L’eleganza del ruolo del garante dei detenuti

L’eleganza del ruolo del garante dei detenuti

In questi giorni sto seguendo con apprensione la cronaca di quanto accaduto nella casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino. La particolare attenzione è dovuta ad un mio coinvolgimento personale risalente al 7 giugno 2004 quando, in qualità di consigliere comunale durante l’amministrazione Chiamparino, avevo sottoposto al voto del consiglio comunale la delibera di istituzione del “Garante dei diritti delle persone private della libertà” proposta dal sottoscritto e condivisa da tutta l’Assemblea.

Era un periodo pieno di fervore e grandi aspettative per l’organizzazione olimpica senza per questo dimenticare le fasce più fragili del nostro tessuto sociale. Non nascondo come vi fosse qualche preoccupazione intorno a questa nuova figura affinché non fosse letta come “ingerenza” su quella parte di Città in cui vengono giustamente sottratti alla libertà individuale coloro che commettono reati.

Quando ho presentato il testo in Aula, ho pensato proprio alla potenzialità che avrebbe avuto questa nuova figura istituzionale ad operare in nome della dignità di ogni persona e della sua difesa contro ogni sopruso anche nei luoghi più oscuri come il carcere.

Nella delibera abbiamo considerato il carcere soprattutto come luogo di sviluppo della riabilitazione sociale dei suoi ospiti.

Faccio un plauso pubblico alla dottoressa Monica Gallo perché ha interpretato bene questo ruolo senza assolvere nessuno, né chi ha commesso reati e neppure coloro che avevano il compito di rappresentare le istituzioni, ma richiama con determinazione il dovere di ciascuno (soprattutto di chi rappresenta l’autorità) di fermarsi quando il proprio comportamento si trasforma in umiliazione dell’essere umano.

*ex consigliere comunale

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