La battaglia dei disabili per assistere ai concerti

L’appello sui social: “Vogliamo pagare, ma sia garantita la libertà di sistemazioni più degne e senza discriminazioni”.

 
“Scrivo per denunciare il disgustoso trattamento discriminatorio al quale le persone disabili come me vengono sottoposte se vogliono ascoltare un concerto alla cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma”. Inizia così l’appello pubblicato sui social da Giacomo Di Foggia, 37enne romano appassionato di musica, che qualche giorno fa era alla cavea a sentire Ben Harper. “Le persone che utilizzano una sedia a rotelle – prosegue il post – non hanno il diritto come tutti gli altri di essere con un gruppo di amici. Vengono infatti separate dalla propria compagnia e ammucchiate, loro e l’eventuale (tapino!) accompagnatore, in un piccolo, fatiscente e posticcio palchetto, costruito con tubi metallici e assi di legno, in alto”.

Il “palchetto” per i disabili non è una peculiarità del Parco della Musica, è quasi una costante nel mondo italiano dei concerti. E anche dove non c’è una pedana fatta di legno e tubi innocenti – come nelle sale al chiuso dell’Auditorium – rimane sempre l’imperativo odioso di separare la persona disabile dall’eventuale comitiva, per relegarla in un angolo diverso della sala, con un solo accompagnatore consentito. “A Natale i miei genitori – racconta Di Foggia a Repubblica – hanno regalato a me e ai miei fratelli i biglietti per il concerto di Branduardi. Alla fine loro lo hanno visto tutti insieme mentre io ho dovuto assistere da un’altra parte”.

Discriminati anche gli accompagnatori
Serena Alfieri è la compagna di Di Foggia e quindi spesso è lei l’“accompagnatore” designato: “La prima volta che ho visto la pedana per i disabili non ci potevo credere – racconta – anche perché l’Auditorium è una struttura costruita pochi anni fa, possibile che nessuno abbia pensato a una soluzione migliore? Tra le varie cose assurde c’è il fatto che nella parte anteriore del palchetto c’è un tubo di ferro praticamente all’altezza del volto, quindi per chi è seduto la visuale è pessima”. Di Foggia tiene a sottolineare che “questa questione dei concerti è ovviamente solo uno dei tantissimi problemi che dobbiamo affrontare”, in una città dove persino percorrere un marciapiede può essere un’impresa ardua. Potrebbe sembrare quasi una pretesa superflua, “un ‘vogliamo anche le rose’ – spiega – ma la cultura, la musica, sono un elemento fondamentale della mia vita”. E d’altronde non sfugge a nessuno che anche la facoltà di assistere comodamente a uno spettacolo dal vivo con un gruppo di amici o con la famiglia è parte integrante di una (decente) qualità della vita e dovrebbe essere un diritto per tutti.

Ma in tutta Italia la situazione è la stessa. Simona Ciappei, 45enne di Pisa, tre anni fa ha creato una pagina Facebook dal titolo eloquente: “Sotto il palco anche io”, che rivendica per i disabili la libertà di scegliere il posto ai concerti. Oggi la pagina conta oltre 16mila follower, che si scambiano informazioni e condividono esperienze, per la maggior parte negative. Passione sfegatata per la musica pop e rock – e per Vasco Rossi in primis, Ciappei racconta a Repubblica che “la prima volta che ho partecipato a un evento in sedia a rotelle è stato il Vasco Modena Park nel 2017, che dal punto di vista dell’organizzazione per i disabili è stato pessimo. Ma ingenuamente ho pensato che si trattasse di un’eccezione. Invece è quasi sempre la norma”.  Gli esempi negativi “sono tanti, troppi”, prosegue: tra i molti, un altro concerto di Vasco, a Milano (ippodromo Trenno) e più di recente quello dei Muse al Firenze Rocks. Su Facebook le segnalazioni arrivano da tutto il Paese, da Pescara a Messina, da Lignano Sabbiadoro ad Ancona. E i problemi sono sempre gli stessi: posti assurdi, visibilità pessima, organizzazione carente. E l’“accompagnatore” – che di norma non paga il biglietto – è trattato anche peggio: capita che non ci siano nemmeno le sedie, quindi chi accompagna un disabile deve stare in piedi per tutta la durata dello spettacolo.

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