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Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 17 Febbraio 2014 ore 10,00
Paragrafo n. 25
MOZIONE 2014-00311
(MOZIONE N. 4/2014) "CHIUDERE IL CIE DI CORSO BRUNELLESCHI, CHIUDERE I CIE DI TUTTA ITALIA" PRESENTATA DAI CONSIGLIERI GRIMALDI ED ALTRI IN DATA 23 GENNAIO 2014.
Interventi

FERRARIS Giovanni Maria (Presidente)
Passiamo all'esame congiunto della proposta di mozione n. mecc. 201400311/002,
presentata dai Consiglieri Grimaldi, Centillo, Genisio, Onofri, Levi, Curto, Ventura,
Porcino, Carretta e Nomis in data 23 gennaio 2014, avente per oggetto:

"Superare i CIE di corso Brunelleschi".

e della proposta di mozione n. mecc. 201400356/002, presentata dal Consigliere
Marrone in data 24 gennaio 2014, avente per oggetto:

"CIE di Torino: stop allo spreco di cibo".

FERRARIS Giovanni Maria (Presidente)
La parola al Consigliere Grimaldi.

GRIMALDI Marco
I Centri di detenzione amministrativa, denominati CPTA, sono stati introdotti dalla
Legge Turco-Napolitano. Però, il periodo di trattamento, inizialmente fissato in 30
giorni, è stato poi prolungato a un massimo di 60, dalla cosiddetta Bossi-Fini, poi a
180 giorni nel 2008, sino ad arrivare, per iniziativa dell'ex Ministro dell'Interno,
Maroni, a un massimo di 18 mesi nel 2011.
I CPTA sono stati poi denominati Centri di Identificazione ed Espulsione dalla
Legge n. 125/2008. Già il rapporto della Commissione De Mistura, istituita dal 2007
dal Governo italiano, denunciava i tanti episodi di rivolte e di fughe, di suicidio, di
autolesionismo, di racconti delle violenze subite, dello stato di prostrazione che
provocano anche pochi giorni di detenzione, l'alto tasso di consumo e abuso di
psicofarmaci, indispensabili a sopportare un regime carcerario. Gli stessi fatti sono
stati comprovati dalla cronaca, da approfondite ricerche, svolte da organizzazioni
indipendenti nazionali e internazionali.
La Commissione De Mistura propose il progressivo superamento dei CPTA. La
Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato,
nella precedente Legislatura, sotto la Presidenza del Senatore Marcerano, pervenne a
simili conclusioni.
Purtroppo, però, niente di tutto questo accadde. Eppure i dati e le contraddizioni
erano già alla portata di tutti. Per esempio, negli anni, meno della metà delle persone
detenute nei Centri è stata effettivamente rimpatriata, a fronte di costi elevatissimi
per l'allestimento, la gestione, la manutenzione e la sorveglianza delle strutture.
Occorre ricordare che i diritti delle persone trattenute non sono disciplinate da alcuna
norma primaria, bensì sono affidate a una generica e lacunosa disposizione
regolamentare e persino a meri capitolati di gestione.
Però, da mesi, per fortuna qualcosa si muove, anche sotto la pelle di Montecitorio.
Infatti, a fronte di gravi violazioni dei diritti umani, anche la Camera dei Deputati ha
appurato l'inefficienza e l'inefficacia dei CIE, rispetto alle funzioni affidate a essi dal
Legislatore.
Come avete visto, sul fronte torinese le vicende non sono dissimili. Durante gli ultimi
sopralluoghi al CIE di corso Brunelleschi, le Commissioni del Consiglio Comunale
hanno constatato che erano presenti 85 persone, 73 uomini e 12 donne, chiamati
"ospiti" dalla Croce Rossa, o "trattenuti" dalla Prefettura.
A fronte di 200 posti teorici, quelli utilizzabili erano 98, mentre i restanti erano
inagibili per motivi di sicurezza, in quanto, a seguito delle rivolte, gran parte delle
aree erano state bruciate e rese inutilizzabili. Le rivolte nello scorso anno sono state
mediamente due al mese, nei periodi estivi anche di più.
Come abbiamo potuto constatare, la Croce Rossa continua a svolgere il ruolo di full
service, dalla mensa alla pulizia, dall'Avvocatura alla consulenza medica e
psicologica. La Croce Rossa rilascia 3,50 Euro al giorno ad ospite, usati perlopiù per
tabacco e telefonate.
Come riportato dal medico del posto, un trattenuto su tre usa ansiolitici e
antidepressivi. L'ampliamento di tre anni fa costò allo Stato 14 milioni di Euro. Una
cifra incredibile, ovvero 78.000 Euro a posto letto. Tali cifre risultano abnormi,
considerato che nella metà dei casi la detenzione è inutile. Nel 2012 è stato
rimpatriato il 57 percento degli stranieri: 650 su 1.100 circa.
Devo dire la verità, quel costo è ancora più inverosimile visto che dei 210 posti di cui
parlavamo, oggi ne sono disponibili una novantina. Quindi, quel raddoppio non è
servito a niente.
Qualche giorno dopo i sopralluoghi, il 21 dicembre, quando suor Anna del centro di
via Santa Maria Mazzarello, a Torino, denuncia la sofferenza e l'umiliazione degli
ospiti del CIE di corso Brunelleschi. Qualche giorno fa sono stati tanti Senatori e
Deputati di SEL, del PD a denunciare gli stessi fatti.
Oggi, a quella e alle tante denunce arrivate in questi anni dalle ONG, dalle
Associazioni e dai parlamentari di tutta Italia, vogliamo dare una risposta politica,
chiedendo ufficialmente al Governo di superare, nel più breve tempo possibile,
questa formula disumana e dispendiosa.
La proposta di mozione intende, infatti, ribadire (come ricordiamo nel testo) a tutte le
Istituzioni, dal Prefetto al Parlamento italiano, che i CIE sono un'esperienza
fallimentare e vanno superati e, in seguito, definitivamente chiusi, al fine di non
reiterare una inqualificabile violazione dei diritti umani, oltre che uno spreco di
risorse pubbliche.
Oggi, dopo tanti mesi di lavoro e discussione, voteremo il documento nel quale la
Città di Torino chiederà al Governo il superamento da subito del CIE di corso
Brunelleschi, l'abrogazione della Bossi-Fini e la fine dei Centri di Identificazione ed
Espulsione.
Come molti di voi sanno, anche tra noi proponenti ci sono posizioni diverse sulle
origini e sulle intenzioni della Turco-Napolitano, che introdusse i CPTA. In questo
senso, io, e credo anche il Consigliere Curto, che ho conosciuto proprio in quegli
anni, non abbiamo cambiato idea. Penso che i CPTA non dovevano essere pensati e
realizzati.
Ma è quello che ci unisce oggi che conta, quell'idea sempre più chiara che con il
passare degli anni e con le perverse modifiche della Bossi-Fini si è fatta strada, cioè i
Centri non risultano essere la risposta adatta per il contrasto all'immigrazione
irregolare, né per i rimpatri. In più, è sempre più lampante che quello che definiscono
rinchiuso, lo devono alla casualità, alla discrezionalità. Basta ricordare che il numero
complessivo dei migranti rimpatriati attraverso i CIE nel 2012, 4.000 persone, risulta
essere l'1,2 percento degli immigrati in condizione di irregolarità presenti sul
territorio italiano, cioè 326.000 persone.
Insomma, oggi siamo in tanti a dire che i CIE vanno chiusi, perché hanno
manifestato il loro totale fallimento.
Per questo, un ringraziamento speciale va a tutte quelle Consigliere Comunali (uso il
termine di genere perché è così), a partire dai Presidenti di Commissione, che ci
hanno ricordato l'essenziale delle tante visite e sopralluoghi. Sto parlando a nome di
Lucia Centillo, di Domenica Genisio e delle tante donne democratiche che ci hanno
aperto gli occhi. Cioè rinchiudere immigrati senza documenti sino a 18 mesi è un
inqualificabile violazione dei diritti umani, oltre che uno spreco di risorse pubbliche.
La maggior parte dei reclusi proviene da una precedente esperienza carceraria, hanno
già scontato la pena, ma non sono stati identificati nel corso di quel periodo, perché
la procedura non lo prevede.
Molte delle donne recluse erano costrette a prostituirsi dai loro connazionali e
avrebbero bisogno di un aiuto per liberarsi dal peso dello sfruttamento. I costi di
gestione economica di queste strutture sono sempre più insostenibili per lo Stato
italiano, ma sono i costi umani che non sono accettabili.
Nei CIE italiani la situazione è spesso ancora più grave di quella torinese, da ogni
punto di vista: sovraffollamento, condizioni igieniche spaventose, risse, violenze,
fughe, rivolte, maltrattamenti.
Vorrei che oggi uscissimo da questo Consiglio Comunale potendo dire che per
questa Città la strada è tracciata. Al fine di evitare sofferenze inutili a coloro che vi
sono detenuti, di operare risparmi virtuosi della spesa pubblica e di sanare una grave
lacerazione ai principi costituzionali, la chiusura dei CIE costituisce un imperativo
urgente per Torino e per l'Italia.

