Città di Torino

Consiglio Comunale

Città di Torino > Consiglio Comunale > VERBALI > Torna indietro

Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 1 Febbraio 2021 ore 13,00
Paragrafo n. 14

Comunicazioni della Sindaca su “Dichiarazioni Comandante Bezzon su senzatetto presenti nel centro cittadino”.
Interventi
TEVERE Carlotta
Grazie, Presidente. Mi sentite bene? Sto parlando con il microfono.

TEVERE Carlotta
Grazie. Allora, grazie Presidente e grazie ovviamente Assessora Schellino per la
risposta puntuale. Ho depositato la richiesta di comunicazioni perché alcune
affermazioni lette sulla stampa hanno attirato la mia attenzione, e mi lasci precisare,
Presidente, che non sono le medesime citate da alcuni Colleghi delle Minoranze, mi
riferisco ovviamente a chi nella richiesta le ha specificate. Diciamo che ho ritenuto
opportuno non limitarmi alla lettura del solo titolo, ma leggere il contenuto degli
articoli. È noto il tema delle richieste di comunicazioni e da una delle affermazioni
apprendo che a quelle persone sono già state proposte soluzioni e le hanno rifiutate. Ad
onor del vero, le parole del Comandante descrivono una realtà di cui l’Assessora
Schellino, rispondendo a precedenti e numerose interpellanze, e anche oggi in risposta
alle nostre richieste di comunicazioni, ha più volte reso edotto il Consiglio tutto, e cioè
che alcune persone in difficoltà rifiutano le possibilità offerte dal Comune per superare
la situazione di disagio in cui vivono. In qualità di Presidente della Commissione
Legalità, però, le parole che maggiormente hanno attirato la mia attenzione sono state
quelle in cui, leggo testualmente: “Viene il sospetto che in realtà ci sia anche qualcuno
che queste persone le sfrutta per ottenere profitto”. E devo dire che sono molto
dispiaciuta che nessuno delle Minoranze le abbia riprese queste parole, perché per me
sono molto gravi. Ovviamente, le indagini non rientrano tra i compiti di un Consigliere
Comunale e ricordo a tutti che l’attività investigativa è chiaramente coperta da segreto,
al fine di non vanificarne il risultato, e dunque comprendo l’impossibilità, oltre che il
divieto per il Comandante, qualora ci fosse, di annunciarla a mezzo stampa o in
quest’Aula l’attività investigativa; ma il sospetto che nella nostra città possa verificarsi
un fenomeno così deplorevole credo debba essere condannato da chiunque rappresenti
un’Istituzione.
In passato, purtroppo, il suddetto fenomeno è stato oggetto di inchieste giudiziarie e
fonte di preoccupazione anche da parte delle Associazioni di volontariato. Cito a
proposito alcuni articoli, e in particolare: 26 gennaio 2018 su “La Stampa” leggiamo:
“Le Associazioni di volontariato: ‘Dietro le elemosine ai clochard soldi spesi in alcol e
l’ombra del racket’”; 5 settembre 2018, “CronacaQui”: “Le elemosine non sono un
aiuto, dare denaro a chi sta in strada spesso finisce per alimentare dipendenze o, nel
peggiore dei casi, dei veri e propri racket”. Quindi, Presidente, sono almeno due gli
scenari che emergono dalle dichiarazioni di questi ultimi giorni e che, come
Amministratori pubblici, abbiamo già affrontato in passato e sui quali oggi siamo
chiamati nuovamente a riflettere. Da una parte abbiamo persone che decidono di non
accettare l’aiuto del Comune e in questo caso bisogna caprine il motivo, il motivo
profondo, ovvero quale sia la circostanza che renda la scelta di continuare a vivere in
strada migliore della possibilità di essere seguito ed accompagnato in un percorso di
assistenza prima e di riappropriazione della propria vita poi. Dall’altra parte, cosa molto
grave qualora risultasse vera, potremmo avere addirittura lo sfruttamento delle persone
più fragili da parte della criminalità organizzata per raccogliere soldi. Invero, ricordo a
tutti che non molto tempo fa la nostra città è stata teatro di una delle più grosse indagini,
parte delle quali svolte, tra l’altro, dalla nostra Polizia Municipale, che hanno portato al
riconoscimento dell’esistenza della mafia nigeriana, anche qui cito un articolo,
“CronacaQui”, 13 giugno 2018: “Prostituzione, elemosina e riti vudù: come la mafia
nigeriana si è presa Torino”. Una mafia che ha allargato il proprio business ad un settore
non violento, almeno non nella forma esteriore, quale quello del racket dell’elemosina.
