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Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 31 Maggio 2021 ore 13,00
Paragrafo n. 7
INTERPELLANZA 2021-00206
RUOLO DEL COMUNE DI TORINO PER LA RIAPERTURA DEL PRESIDIO M. ADELAIDE
Interventi
ARTESIO Eleonora
Grazie. Temo di dover rimarcare che la comunicazione che è stata svolta aggiunge
elementi di incertezza ai già tanti elementi di incertezza che ci erano stati comunicati
dall’Assessore all’Urbanistica nel momento in cui era stata avanzata la candidatura per
le Universiadi. La prima osservazione che mi sento di fare è la seguente: sembra che il
Comune sia uno spettatore inattivo nei confronti di scelte di programmazione compiute
da altri soggetti, nella fattispecie Regione Piemonte e Università e che nulla valga il
vincolo a destinazione per Servizi Sanitari che questo Consiglio Comunale ha approvato
attraverso gli emendamenti alla Variante del Piano Regolatore Generale. Da quello che
apprendiamo si aggiunge alle imprecisioni un’ulteriore imprecisione, che purtroppo
peggiora il quadro della situazione. Mi spiace comunicare all’Assessora che, attraverso
deliberazione Regionale, l’Amministrazione Regionale ha consentito all’Azienda Città
della Salute di procedere anche alla dismissione dei fini sanitari su quei 1.000 metri
quadrati che erano ancora conservati in congiunzione con le attività di carattere…
ospitalità prima per gli atleti, poi per le residenze universitarie, e che avevano consentito
nel tempo ad alcuni Consiglieri Regionali di sostenere che comunque tutto si sarebbe
tenuto. Certo, il Maria Adelaide era importante per le Universiadi, certo lo è per gli
abitanti delle Circoscrizioni coinvolte per le funzioni sanitarie, ma tutto si terrà perché
comunque esiste una porzione della struttura che può essere riconvertita a fini sanitari.
Ebbene, anche questa porzione è stata ulteriormente autorizzata per l’alienazione.
Quindi il quadro che abbiamo ascoltato oggi è quello di una Regione che appare
determinata a procedere nella conversione verso studentato; di un’Amministrazione
Comunale, che, come spesso è accaduto, dice: “Non è mia competenza la
programmazione sociosanitaria”; di una popolazione di una Circoscrizione che
inutilmente, evidentemente, da molti anni continua a manifestare il proprio interesse per
servizi territoriali di cui ha estrema necessità. Ciò che più mi addolora di questa risposta
e di questa situazione è il fatto che il Comune non è affatto uno spettatore, non lo è
nemmeno ai sensi di legge, al di là della propria volontà, perché la Conferenza di
programmazione sociosanitaria è esattamente il luogo nel quale la funzione di indirizzo
dell’Assemblea dei Sindaci, ovunque, della Conferenza delle Circoscrizioni più il
Sindaco qui, fornisce all’Amministrazione Regionale le valutazioni in ordine alla
soddisfazione dei bisogni di salute della popolazione, fino al punto da essere anche
chiamata in causa sulla valutazione dell’operato dei Direttori Generali. E io so bene
quanto potente possa essere questa Conferenza perché in altra veste mi è capitato di
essere ripetutamente convocata dalla Conferenza di programmazione sociosanitaria del
Comune di Torino, che aveva chiare intenzioni e forti motivazioni che qui non ravviso.
Questo sarebbe invece il momento di esercitarle quelle vocazioni perché, come
l’Assessora sicuramente sa, le legislazioni nazionali si stanno sempre più orientando
verso il potenziamento dell’assistenza territoriale e le leggi dello Stato prevedono di
istituire le Case di Comunità, prima chiamate Case della Salute, nella proporzione di
una ogni 20.000 abitanti. Lascio a lei il compito di definire quante se ne dovrebbero
attivare nella città di Torino e quante invece nella zona di Torino Nord siano state
accreditate dalla Regione Piemonte verso il Ministero come Case della Salute, ancorché
siano come quello di Lungo Dora Savona, ancora meramente poliambulatori, utili e
funzionali, certo, ma non Case di Comunità.
La stessa Legge nazionale prevede per gli Ospedali di Comunità, gestiti
prevalentemente da personale infermieristico per attività di convalescenza o di cure di
bassa intensità, creati con un’articolazione territoriale e quindi con quella caratteristica
della città che è accessibile nella modalità più comoda e più ravvicinata per i cittadini
che ogni tanto evochiamo come immagine suggestiva, ma evidentemente non
perseguiamo come volontà politica, prevede per gli Ospedali di Comunità un rapporto
di 1 a 50.000 abitanti e torniamo a lasciare all’Amministrazione il calcolo di quanti ne
occorrerebbero su questa città e di quanti se ne stiano promuovendo, anche attraverso un
ruolo attivo da parte del Comune di Torino. Ruolo attivo, dicevo, che non ho affatto
rilevato.
Allora, io credo che ci siano due passaggi da compiere: uno è quello, mi permetto di
suggerirlo, di ascoltare anche la percezione e la soddisfazione sullo stato di salute e sui
Servizi Sanitari erogati da parte delle popolazioni interessate; si è espressa la
Circoscrizione 7 con un documento ufficiale, da tempo c’è una mobilitazione
intergenerazionale in atto all’interno di quel territorio, quindi significa che anche la
popolazione studentesca e universitaria è attenta a conciliare le proprie aspettative con
quelle della popolazione con la quale condivide tutti i territori, tutte le difficoltà e tutte
le possibilità, e ascoltando magari anche la delegazione che le ha chiesto di essere
ricevuta e che staziona in questo momento nella piazza; questo per poter avere contezza,
oltre che coi dati della statistica con quelli dell’esperienza, di quali siano le condizioni
di salute della popolazione e le risposte attese. Il secondo, non fosse che per provare a
costruire un coordinamento tra le dichiarazioni dell’Assessore Iaria, quelle
dell’Assessora Schellino, quella delle delibere Regionali e quelle dell’Università,
ovviamente procederò con le forme pre-scritte, che sempre ci ricorda la Presidente, a
richiedere l’approfondimento in Commissione Consiliare, magari con l’audizione delle
parti interessate. Grazie.

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