Malattie mitocondriali e PMA: la tecnica di sostituzione del dna mitocondriale

Logo Osservatorio Malattie RarePer le famiglie si apre una nuova prospettiva. L’approfondimento con la genetista Dr.ssa Daniela Zuccarello
Le malattie mitocondriali sono malattie rare genetiche (dunque ereditarie) che causano importanti disabilità e possono colpire sia i bambini che gli adulti. Considerate nel complesso, quelle mitocondriali sono in assoluto le malattie genetiche più diffuse, anche se certamente sono molto meno note rispetto ad altre. Come per tutte le malattie genetiche esiste il rischio di trasmetterle ai propri figli. Per permettere alle famiglie di mettere al mondo figli non affetti da queste gravi malattie esistono diverse possibilità offerte dalla procreazione medicalmente assistita. Una in particolare, non ancora disponibile in Italia, potrebbe rappresentare una opportunità importante. Parliamo della tecnica di sostituzione del DNA mitocondriale, per la comprensione della quale abbiamo chiesto aiuto alla Dr.ssa Daniela Zuccarello, dell’Unità Operativa Complessa di Genetica ed Epidemiologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera Università di Padova.

 COSA SONO LE MALATTIE RARE MITOCONDRIALI
Le malattie rare mitocondriali sono causate da alterazioni nel funzionamento dei mitocondri, le “centrali energetiche” delle nostre cellule. Sono però un gruppo di patologie estremamente eterogeneo: “Le basi del DNA mitocondriale sono circa 16.500 – spiega Zuccarello– ed ognuna di esse può mutare dando luogo a patologie con insorgenza in età neonatale, infantile o anche adulta. Si tratta di patologie molto diverse tra loro.”

Tra le malattie mitocondriali annoveriamo infatti le più note retinopatie pigmentose, atrofie ottiche (Come la LHON), ma anche sordità e ipoacusia neurosensoriale (Sindrome di Pearson), atassie, distonia, parkinsonismo, encefalopatie (sindrome di Leigh,) pseudo-ostruzioni intestinali, ipoparatiroidismo, diabete mellito e molte altre ancora.

“Gli effetti delle mutazioni che colpiscono i complessi della catena respiratoria mitocondriale tendono ad essere multi-sistemici, cioè a interessare diversi organi e tessuti dell’organismo, in maniera non sempre prevedibile e quantificabile. Una peculiarità di questo gruppo di malattie, che ne ha reso difficoltoso lo studio nel corso degli anni, è la variabilità delle manifestazioni cliniche. Nonostante queste dipendano da un’inadeguata produzione di energia cellulare, la ripercussione a carico degli organi, la velocità di progressione e l’età di insorgenza della malattia variano notevolmente sia da malattia a malattia sia da paziente a paziente, ma anche all’interno di una stessa famiglia.”

QUANTE PERSONE NE SONO COLPITE E COME SI TRASMETTONO LE MALATTIE MITOCONDRIALI
Si stima che ne sia colpita 1 persona su 5.000, tra cui molti bambini nei primi anni di vita. Possono derivare da mutazioni del DNA nucleare che presentano un’ereditarietà mendeliana (circa il 50% dei pazienti), oppure del DNA mitocondriale, che si trasmettono per via matrilineare (vengono trasmesse esclusivamente dalle madri ai figli, con una ricorrenza molto variabile e quindi difficilmente prevedibile).

Ricordiamo innanzitutto che il DNA mitocondriale è diverso dal DNA nucleare, quello che tutti noi conosciamo.

Il DNA nucleare è contenuto nel nucleo delle cellule ed è assemblato nei 46 cromosomi (due copie ciascuno dei 22 cromosomi più una coppia di cromosomi sessuali) situati nel nucleo delle cellule del corpo umano.
Le malattie “mendeliane”, legate al DNA nucleare, si trasmettono con la modalità autosomica recessiva, autosomica dominante o legata al cromosoma X.

Il DNA mitocondriale (mtDNA) è invece contenuto all’interno dei mitocondri, piccoli organelli che si trovano all’interno del citoplasma cellulare di ciascuna cellula. Il DNA mitocondriale contiene 37 geni e codifica 13 dei circa 90 geni richiesti per la fosforilazione ossidativa, il processo che genera l’energia che serve alle cellule per vivere.

