Uno spazio pubblico da dedicare alle vittime dell’immigrazione a Torino

E’ questa la richiesta di una petizione di iniziativa popolare presentata questa mattina a Palazzo Civico durante un diritto di tribuna. “Siamo i giovani di Torino – spiegano i firmatari – siamo studenti, animatori sociali, lavoratori, migranti e volontari che da anni si impegnano per costruire una città a misura di tutti. Vogliamo prendere parte alla vita della nostra città, essere cittadini consapevoli e responsabili del presente e del futuro della nostra comunità”. L’idea dei firmatari nasce dopo l’approvazione della legge del marzo 2016 dal Parlamento Italiano, che istituisce il 3 ottobre “Giornata nazionale in Memoria delle vittime dell’immigrazione”. Data che ricorda il drammatico naufragio del 3 ottobre 2013, quando un barcone carico di migranti, in maggioranza eritrei, partito dalle coste libiche, affondò nel Mediterraneo poco lontano da Lampedusa. Le vittime furono 368. Di tragedie simili ce ne sono state tante negli anni, racconta Andrea Sacco, tra i primi firmatari della petizione. Dall’inizio dell’anno gli immigrati dispersi in mare nel tentativo di arrivare in Italia sono stati almeno 1300, secondo i numeri dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite. “E’ vero, queste persone sono morte in mare, lontano da Torino ma l’immigrazione non può essere solo una questione del sud – dice Abdullahi Ahmed, un altro dei firmatari – la viviamo tutti, e a Torino ci sono tanti nuovi cittadini ed è un argomento di cui è necessario parlare. Torino si è sempre dimostrata una città che ha saputo accogliere. E’ una città che spesso ha saputo anticipare i tempi”. Per i firmatari sarebbe bello che proprio a Torino nascesse anche un museo per l’immigrazione, una testimonianza forte di quello che accade nel mondo. E la nostra città potrebbe essere il luogo migliore per un’iniziativa di questo genere. Una scelta che può rappresentare per la nostra comunità un impegno a non dimenticare, a fare memoria di ciò che è stato per alimentare un orizzonte di solidarietà e accoglienza. Sarebbe forse la prima in Italia a fare una scelta di questo tipo.

Alessandra Rende
(Università di Torino)