Jazz is dead: “il jazz è morto, lunga vita al jazz”

Torino è legata alla conoscenza e alla pratica della musica jazz sin dalla prima parte del Novecento ci ricorda ancora oggi la fortunata diffusione della pubblicistica di settore. Una tradizione che pare si vada conservando anche soltanto assistendo ai lavori della Commissione Cultura di oggi pomeriggio, sede della presentazione alla Città di una delle  rassegne organizzate a Torino negli ultimi anni.

Dal 2017 gli spazi di San Pietro in Vincoli hanno ospitato la rassegna Jazz is dead.  Alessandro Gambo che ne è il curatore e il direttore artistico ha ricordato lo spunto iniziale fornito dal palinsesto di Narrazioni Jazz – il format del Torino Jazz Festival 2017 – quando in occasione dei sessant’anni dell’Arci Torino nacque il progetto trasformato tout court in festival negli anni successivi.  È una rassegna di nicchia come dimostra anche il dato della partecipazione ai concerti della passata edizione: seimilaseicento appassionati, in prevalenza tra i 18 e i 40 anni. Jazz is dead si mantiene in vita grazie ai fedeli frequentatori (i concerti sono gratuiti ma ci può intrattenere anche prima e dopo lo spettacolo) e agli sponsor provenienti in prevalenza dal settore delle bevande. L’edizione di quest’anno si terrà dal 10 al 12 settembre negli spazi di Bunker, il locale di Barriera di Milano, e non più a San Pietro in Vincoli. La presentazione in Commissione è stata l’occasione per parlare anche dell’anteprima in programma il 16 luglio all’Osservatorio di Pino Torinese andata esaurita in poche ore. Una starlight serenade sotto le stelle introdotta dagli astrofisici del planetario di Torino con protagonisti la chitarra di Paolo Spaccamonti e la tromba di Ramon Moro. Poi la rituale tre giorni festivaliera caratterizzerà la metà di settembre.

Quest’anno ci sarà una versione definita light come la luce che si intravede al fondo di un tunnel, come i riflettori che puntano sui musicisti, ma anche come leggero, dati i tempi che impongono un contingentamento della dimensione partecipata tipica degli anni passati. Tra i nomi in programma spiccano Félicia Atkinson, Rhabdomantic Orchestra, The Fruitful Darkness Trio formato da Gianni Gebbia / Massimo Pupillo (ZU) /Tony Buck (The Necks)Xabier Irondo e Valentina Magaletti; vi saranno soltanto tre donne tra gli artisti a salire sul palco, ma certamente si faranno ammirare ha concluso Gambo.

Il programma completo di Jazz is dead è disponibile sul sito del festival all’indirizzo: https://www.jazzisdeadfestival.it/

Roberto Tartara