FERRARIS Giovanni Maria (Presidente)
La parola al Consigliere Ricca.

RICCA Fabrizio
Visto il numero di marchette prodotte dalla maggioranza, questa è solo una delle
ultime, perché solo così possiamo chiamarle, sembra di vivere in una casa di
appuntamenti svizzera, perché il numero è sempre maggiore. A me dispiace, perché
si potrebbe parlare delle emergenze della città, dei problemi di Torino e invece si
perde tempo, perché questa è proprio una grandissima perdita di tempo, su cose di
cui noi non abbiamo competenza e fortunatamente, visto chi governa, non ne avremo
mai.
I dati del Viminale sottolineano la gravità del problema, ovvero ci sono più di 11.000
richieste esaminate, di cui non accolte e altri esiti 3.800, di cui soltanto 1.600 hanno
uno status di rifugiato, riconoscimento di protezione sussidiaria 2.765 persone,
protetti umanitari 2.812. Questo vuol dire che i dati che il Viminale ogni anno
fornisce sono davvero molto chiari, le persone che vengono sono clandestine, stanno
nel CIE non violando uno dei diritti umanitari, come viene detto dal presentatore, ma
sono recluse in quanto irregolari.
In questo Paese, per adesso, vige ancora una sorta di reato di clandestinità, anche se
non è più penale, comunque è reato, quindi hanno tutti i titoli per essere reclusi.
Quindi abbiamo eliminato e smontato il problema della detenzione.
Detto questo, un clandestino costa circa 1.400,00 Euro al mese, sono tantissimi soldi.
La Croce Rossa interviene dandogli 3,50 Euro, dandogli le schede per il telefono, gli
diamo la possibilità di guardare la televisione, di leggere i giornali, gli forniamo pasti
caldi, che loro rifiutano. Infatti, durante un sopralluogo ricordo che, mentre un
addetto della Croce Rossa consegnava il pasto, lo stesso volava indietro dicendo:
"No, che schifo. Io il riso non lo mangio". Questa è l'integrazione che qualcuno
vuole propinarci.
A Torino, come è stato detto bene, ci sono 210 posti, dei quali sono 98 utilizzabili,
perché li hanno distrutti. Bene, non è un problema nostro, vivano nelle condizioni in
cui loro si sono messi, perché è impensabile che lo Stato spenda dei soldi e queste
persone, con i nostri soldi, con i miei soldi, brucino delle aree, in questo caso, due nel
CIE di Corso Brunelleschi. (INTERVENTO FUORI MICROFONO). No, stiamo
parlando delle persone che abitano all'interno del CIE. (INTERVENTO FUORI
MICROFONO).

FERRARIS Giovanni Maria (Presidente)
Consiglieri, per cortesia. (INTERVENTO FUORI MICROFONO). Abbia pazienza,
Consigliere Viale. (INTERVENTO FUORI MICROFONO).
Consigliere Ricca, continui.

RICCA Fabrizio
La chiusura dei CIE, signor Presidente, rappresenta un segnale di resa
all'immigrazione clandestina, anche perché, come in tutti i Paesi civili di questa
Europa, adesso ne vado a citare alcuni, esiste un reato di immigrazione clandestina.
Penso alla Francia, presa da tanti come modello, oltre ad un'ammenda di 3.700 Euro,
prevede un anno di detenzione e, nel caso di reiterazione, potrebbe arrivare fino a tre.
In Germania è previsto un anno di detenzione, più pena pecuniaria. Nel Regno Unito
fino a sei mesi di reclusione, più ammenda. In Spagna tre quarti della durata nelle
patrie galere, per poi essere espulso definitivamente, proprio la Spagna che ai propri
confini ha il filo spinato e i militari che li presidiano, tanto che vengono respinte più
e più volte persone che tentano di entrare.
Senza andare a parlare chiaramente della Svizzera, che non è Unione Europea, ma
addirittura fa un referendum non per gli immigrati clandestini, ma per gli europei per
cui ci sono degli accordi.
Evidentemente, c'è un forte segnale da parte di un'Europa continentale che dà
l'indicazione di punire il reato di clandestinità, anche soltanto per vivere in maniera
più pacifica, spiegandoci che non tutti possono essere accolti.
Ma tutto questo può essere migliorato, chiudendo quel CIE e spostandolo magari in
una zona un po' più adeguata.
Se vogliamo parlare della qualità del CIE, posso essere d'accordo sul fatto che sia
stato costruito più come una prigione, perché è stato fatto anche in maniera
abbastanza rudimentale. Spostiamolo, mettiamolo fuori dalla Città, non dove i
palazzi intorno si ergono su di esso e permettono alle persone di vedere cosa succede,
ne va sia della dignità delle persone, sia anche per chi vive lì intorno, perché
comunque vivere di fianco ad un CIE crea problemi, che sono anche sempre stati
abbastanza snobbati da questa Amministrazione, che ogni volta che può si schiera
contro quelle forze antagoniste che fomentano le rivolte. Dobbiamo, infatti,
ricordarci che ogni volta che c'è una rivolta, ci sono delle persone fuori che questa
rivolta la fomentano e c'è una parte di questa Città che è a favore di quell'area
antagonista e, per questo motivo, non si è mai intervenuti in maniera forte.
Volevo poi fare un passaggio sulla Legge Bossi-Fini, che viene definita una Legge
razzista: non è così, anzi definisce i flussi di ingresso, perché in un momento in cui la
disoccupazione è così alta in questo Paese, non abbiamo la possibilità di aiutare tutti,
anzi, dobbiamo prima pensare a coloro che sono già presenti nel nostro Paese,
immigrati regolari e italiani, se noi abbiamo la possibilità di aiutare queste persone
nel nostro territorio, diamo un contributo a chi si spende per questo Paese.
Oggi non è possibile accogliere nessun altro, perché ogni Euro deve essere investito
per la sopravvivenza delle persone che questo Paese lo vivono già.
Comunque, sono convinto che questo modo di fare politica, ovvero guardare sempre
cosa c'è fuori e mai a quello che c'è dentro, fa regredire il nostro stato di Paese; se
continuiamo a pensare a tutte le persone che sono in difficoltà, penso a Porta
Palazzo, a quegli anziani che sono costretti a mettere le mani nelle cassette alla fine
della giornata di mercato per andare a recuperare qualcosa e poi vedo questi atti,
sono convinto che ci sia, almeno da parte della maggioranza che sta governando
questa Città, un razzismo al contrario verso gli italiani.

FERRARIS Giovanni Maria (Presidente)
La parola al Consigliere Bertola.

