Interventi |
ARTESIO Eleonora Grazie, Presidente. L’atto è sicuramente datato, ma conserva, nella necessità, tutta la sua attualità. Faccio riferimento, in modo particolare, a un’indagine svolta dalla FIOM sulla Torino industriale, rispetto alla quale vengono rilevati gli andamenti delle auto prodotte e i conseguenti livelli degli andamenti occupazionali tra gli anni 2008 e 2020; rileviamo nel complesso dell’automotive un calo dell’83,1% delle auto prodotte a Torino e rileviamo nei livelli occupazionali - che, ricordo, registrano condizioni di cassa integrazione non da oggi, ma da più di 10 anni - una diminuzione dei posti di lavoro riferiti non soltanto alla condizione di FCA stabilimenti Mirafiori e Maserati, ma anche a tutte le condizioni dell’indotto a cui le lettere che abbiamo ricevuto, come Consiglieri Comunali, da Rappresentanti di Confindustria e di Organizzazioni imprenditoriali ci richiamavano. Siamo quindi in presenza di un significativo cambiamento degli andamenti produttivi e anche delle tutele delle condizioni lavorative di personale addetto, distinto tra operai e impiegati, ma egualmente, da tempo, professionalizzato sull’attività produttiva. Ciò che interessa oggi rilevare non è tanto la ancora insufficiente adesione all’obiettivo, che fu dichiarato dal Ministro Patuanelli in visita, della piena occupazione, quanto piuttosto del cambiamento prevedibile, relativamente alle conseguenze della fusione, alla nascita di Stellantis, e agli impegni assunti dai livelli apicali di questo nuovo produttore. Vorrei fare riferimento a due apparentemente contrapposte dichiarazioni di Carlos Tavares, relative, la prima, a: “Non chiuderemo nessuno stabilimento in Europa”, la seconda: “Produrre in Italia costa quattro volte di più”. Ovviamente, anche i Colleghi che hanno sollecitato questa discussione si sono soffermati sulla seconda e la seconda va attentamente valutata. Perché produrre in Italia e conseguentemente produrre a Torino costa quattro volte di più che in Francia e in Spagna? Forse per il costo del lavoro? Assolutamente no, dice Tavares, anzi il costo del lavoro in Italia è inferiore al costo del lavoro in Francia e quante volte le parti sindacali e politiche, almeno quelle a cui io mi riferisco, lo hanno detto, inascoltate; no, il costo del lavoro maggiore è quello riferito a quella percentuale di costi industriali diretti, quindi relativi ai costi di produzione, che vanno dall’ammortamento delle tecnologie degli impianti ai costi energetici, ai costi di ricerca, che fanno sì che, ad esempio, per la produzione della 500 elettrica si abbia una disparità di costo rispetto alla produzione dell’Opel Corsa di Saragozza. Allora, due sono le questioni: se questo è il tema che viene posto oggi e questo tema non pone a carico del costo del lavoro la problematica, dobbiamo politicamente contribuire a fare in modo che non sul lavoro si scarichi questo problema; come si fa a contribuire affinché non si scarichi sul lavoro questo tipo di problema? Perché è evidente che, se non cambiano i volumi di produzione e se non cambiano i costi di produzione, come sempre, come sempre è accaduto in questo Paese, come sempre è accaduto in questo comparto, si useranno gli ammortizzatori sociali e il costo ricadrà nuovamente sull’insieme delle comunità di riferimento e, in particolare, sulle persone direttamente coinvolte. È evidente che siamo in una stretta, una stretta relativa alla qualità della produzione e ai modi della produzione; della qualità della produzione, cioè della svolta sostenibile, ha detto prima il Collega Lo Russo. Non so quali opzioni saranno perseguibili rispetto alla questione fabbrica batterie, ma so certamente che si sta guardando esattamente dagli imprenditori, che prima e forse più di noi analizzano e comprendono i mercati, all’impiego delle modalità sostenibilmente compatibili, dalle batterie, all’idrogeno verde, peraltro in una logica in cui l’introduzione di modalità compatibili produce anche una necessità di trasformazione e di cambiamento dei modelli con una velocità maggiore di quella conosciuta precedentemente. Quindi abbiamo un grosso tema di come una Città, che vanta i maggiori risultati