Astensionismo a Torino: livello minimo nel 1975

Un seggio allestito nella periferia sud della città

Le elezioni amministrative che si sono appena svolte hanno segnato il livello più alto di astensionismo.

Se la percentuale dei votanti era già piuttosto bassa al primo turno, ben al di sotto del 50%, nel turno di ballottaggio ha votato il 42,14% degli aventi diritto. Questo significa che quasi il 60% degli elettori torinesi non ha votato. In termini assoluti, hanno votato 290.632 elettori su 689.684. Ma esiste un trend dell’astensionismo nel corso degli anni? Difficile stabilirlo, almeno per quanto riguarda le elezioni amministrative a Torino.

Nel 1946, in occasione delle prime elezioni del dopoguerra, aveva votato il 67,79% dei torinesi. Nel 1975, le elezioni che portarono all’elezione a sindaco di Diego Novelli, la percentuale raggiunse un clamoroso 89,7%, record raggiunto nel momento del massimo numero di elettori ed elettrici presenti in città.

Nel 1993, anno in cui per la prima volta il sindaco veniva eletto direttamente dai cittadini, al primo turno votò il 77,56% degli aventi diritto. Al ballottaggio, che decretò la vittoria del sindaco Valentino Castellani, votò invece il 62,44% dell’elettorato.

Sempre in calo, ma in misura minore, il ballottaggio del 1997 rispetto al primo turno, che vide ancora vincente Castellani: al primo turno votò il 73,67% degli elettori torinesi, al ballottaggio il 69,62%.Percentuali più alte, invece, nel 2001 quando al primo turno i votanti raggiunsero l’82,56% mentre nel ballottaggio che sancì l’elezione a sindaco di Sergio Chiamparino, la percentuale scese al 71,39%.

Nel 2006 e nel 2011 non vi fu il turno di ballottaggio. Nell’anno olimpico, votò il 64% dei torinesi aventi diritto, cinque anni dopo il 66,53%. Nel 2016, infine, Chiara Appendino divenne sindaca al ballottaggio: in quell’occasione, votò il 54,41% degli elettori mentre, al primo turno, il 57,18.

Federico D’Agostino