BERTOLA Vittorio
Anch'io sono un po' perplesso, ma in generale lo sono per come l'immigrazione
viene trattata in questo Paese, perché è vent'anni che questo tema è diventato un
problema e siamo riusciti a farlo diventare tale nonostante la quantità di immigrati
nel nostro Paese sia comunque molto inferiore rispetto a quella di tutti gli altri Paesi
del Centro-Nord Europa.
Tutto ciò è dovuto proprio al fatto che chi ha amministrato l'Italia non è mai stato in
grado di gestire questo problema in maniera concreta e pratica, si è limitato a
gestirlo, anzi, a non gestirlo affatto, se non a colpi di slogan e con visioni ideologiche
contrapposte, per cui da una parte gli immigrati sono tutti buoni, le frontiere sono
aperte, venite pure tutti qui, e dall'altra frontiere chiuse… non uso il termine razzista
che ha usato il Consigliere Viale, ma comunque un atteggiamento di totale chiusura a
qualunque forma di immigrazione.
È chiaro che nessuno di questi due atteggiamenti può funzionare. La società che
abbiamo in mente è una normalissima società come c'è in tutto il resto del mondo
civilizzato, multietnica per definizione, perché ormai viviamo in un mondo globale in
cui le persone si spostano, ma in cui tutti, che siano originari del posto o immigrati,
devono rispettare le regole e chi non le rispetta viene punito per le violazioni
compiute, indipendentemente dal fatto che sia nato lì, che sia immigrato,
naturalizzato, eccetera.
Anche per quanto riguarda i flussi migratori, in tutti i Paesi del mondo esiste una loro
programmazione, esistono dei visti, degli strumenti che permettono alla collettività e
al Governo dello Stato di decidere quante persone fare entrare, a seconda di cosa
vengono a fare, e quindi quanti visti concedere ogni volta e quante persone
accogliere, perché non si può pensare di accogliere un numero indistinto,
indeterminato e infinito di persone, specialmente in un Paese in forte crisi come è il
nostro.
Allora, è chiaro che se si vuole regolare in qualche modo l'immigrazione, ci saranno
sempre persone che sono nel nostro Paese irregolarmente, ci sarà sempre l'esigenza
di far rispettare le regole che ci siamo dati, facendo anche uscire queste persone dal
nostro Paese, anche contro la loro volontà.
Il problema è capire quale può essere la soluzione pratica che permette di arrivare a
questo obiettivo, nel rispetto dei diritti di tutti, compresi quelli delle persone
allontanate, che non devono essere trattate in maniera disumana, o violando i loro
diritti.
Allora, sono d'accordo se partiamo dalla considerazione che il CIE sia un'esperienza
fallimentare, e quindi si possa chiudere trovando qualcos'altro, nel senso che è
evidente a tutti che questo sistema non funziona, non tanto per le motivazioni dette
dai Colleghi che hanno presentato la mozione - circa il trattamento disumano di
persone che magari restano lì dei mesi, senza aver commesso alcun reato,
semplicemente in attesa di un'identificazione e del rimpatrio nel loro Paese, che
dovrebbe avvenire in teoria in due giorni -, ma anche perché il sistema comunque
non funziona, perché non riesce ad espellere il 50% delle persone che vi sono
all'interno e comunque non raggiunge lo scopo per cui è designato.
Il CIE non funziona anche dal punto di vista di chi invece vorrebbe un'immigrazione
sempre più regolamentata, perché costa effettivamente una quantità di soldi
spropositata e non raggiunge l'obiettivo che ci si era prefissi.
Certo, anch'io ho delle forti riserve su alcune considerazioni fatte in questa mozione,
anzi, non le condivido proprio, ritengo assurdo scrivere che il problema è che un
terzo delle persone che stanno nel CIE prendono ansiolitici, perché ormai penso che,
purtroppo, li prenda un terzo della popolazione italiana; oppure dire che il problema
sono le condizioni degradate, è vero, ma non è facile lamentarsi se le condizioni sono
così perché chi è all'interno brucia e distrugge tutto quanto.
Anche per quanto riguarda la permanenza fino a diciotto mesi, in realtà quando
siamo andati per il sopralluogo ci hanno detto che è una cosa che non succede mai,
proprio perché dopo sei mesi perdono le speranze, piuttosto li liberano e, comunque,
la permanenza fino a diciotto mesi, che nella mozione viene definita
un'inqualificabile violazione dei diritti umani, in realtà è prevista semplicemente
dalla Direttiva europea, nel caso in cui la persona non collabori al rimpatrio, quindi
non si faccia identificare, o lo Stato in cui deve venire rimpatriato non collabori in tal
senso, perché magari la persona è in una posizione di torto.
Infatti, noi magari abbiamo in mente gli arrivi con i barconi, ma il 60-70% dei
presenti nei CIE sono persone che sono state in Italia molti anni, che sono lì perché
non si sono integrate, spesso hanno precedenti penali, quindi sono lì in quanto
clandestini; pensiamo a coloro che si sono cuciti la bocca e poi sono usciti e si è
scoperto che andavano in giro...
Sostanzialmente, il problema è riuscire a far rispettare le regole che ci siamo dati;
quindi se il nostro Paese decide di darsi delle regole per cui qualcuno non può
entrare, ci deve essere un modo per farlo uscire.
Ho cercato di trasformare questa mozione in qualcosa di votabile e condivisibile, per
cui condivido tutte le affermazioni relative al fatto che il sistema non funzioni, ma
non approvo le affermazioni tese a far pensare che non ci debba essere nessun
controllo sull'immigrazione, in particolare credo che si sia capito che sia necessaria
una forma di controllo dell'espulsione delle persone, perché altrimenti non è
necessario avere regole e si può far entrare chiunque.
Tra l'altro, segnalo che tutti gli altri Paesi europei hanno una forma di... se non la
volete chiamare detenzione, ma ipocritamente la volete chiamare trattenimento, ma
tutti gli altri Paesi europei hanno dei centri simili ai CIE, o usano le prigioni per
detenere le persone in attesa di allontanamento; solo che gli altri Paesi non si
comportano all'italiana, quindi dopo pochi giorni rimpatriano queste persone.
In particolare, non credo che siano condivisibili, e mi chiedo anche come li possiamo
inserire in una mozione del Consiglio Comunale, le accuse che la Direttiva europea
violi i diritti umani; non so se pensiamo che il Parlamento Europeo violi i diritti
umani quando fa le direttive, o concordiamo con coloro che scrivono sui muri:
"Croce Rossa assassini" e cose del genere!
L'altra cosa che non condivido in questa mozione è l'idea di allargare il discorso,
perché poi ad un certo punto si comincia a parlare di diritto di voto, altri discorsi
sicuramente meritevoli di un approfondimento, ma francamente ritengo che ci sia già
abbastanza carne al fuoco in questa mozione, non vedo perché tirare dentro anche
una presa di posizione su altri temi.
Per questo motivo, la mia scelta è stata quella di presentare degli emendamenti.
Adesso non ho capito, onestamente, se la scelta del Presidente sarà di farceli
illustrare dopo, comunque gli emendamenti vanno semplicemente a sostituire le
affermazioni più ideologiche di questa mozione che per me non sono condivisibili,
cercando di trasformare l'atto in qualcosa di condivisibile, cioè che dica sicuramente
che i CIE vanno chiusi perché non hanno raggiunto il loro scopo, sia per chi ci sta
dentro, che è stato trattato in maniera disumana, sia dal punto di vista della gestione
generale dei flussi migratori, perché non siamo riusciti a gestirli in questo modo, però
che sottolinei il fatto che in Italia ci deve essere una regolazione dei flussi migratori,
e quindi che le persone che non vi rientrano, che non sono più qui, in qualche modo
devono poter essere allontanate con certezza e non semplicemente dandogli un foglio
in mano e dicendo: "Se hai voglia, vattene, se no poi ci vediamo".
Quindi va bene garantire i diritti di tutti, però poi non possiamo neanche nasconderci
dietro un dito e celarci il fatto che, avere comunque uno Stato che si dà delle regole,
stabilisce chi è legittimato a stare sul nostro territorio e chi non lo è, però poi rinuncia
a far rispettare la divisione e quindi, anche chi non lo è, può restare sul territorio
sostanzialmente senza problemi. Questo non è accettabile, perché il fatto che con i
CIE si riesca a espellere solo l'1% della popolazione di clandestini, non è un motivo
per dire: "Non espelliamo neanche quell'1%", ma è un motivo per trovare un sistema
che funzioni meglio, che riesca ad espellerne una quantità maggiore.
Può anche essere che ci siano delle condizioni in Italia in cui si diventa clandestini
troppo facilmente, magari per la badante che perde il lavoro, allora interveniamo lì,
cioè andiamo a modificare la Legge in modo che queste persone possano rimanere e
non diventino più clandestine, ma nel momento in cui decidiamo che per una qualche
forma di Legge ci sono persone che non possano restare qui, deve essere possibile
allontanarle con umanità, ma con certezza.
Quindi, sostanzialmente, il mio voto sarà favorevole alla mozione, se saranno accolti
gli emendamenti, altrimenti non ci sarà.

FERRARIS Giovanni Maria (Presidente)
La parola al Consigliere Tronzano.

