Modelli di intelligenza artificiale a supporto della diagnosi di ADHD

Immagine di Intelligenza ArtificialeL’intelligenza artificiale è presente nella nostra società molto più di quanto possiamo immaginare. Negli ultimi anni, in tutto il mondo, anche a causa della pandemia da COVID-19, i servizi sanitari hanno sperimentato un progressivo processo di digitalizzazione.

Già diverse aree della medicina utilizzano algoritmi di intelligenza artificiale per coadiuvare medici e ricercatori nelle funzioni di studio, diagnosi e di trattamento.

Nel campo della salute mentale, e particolarmente in età evolutiva, effettuare una diagnosi in modo accurato non è un compito semplice e immediato, ma rappresenta una sfida per il clinico soprattutto quando sono presenti sintomi riconducibili a diversi quadri clinici e psicopatologici.

 
Di recente, un gruppo multidisciplinare di clinici e ricercatori dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini ha condotto uno studio pilota nel campo dell’intelligenza artificiale a supporto dei percorsi diagnostici nel disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “European Child & Adolescent Psychiatry”.

La diagnosi di ADHD si basa principalmente sull’osservazione clinica e sulla raccolta di informazioni fornite da fonti differenti e diversificate, quali genitori, insegnanti, educatori. I principali aspetti che caratterizzano il comportamento del bambino con ADHD (l’iperattività motoria, il disturbo dell’attenzione ed il comportamento impulsivo e talora aggressivo), non sono esclusivi del disturbo da attenzione e iperattività ma possono essere presenti anche in altri disturbi psicopatologici.

È fondamentale quindi procedere con una diagnosi differenziale, per escludere patologie in grado di simulare i sintomi dell’ADHD o eventualmente, per confermare l’esistenza di disturbi associati all’ADHD (comorbilità). Alcuni studi clinici hanno osservato che talora i bambini con ADHD presentano anche disturbi nell’apprendimento e sono più esposti al rischio di avere maggiori difficoltà nel parlare, nella lettura, e nello svolgere i compiti di matematica, o al rischio di sviluppare ansia e depressione e altri problemi psichiatrici.

Lo studio dell’IRCCS Medea si è proposto di indagare in quale misura un modello di intelligenza artificiale (machine learning) possa in qualche modo predire la decisione diagnostica effettivamente presa dai clinici sulla base delle informazioni estrapolate da questionari online compilati da genitori e insegnanti. Il progetto di ricerca ha utilizzato i dati socio-anamnestici e comportamentali raccolti online dalla piattaforma MedicalBit, progettata e sviluppata dal Medea già prima della pandemia, relativi a 342 bambini e adolescenti, di età tra i 3 e i 16 anni, che hanno avuto accesso al Polo NPIA di Bosisio Parini per sospetta diagnosi di ADHD.

Il modello di intelligenza artificiale (decision tree) ha identificato, con un tasso di accuratezza dell’82%, le regole decisionali che i clinici adottano per elaborare una diagnosi di ADHD al termine del percorso clinico. Il modello ha inoltre evidenziato come elemento di complessità la presenza contestuale di sintomi riferibili ad altri problemi del neurosviluppo, nello specifico sintomi autistici.

«La telediagnostica è stata nel nostro studio integrata con approcci di intelligenza artificiale basati su machine learning – osserva Paola Colombo, responsabile del Medea SmartLab, Laboratorio di innovazione digitale per la clinica e la ricerca applicata in psicopatologia dell’età evolutiva -. In prospettiva, questi sistemi potrebbero contribuire anche ad individuare in maniera oggettiva i criteri di priorità e forse anche una differente modalità di sviluppo della rete curante in questa specifica attività».

In ultima analisi, la ricerca ha messo in evidenza come le procedure di telemedicina, integrate da modelli di classificazione mutuati dall’intelligenza artificiale, possano essere efficaci ed affidabili nel dare un’indicazione di probabilità di rischio diagnostico di ADHD, come una sorta di pre-selezione, fornendo inoltre all’equipe clinica preziose segnalazioni dei casi “incerti” che necessitano di una maggiore attenzione e ulteriori procedure diagnostiche.

Fonte: lastampa.it