GIULIA CAIRA

Istituto Professionale Albe Steiner

Giulia Caira narra del suo doppio. Specchio di sé come altro da sé. “Le foto di Giulia” sono
la prova che un delitto perfetto non è possibile. La sua opera è la traccia di questa imperfezione
criminale. È la scena di un omicidio, che si tradisce producendosi nel suo doppio
fotografico. Autrice e oggetto della rappresentazione, vittima e carnefice allo stesso
tempo, l’artista lascia troppi indizi sul luogo del delitto per ingannare le apparenze. Per
costruirsi un alibi della propria femminilità. Il movente, la posta in gioco è la nudità travestita
come artefatto proiettivo dell’isteria maschile: l’idolo dorato pronto ad essere stuprato.
Ma, tradite dai sensi, le “foto di Giulia”, che come buchi neri ti risucchiano nella
loro vuota memoria di superficie, galleggiano in profondità, diventano frammenti impenitenti,
sberleffi a sé stanti di un violento sentire. Doppi identitari, luoghi di rimando, dove
si costruiscono parodie immaginarie, al di sopra di ogni sospetto. Sono attese palpitanti,
sguardi provocanti, debordanti. Sono strategie di spostamento. Seduzioni per depistare,
per farci deviare. Autentici calchi solo pronti ad uccidere, per non lasciarci morire.
Gian Alberto Farinella


“Se non vi fossero le
apparenze, il mondo sarebbe
un delitto perfetto”.
J. Baudrillard

 

GIULIA

CAIRA

 

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Love me tender 6, 2001 – fotografia su plexiglas, cm 30x45 ciascuna

 

Love me tender 6, 2001 – fotografia su plexiglas, cm 100x150