L’accessibilità web? Con l’intelligenza artificiale si fa prima, si fa bene e costa meno

Immagine di donna che lavora al PCLa startup AccessiWay impiega l’intelligenza artificiale, accanto a professionisti specializzati e “user tester” per promuovere l’accessibilità del web. “Un sito accessibile può costare il doppio di uno non accessibile. Perciò oggi i siti pienamente accessibili sono rari. Noi permettiamo di ridurre i costi per i proprietari dei siti, garantendo agli utenti una navigazione personalizzata e adeguata alle singole esigenze. L’integrazione si fa anche sul web”. Intervista a Edoardo Anello.

Francesca (nome di fantasia) ha un cruccio: il suo lavoro lo sa fare benissimo, essere una persona non vedente non le impedisce di essere un’ottima developer, ma quando vuole seguire i personaggi famosi sul web non riesce a farlo perché le pagine di questi ultimi non sono accessibili. Quando pensiamo all’accessibilità, tendenzialmente ci vengono in mente solo le rampe sui marciapiedi, i parcheggi dedicati, bagni pubblici più grandi e così via. Difficilmente si pensa alla dimensione del font di un articolo su un blog o al colore di sfondo di un menù di un sito web. Ma non solo, quasi nessuno pensa alla possibilità di navigare un sito senza l’utilizzo del mouse o addirittura senza poter vedere lo schermo. Eppure, proprio come esistono leggi per ridurre al minimo le barriere architettoniche che garantiscono a tutti le stesse possibilità di accesso alla vita in società, l’Unione Europea ha disegnato delle leggi che garantiscano piena accessibilità anche sul web.

Per “accessibilità web” si fa riferimento alla capacità dei sistemi informatici di fornire servizi e informazioni alla totalità degli utenti senza discriminazioni, soprattutto verso coloro che a causa di una qualche disabilità non possono fruire appieno dei contenuti presenti sul web. Redattore Sociale ha intervistato Edoardo Arnello, co-fondatore della startup AccessiWay, nata nel gennaio 2021 con la mission di “rendere maggior numero di siti accessibili alle persone con disabilità”, ci spiega Edoardo. Il “segreto”? Utilizzare l’intelligenza artificiale per rendere possibile l’accessibilità su larga scala.

Quando un sito si può dire accessibile?
Quando permette a tutti, indistintamente dalle loro necessità, di vivere la stessa esperienza utente. Prendiamo, per esempio, un sito di e-commerce: perché sia accessibile, deve permettere anche all’utente non vedente di selezionare un prodotto, metterlo nel carrello e acquistarlo in totale autonomia. Al tempo stesso, deve consentire ad una persona con epilessia di bloccare video o gif animate in qualunque momento. E deve anche rispondere a determinati criteri di leggibilità per utenti con DSA, o con disabilità visiva. Tutti questi criteri sono regolati da uno standard internazionale, le WCAG, che definiscono quali requisiti devono essere rispettati affinché un sito sia pienamente accessibile.

Quanti siti lo sono?
Completamente accessibili, sono pochissimi: circa il 3%. Oltre il 95% dei siti contiene degli errori o delle incongruenze ai fini dell’accessibilità, come è possibile verificare facilmente il livello di accessibilità di qualsiasi sito attraverso lo strumento di analisi automatica che mettiamo a disposizione gratuitamente. Ci siamo “divertiti” a testare anche i siti di alcuni cantanti famosi o vip italiani: il risultato è che nessuno di questi è completamente accessibile.

Cos’è che frena la diffusione dell’accessibilità sul web?
I tempi e i costi. E’ infatti molto costoso e dispendioso, in termini di tempo, programmare e soprattutto mantenere un sito accessibile nel tempo. Al tempo stesso, non si ha consapevolezza che il 20% delle persone abbia un bisogno specifico ai fini della navigazione. Di conseguenza, quando una piccola o media impresa chiede un preventivo per un sito accessibile, i costi e i tempi possono addirittura raddoppiare rispetto a quelli necessari per un sito non accessibile, perché ogni pagina va controllata nei singoli dettagli. La naturale conseguenza di una situazione come questa è che il 97% dei siti non sia del tutto accessibile.