TRONZANO Andrea
Intervengo per dire che, naturalmente, il mio voto sarà contrario a questa mozione,
per una serie di ragioni, la prima delle quali è che esiste una Legge, che non è ancora
stata modificata e, non essendo ancora stata modificata, secondo me, chiedere
l'abrogazione del CIE vuol dire andare contro la Legge e continuare ad essere la
guardia pretoriana di qualcosa che è illegale, cioè il non rispetto delle Leggi.
I componenti di SEL si qualificano in questo percorso come coloro che non vogliono
rispettare le Leggi, dalla droga fino ai CIE, per passare ad altre tematiche regolate da
norme, ma che, come al solito, vogliono o richiedono di abrogare, nonostante le
Leggi in questione siano volute dalla maggioranza dei cittadini.
Presidente, basta leggere qualunque tipo di sondaggio, da SWG fino a Euromedia,
quindi da sinistra a destra, per capire che oggi l'immigrazione è un problema, che
deve essere regolato in maniera adeguata e la maggior parte di queste persone non
vede i CIE come una questione negativa, ma come un aspetto positivo.
Procedere con questi messaggi, a mio giudizio, Presidente, continua ad essere
negativo. L'abrogazione del reato di clandestinità, anche se trasformato in sanzione
amministrativa e solo successivamente in reato penale, come da modifica con un
emendamento infilato dentro un Decreto Legge dell'ultimo minuto, è una cosa
abbastanza, tra virgolette, "truffaldina". Si tratta di un messaggio sicuramente che
non propende ad una salvaguardia del territorio italiano, delle nostre tradizioni, di
tutto quello che circonda questo tipo di problema, ma consente all'estero di avere un
messaggio sbagliato rispetto a quanto è l'intendimento, magari in buona fede, di
questi messaggi sul territorio italiano.
Quindi, Presidente, sostanzialmente, modificare il reato di immigrazione clandestina
non fa altro che consentire di dire all'esterno del nostro Paese: "Ecco, l'Italia ha di
nuovo allargato le frontiere, possiamo ritornare ad utilizzare gli scafisti, i barconi per
approdare sulle coste italiane, tanto accolgono tutti".
Questa è la sostanza del messaggio, detto un po' volgarmente, naturalmente, ma
l'abbiamo già provato e sperimentato con i messaggi estivi del Ministro Kyenge, che
sono stati oggettivamente un toccasana per gli scafisti, e chiedo scusa se sono così
chiaro in quello che dico, ma hanno portato nuovamente alla ribalta questo tipo di
traffico, di mercimonio che oggettivamente avevamo un po' dimenticato, anche
grazie alle buone intenzioni e alle buone azioni che il Ministro Maroni aveva fatto
negli anni passati.
Ricordo che il Ministro dell'Interno - non so chi sarà nominato ora, ma quello appena
passato, del Governo Letta - mi pare sia contrario ad accogliere tutti e sia favorevole
a mantenere i CIE; quindi il Ministro dell'Interno è colui che decide.
Pertanto, chiedo ai Consiglieri, che in questo momento sono al Governo con la
maggioranza attuale, di tenere in considerazione questo giudizio, perché ritengo sia
un giudizio di assoluta rilevanza e non penso che possa essere disdetto così, tanto
perché dobbiamo di nuovo porci all'avanguardia come Torino, come coloro che
aprono a tanti temi, senza tenere conto che questi temi non vengono chiusi, se non
scaricandoli sui cittadini che, come al solito, pagheranno queste azioni
amministrative o azioni legislative nocive e dannose. Perché un'abilità della sinistra,
Presidente, è proprio quella di creare il tema a favore del riconoscimento dei diritti,
cercando di risolverlo con un'azione, senza però avere la consapevolezza di quello
che questa azione può portare, quindi non chiudendo il circolo; così facendo, è chiaro
che i problemi che si creano vengono scaricati sulla gente che, come al solito, o paga,
o subisce azioni nefaste dal punto di vista legislativo o amministrativo.
Quindi per queste ragioni, Presidente, il mio voto sarà negativo, non c'è bisogno di
dilungarsi oltre. Dal punto di vista logistico, forse sarebbe meglio non mettere i CIE
in zone simili a quella in cui oggi è a Torino, perché hanno sicuramente danneggiato
il patrimonio immobiliare dei cittadini residenti. Sicuramente sarebbe da valutare il
suo spostamento, come abbiamo chiesto in altri momenti, non è stato concesso, è
stato concesso invece un suo ampliamento con 14 milioni di Euro di spesa, è stato un
peccato, però questo è.
Quindi, visto che siamo legalitari fino in fondo, rispettiamo le decisioni del Prefetto,
ma auspichiamo con tutta la forza e con assoluta fermezza che i CIE non vengano
assolutamente tolti, perché non ci sono violazioni dei diritti umani all'interno.
Ho partecipato anch'io ad un sopralluogo, non ho visto persone distrutte moralmente
o fisicamente dalla permanenza nei CIE; è invece sicuramente necessario, Presidente,
identificare queste persone, affinché non possano delinquere una volta tornati sul
territorio italiano. Anzi, è auspicabile che queste persone, una volta identificate, visto
che sono nei CIE, che sono un centro di identificazione ed espulsione, vengano fatte
ritornare al loro Paese, perché non possiamo accogliere tutti.

FERRARIS Giovanni Maria (Presidente)
La parola al Consigliere Liardo.

LIARDO Enzo
Anch'io, come altri Consiglieri, ho fatto un sopralluogo all'interno del CPT, oggi
CIE, per rendermi conto delle condizioni. Vorrei ricordare al Consigliere Ricca, che
in qualche modo ha messo in evidenza le criticità della struttura, proprio per andare
incontro al suo ragionamento, che quando erano CPT, era un luogo più aperto, non
era proprio a livello detentivo e succedevano veramente brutti episodi; questo dovete
riconoscerlo. Se andate a vedere le cronache di anni fa, c'era veramente un'evasione
continua di questi immigrati clandestini; dopodiché, si è passati ad una struttura
diversa, più detentiva, proprio per le ragioni che vi ho descritto prima.
Il discorso è un altro. Tutti siamo stati lì e vorremmo il superamento di queste
situazioni, che sicuramente non fanno piacere a nessuno, neanche a chi in questo
momento magari voterà e sarà contrario al superamento, ascoltando anche il
ragionamento che faceva il Consigliere Grimaldi che ha proposto la chiusura.
A parte che ci ritroviamo sempre di fronte ad azioni puramente simboliche, perché,
come diceva giustamente il Consigliere Tronzano, ci sono delle Leggi e perciò questa
attività ed il tempo che si perde riguardo ad altre azioni che dovremmo fare
all'interno della Città, ricordiamolo e sottolineiamolo tutti, sono azioni puramente
simboliche, magari per conquistare qualche riga del giornale, come è già successo
precedentemente.
Ma in realtà, come si può superare? Il Consigliere Grimaldi non l'ha detto, non ha
parlato delle situazioni che potrebbero crearsi o, in qualche modo, compensare questa
situazione; a me sarebbe piaciuto sentirlo.
Inoltre, devo dire una cosa che sicuramente non farà piacere ai Colleghi di SEL: vedo
che c'è una vostra propensione a sostenere, in qualche modo, situazioni che sono
anche un po' distanti dalla legalità, ma che vorreste governare poi alla fine, perché
comunque sotto questo aspetto siete ben organizzati e l'avete dimostrato attraverso le
associazioni. Parrebbe che certe situazioni di disagio a voi piacciano, perché
comunque avete la possibilità, gli strumenti, logisticamente, di governarli. A pensar
male - qualcuno diceva - qualche volta ci si azzecca anche.
Invece, sull'atteggiamento e sulla descrizione fatta dal Consigliere Grimaldi sullo
stato di salute, che sicuramente non è ottimale, proprio per la mancanza di libertà,
questo è innegabile, però la descrizione che ha fatto non ci è sembrata così...
Onestamente, Consigliere Centillo, l'abbiamo visitato insieme, scusi se la tiro in
ballo, però abbiamo visto che all'interno di quelle strutture c'erano anche dei
furbacchioni, ci siamo guardati più volte in faccia, perché comunque descrivevano
situazioni che in realtà non vivevano. L'abbiamo riscontrato anche noi riguardo la
questione dei pigiami, gli mancavano delle cose e, poi, chi era responsabile ci ha
detto che, in realtà, queste cose non mancavano, ma molte volte le nascondevano.
Perciò, ci troviamo anche di fronte a situazioni che... (INTERVENTO FUORI
MICROFONO). Non ho detto quello, ma l'abbiamo in qualche modo capito. Poi,
basta essere un attimino onesti per cercare di capire certe situazioni.
Ma, Consigliere Viale, a me non fa mica piacere, sono uscito da quel luogo che
avevo un po' la morte nel cuore, perché non fa piacere a nessuno, però bisogna
essere molto equilibrati su queste situazioni, perché sbilanciarsi solo da una parte è
estremamente pericoloso e gridare del razzista e uscire dall'Aula non porta a nulla,
perché, ripeto e sottolineo, non fa piacere a nessuno, però non ci sono altri strumenti.
Noi li vorremmo, ma oggi come oggi, non ci sono altri strumenti e il superamento
così gratuito, tanto per dire qualcosa, o guadagnarsi qualche riga nel giornale, non è
sufficiente.
Perciò, come Gruppo voteremo contro, non perché pensiamo che questa sia la cosa
ottimale, ma anche perché non intravvediamo, oggi come oggi, situazioni diverse.
Magari ci fossero!

LEVI Marta (Vicepresidente)
La parola al Consigliere Paolino.

PAOLINO Michele
La posizione del Gruppo del Partito Democratico sarà poi esposta dal Consigliere
Centillo.
Voglio intervenire alla luce dell'esperienza che ho vissuto per dieci anni come
Presidente della Circoscrizione che ospita il centro di corso Brunelleschi, non
condividendo l'approccio del Consigliere Tronzano che dice che vanno bene i CIE,
però non va bene in corso Brunelleschi, perché lì conosciamo delle persone, magari
abbiamo anche un po' di consenso e queste persone non ce la fanno più e soprattutto
non va bene l'approccio del Consigliere Tronzano, che dice che senza i CIE
avremmo un sacco di gente che arriva con i barconi, perché il CIE di corso
Brunelleschi c'è dal 2001, nel 2002 sono stati completati i lavori, e noi di gente sui
barconi ne abbiamo vista una montagna e abbiamo visto anche i barconi affondare.
Quindi, se il Consigliere Tronzano fosse coerente con quello che ha detto,
accetterebbe di dire con noi che quel modello ha fallito, che quel modello non
funziona, che quel modello non è più l'idea iniziale, cioè non è più un centro che
individua l'identità di persone che non hanno i documenti e li rimanda al proprio
Paese sulla base di accordi bilaterali. Non è più così; così doveva essere, così un po'
è stato con qualche fatica all'inizio, così non è oggi.
Oggi le persone che arrivano al CIE per la maggior parte sono identificate, perché
arrivano da situazioni carcerarie, arrivano da esperienze di altra detenzione, perché
vengono fermate e identificate. Spesso i Governi che si sono succeduti non hanno
avviato un lavoro sugli accordi bilaterali, che andava fatto. Chi di voi è andato e ha
parlato con alcuni degli ospiti, conosce i problemi che ci sono con i Consolati, che
fanno di tutto per ritardare la partenza di queste persone.
Queste persone vivono in una struttura carceraria, in una situazione di detenzione, in
una struttura che non è adatta per essere quella che è, perché da noi il carcere non è
punitivo, per il nostro Ordinamento il carcere non è punitivo, ma rieducativo, è
riabilitativo. Questo prevede il nostro Ordinamento.
Allora, in quella struttura non è possibile, perché, tra le altre cose, non è il suo
compito preparare le persone al reinserimento nella società, non ci sono le
condizioni. Quella è una struttura inaccettabile.
Il territorio, il quartiere lo ha rifiutato non solo perché era sotto le case, ad un certo
punto sono state fatte delle modifiche che hanno attenuato alcuni problemi presenti
nel quartiere, e devo dire che la situazione è sicuramente migliorata rispetto alla
vivibilità di chi è residente, il vero problema è che non lo si accetta, perché una
struttura del genere non la voglio nella mia Città e in un'altra Città è inaccettabile. Le
persone non vanno trattate in quel modo, nonostante lo sforzo massimo fatto da chi ci
lavora all'interno.
Per questo motivo noi parliamo di superamento, perché diciamo che, a), bisogna
chiuderlo, b), bisogna pensare ad un modello diverso. È la comunità locale che si fa
carico del fatto che nel proprio quartiere ci sia una struttura dove le persone vedono
limitati i propri diritti, a prescindere dalle proprie storie personali, ma i diritti di chi
viene detenuto all'interno di quella struttura, l'impossibilità di avere percorsi di
recupero nel corso della giornata, di avviamento ad attività legali, di inserimento
lavorativo, di inserimento nella società.
Si tratta di persone destinate a stare nella nostra società, e quindi quella struttura non
è degna della storia di Torino, della storia di quel quartiere, che non ha mai chiesto di
spostarlo in un altro quartiere, ma ha chiesto di chiuderlo, punto, ha chiesto che
Torino non abbia una struttura di questo genere.

