Le persone con disabilità sono più esposte al rischio povertà

Secondo i dati di 34 Paesi europei – i 27 membri dell’Ue, i 5 candidati e i 2 membri dell’Associazione europea di libero scambio-EFTA – le persone con disabilità sono più esposte al rischio povertà perché vittime di diseguaglianza e discriminazioni. Lo confermano i risultati dell’analisi, recentemente ripresa dal sito Euronews, dei dati pubblicati da Eurostat a Ottobre 2023 nel report Dati chiave sulla condizione di vita europea 2023 (Key figures on European living conditions – 2023 edition).

Secondo il report la percentuale di persone con una qualche forma di disabilità varia notevolmente all’interno dell’Ue: si passa dal 14,6% in Bulgaria al 38,4% in Lettonia. A far media il dato per il quale nel 2022 il 27% della popolazione dell’UE sopra i 16 anni aveva una qualche forma di disabilità (per Eurostat con disabilità si intende: limitazioni nello svolgere determinate attività a causa di problemi di salute in un periodo di almeno sei mesi). Come ricorda Matteo Schianchi tutte insieme popolerebbero la terza nazione del mondo dopo Cina e India (La terza nazione del mondo, 2009). Sempre Eurostat – Level of disability (activity limitation) by sex, age and income quintile – aiuta ad approfondire: una persona su due con disabilità si sente discriminata; quasi una persona su cinque con disabilità, tra i 20 e i 26 anni, è disoccupata (una su dieci le persone senza disabilità della stessa fascia d’età) e questo si ripercuote anche sulla mancanza di autonomia finanziaria tanto che una persona su tre è a rischio di povertà o di esclusione sociale; la probabilità di vedere le proprie esigenze sanitarie insoddisfatte è quattro volte maggiore (Disability Eu Fact Figures).

Sono pochi dati, esposti sommariamente e ce ne sarebbero molti altri ma la sostanza non cambia: siamo di fronte uno scenario sistematico di incapacitazione che, per tornare alla metafora, coinvolge un terzo della popolazione mondiale. Uso il termine capacità, ed il suo derivato negativo, pensando al lavoro dell’economista e filosofo indiano Amartya Sen: con capacità si intende il possesso di una risorsa come strutturalmente integrato alla possibilità di utilizzarla e questo significa che un individuo è capace solo quando ha l’opportunità reale e il potere effettivo di compiere nella propria vita azioni che promuovono il proprio sviluppo. Senza ‘set di opportunità’, non si dà capacità e nel contesto delle disabilità significa considerare non solo le limitazioni fisiche, cognitive o sensoriali di una persona, ma anche il contesto sociale, economico e culturale in cui vive e le opportunità effettive che ha di partecipare pienamente alla società. È proprio per sottolineare la struttura sociale della disabilità che alcune attivisti e attiviste fanno propria la definizione inglese di ‘disabled person’, ‘persona disabilitata’. L’intento è sottolineare ancora una volta che la disabilità non si definisce a partire dalle caratteristiche della persona ma dal rapporto tra queste e le barriere materiali, culturali e simboliche poste – e da rimuovere – nell’ambiente.

Il 20 Aprile Torino sarà la prima città ad ospitare l’edizione 2024 del Disability Pride (qui il Manifesto 2024 redatto dal coordinamento dell’iniziativa), alla quale seguiranno Genova, Milano, Bologna, varie località in Veneto e Campania, Roma, Bari e Palermo. Ripenso a Judy Heumann, storica attivista statunitense per i diritti delle persone con disabilità morta il 3 marzo scorso all’età di 75 anni. Nel 1977 fu una delle attiviste che guidarono le proteste con cui centinaia di persone disabili occuparono per giorni vari edifici federali in tutti gli Stati Uniti per ottenere l’integrazione e l’applicazione della legge che riconosceva e tutelava i loro diritti. ‘Il cambiamento – diceva – non avviene mai al ritmo che pensiamo dovrebbe. Succede nel corso di anni in cui le persone si uniscono, elaborano strategie, condividono e utilizzano tutte le leve possibili. A poco a poco, in modo terribilmente lento, le cose iniziano ad accadere, e poi all’improvviso, apparentemente all’improvviso, qualcosa cambia”.

Quando saremo a Torino, e poi nelle altre città, ricordiamoci di come i cambiamenti sociali – lenti, faticosi ma inesorabili – hanno sempre a che vedere con la partecipazione: come punto di partenza, intesa come azione comune verso il miglioramento, e come punto di arrivo, in quanto capacità e potere effettivo di fare parte della società su basi di uguaglianza e pari opportunità.

Fonte: huffpost