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18 dicembre 1922 - La strage di Torino

Opuscolo eventi in cittàLa strage fascista del 18-20 dicembre 1922 è un evento che ha impresso un marchio di sangue e di terrore a lungo incancellabili nella memoria di Torino. Nella notte del 18, in barriera di Nizza, ebbe luogo una sparatoria in cui fu ferito mortalmente un giovane fascista. Le squadre d'azione in camicia nera comandate da Piero Brandimarte scatenarono una rappresaglia che dilagò per due giorni in tutta la città e causò 11 morti accertati e almeno quaranta feriti. La strage, anche nelle sue modalità di violenza brutale ed efferata, espresse il rancore del fascismo tutto intero - anche al di là delle differenze interne - nei confronti di una città la cui popolazione, in grandissima parte operaia, gli era sempre stata estranea o ostile. Volle suonare come punizione esemplare in particolare dei sindacati e dei partiti operai, che anche dopo la marcia su Roma avevano mostrato la loro volontà di non piegarsi. La violenza fascista colpì due loro dirigenti di primo piano, come Pietro Ferrero e Carlo Berruti, ma infuriò anche contro militanti meno noti e contro cittadini e lavoratori inermi senza appartenenza politica.

A monte di quel tragico epilogo vi era uno scontro durissimo, che da mesi lasciava morti e feriti per le strade di Torino: uno scontro che covava sotto le ceneri almeno dal 1917 (l'anno della rivolta dei quartieri operai e popolari contro l'aumento del prezzo del pane, e soprattutto contro il tributo di sangue e di miseria imposto dalla prosecuzione della guerra), e periodicamente si riaccendeva, esasperato nel 1919 dal ritorno dei reduci. Dopo anni vissuti in trincea, nella morte e nella violenza quotidiana, nell'abitudine al comando, reinserirsi nella vita civile non era facile, e per molti umiliante. Maturò un'incandescente tensione sociale, e i fascisti, sfruttando le paure dei ceti medi e un sentimento di nazionalismo frustrato, soffiavano sul fuoco. In tutta Italia le "spedizioni punitive" contro sedi e militanti delle organizzazioni operaie e contadine delle squadre fasciste, che godevano spesso della complicità o del sostegno esplicito delle forze dell'ordine, erano cominciate alla fine del 1920 e si erano intensificate in prossimità delle elezioni del maggio 1921. A Torino culminarono - nella notte fra il 25 e il 26 aprile 1921 - nell'assalto e nell'incendio del palazzo che in corso Galileo Ferraris ospitava, oltre alla Camera del Lavoro, l'Alleanza cooperativa, l'Associazione Generale degli Operai, le sedi dei partiti socialista e comunista e numerose società operaie e leghe di mestiere, e che era divenuto l'emblema della resistenza operaia.

I responsabili dell'assalto rimasero impuniti, come sostanzialmente impuniti furono gli autori dell'eccidio del 1922. Solo nel 1946, dopo la Liberazione, il loro principale artefice, Brandimarte, fu processato e condannato in primo grado ma poi assolto in appello per insufficienza di prove.

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