Interventi |
ARTESIO Eleonora “Torino in Comune” nel proprio programma elettorale per il 2016 riservava un capitolo denominato “un patrimonio pubblico generativo”, questo capitolo dichiarava: si ritiene che nessuna Maggioranza sia legittimata ad alienare beni appartenenti a tutti come se fossero una proprietà privata degli amministratori di turno, ogni progetto di dismissione deve essere oggetto di un dibattito pubblico ed eventualmente di referendum. Basterebbe questa affermazione per esprimere il mio giudizio su questo atto deliberativo e certo qualcuno dirà che è molto più semplice essere coerenti quando si è Minoranza e quando non si è ottenuto dal voto il privilegio di governare e di dover decidere, ma la decisione dal mio punto di vista oltre a mantenere elementi di continuità ideale con i propri principi deve anche misurarsi con due criteri: un criterio è quello della certezza formale degli atti che si adottano, l'altro criterio e che quando si giunge a delle mediazioni rispetto ai principi dichiarati bisognerebbe almeno compiere dei passi che non siano irreversibili e che possano consentire alle Maggioranze che si succederanno di correggere, riallineare, modificare. Purtroppo io credo che questo atto deliberativo, come ho già commentato nell'intervento generale, abbia alcuni elementi che oltre a sollevare la mia critica in base ai principi di cui ho detto prima, dovrebbero sollevare la preoccupazione di molti e di tutti rispetto all’incertezza formale e alla irreversibilità che qui si producono. Il primo: qualunque trasferimento dei beni dello Stato ai Comuni prevede dei principi di tutela per cui i beni pubblici culturali non debbano essere alienati, questo principio della inalienabilità dei beni del demanio culturale è contenuto non solo nella mia convinzione, ma è addirittura scritto in un altro atto deliberativo che giace alla nostra attenzione che è il Regolamento complessivo delle concessioni. Ora è chiaro che questo principio dovrà, secondo me, essere fatto valere nel momento in cui si andrà ad un confronto eventualmente referendario su questo atto deliberativo e questa è già una prima incertezza che pesa anche sulla praticabilità delle parti più positive che sono contenute nella delibera stessa, come quelle che fanno riferimento alla comunità di riferimento per il progetto culturale e artistico delle porzioni di tipo pubblico. La seconda questione è quella che riguarda ed è il tema della irreversibilità di cui mi preoccupavo che riguarda le possibilità a cui si rinuncia di decartolarizzazione. Per molto tempo ci è stato detto che si trattava insieme di un problema finanziario e di un problema procedurale, già altri hanno sottolineato, e io l'ho verificato, che è possibile sempre per gli enti pubblici decartolarizzare. Il comparto giuridico che ha normato le cartolarizzazioni che si riferisce all'epoca del Ministro Tremonti, pur orientando nella direzione delle cartolarizzazioni, escludeva dal divieto di riacquisto gli enti locali, quindi consentiva agli enti locali il riacquisto purché avvenisse per un uso non residenziale e per una destinazione a fini istituzionali, dove il fine istituzionale in questa fattispecie ha quelle caratteristiche di peculiarità non ripetibili altrove che fondano ulteriormente la possibilità di decartolarizzare. Ma se in questo atto deliberativo addirittura si concede l'avvio della gara pubblica a CCT si rinuncia all'ipotesi di decartolarizzazione e si rinuncia in un momento in cui… ARTESIO Eleonora Le risorse pubbliche potrebbero essere in quella direzione orientata, quindi io credo che quale che sia il giudizio di ciascun Consigliere non si può partecipare ad un atto che è gravato da così tanti elementi di non certezza formale. |