Cosa ci fanno sei designer del Politecnico di Torino al Centro Diurno di Aism? Costruiscono un “filo d’Arianna” portatile per Lorena!

Foto del centro diurno Aism, è stato selezionato per il “Adi Design Index”Un progetto degli studenti del Politecnico di Torino, in collaborazione con persone con disabilità fisiche che frequentano il centro diurno Aism, è stato selezionato per il “Adi Design Index”.

Potrebbe accadere di nuovo. Potrebbe accadere che un progetto studiato da un piccolo gruppo di studenti del Politecnico di Torino in collaborazione con persone con disabilità fisiche significative che frequentano la ‘famiglia’ del Centro diurno di Aism di Torino venga selezionato per il prestigiosissimo Adi Design Index.

Potrebbe accadere che un progetto, che si chiama ‘Antonino’ – con il nome della persona per cui è stato ‘progettato’ e ‘inventato’ – sia solo il primo di una lunga serie di oggetti di design innovativo che faranno storia e ci cambieranno la vita.

Perché di persone come Antonio, che convivono con una forma grave di sclerosi multipla (SM), ce ne sono tante. Il bello è che l’ausilio cuore del progetto è stato ispirato da un bisogno speciale: rendere possibile proprio ad Antonio di aprire in totale autonomia la confezione dell’acquagel. Realizzato nello scorso 2018, questo prototipo è il risultato di un grande lavoro di ascolto e di design di un gruppo di studenti giovanissimi e appassionati, che sono stati capaci di rispondere all’esigenza fondamentale di Antonio (e presto – speriamo –  di persone con una disabilità elevata come la sua): bere un po’ d’acqua, in santa pace, quando lo desidera, senza dover chiedere nulla.

Sembra un’idea da poco ma non lo è. Riuscite ad immaginare una maniera migliore per restituire normalità e autonomia a una persona che da sola non riesce più a bere un sorso d’acqua, perché non riesce a sollevare la pellicola di un piccolo vasetto?

È a questo prototipo che è andata la nomination per il Compasso d’Oro Adi, un piccolo ‘marchingegno’ dentellato che riesce a ‘mordere’ e aprire il barattolo per Antonio.

Il riconoscimento vero va però al progetto del workshop del Politecnico, coordinato dal professor Cristian Campagnaro, che ogni anno, da ormai otto anni, sforna idee e proposte di design per gli ospiti del Centro diurno Aism di Torino, frequentato da persone con SM e patologie correlate con importanti disabilità fisiche.

Nato come un esperimento, il workshop è frutto dalla collaborazione tra Aism, la Cooperativa Valdocco e il Politecnico di Torino, è finalizzato alla realizzazione di ausili personalizzati, co-progettati con le persone che frequentano il Centro diurno Aism, che in questo momento ospita 24 utenti. È qui che gli studenti del corso di Laurea in Design e Comunicazione del Politecnico di Torino entrano in contatto con le diverse difficoltà e sfide determinate da malattie cronico-degenerative e lavorano per creare ausili che realmente supportino la persona nelle azioni di tutti i giorni e ne aumentino l’autonomia. Con questa esperienza, spiega Campagnaro, “gli studenti imparano a non fare progettazione standardizzata, ma mirata, imparano semmai a pensare a un progetto che sia condiviso con il portatore del bisogno”.

Ogni progetto realizzato con gli ospiti del Centro Aism non rimane sulla carta ma diventa oggetto e realtà concreta e spesso è oggetto di tesi di laurea. Ogni prototipo utilizza una tecnologia essenziale, la sua realizzazione richiede l’impiego di poche risorse, deve essere di facile manutenzione e, soprattutto, implica molta originalità: ogni idea concepita deve soddisfare le necessità e bisogni delle persone, e viene realizzato assieme ai beneficiari, protagonisti in tutti i passi dello sviluppo del progetto, “proprio come avviene in un qualunque cantiere di lavoro che necessita di un vero team di co-progettazione al cui centro c’è il beneficiario finale”, dice Campagnaro. “E poi, per realizzare il progetto, questi giovani designer devono essere non sono solo progettisti, ma imparano a costruire e concretizzare l’intero processo creativo, fino al prodotto finale pronto all’suo, interfacciandosi con una committenza molto esigente”.