LEVI Marta (Vicepresidente)
La parola al Consigliere Centillo.

CENTILLO Maria Lucia
Un grazie sincero al Consigliere Grimaldi, primo firmatario di questo atto, e
soprattutto grazie anche a chi non la pensa probabilmente come me, come molti di
noi pensano, ma che ha accettato l'invito che la Presidente Genisio ed io abbiamo
fatto nel convocare le Commissioni, dando a tutti i Consiglieri la possibilità di andare
a vedere cosa c'era in quel luogo.
Voglio, non in modo scontato, non in modo retorico, ringraziare anche la Prefettura e
gli operatori del CIE che si sono messi a disposizione, hanno dato risposte alle nostre
domande.
Noi siamo ovviamente molto articolati nelle posizioni, credo che ciascuno di noi
abbia avuto, in quella situazione, la possibilità di chiedere, di vedere e di avere delle
risposte.
Il pensiero però più forte che mi viene anche in questa circostanza è quello di pensare
alle morti del mare, a tutti coloro che sono arrivati a Lampedusa, o a quelli che non ci
sono arrivati e che mettono probabilmente in conto il fatto di finire nella nostra terra
in una situazione come quella.
Non possiamo ricordare i morti e ricordare le persone che fanno quel tipo di
esperienza soltanto quando c'è la notizia, quando c'è la situazione drammatica che
abbiamo visto, dobbiamo ricordare che Lampedusa, che il mare è la porta, non solo
dell'Italia, è la porta dell'Europa e ci dobbiamo riferire soprattutto al Nord Africa.
Abbiamo una situazione che non può essere trattata esclusivamente da noi, perché le
politiche dell'immigrazione non possono riguardare soltanto l'Italia, richiedono una
logica e risorse a livello europeo.
Tutto ciò, però, non basta a legittimare la violazione dei diritti umani che abbiamo
visto in molti campi, in molte situazioni.
Noi conosciamo i tempi e le condizioni di vita nei CIE; in Italia sono undici,
probabilmente quello di Torino è in assoluto quello più aperto per tante ragioni,
compreso il fatto che è l'unico che si può vedere dalle case ed è dentro una città.
Questo è un handicap per certi aspetti, ma è anche, nella storia della Città, un
elemento di garanzia, perché è possibile guardare che cosa succede lì dentro (per
quanto, sia possibile farlo con difficoltà). La Città ha al suo interno - non in periferia,
dove non disturba - una situazione come questa.
Credo, quindi, che questo aspetto vada riconosciuto come elemento di civiltà e so
che, per quanto riguarda i CIE (dove esiste una rete per cui le persone vanno e
vengono, cioè vengono trasferite da un Centro all'altro), alcune condizioni nel CIE di
Torino sono sicuramente migliori di quelle di altri CIE, dove abbiamo visto anche
situazioni drammatiche, non ultima quella delle persone che si cucivano la bocca,
che è un gesto terribile.
Però, le condizioni ed i tempi di permanenza sono inaccettabili, desolanti ed
inefficaci. Il CIE è un fallimento, perché non ha prodotto neanche il risultato che
aveva all'interno della sua motivazione. È inadeguato. I CIE sono fatiscenti, lo è
anche il nostro. Avevo votato la deliberazione con cui venivano previste delle risorse
per andare a migliorare il CIE, dove le persone di allora vivevano in condizioni
penose e dove l'opposizione di allora diceva che stavamo costruendo un albergo a
cinque stelle per i clandestini e per gli immigrati: 78.000 Euro a posto letto.
Oggi, lo diceva bene il Consigliere Grimaldi, vi è una situazione di indecenza. La
logica - non in senso storico, ma in senso letterale - nei CIE è quella dei campi di
concentramento, dove vengono normalizzate condizioni di eccezione al diritto,
perché abbiamo avuto anche la situazione di una ragazza nata in Italia e che non
aveva commesso alcun reato che è stata trattenuta per alcuni mesi perché risultava
clandestina.
Credo che quella logica vada smantellata; sono tre le ragioni, nel Paese di Cesare
Beccaria - lo voglio ricordare -, perché per noi la detenzione deve essere
riabilitazione e la pena deve essere riabilitazione. Qui non stiamo parlando di pena,
ma stiamo vedendo tre questioni. La prima riguarda il fatto che, dal punto di vista
politico, tutto il nostro impianto legislativo traccia una relazione sull'immigrazione
nella sua interezza e, quindi, credo che questo aspetto dei CIE stia dentro l'impianto
della Legge Bossi-Fini che va modificata, così come chiede la proposta di mozione.
La seconda è relativa al fatto che, prima dei CIE, non era mai stata prevista la
detenzione di individui, se non a seguito di violazione di norme penali; in questo
caso, invece, stiamo trattenendo, in una situazione più alienante del carcere, persone
che non hanno necessariamente commesso dei reati penali. Infatti, non sono lì perché
hanno commesso dei reati penali; magari, dopo anni di carcere, sono usciti e non
sono stati identificati. Si tratta di persone private di ogni status giuridico, che, spesso,
compiono anche atti di autolesionismo; ci sono problemi di sicurezza, ci sono molti
casi di depressione o di sciopero della fame e si verificano varie situazioni mediche.
Prima, il Consigliere Liardo parlava di alcuni episodi che stanno nel contesto di quel
clima, ma posso testimoniare di aver visto, con il freddo, ragazze senza le ciabatte;
non lo so se gli erano state date o no, ma il mio compito non è quello di andare a
chiedere se gli sono state date, in quel momento il mio compito è chiedere che gliene
venga dato un altro paio.
Quando dicevano: "Basta riso, basta pasta", io non capivo il motivo, perché,
altrimenti, che cosa avrebbero mangiato di primo? Il "basta pasta" era legato al fatto
che non volevano sempre quel tipo di pasta, volevano gli spaghetti, e bastava
spiegargli che, probabilmente, nel trasporto gli spaghetti scuociono.
Quindi, c'è una situazione di completa attenzione... (INTERVENTO FUORI
MICROFONO). Io gliele darei le lasagne. Chiedevano la pizza. (INTERVENTO
FUORI MICROFONO). Per i diritti umani. Non ridicolizzare.

LEVI Marta (Vicepresidente)
Consiglieri, credo che stiate sbagliando il tema.

CENTILLO Maria Lucia
Non ridicolizzare queste cose, perché sono persone che stanno lì sei mesi, otto mesi o
anche un anno e mezzo e non devono essere trattate così…(INTERVENTO FUORI
MICROFONO).

LEVI Marta (Vicepresidente)
Per favore!

CENTILLO Maria Lucia
Sono abituata ad ascoltare, a capire e a fare quello che posso fare. Oggi, quello che
posso fare è dire che anche la promiscuità tra chi ha commesso reati o esce dal
carcere e chi fugge per disperazione o perché cerca asilo non trova in quel luogo le
risposte necessarie.
Credo che dovremmo considerare anche le storie di vita delle persone. Dietro
ciascuna persona c'è una storia di immigrazione, che non corrisponde
necessariamente ad una storia delinquenziale. Ritengo - come dicono il Papa, il
Vescovo, il Presidente della Repubblica ed il Presidente della Commissione dei
Diritti Umani - che quella situazione richieda delle risposte diverse e nessuno di noi
può pensare che, dietro una forma di detenzione ingiusta (così come può essere
definita questa), si possano dare delle risposte che permettano di impedire alle
persone di partire in cerca di un domani migliore.
Credo che la civiltà della nostra Città, che, come diceva il Consigliere Paolino, ha al
suo interno un centro che probabilmente è il migliore d'Italia rispetto a tutti gli altri,
si metta in discussione dicendo: "Partiamo da noi e chiediamo al Governo ed al
Parlamento di superare quella che è una vergogna che non fa onore a nessuno, tanto
meno al Legislatore".

