Disabilità: qual è il confine tra libertà di parola e insulto?

di Fabio Rossignoli

Tema di grande attualità dibattuto in una diretta Instagram da WeGlad insieme a Ella Marciello creative director e copywriter, docente e attivista di Hella network; Simone Riflesso attivista con disabilità, queer e content creator; Elisa Costantino attivista disabile, studentessa di politiche e servizi sociali, referente del collettivo MAI Ultimi UniTo.

E’ il contesto il punto di partenza.

Il limite tra libertà di parola e insulto parte dal contesto in cui ci si trova e implica responsabilità a livello di comunicazione che differiscono in base ai nostri interlocutori e al tipo di luogo in cui ci troviamo.
Possiamo quindi distinguere due livelli di contesto – pubblico e privato – che prevedono diversi tipi di responsabilità che vanno tenute in considerazione.

In ambito privato, il limite tra offesa e ironia è posto dal destinatario del messaggio perché, in un rapporto tra pari, è possibile individuare più facilmente questo confine facendo notare al mittente il linguaggio o il tipo di comunicazione che non ci è piaciuto.
Nel contesto pubblico, invece, ci sono invece asimmetrie di “potere” tra mittente e destinatario che rendono molto complicato individuare il confine tra libertà di parola e insulto e diventa un “eterno dipende”.
Analizzare i singoli casi, gli infiniti “dipende da…”, crea l’opportunità di intervenire sul codice universale di comunicazione che viene limitato dai punti di vista parziali e che prende posizione su specifiche categorie non tenendo conto delle singole peculiarità e sensibilità.
Disabilità diverse, malattie diverse e neurodivergenze diverse implicano definizioni differenti che creano occasione di analisi e confronto e consente di migliorare la comunicazione.

L’abbattimento degli stereotipi deve essere un lavoro corale, è necessario chiedere e coinvolgere gli interessati per poter veicolare il messaggio che si vuole dare con criterio e utilità.
Il linguaggio e la comunicazione sbagliata rischiano di creare un circolo vizioso nel quale i pensieri abilisti trovano conferma e vanno a rafforzare i pregiudizi e lo stigma.
Avere consapevolezza di come funzionano i nostri processi decisionali è un enorme aiuto alla giusta comunicazione ed è necessario evitare la normalizzazione di un linguaggio scorretto e offensivo.

Per potere contrastare l’uso di un linguaggio discriminatorio e svalutativo è doveroso fare attivismo fuori dalle piattaforme social e dunque nelle situazioni di vita quotidiana. E’ importante esplicitare dissenso quando lo si ritiene opportuno al fine di rimarcare gli errori di comunicazione e diffondere prassi di corretta comunicazione.