La soluzione al problema è certamente complessa, ma dipende anche secondo me dalla
presa di coscienza dell’esistenza del fenomeno e dall’impegno di tutti, cittadini e
Istituzioni. Infatti, chi - pur in buona fede, chiaramente - donando, alimenta
economicamente questo mercato, anche solamente con pochi spiccioli, sostiene
purtroppo una criminalità sempre più vorace ed aggressiva che non si ferma di fronte a
nulla. L’alternativa è ovviamente quella di elargire il contributo alle Associazioni di
volontariato che lo impegneranno al meglio, segnalando situazioni di reale difficoltà e
prevenendo attività di questua basata sullo sfruttamento, se del caso, informandone
anche le competenti Autorità Giudiziarie.
Tornando, però, al primo scenario al quale ho accennato, credo che si debba partire dal
fatto che la questione non è legata al fatto che il Comandante abbia evidenziato
l’esistenza di un problema, ma che la politica alle volte non lo evidenzia abbastanza:
esiste un problema, se ne prende coscienza, si cerca di conoscerlo meglio e lo si deve
affrontare in tutti i suoi aspetti per risolverlo. L’Assessore, rispondendo alle richieste di
comunicazioni ha spiegato bene le difficoltà riscontrate, evidenziando numeri e
tipologie dei diversi approcci con i quali vengono avvicinate le persone fragili.
Ringrazio l’Assessore anche per aver ricordato le azioni e l’impegno profuso negli anni
dagli Uffici dei Servizi Sociali e dagli operatori della Polizia Municipale, in
collaborazione e in sinergia ovviamente con tutto il mondo del Terzo Settore, nel farsi
carico di tutte le persone della nostra comunità che si trovano in difficoltà, perché in
passato mi è dispiaciuto leggere su alcuni quotidiani locali messaggi che lasciassero
intendere invece una incapacità del Comune nell’affrontare e gestire queste situazioni.
Il problema è annoso e già nel 2018 la politica di questa Amministrazione era stata
chiara ed invitava i cittadini ad elargire un contributo alle Associazioni che si occupano
delle fragilità; dunque, nulla è cambiato rispetto a tre anni fa, se non il fatto di aver
continuato a lavorare a testa bassa per cercare di eliminare la necessità di ricorrere
all’elemosina. Sono anni che la Città ha costruito e adottato un modello diverso rispetto
al passato, volto a - come è stato più volte ribadito a mezzo stampa, ma anche, durante
le sedute, dalla Commissione Consiliare competente - ridimensionare grandi strutture in
favore di un’accoglienza diffusa e dai numeri ridotti perché nelle piccole strutture ci si
sente protetti e si può creare un vero senso di comunità. Certamente è una strada molto
più faticosa, ma è l’unica che potevamo intraprendere per non rassegnarci a lasciare le
persone in strada; inoltre, grazie all’ASL si sono avviati i percorsi di assistenza perché
queste persone spesso hanno dipendenze da curare, come abbiamo sentito anche
dall’Assessore; essere comunità è salvare le persone prima che cadano nel baratro, e non
limitarsi a piccoli gesti sicuramente a fin di bene e lodevoli, ma che rischiano di
peggiorare le cose.
Questo è il significato che ho dato io alle parole del Comandante e dell’Assessore e per
questo non ho trovato motivo alcuno per indignarmi. Nessuno ha detto che donare non
sia un gesto apprezzabile, un’affermazione di questo tenore avrebbe sicuramente avuto
il mio biasimo; ma ritengo che incomba su noi tutti, quali Amministratori pubblici,
informare correttamente e fare in modo che i cittadini abbiamo la consapevolezza della
reale situazione in cui vivono le persone fragili e credo si debba avere l’onestà
intellettuale di dire che, sebbene l’elemosina sia un atto amorevole, è sbagliato pensare
che dando delle monete si risolva il problema. La situazione descritta anche oggi
dall’Assessore dimostra che nonostante l’enorme lavoro fatto, sono sicuramente
necessari ulteriori interventi a tutti i livelli, questo è fuor di dubbio. La giustizia sociale,
infatti, non si risolve con l’elemosina; lo Stato, che rappresenta tutti i cittadini, ha il
compito di realizzare le premesse necessarie affinché vi sia una giustizia sociale
compiuta. Torino, nel sociale, ha avuto apprezzamenti da parte di molti soggetti,
istituzionali e non; da ultimo, Don Ciotti, che è stato nostro ospite giovedì scorso in
Commissione, ha dichiarato - e cito testualmente dall’articolo di giornale - di aver