LEVI Marta (Vicepresidente)
La parola al Consigliere Viale.

VIALE Silvio
Questo è un provvedimento che qualcheduno dice che lascia il tempo che trova, ma
poi interviene a ripetizione per spiegare che non gli va bene. Se un provvedimento
lascia il tempo che trova, non lo si considera neppure. Evidentemente, c'è un punto
che tocca tutti quanti noi ed è un punto di grande difficoltà, perché i CIE sono dei
centri di internamento. Sono convinto che, chiunque vada a vederlo... Lo dico al
Consigliere Ricca: a chiunque chieda ai propri militanti, senza andare molto più in là,
che cos'è un CIE verrà risposto che è una prigione. È quello. (INTERVENTO
FUORI MICROFONO). Peggio lo dice chi è già informato, ma, normalmente, dice
che è una prigione.
Quando mia figlia e mia moglie - che non hanno la mia voglia di perdersi in politica
e vanno un po' al sodo sulle cose - passano lì davanti in pullman, vedendo che li
tengono lì dentro, dicono che sono in prigione; provate a spiegarglielo che non è una
prigione, ma è peggio oppure è meglio.
Questa è la prima cosa che, in qualche modo, dobbiamo dire, per cui credo che, oggi,
proporre il superamento dei CIE voglia dire proporne la chiusura. Non esiste altra
possibilità. Ovviamente, parlare di chiusura, ed è quello che invito ad inserire nella
proposta di mozione, proprio per questa cosa qui, non vuol dire che domani mattina
verranno chiusi, ma ci saranno dei tempi di modifica, eccetera.
Si pongono alcune questioni; fra gli emendamenti che ho presentato, alcuni
riguardano anche il fatto che c'è una norma, ripresa ultimamente anche da Luigi
Manconi nel suo sopralluogo (ma anche da altri, dal Sindacato di Polizia), che dice
che coloro che sono stati in carcere devono essere identificati in carcere. Quindi, non
si capisce bene perché le persone... Capisco la difficoltà di dire che si devono
identificare delle persone, ma una cosa è identificare delle persone che non hanno
commesso reati, che sono stati presi e che sono colpevoli soltanto del reato di
clandestinità, che, però, non è un reato. Non è un reato in nessuna parte del mondo,
se non quando si teme... In questi giorni, ho avuto un sacco di esempi di persone che
sono finite lì per sbaglio, ma anche di immigrati che si comportano bene. Un
immigrato che è qui clandestinamente, ma che non delinque e che cerca di tirare
avanti come può, lavorando diciamo onestamente, nei modi in cui altri gli
permettono di lavorare, perché mai dovrebbe essere considerato un delinquente?
Abbiamo l'ultimo esempio di Napoli, dove, di fronte ad uno scippo, l'unico che è
intervenuto è stato un immigrato, che, peraltro, essendo un ambulante abusivo, è
probabile che, poi, possa persino finire nel CIE. Abbiamo avuto altri esempi di
immigrati che sono intervenuti in alcune situazioni con slanci di generosità e, poi, si
sono ritrovati al CIE come ringraziamento.
Credo che qui dobbiamo chiedere una cosa chiara: il superamento del CIE vuol dire
la sua chiusura, non c'è altra possibilità; poi, abbiamo tutte le possibilità per
identificare ed espellere le persone che riteniamo che in questo Paese non debbano
entrare. Mi sembra, però, che, a proposito di chi si ritiene che non debba entrare in
questo Paese, tra quello che penso io o una buona parte di noi e quello che pensano i
Consiglieri Ricca, Liardo, Tronzano e Marrone - che parlerà dopo - ci sia un abisso.
Loro non farebbero entrare nessuno, perché ritengono che chiunque arrivi qui venga
solo per rompere le scatole o per rubare. Invece, gran parte dei lavori più umili,
quelli davvero da 1.000 Euro al mese, vengono fatti da persone straniere, che sono
pagate da italiani, i quali, poi, storcono il naso di fronte ad altre possibilità.
Il fatto che l'Italia sia uno dei Paesi europei con il minor numero di stranieri dimostra
che questa invasione non c'è stata. Anche il fatto che, quest'anno, siano arrivate
40.000 persone sui barconi (meno dell'anno scorso, erano 60.000 due anni fa e via
dicendo) dimostra che sono soltanto una parte delle persone che entrano in questo
Paese in tantissimi altri modi.
Credo che, come prima regola di civiltà, dovremmo riuscire a distinguere nettamente
tra chi commette un reato, e quindi è punito, e chi invece rifiuta l'identificazione - e,
in qualche modo, si troveranno gli strumenti per poterlo anche trattenere ed
identificare -, ma, oggi come oggi, i CIE, per come sono diventati, sono qualcosa che
grida vendetta e vergogna. Non è possibile. Quando sento dei Colleghi dire che sono
andati lì ed hanno visto che rifiutavano la pasta, ritengo che dovrebbero vergognarsi.
La pasta viene rifiutata anche nei nostri ospedali, negli asili, dappertutto. La gente
mangia quello che può e quello che ritiene e, quando c'è sempre la stessa minestra,
chiaramente si rischia anche di dire no, ma non è quello il punto. Non è il problema
delle ciabatte. Non si tratta di dire: "Ho visto che stavano anche bene, non li
picchiavano neppure", perché, fra poco, sentiremo dire anche questo. Chiunque, con
un minimo di giudizio, entri dentro il CIE non può che uscirne angosciato. Poi, si
può dire che devono anche rimanere, che non abbiamo un'alternativa, che troveremo
altre cose, ma non si può non avere un atteggiamento di comprensione.
Dopodiché, molti sono delinquenti? Sì, è vero. Stiano in galera, li mettiamo in galera,
verranno ripresi, ma il fatto che qualcheduno debba essere trattenuto in quelle
condizioni è inaccettabile.
Siccome il Consiglio Comunale di Torino non decide e, oggi, non sto al gioco di
essere qui come se fossi il Ministro dell'Interno - peraltro, altri lo fanno -, credo che
non ci sia alcuna obiezione al fatto che il Consiglio Comunale di Torino si pronunci
contro i CIE e a favore della loro chiusura. Poi, è chiaro che anche il "Ministro
Curto" sarebbe costretto a fare una mediazione politica e a trovare una soluzione e,
probabilmente, troverebbe la forma di detenzione in altro modo, ma quella è un'altra
questione.
Credo che, di fronte a questo problema, la posizione debba essere netta e chiara.
Invito, quindi, il Consiglio Comunale ad eliminare la parola "superamento" e ad
inserire la parola "chiusura", perché, poi, il superamento per la chiusura è soltanto un
tatticismo, in quanto, in realtà, l'obiettivo è la chiusura.

LEVI Marta (Vicepresidente)
La parola, per fatto personale, al Consigliere Liardo.

LIARDO Enzo
Il fatto personale... (INTERVENTO FUORI MICROFONO).

LEVI Marta (Vicepresidente)
Dice di essere stato frainteso.

LIARDO Enzo
Vorrei solo specificare che non ho mai detto - visto che sono stato citato - che chi
viene in Italia vuole delinquere. Questa è una frase che non ho detto. Anzi, vorrei
sottolineare che ho detto che sono uscito anche abbastanza angosciato da quella
visita al CIE.
Se il Consigliere Viale inizia ad avere problemi di udito, per lui, visto che lavora in
ospedale, è molto comodo trovare un otorino.

LEVI Marta (Vicepresidente)
La parola al Consigliere Marrone.

