Archivio storico della Città di Torino



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Ferdinando Bonsignore
da Roma a Torino, dall'Antico Regime alla Restaurazione

di Laura Guardamagna

LogoL'architetto Ferdinando Bonsignore (Torino 1760, ivi 1843) è noto alla storia dell'architettura non solamente piemontese pressoché soltanto per il progetto e la costruzione del tempio torinese dedicato alla Gran Madre di Dio, eretto come è noto per celebrare da parte della città il ripristino della monarchia sabauda durante i fasti della Restaurazione; il giudizio critico corrente su tale opera la riduce a una fredda e pedissequa imitazione del Pantheon e conseguentemente considera l'architetto un generico accademico classicista.
Le informazioni e i documenti attualmente noti intorno alla figura e all'opera dell'architetto, di famiglia genovese ma torinese di nascita, consistono quasi unicamente in una biografia anonima conservata alla Biblioteca Reale di Torino e nei documenti citati alla voce Bonsignore nelle omonime Schede redatte dal Baudi di Vesme, che, se permettono di ricostruire le grandi linee della carriera professionale e artistica, didattica e accademica, di Bonsignore, tuttavia si limitano a ricordare il cursus honorum dell'architetto (studi, incarichi, onorificenze, pensioni) ma sono pressoché privi di informazioni sul contenuto culturale e artistico di tale carriera; pertanto la letteratura storico-critica si limita a citarne le tappe, rischiando di ridurre la figura, l'opera e l'ambito culturale dell'architetto a un episodio locale.
I contributi di storici dell'architettura europei più recenti e approfonditi, dopo gli studi pionieristici di Kaufmann negli anni Trenta, hanno invece evidenziato l'estrema importanza del periodo tra la fine del Settecento e l'inizio del secolo successivo per la fondazione, tanto concettuale quanto estetica, del Moderno in architettura. Tuttavia le ricerche sono ancora frammentarie e quindi le articolazioni di tale radicamento sono ancora al centro del dibattito.
Le circostanze della carriera di Bonsignore, già architetto patentato, dal quindicennio di studi trascorso a Roma dal 1783 al 1798, quando Roma era il centro cosmopolita e vivacissimo della cultura artistica europea, fino alla funzione pubblica di architetto della città di Torino, nel momento della radicale modernizzazione tanto fisica quanto sociale e politica conseguente alla dominazione francese, si arricchisce ulteriormente dei trascorsi come insegnante di architettura all'Università di Torino dal 1805 al 1843, quando i nuovi ruoli tecnico-professionali dell'architetto avevano richiesto una radicale rivoluzione nei modi tradizionali della formazione, portandola appunto da apprendistato singolo all'oggettività organizzata dello studio universitario, sino ai contrasti e alla crisi conseguente alla Restaurazione, durante la quale Bonsignore fu precettore e architetto di Carlo Alberto; l'interazione di questi eventi proiettano di fatto l'architetto in una dimensione europea, confermata e illuminata dai documenti e dai disegni del fondo che l'Archivio Storico della Città ha ora acquisito.

