, vicino ai limiti di guardia. Una sfiducia aumentata in modo significativo negli ultimi 2 anni e sfociata nel preoccupante dato del 2012: più di 7 italiani su 10 hanno dichiarato una sfiducia crescente verso le Istituzioni. Ma i recenti fatti di cronaca giudiziaria che hanno investito i principali partiti politici e alcune delle più importanti istituzioni territoriali, portano a immaginare un quadro ancora più compromesso, un distacco preoccupante tra i cittadini e le Istituzioni, in un momento in cui, al contrario, ci sarebbe estremo bisogno di un governo capace di dare risposte ai complessi processi sociali in atto.

…IN AUMENTO QUELLA VERSO LE ISTITUZIONI A TUTELA DEL CITTADINO. Tra le Istituzioni, quelle più apprezzate e sulle quali si ripone un’ampia fiducia ci sono le Forze dell’ordine e la Presidenza della Repubblica. Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza confermano quote di consenso molto elevate. Al primo posto troviamo l’Arma dei Carabinieri con un livello di fiducia pari al 75,8 per cento, seguita dalla Polizia di Stato, con il 71,7 per cento e dalla Guardia di Finanza, con il 63,3 per cento. Al di fuori dalle Forze dell’ordine l’unica istituzione che mantiene livelli di autorevolezza e di fiducia ancora molto alti è la Presidenza della Repubblica che, con il 62,1 per cento di fiducia espressa dai cittadini, conferma il suo ruolo di imparzialità e garanzia.

LA PERDITA DEL CETO MEDIO E LA SOCIETÀ DEI TRE TERZI. Il 17 settembre il dossier tematico della Caritas ha ricordato e sottolineato nuovamente che la povertà in Italia non solo esiste, ma il numero dei nuovi poveri è in vertiginoso aumento. Siamo di fronte a quella che l’Eurispes ha definito la “società dei tre terzi”. Una società che si va configurando con un terzo dei suoi appartenenti garantiti e al riparo da ogni possibile sfavorevole congiuntura economica, un terzo composto dai ceti tradizionalmente esclusi, dei poveri e degli emarginati, e un terzo, i ceti medi, che, avendo a disposizione quote di reddito appena sufficienti, vivono in una condizione di instabilità di precarietà. Insomma stiamo perdendo i ceti medi; se si aggiunge lo smantellamento dello stato sociale rischieremo di avere, nell’immediato futuro, una minoranza di ricchi e una sterminata massa di neo-proletari.

LA POVERTÀ UFFICIALE E QUELLA NASCOSTA IN GIACCA E CRAVATTA. Intanto, l’area della povertà continua ad espandersi velocemente e tocca ormai fasce che un tempo venivano considerate immuni. In Italia abbiamo circa 2,5 milioni di famiglie al di sotto della soglia di povertà per un totale di circa 8 milioni di soggetti. Altre 2,5 milioni di famiglie sono appena al di sopra di questa soglia. In totale, il fronte ufficiale del disagio profondo è costituito da circa 16 milioni di persone a cui va aggiunta una quota sempre più ampia di povertà nascosta ovvero di quei “poveri in giacca e cravatta” che altro non sono la triste avanguardia di quei ceti medi “in caduta libera” sui quali si fondava fino a qualche anno fa l’economia del nostro Paese. Oggi si fa finta di meravigliarsi della caduta degli indici e delle tipologie dei consumi e non si riflette sul fatto che questa è solo in parte una flessione congiunturale ed è, invece, la spia di un mutamento di carattere strutturale legato proprio all’impoverimento dei ceti medi. Soprattutto da questo fenomeno nasce l’inquietudine delle giovani generazioni tra le quali si è diffusa la convinzione di un futuro incerto e forse peggiore del presente.

  • Aggiornato il 19 Ottobre 2012

Lessico Famigliare su RaiPlay

Lessico Famigliare su RaiPlay

La madre, il padre, il figlio, la scuola. Sono gli archetipi su cui si fonda la nostra società. Massimo Recalcati racconta questi ruoli esponendo tesi e suggestioni proprie della psicoanalisi, punteggiate e arricchite da interviste, contributi filmati, letture di testi, citazioni cinematografiche.

Galleria multimedia

Galleria multimedia

Il Bollettino della Famiglia

Il Bollettino della Famiglia