Parole che discriminano. Modifiche allo Statuto cittadino

La locandina di un convegno sul linguaggio discriminante (foto d'archivio)

Le parole e il linguaggio sono punte di iceberg che possono segnalare anche  forme di disparità tra uomo e donna. Nella riunione della commissione Pari opportunità e Conferenza dei capigruppo cosi si è espressa Rachele Raus. In discussione la delibera (di iniziativa consiliare) sull’adeguamento dello Statuto cittadino a un linguaggio non discriminante dal punto di vista del genere.

La professoressa Raus dell’Università di Torino ha sottolineato che l’Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi europei ma non sul piano del dibattito intellettuale bensì sullo scarso valore che mediamente si dà alle parole diventando un aspetto secondario della nostra vita sociale. Ci sono anche reticenze come ad esempio l’uso di una carica declinata al maschile, scelta da una donna, per il prestigio che essa veicola o una minore capacità dell’uso di un linguaggio più riflessivo.

Le parole indicano relazioni sociali, rapporti e molte volte segni forte di discriminazione di genere. Se le parole non sono note le cose sono invisibili, ha proseguito la professoressa Raus. Termini come stalking o mobbing oggi sono conosciuti e si sa cosa indicano quindi questi fenomeni diventano visibili.

Rachele Raus ha sottolineato la semplicità con la quale si trova rifugio negli stereotipi, che evidenziano un deficit di conoscenza e di informazione.

Ha infine detto che l’approvazione dello Statuto modificato sarebbe un segnale politico fondamentale, che aiuterebbe a creare successivamente i comportamenti adeguati delle persone.

La delibera è stata inviata in Consiglio comunale che la porrà in votazione con la delibera sul Regolamento del Decentramento, in una delle prossime sedute consiliari.

Tony De Nardo