apprezzato la sensibilità della Sindaca Appendino riguardo le questioni sociali.
“In questa città si fa tanto ed è merito di tutti”, questa è un’affermazione del
Comandante che mi ha colpito, e questi “tutti” sono, ovviamente oltre alla Diocesi
sempre presente, anche le numerose Associazioni di volontariato che hanno sposato la
linea del Comune sui clochard. Cito ancora una volta l’articolo 26 gennaio 2018, “La
Stampa”, per evidenziare che la questione dell’elemosina non l’ha certo sollevata il
Comandante la scorsa settimana, ma solo ripresa, in quanto nota a questo Consiglio da
tempo. Il Direttore della Caritas e il fondatore del SERMIG, infatti, in quell’articolo del
2018 affermavano che le persone continuano a dare le monetine perché è più facile e
immediato. Un gesto che innegabilmente ti coinvolge e ci coinvolge emotivamente, ma
si esaurisce in un attimo.
Presidente, lei sa bene che nei miei interventi in Aula non sono solita polemizzare, ma
questa volta è indubbio che le parole del Comandante e dell’Assessore siano state
volutamente mal interpretate, altrimenti la polemica non avrebbe trovato seguito alcuno,
e bene ha fatto l’Assessore a chiarirne i contenuti, che mi trovano concorde. Le stesse
Associazioni di volontariato ritengono non risolutiva la semplice donazione di denaro, e
così anche l’Arcivescovo Nosiglia, invero, nella sua nota uscita proprio a seguito della
questione sollevata, afferma che - e di nuovo cito testualmente - “Solidarietà non è la
moneta buttata là mentre si prosegue il cammino sotto i portici; se nessuno può mettere
in discussione il valore e il significato dell’elemosina, è anche vero che quel gesto da
solo non basta, non mette a posto nessuna coscienza individuale e nessuna
responsabilità civica. Ecco perché noi dobbiamo fare ogni giorno sempre di più”. Io,
quale Amministratore pubblico, mi devo soffermare invece ed interrogare sul perché è
sbagliato donare soldi alle persone bisognose, e per capirlo mi rivolgo e ascolto chi con
queste persone è a contatto tutti i giorni, per lavoro o per volontariato. Don Adriano
Gennari, il fondatore della “Mensa dei Poveri” di via Belfiore, ci invita a riflettere
chiedendoci che fine facciano quei soldi donati, perché come dice lui stesso, spesso le
persone che aiutiamo non si sanno gestire. I commercianti del centro hanno più volte
dichiarato che spesso si trovano a cambiare fino a 70/80 euro di monete portate dai
senzatetto, cifre che necessitano di una gestione oculata da parte di chi versa in
difficoltà, oppure raccontano di soldi spesi acquistando alcolici. Forse, dobbiamo
interrogarci - io per prima - sui motivi per i quali le persone rifiutano l’aiuto che viene
offerto loro, ed ecco perché la Città attraverso gli operatori dei Servizi Sociali e della
Polizia Municipale da anni opera dando risposte concrete, ascolto, accoglienza secondo
il nuovo modello descritto dall’Assessore di cui ho detto poc’anzi.
Un intervento quindi a 360 gradi, non solo economico, ma di vera presa in carico del
soggetto, di accompagnamento verso una consapevolezza della propria persona,
affinché possa sentirsi parte della comunità alla quale appartiene e, con il tempo e il
supporto necessari, reimparare a gestirsi non solo economicamente per potersi
riappropriare della propria vita. Quindi - e mi avvio alla conclusione dell’intervento,
Presidente - davvero non ho compreso, anche dopo aver ascoltato gli interventi che mi
hanno preceduta - e mi scuso, perché forse rappresenta un mio limite -, le polemiche
sollevate dalle dichiarazioni di cui alle richieste che hanno preceduto la mia. Siamo tutti
d’accordo nel ritenere l’elemosina o qualsiasi gesto rivolto alle persone più bisognose
un atto di profonda e sincera generosità, ma siamo tutti consapevoli di correre il rischio
di destinare involontariamente il nostro aiuto a persone non realmente bisognose,
sottraendole così ai soggetti che vivono situazioni di autentico disagio. Ecco, dunque,
l’invito che ho letto nelle parole del Comandante e dell’Assessore, ovvero quello di
preferire una donazione di beni o denaro alle Organizzazioni riconosciute che portano
avanti, insieme all’Amministrazione, progetti chiari e significativi. Grazie, Presidente.

Copyright © Comune di Torino - accesso Intracom Comunale (riservato ai dipendenti)