nell’ambito della ricerca accademica, possa contribuire, in modo migliore di quanto fatto, non ora attraverso TNE, al sostegno della ricerca. Voglio ricordare che, purtroppo, TNE, che rappresentò un rapporto istituzionale tra gli Enti Locali tutti e l’allora Fiat, produsse una restituzione di 300.000 metri quadrati agli Enti Locali per la collocazione di startup, oggi evidentemente non sufficienti a contenere le trasformazioni a cui stiamo assistendo, e un intervento del Politecnico sull’Ingegneria dell’auto che è forse l’unico visibile. Quindi il primo tema è: ruolo delle politiche pubbliche nazionali e locali rispetto a questa riconversione che, ci viene detto oggi, riguarda la possibilità di usare utilmente e valorizzare utilmente le capacità professionali dei dipendenti perché queste risultano meno rigide - udite, udite - delle tecnologie e degli impianti investiti. Quindi siamo, finalmente, a riconoscere, purtroppo in una situazione di crisi, quello che ripetutamente abbiamo detto, che la tecnologia non può avvenire, nel suo avanzamento, a discapito delle competenze umane e oggi il dato anche economico ce lo dichiara fortemente ed è per questo che dobbiamo sostenere il mantenimento, la sostenibilità dei costi del lavoro, l’investimento nel loro aggiornamento. La seconda questione è questa e chiama direttamente in causa le politiche degli Enti Locali; se quello sarà l’orientamento dei management, vale a dire quello di intervenire sul cambiamento dei costi industriali diretti e quindi anche sulle categorie delle forme della produzione, anche sulla logistica delle forme della produzione, noi ci troviamo qui in Torino a fronte di una struttura e un’area - “Il Fabbricone”, come veniva chiamato nei tempi epici della Torino Città della Fiat -, che è rappresentata da tre milioni di metri quadri, per percorrere i quali dobbiamo camminare lungo un perimetro di 13 chilometri. Questa questione è una questione territoriale, una questione territoriale che fino a questo momento si è svolta al suo interno con il momento della produzione delle automobili, con il momento di un welfare aziendale anticipato in allora da Marchionne che trasferì lì i modelli americani di welfare, dal supermercato agli asili nido, che oggi, ormai, si trascinano come stanche stanze vuote o semivuote. Allora, una Città, una politica locale che voglia, da un lato, tutelare la qualità della manifattura, storicamente presente nel proprio territorio, e dimostrare che è compatibile con la sostenibilità, una Città che voglia tutelare le proprie professioni è una Città che si occupa, oltre che di queste due misure di cui ho detto, insieme ai Governi nazionali, anche della riconversione di quegli ambiti, di concerto con i nuovi orientamenti di programma industriale. Ho cercato disperatamente, quando abbiamo discusso il Piano Regolatore Generale, di chiedere come si immaginasse di cucire quella presenza con il resto del territorio urbano e del territorio metropolitano, mi si è detto che non era compito del Piano Regolatore Generale, che l’avrei trovato nel programma dell’Unità di Crisi, non dell’Unità, della dichiarazione dello stato di crisi per la Città di Torino. C’è un luogo, ci potrà essere un luogo in cui ricomporre tutte queste istanze, il luogo può essere quello della straordinaria stagione di riprogrammazione dei fondi pubblici del Recovery Plan, perché o questa straordinaria stagione… ARTESIO Eleonora Ho finito… riporta in campo il tema della Torino industriale per quello che ci riguarda, della capacità di conservarne la qualità e l’innovazione nella logica della sostenibilità, di valorizzarne l’occupazione o sarà l’ultima occasione perduta. Concludo dicendo: gli ordini del giorno sono datati, non è datata la necessità che ho sollevato, chiedendo di un Consiglio Comunale aperto a trattare di questo tema; se i Colleghi del Consiglio, i Colleghi Capigruppo volessero convenire, alla fine di questa discussione, con un documento unitario che chiede la convocazione di un Consiglio aperto, queste questioni, che frettolosamente e, per quel che mi riguarda, superficialmente ho trattato, potranno essere meglio dipanate con tutti gli interlocutori. Grazie. |