“Il DNA mitocondriale è più sensibile alle mutazioni, perché non possiede dei “sistemi di correzione efficienti”, soprattutto contro i danni causati dai radicali liberi. Quando insorge una variante patogena, cioè quando il DNA mitocondriale muta, lo stesso non è in grado di fornire tutti gli elementi necessari a una corretta produzione di energia.  – prosegue – Nelle cellule il DNA mitocondriale “normale” (wild type) e quello mutato possono convivere, ma maggiore sarà la percentuale di mtDNA mutato, maggiore sarà la presenza dei sintomi di malattia.”

“I mitocondri contenuti negli spermatozoi vengono persi all’atto della fecondazione – spiega ancora l’esperta – così che i mitocondri dell’embrione provengono esclusivamente dalla cellula uovo materna. Questo significa che le malattie mitocondriali derivate da alterazioni del mtDNA si trasmettono esclusivamente dalla madre ai figli, indipendentemente dal sesso, con una ricorrenza estremamente variabile e difficilmente prevedibile.”

La difficoltà di definire il rischio di ricorrenza della malattia e il fenotipo clinico (cioè le manifestazioni della malattia e la gravità dei sintomi) del bambino che nascerà mette in difficoltà il genetista che esegue la consulenza genetica alla coppia, rendendo l’offerta di diagnosi prenatale estremamente complessa.

COME SI PREVIENE LA TRASMISSIONE DELLE MALATTIE MITOCONDRIALI?
“La possibilità della diagnosi prenatale esiste – prosegue Zuccarello – e può essere eseguita tramite VILLOCENTESI O AMNIOCENTESI, ma presenta numerosi limiti.
Primariamente ricordiamo la scarsa prevedibilità di queste patologie: siamo in grado di predire con sufficiente precisione il quadro clinico se il livello di mtDNA mutato è molto basso (quindi è probabile che il bambino non manifesti malattia alla nascita) oppure quando il livello è molto alto (quindi possiamo essere sufficientemente certi che ci saranno delle manifestazioni patologiche). Quando però ci troviamo di fronte a un quadro mutazionale intermedio è estremamente difficile prevedere il fenotipo clinico. Quindi offrire una consulenza genetica è molto complicato. Senza contare che l’amniocentesi, tecnica preferita in questo caso, si effettua a gravidanza avanzata, tra la quindicesima e la diciottesima settimana, con conseguente possibilità di aborto terapeutico tardivo.”

In alternativa, è possibile scegliere di affidarsi alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) con diagnosi preimpianto o all’ovodonazione (PMA eterologa). Inoltre in futuro potrebbe essere possibile anche in Italia affidarsi alla tecnica di sostituzione mitocondriale.

LA DIAGNOSI PREIMPIANTO o PGT è una tecnica che prevede l’analisi di poche cellule prelevate da embrioni tra il quinto e il settimo giorno di sviluppo, ottenuti mediante tecniche di fecondazione in vitro. Questa tecnica permette di identificare gli embrioni ad alto rischio di patologia, che non verranno trasferiti in utero. Solitamente usata per indagare la presenza di patologie che interessano il DNA nucleare, può essere applicata anche alle malattie mitocondriali.
In questo caso prevede una strategia di selezione basata sulla rilevazione del carico mutazionale dell’embrione analizzato tramite biopsia di poche cellule. Anche in questo caso purtroppo esistono dei limiti importanti circa la predittività di questo esame. Con questa tecnica si analizzano solo poche cellule e spesso non è possibile fornire ai genitori una risposta univoca in termini di embrione malato o sano.

“Con la diagnosi preimpianto è possibile determinare solo il carico mutazionale di ogni embrione, permettendo alla coppia di decidere di trasferire l’embrione meno a rischio di sviluppare un fenotipo patologico nel nascituro. Solo per poche patologie è già stata identificata una “soglia critica” oltre la quale considerare l’embrione malato, in tutti gli altri casi di fatto ci si deve muovere in un ambito di incertezza. Inoltre, per garantire il successo della strategia diagnostica con PGT è necessario produrre un numero sufficiente di embrioni analizzabili. Questo significa che la paziente portatrice o affetta da patologia mitocondriale (mtDNA) dovrà necessariamente produrre un alto numero di ovociti da fecondare, ovvero dovrà avere una riserva ovarica adeguata e un’età materna non troppo elevata.”

