Ma non è che convenga mantenere gli studi medici inaccessibili?

Immagine si scale a chiocciola«Constatato che nessuno dei nove Medici di Assistenza Primaria presenti nel mio Comune esercitava la professione in un immobile accessibile a una sedia a rotelle – scrive Vitaliano Ferrajolo – ho approfondito la materia, convincendomi che tale situazione conviene, almeno alla categoria dei medici, molto meno al bilancio pubblico. Si tratta però di una situazione che porta ancora una volta a identificare la persona con disabilità come un malato, retrocedendolo da persona potenzialmente attiva e partecipativa alla vita sociale a soggetto assistibile separatamente al proprio domicilio»

L’arrovellamento è sorto repentino, con una domanda che mi sono posto, sulla scia di una situazione specifica: la necessità di una visita del mio Medico di Assistenza Primaria (MAP), che dovevo aspettare passivamente, mio malgrado, a domicilio, poiché, disabile motorio, non potevo avere accesso allo studio medico, in quanto dislocato in un fabbricato con insormontabili barriere architettoniche.
In realtà, la problematica l’avevo già intercettata, in passato, in qualità di estensore del sito Jusabili.org (giurisprudenza e disabilità), ma solo a titolo di problematica astratta (lo studio del mio ex medico di medicina generale, infatti, era accessibile), da evidenziare accademicamente come questione già sollevata in tribunale da qualcun altro e, per questo, rilevata in quello stesso sito. Ora invece, nel momento in cui la situazione mi aveva impattato concretamente, la cosa mi rodeva molto, eccome. Eh sì, perché trasferitomi in altra realtà e dovendo scegliere il nuovo MAP, nessuno dei nove presenti nel Comune esercitava la professione o meglio, erogava un servizio sanitario essenziale obbligatorio per conto dell’ASL (nota 1), in un immobile accessibile a una sedia a rotelle. Ne scelsi quindi uno, basandomi, “a fiuto”, sull’età giovanile, l’entusiasmo profuso, la voglia di fare. E comunque, mi chiedevo: «Possibile che abbia, lui, come gli altri, uno studio medico inaccessibile?».
Ebbene sì, alla luce degli approfondimenti ricercati, oggi è possibile e, soprattutto, lecito, contrariamente a quanto la logica, l’evoluzione delle sensibilità culturali, sociali e politiche e la normativa che da essa ne è scaturita abbiano raggiunto la “metabolizzazione” (almeno formale) di elevati livelli sui princìpi dell’inclusione delle persone con disabilità, sulle pari opportunità, la non discriminazione e la libertà di scelta per la propria autodeterminazione.

Scrivo dunque al Direttore Generale dell’ASL, invocando procedure non conformi alle vigenti norme antidiscriminatorie e intimandogli di non sottoscrivere nuove convenzioni con i Medici di Assistenza Primaria, se non con l’impegno di esercitare una funzione di pubblico interesse, rispettando la normativa sulle barriere architettoniche. Ma era quasi scontato che quell’intimazione fosse stata sollevata più ad effetto per riaprire una querelle annosa, che non per sperare di ottenere risultati tangibili, in quanto, alla luce della normativa vigente, proceduralmente è proprio tutto corretto e lineare.
Da quel momento si è consolidato in me il giusto risentimento che mi ha motivato ad imbastire una nuova battaglia contro un paradosso eclatante, ma è proprio studiando e approfondendo la materia, che mi sono convinto di come tale paradosso sia solo apparente, nascondendo sottaciuti interessi colossali a livello economico. Uno status quo che, almeno alla categoria dei medici, conviene.

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