E’ così che è stato inventato l’apri-acquagel  per Antonio; è nato con questa modalità anche il sostegno per il tavolino del pc di Daniela; è nata così la mantellina di Rudy, dotata di un ombrello speciale, che gli ha permesso di fare passeggiate con la sua carrozzina all’aria aperta e di raggiungere il Centro in autonomia, anche sotto la pioggia; è nato con le stesse modalità il supporto per la penna di Maura, un medico che a causa della SM non era più in grado neppure di fare la propria firma, e che desiderava più di ogni altra cosa ritornare a poter firmare o siglare un foglio. Sembrano gesti normali, di poco conto. Ma quando non li puoi più fare, non lo sono; anzi se il mondo è fatto di piccole cose, sono queste ad essere capaci di cambiarti la vita e aprirti il cuore.        

Sembra assurdo, ma ad ascoltare le testimonianze di giovani designer – chi professionista, chi appena laureata, chi ancora in formazione – come Bruna, Martina, Ludovica, si capisce che l’esperienza fatta al Centro è una di quelle che formano per davvero; per ciascuna di loro il percorso creativo è stato la parte meno interessante del workshop, perché ovvia conseguenza di un atto ben più importante, che è imparare ad ascoltare, a mettersi al fianco, a costruire relazioni  con le persone e quindi comprendere i loro bisogni. È da lì che scaturisce la “magia” creativa che fa nascere i prototipi di design dei giovani architetti del Politecnico, in grado di fare “magie” e portare normalità e autonomia ai membri della famiglia del Centro diurno di Aism. “Saper individuare i bisogni concreti delle persone, e provare ad attuarli tutti insieme a loro, è stimolante da matti, è una palestra di crescita incredibile e vera”, dicono. “perché l’oggetto che costruiamo qui è centrale per la loro vita”.

Quest’anno è stata Lorena a ispirare e mettere insieme energie e risorse di tutti (Lorena compresa). È stato il suo bisogno di orientarsi correttamente nello spazio a stimolare l’equipe del Politecnico  nella creazione di un “orologio” da polso “speciale” (Lorena ha la passione degli orologi) che attraverso il suo quadrante sappia indicare la stanza da dove si è partiti e quella che si vuole raggiungere: è Lorena a “testarne” la validità, consapevole che questo oggetto potrebbe aiutare molti ad organizzare meglio le proprie abitudini quotidiane. “Mi piace il mio orologio, credo che sia utile…spero che sia utile. Ogni tanto mi perdo – dice – e mi dimentico dove devo andare; ora so che se guardo il mio orologio riesco a capire quello che volevo fare: riesco a capire da sola se volevo andare nel salone o venire qui”. E lo dice ridendo di cuore, coinvolgendoti nella sua risata.

Twinset grigio e collana di perle, riesce a farti ridere sino alle lacrime quando si prende in giro per le sue abitudini divertenti: giura, per esempio, che un buon aperitivo fa magie per il mal di testa, soprattutto se preso fuori casa e con una buona amica. Dice e ripete che la sua vita è cambiata grazie al Centro diurno di Aism, grazie alla vitalità delle persone che lo rendono un luogo in cui passare tempo di valore per sé e per gli altri: e ringrazia Enrico (l’artista educatore del Centro della Cooperativa Valdocco), Cristina (la coordinatrice del Centro), Sara (responsabile Aism del Centro), perché qui la sua vita è sì, protetta, ma assolutamente “normale”. Grazie al Centro di Aism Lorena può continuare a vivere a casa sua, tra le sue cose, con le sue abitudini e in totale libertà (e normale dignità).

Ed è un luogo davvero speciale, questo Centro, tanto che gli studenti del Politecnico, durante il workshop, stringono dei veri e propri rapporti di amicizia con gli ospiti e tornano, mantengono i rapporti con le persone e con gli operatori, perché queste relazioni – dicono con entusiasmo le giovani dottorande – “ti aiutano a cambiare lo sguardo sul tuo quotidiano, e ti fanno capire che non c’è solo il tuo punto di vista”. Alcune hanno deciso di fare l’esperienza del Servizio Civile proprio lì, altri hanno voluto che gli ospiti del Centro partecipassero alla discussione della loro tesi di laurea, come si fa con chi ti è davvero caro ed è di casa. Non te lo aspetti.

Che dire? “Che a volte basta davvero poco per capire che la strada che ti viene incontro, anche se è quella di un’esperienza di studio in un piccolo Centro Diurno come quello di Aism, è quella giusta, che quando li riconosci, certi affetti diventano stimoli a fare meglio, a dare il meglio. E te li porterai sempre dentro, come un valore prezioso, come una cosa bella”, ci racconta Camila, che mentre ricorda il suo periodo prima di studentessa di Design Sistemico e poi volontaria in Servizio Civile al Centro (ora lavora come creativa in una grossa agenzia di Torino), si commuove e dice: “voglio tornare presto a trovarvi, mi mancate tutti”.

Fonte: superabile.it