Tra il 1958 e il 1963 la popolazione di Torino
cresce del 21,5 per cento - da 916.652 abitanti a 1.114.300 -
a causa della forte immigrazione provocata dalla richiesta di
manodopera da parte della grande industria. In dodici anni -
dal '53 al '65 - gli abitanti radoppiano. La città si
espande a macchia d'olio e gli uffici comunali faticano a governare
l'emergenza: mancano fondi per le opere di urbanizzazione di
base (strade, fognature, acquedotti) e gravi carenze nei controlli
lasciano proliferare una frenetica esuberanza edificatoria. Se
negli anni '50 il Comune favoriva l'acquisto delle abitazioni
da parte di famiglie con reddito medio-basso, all'inizio degli
anni '60 preferisce realizzare baraccamenti provvisori, gestiti
da enti comunali di assistenza, e costruisce veri e propri quartieri
residenziali per offrire soluzioni abitative definitive.
Nel 1962 il Governo Fanfani approva la legge
167, che dota i Comuni di strumenti per procedere ad esproprio
delle aree fabbricabili a prezzi inferiori di quelli del mercato
speculativo. Nello stesso anno il Comune delibera l'incremento
del piano Torino Casa con la previsione di costruire circa 800
alloggi da assegnare in locazione: al bando si presentano in
13mila. Tra il '63 e il '71 l'intervento pubblico (Gescal, Iacp,
Poste, ...) favorisce la costruzione di quasi 17mila alloggi.
Al termine della seconda Guerra mondiale,
l'aeroporto Gino Lisa aveva subito pesanti danni e si mostrava
insufficiente alle nuove esigenze dei voli civili. Venne perciò
abbandonato a favore del nuovo impianto di Caselle. L'area rimase
abbandonata e inutilizzata fino al 1963, quando i terreni tornano
di proprietà del Comune di Torino che li destina a Edilizia
residenziale pubblica: i nuovi quartieri vengono denominati M22,
M23 e M24. Nei 47mila metri quadrati dell'ex aeroporto, ora Basso
Lingotto, si progettano così otto edifici di nove piani.
Si indice un appalto concorso che affida alla Recchi la loro
costruzione: tra il 14 aprile 1965 e il 14 aprile 1966 la società
torinese consegna 780 alloggi realizzati con una tecnica di prefabbricazione
integrale, il brevetto francese Tracoba I°, che è
già stata definita obsoleta nel suo paese d'origine (Magnaghi,
Monge, Re, pag. 160). Il costo finale della costruzione sarà
di 14mila lire al metro quadrato.
Nei palazzi di nuova costruzione si insediano
tre tipologie di abitanti: ex baraccati, vincitori di concorso
e trasferiti in cambio alloggio.
Negli stabili di via Fratelli Garrone 73 e
di via Artom 99, tra i primi ad essere terminati, si insediano
ex baraccati, che prendono possesso delle case fra ottobre e
novembre del 1965. I baraccamenti sono alloggiamenti temporanei
realizzati per famiglie senza tetto o immigrate: vecchie fabbriche,
edifici degradati, ex caserme o edifici appositamente costruiti
come il villaggio Anselmetti, diciotto casette prefabbricate
di due piani che sorgono poco lontano, in via Montecorno 23.
Il neosindaco Grosso assume come suo impegno
primario la soppressione di tali alloggiamenti, che costano alle
casse del Comune circa 100 milioni l'anno e rappresentano, da
ormai vent'anni, un grave problema sociale: emarginazione, elevato
affollamento, promiscuità, carenze igieniche gravi, insufficienza
dei servizi offerti.
Nei confronti degli abitanti delle cosiddette
"casermette" si compie una vera e propria azione militare:
alle prime ore del mattino le abitazioni vengono circondate dalla
polizia e fatte sgomberare e, man mano che vengono liberate,
si demoliscono le pareti interne per evitare successive occupazioni
di altri senza casa.
Se il trasferimento in via Artom rappresenta
la fine di un'emergenza cittadina, dall'altro si teme che l'emergenza
non si concluda con un trasloco e che il nuovo quartiere proponga
in verticale anzichè in orizzontale gli stessi problemi
di prima, condensando in un'unico agglomerato famiglie di una
stessa composizione sociale.
Gran parte dei nuovi abitanti di Basse Lingotto
sfollati dalle casermette proviene dalla caserma di via Verdi,
della quale è in scadenza la convenzione con il Comune.
Liberata l'area dalle persone, il demanio la permuta con una
di corso Vittorio Emanuele II e favorisce così la costruzione
del Palazzo delle Facoltà umanistiche, anche detto Palazzo
Nuovo.
Le Cassandre che annunciavano la nascita di
una periferia sradicata dal contesto urbano e foriera di nuove
emarginazioni non avevano cantato invano. negli anni settanta
un film autoprodotto, "La ragazza di via Millelire",
descrive storie di quotidiana marginalità all'ombra dei
palazzi prefabbricati. Con la realizzazione del Piano di recupero
urbano, avviato nel 19..., si cerca di restituire al quartiere
una sua centralità, di dare ali al protagonismo dei suoi
abitanti attraverso una nuova progettazione del territorio.
(sintesi realizzata sulle notizie riportate
nel volume "Mirafiori, la città oltre il Lingotto",
scritto da Angelo Castrovilli e Carmelo Seminara per Mentelocale
e pubblicato nel 2000, e nel volume "Guida all'architettura
moderna di Torino" di Magnaghi, Monge e Re, Torino Lindau
1995).
Torino, 23 dicembre 2003
|