Come combattere l’abilismo con un fumetto

Witty Wheels (Ruote spiritose) è lo pseudonimo scelto da Maria Chiara e Elena Paolini, due attiviste con disabilità, per firmare alcune delle loro opere, nonché il nome del loro sito-blog. Le due sorelle, già autrici del saggio Mezze Persone. Riconoscere e comprendere l’abilismo (Aut Aut Edizioni, 2022), tornano a occuparsi di abilismo con Che brava che sei! 8 storie di abilismo quotidiano (Laterza, 2023). Ma questa volta le storie di discriminazione a cui sono esposte le persone con disabilità sono trasformate in un fumetto grazie alle efficaci e gradevoli illustrazioni di Claudia Flandoli.
A prima vista sembra di avere tra le mani un libro per bambinз*, ma i contenuti sono quelli di chi tratta il contrasto all’abilismo come una questione politica e di giustizia sociale. Il risultato è un’opera che, per l’impegno civile, ricorda in qualche modo quelle di Zerocalcare (pseudonimo di Michele Rech).

Non c’è àmbito della vita delle persone con disabilità che sfugga all’oppressione abilista e infatti le diverse storie spaziano tra i più diversi contesti. Stereotipi e pregiudizi abilisti si riscontrano nelle relazioni amorose e amicali e le stesse persone con disabilità potrebbero averli assimilati senza nemmeno accorgersene (si parla in tal caso di abilismo interiorizzato”).
Sia che si tratti di scuola (di ogni ordine e grado), di lavoro, di organizzarsi per il fine settimana, di prendere un treno, o altre attività della vita di ciascuno/a, alle persone con disabilità è richiesta una certa quantità di “lavoro nascosto”, una fatica addizionale di cui si rende conto solo chi la sperimenta, e che si concretizza nel dover sempre informarsi sull’accessibilità dei luoghi prima di mettere il naso fuori da casa, nel dover svolgere eccessive pratiche burocratiche per accedere a servizi vitali come l’assistenza personale, o nel soggiacere a regole diverse da quelle previste per le altre persone (come dover prenotare un viaggio in treno ventiquattro ore prima).
Altri temi toccati nel volume sono le narrazioni stereotipate delle persone con disabilità nelle opere cinematografiche, la relazione con l’assistente personale, l’insufficienza delle risorse pubbliche per l’assistenza autogestita, un approccio politico alla disabilità che sembra ancora privilegiare soluzioni istituzionalizzanti e segreganti, e tanti altri ancora. Alcuni di essi sono maggiormente sviluppati, altri solo accennati, ma in modo sufficiente a mettere in luce sia la dimensione individuale che quella strutturale dell’oppressione subita dalle persone con disabilità.

Che brava che sei! è un’opera che affronta il tema dell’abilismo in modo intelligente e ironico. Ma a ben guardare il filo rosso che tiene insieme il volume non è solo quello dell’abilismo. A volerla scorgere, un’altra coordinata è costituita infatti dalla sorellanza, sia nel senso che in qualche modo celebra il rapporto tra due sorelle che, avendo pochi anni di differenza, sono cresciute insieme, supportandosi a vicenda e offrendo l’una all’altra “uno specchio” non deformante in cui potersi guardare; ma anche nel senso che combattere i sistemi oppressivi – non solo l’abilismo – induce a solidarizzare con la comunità oppressa e a travalicare i confini individuali e familiari. Poiché il tema della giustizia sociale ci chiama in causa in quanto componenti della comunità umana, allora riconoscere e combattere l’oppressione non è una questione che compete solo chi ne è direttamente colpito, la sua famiglia, la sua comunità, ma ci riguarda tuttз.

Fonte: superando.it