Un momento di incontro e dialogo nella moschea Taiba

La delegazione del Consiglio comunale presso la moschea Taiba: da sinistra, Salerno, Patriarca, Crema, Ravinale, Diena, Fissolo, Ledda, Conticelli, Pidello, Cerrato, Grippo e Castiglione

Per decine di migliaia di donne e uomini torinesi di fede musulmana, è in corso il mese del Ramadan, che prevede il digiuno rituale dall’alba al tramonto. Brahim Baya, presidente AIA Aps- Centro Yalla Aurora, e l’imam Said Ait El Jide hanno invitato il Consiglio comunale alla cerimonia dell’Iftar – la rottura serale del digiuno – svoltasi ieri sera presso la moschea Taiba di via Chivasso, nel cuore di Borgo Aurora. Insieme alla presidente del Consiglio comunale Maria Grazia Grippo, all’invito hanno aderito un buon numero di consigliere e consiglieri:  Abdullahi Ahmed Abdullahi, Tea Castiglione, Claudio Cerrato, Nadia Conticelli, Pierino Crema, Sara Diena, Simone Fissolo, Tony Ledda,  Lorenza Patriarca, Luca Pidello e Alice Ravinale, oltre all’assessora Carlotta Salerno e al presidente della Circoscrizione 7, Luca Deri. Nel corso dell’incontro, seguito da un momento conviviale nell’attigua sede dell’Associazione Yalla,  Baya ed El Jide hanno brevemente illustrato i lineamenti fondamentali della religione islamica, evidenziandone gli aspetti ecumenici  e di fratellanza universale, sottolineando come essa rientri nel filo conduttore delle religioni del Libro, oltre all’Islam l’Ebraismo e il Cristianesimo.

Da sinistra: Abdullahi Ahmed, Brahim Baya e Said Ait El Jide

Il digiuno del Ramadan, è stato spiegato,  è uno strumento di purificazione, autodisciplina e sacrificio, importante perché rappresenta uno dei cinque pilastri dell’Islam. I rimanenti sono l’esistenza di un unico dio, le cinque preghiere quotidiane, all’elemosina (zakat) e – per chi ne ha la possibilità economica –  il pellegrinaggio alla Mecca.  Particolare forse ignorato dai più: Allah non è un nome proprio, indica il nome di dio: tanto che i cristiani di lingua araba, è stato spiegato, usano anch’essi quella definizione. E a proposito di lingua araba, interessante è apparso il dato fornito nel corso dell’incontro: un quarto circa dei musulmani torinesi non sono arabofoni, si pensi alle persone di origine somala e senegalese, oppure provenienti da un paese asiatico come il Bangladesh. Pertanto, in moschea, i sermoni del venerdì – il giorno di preghiera più importante – vengono  pronunciati sia in arabo che in italiano, il quale è ovviamente una sorta di lingua franca tra gli immigrati delle varie nazionalità.

La nicchia che, nella moschea Taiba, indica idealmente la direzione della Mecca, verso la quale, nella tradizione musulmana, occorre rivolgersi durante la preghiera

Ad ogni tramonto del mese di Ramadan, si celebra un Iftar: un momento di preghiera viene accompagnato dall’assunzione di acqua e datteri  a interruzione del digiuno, che comprende il non bere liquidi. La tradizione, poi, vuole che la successiva cena sia consumata in maniera comunitaria. Alla fine del mese del Ramadan, la grande cerimonia dell’Eid Al Fitr segna la fine del digiuno rituale  (dal quale sono esclusi bambini, donne in allattamento e chiunque si trovi in condizioni di fragilità) sino all’anno seguente. Da alcuni anni a questa parte, l’Eid El Fitr  torinese viene celebrato a Parco Dora, con parecchie migliaia di partecipanti.

Durante il cordiale incontro, sono state anche illustrate le iniziative culturali e sociali che ruotano intorno alla moschea  Taiba e all’associazione Yalla, evidenziando il crescente ruolo dei giovani e delle giovani della comunità nella loro organizzazione e gestione. La cena, all’insegna della tradizione culinaria del Marocco, ha concluso quello che ha rappresentato un significativo momento di conoscenza e dialogo, come ormai da decenni avviene tra Palazzo Civico e la numerosa comunità musulmana che vive sotto la Mole.

Claudio Raffaelli