MARRONE Maurizio
Istintivamente, sapevo che avrei fatto bene ad intervenire dopo tanti altri Consiglieri.
Immaginavo che negli interventi di molti sarebbero emerse delle spigolosità, dovute
alla profonda e palpabile noia con la quale questa Sala Rossa sta affrontando il tema.
È palpabile e si può tagliare con il coltello. È un dato di fatto: non c'è un interesse
mediatico, perché, ormai, è stato detto tutto ed il contrario di tutto; non c'è il minimo
interesse amministrativo, perché parliamo di questioni sulle quali non abbiamo un
decimo di competenza, neanche di influenza indiretta, e lo sappiamo benissimo.
Almeno si stesse parlando di logistica o di urbanistica collateralmente al tema del
CIE, invece si sta parlando di ideologia, con la riproposizione di schemi triti e ritriti,
che tutti conoscono e che non interessano a nessuno.
Immaginavo che ci sarebbero state delle uscite, magari un po' fuori dalle righe, e, ve
la dico tutta, mi aspettavo le intemerate del Consigliere Viale, che, peraltro, sono
comunque coerenti con il suo pensiero, ma non mi aspettavo che, nel medesimo
discorso, venissero uniti il paragone del CIE ai campi di sterminio, usando come
motivazione il diritto alla pizza, in alternativa ad altre pietanze del menù. Questo mi
lascia semplicemente basito. Non si sta più parlando di CIE, si sta parlando del fatto
che alla famosa orchestrina, che suona sempre la stessa musica sul Titanic, si sono
scordati anche gli strumenti. È questo il punto, non stiamo parlando di niente,
rendetevene conto. Non stiamo parlando di nulla e nessuno ascolta l'altro. È solo
un'autoesibizione di ciascuno.
Ci siamo occupati della cannabis e dell'unione degli omosessuali, ci stiamo
occupando del CIE e ci occuperemo dei medici obiettori per quanto riguarda
l'aborto. Di che cos'altro dobbiamo parlare? Sono tutti argomenti su cui non
decidiamo nulla e sui quali, nella misura in cui voi stessi siete più che consapevoli
che non state decidendo niente, siete costretti, per richiamare un minimo di
attenzione, ad esibirvi in cose che, ormai, rasentano il grottesco. Parlare di campi di
sterminio e di pizza è grottesco, non è politica; non dico che non è amministrazione,
non è nemmeno più ideologia, è solo senso del grottesco.
Questo, purtroppo, previene una parte di intervento, che chiedo comunque di poter
fare. Nel dettaglio... (INTERVENTO FUORI MICROFONO). No, questo lo dovevo
dire, perché, di fronte al grottesco, emerge anche un po' la spontaneità non dico
dell'indignazione, però dello scoramento.
Tornando sul tema - visto che ne stiamo discutendo, tanto vale che ognuno dica
quello che pensa -, vorrei solo dire che non è di per sé sbagliato aver visitato il CIE;
di questo ne rendo atto e ringrazio la Presidenza delle Commissioni IV e Diritti e Pari
Opportunità, perché, comunque, ci ha mostrato degli spaccati interessanti (poi,
tornerò su un punto). Aggiungo che sono contento, per quanto sia stata colpa mia, del
mio ritardo rispetto al sopralluogo, perché ci ha consentito di vedere il servizio
mensa; alcuni di voi sono intervenuti a proposito e anche su questo voglio fare un
passaggio.
Il problema non è porsi il dubbio se il CIE funzioni, se sia un modello funzionante o
meno, o se sia necessario porsi delle domande su modelli alternativi; questo è il
dovere della buona politica. Il problema è porre come soluzione la chiusura, senza
avanzare nessun'altra proposta alternativa concreta, anche solo apprezzabile; non
dico condivisibile o meno, ma, quantomeno, discutibile. Si propone la chiusura del
CIE, quando si sa che, reato o meno, c'è una problematica quantomeno
amministrativa della clandestinità e pur sapendo che, in realtà, il C.P.T. arriva come
una proposta avanzata non da Barbablù o da qualche criminale dell'umanità, ma
dall'attuale Presidente della Repubblica, perché lo vogliamo ricordare che è così? È
Giorgio Napolitano che ha firmato quella benedetta istituzione dei C.P.T..
Parliamo di una proposta che non è arrivata dal nulla e che non è emersa da una porta
dell'inferno che si è spalancata dal nulla. No, questa proposta deriva dal fatto che
arriviamo da un fenomeno che dura da decenni (chiaramente, questo problema poi si
è amplificato a causa dell'ingigantirsi del fenomeno migratorio soprattutto
dall'Africa) e, se c'è una persona che amministrativamente - ancorché non
penalmente - non ha titolo per permanere nel nostro Stato e ci vuole permanere e si
trova in clandestinità, non andrà via se gli si mette in mano un foglio di via e lo si
libera. Questo è ovvio ed è anche legittimo, perché è ovvio immaginare che questa
sia una reazione, mentre, se lo si tiene reperibile in un posto di contenimento - e lo
concedo assolutamente al Consigliere Viale -, sarà nelle disponibilità delle Autorità
per un rimpatrio forzoso. Stiamo parlando di questo, non di diritti umani.
Ho dovuto sentire parlare di diritti umani, ma noi siamo andati a vedere che vengano
rispettate le particolarità culturali sul menù e che vengano forniti i Corani, per chi ne
è sprovvisto e vuole pregare Allah, e vorrei sottolineare che, prima che venissero
devastati e distrutti, c'erano i televisori disponibili nelle sale comuni e che,
soprattutto, viene consentito qualunque tipo di collegamento anche con l'esterno. Se,
poi, bisogna parlare di violazione dei diritti umani per la scelta di un alimento
piuttosto che di un altro o per la reiterazione di un menù ripetitivo, di che cosa stiamo
parlando? Stiamo offendendo le reali vittime di violazione dei diritti umani. Questa è
la verità.
Vi rendete ridicoli facendo così, perché vi sottraete a quella che è la vera domanda:
se non li teniamo lì, dove li teniamo in attesa dell'identificazione e dell'espulsione?
Perché, allora, la risposta che voi non avete il coraggio di dare, perché non l'ho
sentita, ve la do io: il vostro pensiero è che anche se, evidentemente, c'è una
situazione di clandestinità e, quindi, di illegalità - anche se non penale o,
quantomeno, non più -, a quel punto va bene chiudere un occhio e far circolare.
Qui mi indigno politicamente; mi indigno perché è falsa solidarietà. Voi gli dite di
venire tutti, anche se il nostro sistema non è in grado di accoglierli, perché un lavoro
da schiavo, che qualche italiano non vuole fare, lo troveranno. Sì, li mettiamo a
spellarsi le mani nei campi di pomodori. Qual è il problema? Li mettiamo a morire
nei cantieri, perché i nostri figli non vogliono fare quel lavoro.
È questa la solidarietà a cui fa riferimento il Consigliere Viale? È questa qui
l'integrazione? Il nuovo schiavismo? In un sistema in cui non è legiferato, ma è
tollerato?
Vogliamo fare in modo di dire che, se uno vive la miseria nel suo Paese è
intollerabile, ma se la vive nel nostro invece siamo civili? Perché è questa la
conseguenza. Voi non rispondete alla domanda di dove li mettete, che cosa gli fate
fare e con quali risorse li integrate. Non date questa risposta ed è il motivo per cui
questo atto, che non è amministrativamente recepibile, non è neanche politicamente
discutibile, perché non dice nulla.
Non a caso, ho voluto rispondere con una provocazione e dire che questo non è un
atto serio. Se dite che volete chiuderlo, dovete anche dire che li prendete a casa
vostra, con un'ospitalità di carità cristiana o di coscienza socialista - mettetela come
volete -, però dando una soluzione concreta; se non li prendete in casa voi, chi se li
prende in casa? Chi li ospita? Chi li aiuta? Con quali risorse?
Avviandomi alla conclusione, voglio usare i pochi secondi che mi restano per portare
l'attenzione sulla mozione collegata di merito che ho presentato, cioè quella del cibo,
perché a me non è piaciuto buttarla in ideologia, anche se so che è molto difficile sul
tema. Il problema non è che gli ospiti, gli internati o, comunque, gli immigrati reclusi
nel CIE buttino o rifiutino il cibo, ma che arrivi più cibo di quello che serve. È questo
il problema amministrativo. A me non importa nulla di sollevare il caso politico, ma
mi pongo il problema amministrativo di dire che, se abbiamo mense che non hanno
abbastanza razioni per tutti e chiudono le porte quando si arriva a completamento e
se abbiamo una sola mensa serale funzionante agli Asili Notturni e quindi manca il
cibo - proprio per essere molto concreti -, perché la Croce Rossa da Settimo cucina
un terzo o, addirittura, metà delle porzioni calcolabili in rapporto alle esigenze delle
persone chiuse nel CIE?
Quello che chiedo a questa Amministrazione è di fare qualcosa di concreto, che è
veramente nelle sue facoltà: visto che questa è una struttura presente nella Città di
Torino, razionalizziamo il sistema di mensa e facciamo in modo che vengano
preparate solo le razioni che servono o, se vogliamo mantenere discrezionalmente un
margine più ampio, che almeno si chieda di organizzare un servizio di ridistribuzione
a chi ne ha bisogno. Che cosa c'è di così mostruoso in tutto ciò?

LEVI Marta (Vicepresidente)
La invito a concludere il suo intervento, Consigliere Marrone.

MARRONE Maurizio
So che con la verve polemica con la quale non sono riuscito a non affrontare il tema
è molto difficile che passi l'atto di indirizzo che vi ho illustrato in pochi secondi, ma
faccio veramente appello, almeno a chi c'è, ad ascoltare, perché, purtroppo...
(INTERVENTO FUORI MICROFONO). No, infatti non me la prendo con chi c'è,
ma con chi non c'è. Chiedo semplicemente che ci sia attenzione al testo; per favore,
leggetelo, vi chiedo solo questo. Se non lo condividete, bocciatelo, ma, per favore,
almeno non votatelo rispetto ad un'indicazione in cavalleria, visto che arriverà dopo
cinquanta emendamenti, quando, quindi, non si riesce neanche più a capire bene che
cosa stiamo votando.
Per favore, leggetelo, perché è un'indicazione di razionalizzazione amministrativa,
che, magari, potrebbe anche portare un po' di cibo a chi ancora non ne ha.

