Quando la cultura mette le barriere alle persone disabili

Quando si parla di accessibilità alle persone affette da disabilità, non si parla solamente della rimozione degli ostacoli infrastrutturali. Ma anche di quelli culturali, per far sì che ci sia maggiore inclusione sociale.

Parliamo, ad esempio, di molti musei italiani non ancora dotati di bagni attrezzati, rampe ed elevatori. O se esistenti, spesse volte sono fuori servizio. Ma quel che è peggio, che quasi un museo su due non prevede specifici servizi di assistenza o supporto alla fruizione dedicati agli utenti con ridotta capacità motoria o sensoriale. Ossia, percorsi tattili e materiali e materiali informativi per ipovedenti o non vedenti.

Così come la stragrande maggioranza dei musei non è dotata dello scanner per leggere il Qr Code della carta europea della disabilità, con la quale si può leggere il grado di invalidità ed in base a quello ottenere l’agevolazione sul biglietto.

E sì, perché esistono anche disabili di “serie A” e di “serie B”, in fatto di diritti. Parliamo soprattutto di alcuni musei privati che, sì garantiscono il biglietto ridotto, ma non la gratuità. A meno che tu non sia invalido al 100%. Un esempio è Lo Stadio Domiziano, a Roma, in cui l’invalido paga l’ingresso ridotto se ha una percentuale di invalidità pari al 75%; mentre, entra gratis se è invalido al 100%. Quasi un gesto di commiserazione, più che un diritto che gli viene riconosciuto. Ma non è finito qui: perché in tutto questo l’accompagnatore del disabile paga anche lui, seppur ridotto.

Questa è una delle innumerevoli anomalie che si è trovata ad affrontare Ilaria (nome di fantasia) e ha deciso di parlarne alla nostra redazione:

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