Torino, si fatica a trovar lavoro

2005: la catena di montaggio della Grande Punto, a Mirafiori. ©massimo pinca

Lavoro, imprese, commercio, motori del tessuto economico e produttivo di Torino sono stati analizzati questa mattina durante la riunione della commissione Lavoro, presieduta da Andrea Russi, nel corso della quale il sociologo Luca Davico ha sintetizzato, relativamente a questi temi, quanto emerso dal XVIII rapporto “Giorgio Rota”, presentato integralmente lo scorso 7 ottobre.
Per i tassi di occupazione/disoccupazione, Torino si colloca tra le metropoli peggiori del centronord, distanziata da più di dieci anni, da città come Milano o Bologna.
Tra le città europee con il maggior numero di anziani, Torino stenta a dare occupazione ai giovani, con un tasso di disoccupazione vicino al 60%, simili ai tassi di Reggio Calabria e poco al di sopra di quelli di Napoli.
Anche per gli stranieri le cose vanno peggio che altrove, con difficoltà occupazionali mediamente superiori a quelle degli italiani. La ricerca dimostra che in genere l’area torinese resta debole per livelli di qualificazione dei suoi abitanti giovani anche se un’elevata istruzione, pur rimanendo un fattore importante di occupazione e buon reddito, garantisce questi risultati meno che in passato. Fa eccezione il Politecnico i cui laureati mantengono alti livelli di occupabilità. Soltanto il 20% di questi, però resta a Torino.
Ma quali sono i canali attraverso i giovani torinesi trovano lavoro? L’1,6% ha trovato un’occupazione grazie al centro pubblico per l’impiego mentre la maggior parte (il 31,7%) ha trovato lavoro attraverso parenti e conoscenti. Il 18,3% ha contattato direttamente il datore di lavoro mentre il 15% ha avviato un’attività autonoma.
La disoccupazione, diffusa in gran parte nelle aree periferiche, raggiunge picchi elevati anche nei quartieri centrali.
Il 62% delle imprese innovative nell’area torinese sono nate prima del 2000, il 25% tra il 2000 e il 2009, il 13% dopo 2010 mentre le start up torinesi attengono per il 23% al settore industriale, il 70% al terziario.
Nell’ambito del commercio, su scala metropolitana, reggono i negozi di vicinato mentre incominciano a porsi problemi legati all’abbandono di grandi aree commerciali da parte della grande distribuzione.
Nel dibattito, i consiglieri hanno chiesto ulteriori dettagli ed approfondimenti. Da parte della maggioranza è stato sottolineato come, in passato siano stati sottovalutati alcuni segnali di allarme mentre la minoranza ha criticato la mancanza di visione e di strategia da parte del governo cittadino.

Federico D’Agostino