Cosa propone la vostra startup?
Noi vogliamo essere l’hub dell’accessibilità digitale. Proponiamo un approccio integrato, che permetta massima qualità al minimo sforzo per il cliente, grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale, affiancata a tecnologie e competenze umane altamente specializzate. Oltre che al fondamentale user test effettuato da persone con disabilità e la formazione per il team del cliente. Ricorrere all’intelligenza artificiale ci permette di essere più veloci e quindi meno costosi e permette anche di verificare e mantenere costantemente l’accessibilità grazie a scansioni quotidiane dell’IA. Così, ogni volta che si inserisce un nuovo contenuto si è sicuri che sia accessibile. Concretamente, il nostro software permette a ciascun utente di personalizzare la navigazione sul sito, a seconda delle proprie esigenze. Cliccando su un pulsante, si apre una finestrache è una sorta di pannello di controllo con cui l’utente può effettuare più di 50 modifiche ai fini della leggibilità, della navigazione con screen reader, dell’orientamento e molto altro. Il nostro tool permette quindi ad ogni singolo utente di personalizzare l’esperienza senza richiedere al proprietario del sito di sviluppare un sito che vada bene sempre per tutti, anche perché è praticamente impossibile riuscirci, ogni utente ha una sua esigenza e questa deve essere affrontata in modo puntuale.

Quanto interesse riscontrate da parte delle aziende?
In pochi mesi abbiamo seguito l’accessibilità di oltre 100 clienti, soprattutto Pubbliche amministrazioni e grandi imprese. Il problema dell’accessibilità riguarda milioni di persone, tra cui tutti gli over 75, e il tema per fortuna inizia ad essere sempre più di attualità. Tuttavia, già da settembre 2020, in base alla normativa europea, grandi aziende e PA hanno l’obbligo di rendere accessibili i loro siti. E’ chiaro quindi che, da parte di queste, ci sia una consapevolezza e una richiesta molto alta.
Siamo molto contenti che tutte le PA e le aziende rinomate che si sono affidate a noi siano sempre molto soddisfatti del lavoro che svolgiamo e che possano misurarlo con feedback diretti degli utenti. Ci sono però anche realtà che, avendo un gran numero di siti in tutto il mondo con decine di migliaia di pagine, quando devono pensare all’accessibilità dei loro siti per una questione di conformità vengano scoraggiate da preventivi proibitivi che hanno il risultato di posticipare semplicemente il problema.
Ricorrendo all’intelligenza artificiale nel contesto di un approccio integrato, noi cerchiamo di sensibilizzare anche queste aziende più reticenti ad affrontare una spesa, che in questo modo si riduce di oltre il 75%. Le difficoltà maggiori si trovano nelle piccole e medie imprese, dove la consapevolezza è minore e per cui l’obbligo entrerà in vigore dal 2025: c’è un grande lavoro di sensibilizzazione da fare e siamo felici di farlo quotidianamente con le nostre iniziative online e offline.

E i giornali online?
Altro settore complesso: quasi tutti non soddisfano i requisiti minimi di accessibilità, ma è comprensibile, si tratta di siti con centinaia di migliaia di pagine uniche e spesso con diversi gradi di interattività. Stiamo parlando con molti editori che però si dimostrano sensibili: inoltre laddove c’è molto traffico, l’intelligenza artificiale è particolarmente efficace oltre che necessaria! Se un sito ha 1 milione di utenti unici al giorno, sicuramente almeno 100 mila di queste incontrano problemi nella navigazione. Noi vogliamo che questi problemi non esistano più: essere integrati non significa solo poter andare alla posta, o in banca, o a scuola, ma anche poter navigare liberamente nel web, leggere le notizie e gli aggiornamenti dal mondo, ma anche seguire il proprio cantante preferito o acquistare i suoi gadget. Più la vita si sposta a livello digitale, più dobbiamo assicurarci che nessuno sia lasciato indietro.

Fonte: mysuperabile.inail.it

(ca/la)