CittAgorà
Periodico del Consiglio Comunale di Torino



Settembre nero, la strage di piazza San Carlo nel 1864

18-09-2012

Il 21 e 22 settembre del 1864, a Torino risuonano le fucilate esplose contro una folla inerme. E’ la risposta del Regno d’Italia alla sua prima capitale, che protesta per la perdita del suo primato in favore di Firenze.
Non è campanilismo: quando viene prospettato il trasferimento di governo e ministeri, nonché della stessa casa reale, nella città toscana, Torino subodora il proprio disastro. Capitale amministrativa da secoli, del Ducato di Savoia, del Regno di Sardegna e infine dello stesso Regno d’Italia, la nostra città vive da allora di burocrazia, di uffici pubblici. L’industria è ancora ai suoi esordi e il suo peso nell’economia locale è ancora limitato, non basterebbe a colmare il vuoto lasciato dall’esodo dell’apparato statale. Sarà poi proprio la perdita del ruolo di capitale a rappresentare una delle molle per la trasformazione di Torino in capitale dell’industria. Minghetti
Ma in questo scorcio d’estate del 1864, non sono in ballo soltanto i posti di lavoro negli uffici dello Stato, bensì tutta una struttura commerciale e di servizi che vi ruota intorno, lo stesso valore degli appartamenti, nella prospettiva dell’esodo di migliaia di funzionari con le loro famiglie. E c’è un aspetto di orgoglio patriottico: che dire del sangue in gran parte piemontese versato nelle campagne delle Guerre d’indipendenza, è questo il riconoscimento che viene corrisposto? La notizia della convenzione stipulata il 15 settembre tra Italia e Francia, che prevede tra l’altro, su forte pressione di Napoleone III, lo spostamento della nostra capitale in Toscana, se ha provocato apprensione a Palazzo Civico (che dichiara di volersi opporre con ogni mezzo legale, ma invita alla calma) ha scatenato timori e poi rabbia tra i torinesi.
Certo, vola qualche pietra, si agitano bastoni, ci sono anche violenze da parte di alcuni manifestanti, ma resta il fatto che la reazione delle autorità è feroce, smisurata e omicida. In vari luoghi del centro ma soprattutto in piazza San Carlo, il fuoco di fila dei soldati stronca decine di vite, molte sono di donne e ragazzi. L’elegante selciato del “salotto di Torino” si macchia di sangue: “La piazza ha l’aspetto di un macello di carne umana”, scrive la Gazzetta del Popolo nell’edizione del 23 settembre. Alla fine si conteranno 57 morti e 187 feriti. Una vera battaglia, se non fosse che si è sparato da una parte sola: secondo le cronache dell’epocale, le vittime annoverate tra i militari sono, come si direbbe oggi, per “fuoco amico”. Tanta è stata la foga di falciare a fucilate i manifestanti che si è finito per spararsi addosso tra un reparto e l’altro. Piazza san carlo
Il 23 settembre il Comune fa affiggere un disperato manifesto del sindaco Emanuele Luserna di Rorà per riportare la calma: “Concittadini! Risparmiamo nuovo sangue! Ad evitare conflitti, è necessario che ogni cittadino, a sera, rimanga nella propria casa. Di questo vi scongiuro. Confidiamo tutti che il Parlamento salverà l’Italia”. Ma ormai il sangue è sparso.
La strage, per dimensione e modalità, appare subito indifendibile agli occhi dell’opinione pubblica nazionale. Quasi subito, il primo ministro Marco Minghetti deve dimettersi su invito dello stesso re (ma tornerà a presiedere il governo nel 1873). Anche il questore di Torino viene rapidamente congedato. Una Commissione d’inchiesta della Camera dei Deputati conclude che “Per parte del popolo non vi fu provocazione, nell’azione del governo non vi fu né prudenza, né unità, né energia, la nazione fu indotta in errore circa la natura dei fatti avvenuti in Torino”.
Ma dal patto stipulato con la Francia, che sosterrà l’Italia nelle fasi successive del Risorgimento, attraverso la III Guerra d’indipendenza e sino alla presa di Roma, non si recede. Vittorio Emanuele II°
Camera e Senato ratificano la Convenzione franco-italiana (non senza aspre polemiche) e il decreto di trasferimento entro sei mesi della capitale a Firenze porta la data dell’11 settembre 1864, con le firme di Vittorio Emanuele II, Quintino Sella, Giovanni Lanza e altri. Nel 2011, in occasione del 150° anniversario dell’Italia unita, l’allora vicepresidente del Consiglio comunale Giulio Cesare Rattazzi (recentemente scomparso), commemorerà le vittime della strage con queste parole: “Il tragico evento del 1864 rappresenta una spontanea reazione agli accordi del trasferimento della capitale, non direttamente comunicati ai cittadini. I moti torinesi restano nella memoria storica e offrono occasioni di riflessione sui percorsi e le vicende che hanno portato all’Unità d’Italia”. In piazza San Carlo, una lapide apposta dall’Amministrazione comunale nel 1999 ricorda i caduti per Torino capitale.

Nelle foto: Dall'alto, Marco Minghetti, presidente del Consiglio dei ministri all’epoca della strage; Una stampa d’epoca (Archivio Storico Città di Torino) ritrae il massacro dei manifestanti in piazza San Carlo; Vittorio Emanuele II. Durante il suo regno, l’Italia contò tre capitali.

Claudio Raffaelli

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