«Capo, io sto male»: parlare di malattia al lavoro non è più un tabù

Foto di mani unite di due personeQuando Ilaria ha ricevuto la diagnosi di leucemia è andata subito in ufficio a raccontare tutto al suo capo. Strano? Per nulla, osserva Laura Sinatra, coach, trainer aziendale e cofondatrice di Eapitalia World. «Prima della pandemia era diffusa la paura che mettendo a nudo la propria fragilità si venisse tacciati per deboli. Oggi invece sempre più persone, specie i più giovani, hanno iniziato a condividere i problemi inerenti la propria salute (fisica e mentale) e le disabilità». Solo che le aziende non sono pronte.

Ilaria ha 28 anni, laureata in ingegneria informatica si occupa di cyber security. Ama moltissimo questa opportunità lavorativa alla quale è approdata con fatica. Perché negli ultimi due anni Ilaria ha faticato tantissimo. Ha faticato sempre di più, è sempre più stanca. Spesso arriva al venerdì sera e senza mangiare crolla a letto, dorme infinitamente durante il weekend. E poi queste continue febbri. Ilaria fa accertamenti. Leucemia. Il giorno stesso che riceve quello che lei definisce “il verdetto” non chiama i suoi genitori, i famigliari o l’amica del cuore. Dall’ospedale va direttamente in ufficio. Sa di trovarvi il suo manager, Enrico. E gli racconta tutto. Senza filtri.

Sembra strano? «Niente affatto», racconta Laura Sinatra, coach, trainer, co-fondatrice della società di consulenza Eapitalia World, il programma di supporto alle persone in azienda.

«Enrico non è l’unico manager che si ritrova a gestire condivisioni molto aperte e dirette da parte dei colleghi sul loro stato di salute, o sulle loro emozioni. Da quando è scoppiata la pandemia abbiamo notato che sempre più persone, sul posto di lavoro, hanno iniziato a non nascondere più le proprie fragilità, i problemi inerenti la propria (fisica e mentale), le disabilità. Sono soprattutto i più giovani a condividere ed esplicitare se hanno delle esigenze legate a diagnosi, terapie, ma anche preoccupazioni legate alla propria salute».

Manager impreparati
Il problema, però, non è il fatto che le fragilità e i bisogni vengano a galla: questo è senz’altro un aspetto positivo» osserva Sinatra. «Il problema è che i manager, le aziende, sono impreparate a gestire questa novità: non si ha un protocollo o una procedura da applicare come il piano di evacuazione incendio. Ci si ritrova in mezzo e si fa quello che si può, con le risorse che si hanno (personali o aziendali se ci sono). Sostanzialmente improvvisando. E questo genera parecchia fatica, in tutto il team». Del resto, questo è cambio di paradigma del tutto rivoluzionario. «Fino a due anni fa, era diffusa la paura che mettendo a nudo la propria fragilità o malattia significasse venire facilmente stigmatizzati o tacciati per deboli».

Tornando ad Ilaria, quando ha incontrato il suo manager è stata come un fiume in piena. «Volevo che lo sapessi», gli dice. E cala il silenzio. Enrico, Il suo manager, deglutisce. Ha 50 anni, non è di primo pelo. Ha ascoltato con grande partecipazione e umana preoccupazione. Dopo un profondo sospiro pronuncia la cosa più sensata per lui e che gli sembra sia una risposta ad una domanda non espressa: “Tranquilla, non cambia niente. Io ti sono vicino, tutto il team lo sarà. Se sei d’accordo condividiamo anche con gli altri così ci organizziamo. Tanto abbiamo lo smart, e possiamo essere flessibili”.

Cosa cambia quando un collega sta male?
«Non cambia niente, si dice Enrico. Non cambia niente, si dice Ilaria», osserva Sinatra. «Ma non potrà essere così ed entrambi lo scopriranno – a proprie spese – con il tempo». Il tempo scorre velocemente. Ilaria prosegue il suo percorso terapeutico. Continua a lavorare. «Dà il massimo», pensa Enrico, «come faccio a chiederle di ricordarsi proprio tutte le cose? Tutti noi abbiamo la memoria corta! Si sta impegnando così tanto. E con quello che sta passando…». Comincia a difenderla. Se i clienti lamentano un errore o un ritardo, lui para il colpo. Le persone del team assorbono parti del suo lavoro, fanno cerchio intorno a Ilaria. Sono tutti molto solidali, molto carini. Sono tutti molto carini, sempre. Non si litiga più. Non ci si scontra più. Non c’è una opinione divergente. Il cerchio di protezione che si è creato intorno ad Ilaria ha messo un sigillo di tabù che via via si estende ad ogni altra tematica sensibile. Così nessuno ha più un mal di testa, un malumore per un progetto, un problema con un figlio. L’unica che può raccontarsi è Ilaria. Allora Enrico – quasi per scaricare da questo peso le persone del team – accentra ancora di più le attenzioni di Ilaria su di sé. C’è sempre. Se lei scrive, lui risponde al volo, anche quando è dal cliente, anche la sera tardi. Fino a quando avverte che la “questione Ilaria” è totalizzante e non realmente condivisa. Quando si rivolge alla helpline H24 alla quale si possono rivolgere le persone delle aziende clienti di Eapitalia World per supporto psicologico e manageriale descrive la situazione più o meno così: «Mi ha consegnato un pacco, ed ora io sono responsabile di tutto il suo contenuto. Ho la sensazione che qualsiasi cosa io dica possa scatenare un inferno, mi sento come un elefante in una cristalleria».

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