Dalle Nazioni Unite il ritratto di un mondo in fuga da guerre e violenze

Donne ucraine residenti o rifugiate a Torino protestano contro l'invasione del loro Paese da parte dell'esercito russo

Presentati ieri nel corso di una riunione della commissione contro razzismo e intolleranza, presieduta da Abdullahi Ahmed, i dati dell’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, parlano di un mondo in fuga da guerre, crisi interne e violenze. Se dalla sola Ucraina, in pochi mesi, si sono rifugiate all’estero circa sette milioni di persone (il più grande esodo in Europa della fine della Seconda guerra mondiale, e certamente il più rapido della storia), al 31 dicembre scorso gli afghani che avevano presentato richiesta di asilo erano 1 milione e 200mila, mentre nel corso dello stesso anno i rifugiati siriani toccavano quota 6,9 milioni, ai quali sono aggiungere milioni di sfollati restati all’interno del Paese mediorientale. Le Nazioni Unite hanno censito nel mondo 89 milioni di rifugiati (esclusi gli ucraini, per ovvie ragioni non considerati da dati statistici fissati al 31.12. 2021) più o meno equamente suddivisi tra maschi e femmine, con un terrificante 41% di bambini e adolescenti. I dati ufficiali tendono a smentire una certa idea per la quale l’Europa sarebbe sottoposta ad una sorta di invasione. La stragrande maggioranza dei rifugiati si trasferisce infatti in altre aree del proprio Paese (come hanno fatto ad esempio 5 milioni di congolesi o 4 milioni di yemeniti: 53 milioni gli “sfollati interni” censiti nel mondo da UNHCR) oppure si reca in Stati limitrofi a quello di origine e vi rimane. Infatti, se parliamo di rifugiati accolti, troviamo in testa la Turchia con 3,7 milioni, seguita dalla Colombia con 1,8 milioni (essenzialmente venezuelani) e a pari merito da Uganda e Pakistan, ciascuno con un milione e mezzo. I Paesi dell’Unione Europea sono nei livelli più bassi della graduatoria, ad eccezione della Germania che accoglieva alla fine dell’anno scorso 1,2 milioni di persone rifugiate. In Italia? Circa 200.000, poco più di un quinto rispetto al poverissimo e sovrappopolato Bangla Desh, interessato dal flusso della minoranza islamica perseguitata nel confinante Myanmar.

Massimo Gnone, responsabile per il Piemonte dell’Agezia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR)

Molti rifugiati, forse la maggioranza, hanno un obiettivo che è quello di tornare nel Paese di origine, una volta che sussistano sufficienti condizioni di sicurezza: a dimostrarlo, i quasi 6 milioni di rimpatri volontari effettuati l’anno scorso. Lo si è visto anche nel caso dell’esodo ucraino: se in 3,4 milioni hanno chiesto protezione temporanea in Paesi dell’Unione Europea, si sono contati circa due milioni di rientri, effettuati probabilmente a causa del riassestamento dei fronti di guerra che inizialmente parevano estendersi a tutto il Paese.
I cittadini e cittadine ucraini ufficialmente registrati come “rifugiati”, secondo dati risalenti ai primi giorni di giugno, sono 1,2 milioni in Polonia (che ha vissuto oltre 4 milioni di transiti sul proprio territorio) e altrettanti in Russia (dato ufficiale dal Cremlino). Cifre che scendono verticalmente per altri Paesi europei: 90mila in Romania, 78mila in Germania e 13mila in Italia. Gli ucraini fuggiti nel nostro Paese sono in realtà 111mila, dei quali 45mila minorenni. Il Piemonte ne ospita 8800, dei quali 2750 nella Città metropolitana di Torino, quarta provincia italiana per numero di ucraini accolti. La maggioranza sono stati oggetto di accoglienza spontanea, da parte di connazionali qui residenti ma anche di famiglie italiane e associazioni. Solo 800 persone di nazionalità ucraina, infatto, sono ospitate in strutture gestite da Prefettura (CAS) e Comuni (SAI). Il Comune di Torino, da parte sua, ha incrementato negli ultimi anni le proprie strutture di accoglienza (SAI), portandone la capienza a circa 750 posti e situandosi al terzo posto, a pari merito con Ancona, dopo la Capitale e Bologna. Un sistema di accoglienza basato soprattutto su alloggi ma comprendente la Casa del Mondo con un centinaio di posti e un’altra struttura gestita dal Terzo settore con una capienza di una settantina di posti.

Claudio Raffaelli