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Comunicato stampa

RICORDATI DIECI PROTAGONISTI DELLA SALA ROSSA

NELLE LORO VICENDE, LA STORIA DI UNA COMUNITA'

Erano in gran parte operai e quadri sindacali i dieci ex consiglieri comunali commemorati oggi in una Sala Rossa gremita. Mohamed Aden Sheikh, Bonaventura Alfano, Giuseppe Ancora, Marco Ancora, Giusto Benedetti, Gino Giulio, Gioacchino Guastamacchia, Vincenzo Lalli, Pietro Mollo e Giuseppe Reppucci, in un arco temporale compreso tra gli anni Cinquanta e l’inizio del Terzo millennio, hanno rappresentato nell’assemblea elettiva di Palazzo Civico il Partito comunista italiano ( nel caso di Aden Sheikh, il Pds).

Nella sua introduzione, il presidente del Consiglio comunale Giovanni Maria Ferraris ha tra l’altro sottolineato: “Le origini semplici, la provenienza dal sud Italia economicamente arretrato, la fatica di un lavoro in fabbrica, sono tratti che ritroviamo in molte delle loro biografie. E’ quindi la loro personale esperienza, unita a quel senso del dovere e servizio nei confronti del prossimo, che li spinge ad impegnarsi in campo sociale e politico, a farsi portavoce dei problemi che affliggono molte famiglie torinesi, specialmente quelle che possono contare solo sul proprio lavoro, nella speranza di offrire ai propri figli un futuro migliore e più dignitoso in una società di diritto”.

E’ quindi intervenuto Giancarlo Quagliotti, a nome dell’Associazione ex-consiglieri comunali: “Il fatto che fossero quasi tutti operai – ha esordito – è il segno del peso che la classe operaia ha avuto in questa città, dove anche oggi, nonostante le grandi trasformazioni, rappresenta la componente sociale più numerosa”. Quagliotti ha riassunto poi traiettorie in molti casi comuni: operai della Fiat, della Michelin, della Pininfarina, della Lancia. Organizzatori sindacali, quadri di partito, amministratori pubblici, passati dalla resistenza contro le discriminazioni padronali in fabbrica al rilancio del sindacato dei Consigli di fabbrica , alla lotta contro le infiltrazioni terroristiche nei luoghi di lavoro. Ma anche attenti alla vita dei quartieri e alla cultura popolare. C’è stato chi è diventato giornalista, come Mollo, o dirigente della CNA, come Lalli, o del Sindacato pensionati, come Giulio. O assessore al tempo del sindaco Novelli, come Alfano. Espressioni di una classe operaia, ha sottolineato Quagliotti, che “non si chiuse nelle fabbriche ma cercò e trovò la saldatura con la società torinese”. Diversi, nell’ambito di un comune impegno civile e politico, gli itinerari di Giusto Benedetti, biologo e direttore per 20 anni dello zoo torinese, uno dei protagonisti dei progetti educativi della Città nei primi anni Ottanta, e di Mohamed Aden Sheikh, medico e ministro del governo somalo, perseguitato e costretto all’esilio dal dittatore Siad Barre.

“E’ anche grazie a persone come loro – ha concluso Quagliotti – che la nostra città ha avuto un ruolo così importante nella democrazia in Italia”

Su Aden Sheikh è intervenuta anche la consigliera Lucia Centillo: “Era un piccolo grande uomo dal contagioso entusiasmo e dalla profonda determinazione, capace di lasciare in eredità un sentimento di speranza per un mondo migliore, più giusto e libero”.

L’ex consigliere Domenico Gallo ha rievocato la coerenza militante di Giuseppe Ancora, che in Consiglio comunale aveva condotto “un lavoro di denuncia sui soprusi messi in atto dalla direzione della Fiat contro sindacalisti e scioperanti”.

Nel ricordare Giuseppe Reppucci, il consigliere comunale Luca Cassiani ne ha esaltato l’etica e la rettitudine morale: “Lui diceva sempre di dovere tutto al Partito ma è il partito che deve tutto a persone della statura di Reppucci”.

Mino Reggiani, vicesindaco di Colorno (PR) ha rivissuto il ricordo di un Alfano “sindacalista rigoroso, che ha dato tanto a una Torino della quale era orgoglioso e anzi innamorato”.

E’ toccato poi a Valter Giulio un ricordo del padre Gino: “ Un comunista con la C maiuscola, profondamente legato ai valori del mondo operaio e sempre attivo nella difesa dei diritti dei lavoratori che si sentiva di rappresentare”.

Andrea Liberatori, giornalista, è stato collega di Pietro Mollo, da lui definito “uomo fedele ai suoi valori e alla sua terra”, sempre attento a battersi per la libertà e la giustizia fin dall’adolescenza quando, a soli 17 anni, decise di lasciare casa per unirsi alla Brigata Garibaldi.

La cerimonia si è infine conclusa con l’intervento del sindaco Piero Fassino, che dopo aver ricordato l’emozione provata nel rievocare uomini con i quali ha “condiviso passioni, paure, successi e sconfitte”. “Uomini così hanno fatto la storia dell’Italia, con milioni di altri uomini e donne il cui nome è noto soltanto a parenti e amici, ma senza i quali l’Italia non sarebbe quella di oggi”, ha aggiunto il sindaco. Fassino ha anche evidenziato come i dieci incarnassero diverse fasi storiche, dalla lotta antifascista sino alla ricostruzione postbellica, alla rottura dell’unità antifascista, alla lotta in fabbrica pagata con l’emarginazione il licenziamento. La capacità di resistere, ha sottolineato il primo cittadino, senza derive settarie e creando i presupposti per qualcosa di nuovo. Qualcosa di nuovo rappresentato dalla generazione successiva, “i giovani immigrati che entrando in fabbrica rappresentarono una rottura generazionale ma anche culturale, una generazione protagonista di una grande stagione di rinnovamento”, nei luoghi di lavoro e nella società: “La dimostrazione che la classe operaia era in grado di esprimere una funzione dirigente nel Paese”. Fassino ha poi voluto soffermarsi sul significato della candidatura di Aden Sheikh alla Sala Rossa, non solo un omaggio alla lotta per la libertà ma anche un segno della capacità di Torino di integrare esperienze diverse. “Negli anni ’50 e ’60 con chi veniva dal Mezzogiorno ci furono incomprensioni che però, anche con il lavoro delle istituzioni, dei partiti e dei sindacati, delle parrocchie, vennero superate, realizzando un’integrazione forte, un’appartenenza comune a questa città. Oggi Torino vive una fase di integrazione tra uomini e donne di lingue, colori e religioni diverse, che vivono qui e per costruire un destino comune”, ha spiegato il sindaco, concludendo con un monito contro l’oblio causato dal tempo: “Nessun Paese può progettare il proprio futuro senza conoscere le sue radici, la sua identità “.

C.R./M.L. - Ufficio stampa del Consiglio comunale


Pubblicato il 17 Settembre 2012

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