LA PMA ETEROLOGA può invece essere considerata una scelta più sicura, ma non adatta a tutte le coppie.
“L’ovodonazione per la PMA eterologa è assolutamente possibile da 6 anni in Italia, anche presso i centri pubblici, sebbene con dei limiti previsti dai LEA regionali.  Tuttavia si tratta di un’opzione non gradita a tutte le coppie – prosegue l’esperta -per via della perdita del legame biologico con l’embrione e delle implicazioni etiche e culturali che essa comporta.”

LA TECNICA DI SOSTITIZIONE DEL DNA MITOCONDRIALE
Esiste però anche una metodica, basata sempre su tecniche di fecondazione in vitro, che permette di non perdere il legame biologico con i figli: si tratta della tecnica di sostituzione del DNA mitocondriale.

“In sintesi si tratta di spostare il DNA nucleare di mamma e papà all’interno di un ovocita (donato) denucleato (a cui è stato tolto il nucleo) – spiega Zuccarello – Questo è possibile grazie ad alcune tecniche di sostituzione del DNA mitocondriale, che hanno come obiettivo di ricostruire ovociti o zigoti portatori del DNA mitocondriale mutato, trasferendoli in cellule enucleate ottenute da una domatrice, che presentano una sequenza normale di DNA mitocondriale. Questo implica che l’embrione così ottenuto conterrà materiale genetico nucleare proveniente dalla madre e dal padre biologici,  e materiale genetico mitocondriale dalla donatrice. È  importante sottolineare che il mtDNA non influenza lo sviluppo delle caratteristiche fisiche o morfologiche del futuro bambino, ma solo il suo metabolismo energetico, per cui il figlio nato da questa tecnica sarà a tutti gli effetti figlio biologico dei suoi genitori. ”

Le tecniche embriologiche che possono essere applicate a questa metodica sono diverse, le principali sono il pro-nuclear transfer (PNT) e il maternal spindle transfer (MST).

“Si tratta di tecniche complesse e diverse tra loro – spiega Zuccarello – delle quali abbiamo analizzato gli aspetti scientifici ma anche quelli normativi ed etici. Per alcune tecniche possiamo prevedere dei dubbi di natura etica, rispetto alla necessità di un embrione donato. Per una tecnica come il trasferimento di spindle materno, per la quale invece è sufficiente disporre di un ovocita donato, l’ammissibilità dovrebbe essere del tutto garantita sia dal punto di vista legale che da quello etico e culturale.”

“Parliamo di una metodica complessa ma per la quale esistono numerose evidenze scientifiche internazionali, messa a punto nel Regno unito e legalizzata non solo in UK ma anche in Australia– prosegue l’esperta – che non prevede particolari costi, ma richiede un’elevata competenza in embriologia.”

L’associazione MITOCON ODV –  che in Italia rappresenta dal 2007 le famiglie con malattie mitocondriali e lavora in rete con le più importanti associazioni e società scientifiche internazionali coinvolte nelle patologie mitocondriali – sta  promuovendo la campagna di advocacy e comunicazione sociale per costruire un dibattito sul tema che porti ad autorizzare anche in Italia la sperimentazione di tali tecniche.

“Insieme all’ISS stiamo promuovendo l’avvio di un progetto pilota di 6 mesi – continua Zuccarello – che coinvolgerà 3 centri clinici pubblici (nord, centro e sud) con l’obiettivo di formare il personale all’uso di queste tecniche e testare le stesse sugli ovociti donati. Si tratta di un progetto pilota assolutamente necessario per poter avviare poi un progetto di fattibilità clinica.”

“Quello che desideriamo fortemente – conclude – è che una volta ottenute le doverose conferme in termini di evidenze scientifiche, questa possibilità di scelta procreativa entri a far parte del LEA, i livelli essenziali di assistenza,  e possa essere offerta a tutte le famiglie italiane con malattie mitocondriali che desiderino accedervi.”

L’Associazione Mitocon ODV ha realizzato su questo tema un importante documento multidisciplinare dedicato all’analisi delle tecniche in questione dal punto di vista medico-scientifico, giuridico, etico e psicologico.

Il documento “Gli interventi di sostituzione mitocondriale. Le questioni mediche, etiche, psicologiche e giuridiche”, disponibile a questo link, è stato curato da Gianni Baldini, Maurizio Balistreri, Antonio Capalbo, Nicola Carone, Paola Desideri, Matteo Galletti, Laura Girardi, Piero Santantonio, Silvia Zullo e Daniela Zuccarello.

Fonte: osservatoriomalattierare.it