di Coryse Farina Bouvet
Lunedi 22 Maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino, l’autrice e ghostwriter Antonella Maria Schirru ha presentato il suo nuovo volume intitolato Io e il mio corpo, Gioia e Costanza.
Questo libro racconta la storia di Gioia, una donna come tante altre che sembra avere il segreto per la felicità: un buon marito, un buon lavoro, un gatto psicologo e dei buoni amici. Gioia ha tutto, finché un giorno un mostro stravolge la sua esistenza trattenendola in un vortice di dolore : la vulvodinia.
Inizia qui un lungo percorso fatto di visite mediche, terapie farmacologiche di dubbia efficacia, una maternità negata e soprattutto dolori lancinanti e cronici. Un vero e proprio incubo che la porterà ad allontanarsi da tutto e da tutti, a scontrarsi con numerosi tabù, reticenze e medici che la credono pazza.
Gioia racchiude in sé, se non tutte, in buona parte, le caratteristiche e sintomatologie provocate alla vulvodinia; è il risultato di un insieme di voci reali che si sono aperte e raccontate.
A differenza di quello che si potrebbe immaginare infatti, Antonella Maria Schirru non ha la vulvodinia, il suo interesse per questa patologia è arrivato quasi per caso. Trovandosi per impegni professionali ad un congresso sul dolore cronico, rimane stupita dell’atteggiamento di alcuni medici. Alcuni scherzano, altri sottovalutano il dolore, altri ancora si abbandonano a commenti ironici. Insomma, una serie di atteggiamenti inappropriati che la spingono a volerne sapere di più.
Da lì inizia un lungo studio fatto di analisi, ricerche e soprattutto interviste a pazienti allo scopo di creare una protagonista che racchiudesse e rispecchiasse quanto più possibile questa condizione.
L’autrice fa anche di più, non punta ad un pubblico di nicchia, di ricercatori e studiosi, punta al grande pubblico, a chi non ha conoscenze scientifiche, allo scopo di far capire con parole, talvolta crude, quello che è il dolore fisico e psicologico.
La vulvodinia infatti non si ferma ai dolori cronici, ma provoca anche depressione, stanchezza, stati di ansia, agitazione e paura. Tutti sintomi collaterali che vanno ad impattare sulla sfera psicologica e di conseguenza sociale della paziente: alcune donne perdono ad esempio il lavoro, altre perdono contatti sociali, altre ancora hanno timore di parlarne, quasi vergogna e si chiudono in sé stesse, altre invece credono che sia normale, che le donne per definizione debbano soffrire e quindi stringono i denti in silenzio. Insomma, coloro che hanno la vulvodinia, così come per patologie altre come endometriosi, fibromialgia e sindrome del pudendo, si trasformano pian piano in delle isole solitarie.
Per tale ragione, così come lo sottolinea nel libro, è di vitale importanza che la vulvodinia venga trattata da un team multidisciplinare composto sì da un* ginecoloc*, dall’algolog*, ma anche dall* psicolog*, dall* psichiatra e da tutt* gli/le specialist* necessar* poiché si tratta di una malattia che racchiude in sé più aree di interesse.
Questi e tanti altri, sonoi temi trattati dall’autrice, in un viaggio di sofferenza, illusioni, speranza, rabbia e gratitudine.
Insomma, attraverso Gioia, Antonella Maria Schirru dà voce a migliaia di donne finora chiuse nella loro sofferenza, porta all’attenzione del pubblico e delle istituzioni politiche questa malattia dato che ad oggi non è riconosciuta dal SSN quindi occorrono protocolli terapeutici, ricerca, formazione dei medici e inserimento nei LEA, e permette al grande pubblico di scoprirla meglio, di capire perché viene definita da molte come «un lupo che morde costantemente la vulva», e magari condividere le informazioni aiutando nuove pazienti a trovare risposte alle loro sofferenze.