Il nuovo ed importante fondo, che si aggiunge ai documenti già conservati in quest'Archivio, è costituito da 348 carte sciolte, da due volumi di progetti rilegati, da tre quaderni di studi ed appunti.
In prima istanza, il fondo riveste fondamentale importanza per la conoscenza sistematica e completa del ruolo culturale e dell'opera di Ferdinando Bonsignore, a tutt'oggi nota in modo frammentario, permettendo anche l'identificazione e l'attribuzione fino a oggi incerta di alcune opere; un ulteriore aspetto di notevole importanza storica, al di là dello studio intorno alla personalità artistica e culturale di Bonsignore, consiste nella possibilità offerta dai documenti recentemente acquisiti di migliorare il livello di conoscenza circa i contenuti dell'insegnamento, più che trentennale, impartito da Bonsignore dalla cattedra di Architettura dell'Università di Torino; insegnamento attraverso il quale fu formata una intera generazione di architetti piemontesi, portatrice, in molti casi, di una evidente persistenza dell'indirizzo dato dal maestro che si perpetuò ben oltre la metà del secolo e con la quale anche le personalità che più lo criticarono dovettero comunque confrontarsi, come testimoniano i casi di Antonelli o Promis.
Inoltre la grande quantità di studi e progetti contenuti nel fondo ed eseguiti da Bonsignore sia come architetto della Città sia al servizio di Carlo Alberto, dapprima come architetto del principe di Carignano (compreso il famosissimo monumento al Trocadero di Racconigi) e in seguito come primo architetto disegnatore del Re, documentano e chiariscono la complessa interazione culturale tra le diverse e contrastanti componenti della cultura architettonica della Restaurazione nel Regno Sardo, in un momento in cui l'architettura acquistava un rilevante significato ideologico e politico, basti pensare all'opera di Palagi.
Un ulteriore aspetto che conferisce ai documenti e ai disegni contenuti nel fondo Bonsignore un interesse e una importanza di rilevanza europea sta nella luce che da essi si ricava sull'attività della romana Accademia della Pace, attiva negli anni successivi al 1790 e la cui fondamentale importanza è stata da tempo intuita ed affermata da eminenti specialisti, ma intorno alla quale sono pochi e sporadici i documenti e le testimonianze diretti ed autentici come quelli ora offerti dal fondo in esame. L'Accademia della Pace risulta essere un libero sodalizio di numerosi architetti italiani e stranieri, tra i quali Bonsignore rivestì un ruolo importante; di orientamento repubblicano e per alcuni giacobino (Antolini, Barabino, Bargigli), i suoi membri erano impegnati nello studio e nella ricerca collettiva di una nuova architettura prefigurante auspicate grandi trasformazioni sociali; l'ulteriore passo che questi documenti consentono rimette quindi in discussione gran parte delle interpretazioni correnti dell'architettura cosidetta "rivoluzionaria" e getta nuova luce sui rapporti tra la cultura francese e la cultura italiana negli anni critici della Rivoluzione.
Dal punto di vista strettamente artistico, occorre ricordare che in quegli anni il disegno di architettura aveva assunto l'aspetto di un autonomo e nuovo genere di espressione artistica, a cui Bonsignore aderì completamente e che, almeno per quanto lo riguarda, non era sinora documentabile ed apprezzabile per l'esiguità e la frammentarietà dei documenti noti. La qualità grafica e l'arditezza architettonica di molti tra i disegni contenuti nel fondo, particolarmente nei due volumi eseguiti per l'Accademia della Pace, portano a una completa revisione dei giudizi critici sin qui formulati intorno al sodalizio romano. Inoltre molti disegni rivelano un forte pittoricismo, molto diverso dai coevi modelli francesi e che possiamo ritenere tipicamente patrimonio della cultura italiana maturata a Roma, basti pensare a Piranesi.
Il fatto poi che il fondo sia rimasto sempre di proprietà dei discendenti diretti di Ferdinando Bonsignore e non sia mai stato smembrato o scompaginato, al punto da conservare, almeno parzialmente, un ordinamento cronologico o tematico risalente molto verosimilmente all'architetto stesso, che citò la raccolta nel suo testamento come "disegni miei e di altri" ne accresce il valore culturale anche di relazione. Infatti nella fase di studio che riguarda l'attribuzione si sono dovuti affrontare non pochi problemi: oltre ai disegni firmati, in evidente minoranza numerica, si sono ascritti alla mano di Bonsignore tutti quegli elaborati che riguardano progetti a lui sicuramente attribuiti anche attraverso il supporto di altri documenti e tutti quelli che a un'attenta analisi grafica e calligrafica risultavano di sua mano. Ad altri si sono ovviamente attribuiti i disegni da loro stessi firmati, ma un ancor vivace dibattito riguarda molti documenti per i quali l'attribuzione non è a tutt'oggi certa e proprio il loro notevole interesse artistico e documentario accresce il valore storico del fondo stesso.
Dopo l'acquisizione e il deposito presso l'Archivio del Comune, il fondo è stato riordinato secondo criteri che rispecchiano, per così dire, la trama della vita professionale e relazionale di Bonsignore, sulla quale si innestano i documenti nella loro biunivoca accezione di oggetti di studio e strumenti di complessità storiografica.

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Bonsignore a Torino dopo il 1796: il periodo francese (1)Bonsignore a Torino dopo il 1796: il periodo francese (2)Bonsignore professore a Torino (1)Bonsignore professore a Torino (2)Bonsignore professore a Torino (3)Bonsignore e la Restaurazione: lavori per Carlo Alberto
  
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