Se lavori e ti prendi cura di un parente non autosufficiente

La condizione di non autosufficienza che, purtroppo, connota molti malati cronici in età avanzata, ma anche disabili gravissimi o persone vittime di grandi traumi e malattie degenerative è uno stato che richiede prestazioni sanitarie e che coinvolge, emotivamente e materialmente, molte famiglie.
Il Consiglio Comunale di Torino ha ripetutamente denunciato la illegittimità di liste di attesa per i ricoveri in RSA o per le cure domiciliari in lungo assistenza. Contro la inottemperanza agli obblighi sanitari da parte dello Stato e da parte della Regione Piemonte si è levata una protesta unanime dei gruppi consiliari. Si può fare di più: ad esempio favorire la conoscenza dei diritti esigibili; ad esempio far emergere una conoscenza non solo statistica, perché dal racconto delle vite coinvolte si comprende e si solidarizza. Vite coinvolte, non solo quella della persona malata, ma di chi vive accanto con l’ansia, la paura e la fatica; perfino di chi presta assistenza per professione. La non autosufficienza è una esperienza totale. Il malato/la malata non è più capace di svolgere autonomamente le funzioni essenziali e chi lo assiste (spesso familiari che sopperiscono per amore e per senso morale a obblighi che per legge competono allo Stato) struttura la propria vita “intorno” tra accertamenti sanitari, pratiche burocratiche, vigilanza costante. Spesso si aggiungono problemi economici, perché un ricovero privato costa più di 3.000 euro al mese; perché la presenza h 24 di assistenti domiciliari comporta due stipendi/mese e la pensione e l’indennità di accompagnamento (quando
arriva) non bastano; dopo un po’ non bastano nemmeno i risparmi di una vita. Chi ha vissuto e chi vive queste situazioni lo sa; lo sanno bene molte donne lavoratrici, prevalentemente, data la distribuzione dei compiti di cura nella nostra società.
Ragionevolmente si può prevedere che tra le/i dipendenti del Comune molte/i stiano disperatamente conciliando tempo di lavoro e tempi di cura col ricorso alla L. 104 o con rinunce a ruoli desiderabili, ma impraticabili per i carichi familiari. Presumibilmente altrettanti si destreggiano tra le necessità proprie e l’aiuto economico prestato ai genitori o a familiari per le rette in struttura o per le cure a casa. Con la mozione 2019 00891/002 “Condizioni di non autosufficienza di famigliari e conseguenze sul benessere dei lavoratori e delle lavoratrici del Comune” ho chiesto alla Giunta di
avviare, nel rispetto della privacy, un monitoraggio interno: per comprendere i problemi ricorrenti, per ricercare conciliazioni possibili, per sostenere con sportelli informativi nelle pratiche, per accompagnare – anche con invii ad associazioni dedicate – in situazioni che, se vissute da soli, conducono alla disperazione. Era il 13/3/2019. La mozione è stata discussa in 1^ 4^ commissioni congiunte il 15/5/2019. Da allora nulla.
Forse è più semplice puntare il dito contro chi non fa (denuncia sacrosanta) che non alzare il proprio, di dito, per fare qualcosa.

Eleonora Artesio