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2007 - I giochi dall'antichità alla vetta dell'Everest a cura di Ulrich Schädler

Anche se i giochi da tavolo dell’antichità sono spesso stati interpretati come rappresentazioni ludiche di guerra, di astrologia o dell’al di là, non sono dei giochi tematici nel senso più stretto della parola. Non sono stati concepiti per illustrare un tema particolare, l’interpretazione simbolica è venuta solo in un secondo momento. Vale ad esempio per il gioco egizio “senet”, utilizzato più tardi per illustrare il cammino che l’anima del defunto deve percorrere fino
ad arrivare al dio Osiride. Vale per il gioco romano dei “latrunculi”, descritto nel 1° secolo d.C. come una guerra tra due truppe. E vale anche per i predecessori del “backgammon”, interpretati come allegoria del tempo e del mondo nell’antica Persia. Lo stesso discorso si può fare addirittura per il gioco degli scacchi, sviluppatosi probabilmente come gioco strategico astratto, al quale solo in un secondo momento è stato attribuito l’immaginario militare – ma questo è oggetto di dibattito.

I primi giochi tematici veri e propri sono stati ideati nel ‘500, quando William Fulke, professore dell’Università di Cambridge, inventava un gioco di astrologia (“ouranomachia” – battaglia dei cieli) e un altro basato sui principi della geometria (“metromachia” – battaglia delle proporzioni) e il cardinale Nicola da Kues creava il “ludus globi”
(gioco del globo). Per tutti e due, questi giochi servivano per il loro insegnamento: uno voleva illustrare dei principi matematici, l’altro un problema teologico.

La grande epoca del gioco tematico ebbe inizio solo a cavallo tra il ‘700 e l’800. Sulla base del gioco dell’oca – invenzione italiana seicentesca –sono stati prodotti numerosi giochi tematici su temi come il nuovo testamento, la storia degli imperatori Romani o dei re di Francia, il buon comportamento, i mestieri etc. Tutti questi giochi
corrispondevano alla volontà della borghesia di avere giochi utili e allo stesso tempo educativi e ricreativi.

In seguito il gioco dell’oca diventò il modello principale per la maggior parte dei giochi detti “di percorso”. Anche se la struttura spiraliforme del percorso veniva modificata, lo svolgimento del gioco con le sue caselle vantaggiose e svantaggiose, su un percorso unidimensionale, rimaneva la medesima. Anche i primi giochi dedicati alle montagne e all’alpinismo s’ispiravano a questo modello.

Per quanto riguarda i giochi dedicati alla conquista dell’Everest, si può osservare che i primi giochi degli anni ’20 riflettono lo stato mediocre di conoscenza topografica della montagna che si aveva all’epoca. La montagna illustrata potrebbe essere una qualsiasi, soltanto un elemento specifico viene considerato: il problema dell’ossigeno dopo i 7000 metri. Solo nei giochi creati negli anni ’50 in occasione della conquista dell’Everest, la montagna viene illustrata in una maniera più o meno realistica. Viene anche considerata la via detta “normale” lungo il fianco sudoveso(attraversando il Khumbu Icefall e il Western Cwm). Negli anni ’70 i giochi diventano più complessi: il semplice gioco di percorso si trasforma in un gioco di gestione di una spedizione in cui i giocatori devono fornire il finanziamento, l’equipaggio e gli attrezzi necessari per la salita. In un terzo momento l’Everest diventa simbolo di qualsiasi sfida alpinistica e, di conseguenza, la rappresentazione della montagna diventa di nuovo più stilizzata.

 

Ulrich Schädler
Direttore del Museo Svizzero del Gioco di Tour-de-Peilz

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