LEVI Marta (Vicepresidente)
La parola al Consigliere Curto.

CURTO Michele
È vero, la sinistra non ha un'idea o, almeno, negli ultimi dieci anni difficilmente ha
sviluppato un'idea di società in grado di rispondere a quella che è una grande
questione: una società in cui aumentano le sperequazioni sociali, in cui i primi sono
irraggiungibili e, quindi, c'è una continua lotta fra ultimi e penultimi. Nel caso
dell'immigrazione, fra gli ultimi ed i penultimi arrivati.
Quello che il Consigliere Marrone si dimentica di dire è che, invece, la sua destra ha
risposto nel modo più becero e bestiale in questi dieci anni, mettendo gli ultimi
contro i penultimi.
Forse, qui, oggi non riusciremo a chiudere il CIE, ma possiamo dire politicamente - e
penso che un Consiglio Comunale lo debba fare - che i dieci anni delle Leggi della
demagogia e del terrore sono finiti; gli anni della Legge Bossi-Fini, una Legge inutile
oltre che un po' stupida - permettetemi -, e gli anni della Legge Fini-Giovanardi, una
Legge assurda che ha mandato in galera 10.000 persone, intruppandole, ma che,
finalmente, adesso è stata dichiarata inaccettabile ed incostituzionale.
È vero, probabilmente i CIE non sono campi di concentramento, espressione che ha
usato il Consigliere Centillo, in senso letterario, ma sicuramente, Consigliere
Marrone - fuggito dai suoi banchi per non ascoltare le repliche... (INTERVENTO
FUORI MICROFONO). Mi scusi, no, allora torni... -, quello applicato dal Governo
di centrodestra è stato un processo di radicalizzazione cumulativa, tipico dei Governi
di estrema destra e dei regimi fascisti e nazisti; davanti ad un problema sociale, lo si
porta all'esasperazione, si uccidono le speranze delle persone, si mettono gli uni
contro gli altri, come si fece quando il Ministro Maroni portò a diciotto mesi il
termine della carcerazione - perché si tratta di questo - nei CIE, facendo scoppiare le
rivolte in tutta Italia. Ad una persona, che ha già il Decreto ingiuntivo in mano e che
ha aspettato per mesi di poter essere rimesso in libertà, viene detto dalla sera alla
mattina (o, meglio, non viene detto, perché lo viene a sapere da quelle televisioni che
ha scassato) che la sua libertà verrà costretta ancora per diciotto mesi. Questo è un
fatto fascista, Consigliere Marrone! Non ho paura di dirlo, perché a questo va
rimandato.
I CIE sono inutili. Settemila o ottomila persone all'anno, ventiseimila dal 2010, sono
passate di lì. Sono stati diciottomilaottocento i rimpatri, a fronte di una popolazione
di clandestini che, in Italia, quest'anno è di mezzo milione ed è di un milione di
persone dal 2010; l'1,23% di persone espulse. Avete perso, avete mentito agli
italiani, avete detto che facevate qualcosa che sapevate che non sareste stati in grado
di fare.
I CIE sono carissimi: 163,00 Euro al giorno, 10.000,00 Euro pro capite, un miliardo
di Euro dal 1999 ad oggi, 200.000,00 Euro al giorno, 55 milioni di Euro all'anno,
mentre, a differenza di tutti i Paesi europei, non ci sono soldi per l'integrazione dei
migranti, per la costruzione della società del futuro e per mettere insieme i bambini e
le bambine che, tutti i giorni, stanno insieme nelle nostre scuole. Erano 205 milioni
di Euro nel 2008, 33 milioni di Euro nel 2011 e, oggi, il fondo per l'integrazione
culturale è ridotto a zero.
Infine, il CIE è inumano. Quando si parla di diciotto mesi di trattenimento (rispetto ai
trenta giorni che erano previsti all'inizio di quella che è stata, secondo me, una Legge
assurda e sbagliata, la Legge Turco-Napolitano) si racconta di un modello di
carcerazione che non ha uguali in alcun Paese del mondo e non è vero, Consigliere
Bertola, che viene indicato dalla Commissione Europea. La Commissione Europea
prevede la possibilità dei centri di identificazione ed allontanamento solo come
ultima ratio, non a partire dalla mancanza del nostro sistema o degli Stati da cui
queste persone provengono, ma a partire dalla responsabilità individuale delle
persone che negano la volontà di farsi identificare. C'è una piccola, grave differenza,
vuol dire che sostanzialmente la responsabilità dell'identificazione non è del soggetto
più forte, lo Stato o l'Istituzione, ma viene scaricata sul soggetto più debole, il
clandestino.
Infine, come si fa a non accorgersi che i CIE sono un assurdo in un Paese in cui c'è
qualcuno che può finirci dentro per diciotto mesi e, ad esempio, una donna, si
chiamava Shalabayeva, che è passata in questo Paese ed ha chiesto ospitalità a questo
Paese, è passata dal CIE di Roma per due ore, per gli interessi energetici di questo
Paese; come è possibile che non si riesca mai ad identificare una persona e, poi, in
due ore quella donna sia passata da un CIE e sia stata messa su un aereo e rimandata
in Kazakistan?
Adesso arriviamo al punto: il punto, che io penso dobbiamo avere la forza di
rigettare, è il modello di società che vogliamo costruire; mentre la carcerazione nei
CIE veniva portata a diciotto mesi, in Italia la truffa veniva depenalizzata a sei mesi,
l'abuso d'ufficio veniva portato a sei mesi, le false fatturazioni venivano portate a
diciotto mesi ed il falso in Bilancio veniva portato ad un anno, oltre alla misura della
prescrizione breve, che, di fatto, ha cancellato questi reati dalla carcerazione.
Vi chiedo: qual è il problema per questo Paese? I migranti, che rappresentano
speranza e costruiscono economia (molto di più di quella che ricevono), o i 50
miliardi di corruzione che questo Paese deve annoverare nel Bilancio nero tutti gli
anni?
Qual è il problema in questo Paese? Chi ha distrutto aziende di Stato o aziende
private, come per esempio i Tanzi, o, invece, il caso di Josè Portogues? Non lo
conoscete, non lo conosce nessuno in questo Paese; ha lavorato nella costruzione dei
cantieri delle Olimpiadi del 2006, ha portato le verdure - che avete mangiato sulle
vostre tavole - al CAAT, ha vissuto nella nostra città per sei anni e, poi, gli è scaduto
il permesso di soggiorno, non ha trovato lavoro - vittima, come tante altre, della crisi
- è stato beccato un giorno a taccheggiare una scatola di Simmenthal in un
supermercato ed è finito in galera. Perché è finito in galera, Consigliere Bertola
(visto che il suo Movimento, per esempio, dice che non c'è differenza sul reato di
clandestinità)? È finito in galera perché c'è il reato di clandestinità e, quindi, per
l'aggravante è finito in carcere. È stato rimpatriato al costo di 23.000,00 Euro, che
era il costo del suo biglietto e dei due poliziotti che hanno dovuto accompagnarlo.
Qual è il modello di società che vogliamo? Un modello in cui si criminalizza la
povertà o un modello in cui si dà un'opportunità a tutti? Un modello in cui ci sono
responsabilità, ma esiste anche la giustizia sociale. Perché, lo ricordo sempre, per
città più sicure noi abbiamo bisogno di città più giuste.
Sindaco, è per questo motivo che penso che quella finzione che era la finzione dei
CIE e che finalmente sta cadendo, dopo che per anni lo abbiamo detto… Ha ragione
il Consigliere Grimaldi; ci siamo conosciuti allora, quando conobbi anche il
Capogruppo Paolino, nella prima manifestazione nazionale contro i CIE, la facemmo
a Torino contro il CIE di corso Brunelleschi. Il Consigliere Paolino spiegava che
dovevamo stare tranquilli e noi, molto tranquillamente, marciammo in migliaia fino a
quel luogo inaccettabile.
Da allora, dei dodici centri italiani, sette sono stati chiusi. Dei
milleottocentocinquantuno posti originali, ne sono rimasti settecentoquarantanove.
Hanno chiuso Lamezia, Trapani, Crotone, Brindisi, Modena, Gradisca e, soprattutto,
Bologna, l'altro CIE nella pancia di una grande città. Adesso tocca a noi; si può fare.
Non è vero che questo Consiglio Comunale non può dire nulla. La Città di Torino
può chiedere la chiusura rapida ed immediata, come dice il Consigliere Viale - al
quale dico che, ovviamente, sono d'accordo con il suo emendamento, basta che poi
lo facciamo davvero e lo faccia davvero soprattutto chi ha dei rappresentanti al
Governo o chi, sostanzialmente, governerà questo Paese -; io sono per chiedere
immediatamente la chiusura del CIE di Torino, perché, ogni giorno, è un giorno in
più. Perché, un giorno, noi non dovremo dire che ci siamo voltati dall'altra parte ed
abbiamo fatto finta di nulla. Questo di noi non si deve poter dire; di me, di sicuro, no.

FERRARIS Giovanni Maria (Presidente)
Dichiaro concluso il dibattito congiunto.

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