Interventi |
TRESSO Francesco Si, grazie, Presidente. Dunque, arriviamo a questo momento importante, com’è stato detto, dopo quattro anni di lavoro, ricordiamolo, dopo che era uno dei punti che aveva segnato il programma di Governo della Giunta e che era già stato espresso, anche in campagna elettorale da parte del Movimento che costituisce la Maggioranza. Era un obiettivo importante, quello di una revisione generale al Piano Regolatore, che sostanzialmente ridisegnava quelli che erano un poco gli obiettivi della Città, che ci ritraguardava in un arco temporale di medio termine, quella che era l’idea della Città che la Maggioranza aveva in testa. È già stato ampiamente detto, anche nelle fasi di discussione che ci hanno preceduto, quale sia stato il percorso di discussione. Io insisto ancora nel dire che, effettivamente, questa approvazione così rapida, peraltro a valle di un periodo, insomma, piuttosto significativo, anche per rivedere i contesti della spazialità, i contesti della vivibilità di una Città. Insomma, abbiamo vissuto una pandemia, forse un momento di riflessione un pochino più approfondito, non era un’idea peregrina di aspettarselo, anche perché, anch’io ribadisco il grande lavoro degli uffici che sicuramente hanno fatto un lavoro intenso e molto articolato e doveva, comunque, essere rivisitato anche nei termini di quelle che sono delle scelte che l’emergenza che abbiamo vissuto, deve necessariamente porci, insomma, di affrontare e di valutare sotto il profilo anche politico. Però è proprio questo il tema. Io mi ritrovo in alcune espressioni usate dalla Capogruppo Artesio che mi ha preceduto, è proprio un po’ mancanza dell’impronta politica di questo lavoro che si coglie, e lo si coglie bene, leggendo il documento di…, diciamo, la sintesi, ma in realtà una vera sintesi manca, proprio perché è un documento di sintesi a valle delle 1.500 pagine che ci siamo dovuti scaricare e cercare di leggere frettolosamente, richiedono una sintesi che esprima gli aspetti proprio concettuali di politica che stanno dietro a questo, no. Invece qui è un po’ il trionfo del… anche (incomprensibile) dei valori espressi nella parte della premessa o addirittura quando anche ci si rimanda al documento di programma della Giunta o al documento di indirizzo. Anche qui c’è un’elencazione dei valori, alcuni generici, tipo il garantire il benessere dei cittadini e delle cittadine, ma manca… cioè questo egualitarismo astratto di fatto comporta, come dire, un’indifferenza dei luoghi, una mancanza di spazializzazione di questi concetti. Allora qui, davvero, abbiamo un elenco di aspetti e che se si esclude la parte di analisi del contesto, si potrebbe dire che questo tipo di piano, potrebbe adattarsi anche ad altre città, a qualsiasi altra città in fondo. Quindi, come dico, se si esclude quella che è la valutazione di quello che è il contesto iniziale, non si evincono poi degli elementi forti, dei segni che ci dicano: “Stiamo adattando la nostra visione di città a Torino, in questo contesto, la vogliamo con questa dimensione e con questo concetto di evoluzione, di produzione e quant’altro”. Io mi rendo conto…, anche questi valori che sono espressi con delle lunghe elencazioni, sono dei valori astratti di fatto, se non vengono poi resi spaziati. Mi rendo anche conto che siamo in un contesto… se uno vede quello che era magari il contesto storico, sociale, se vogliamo, appunto, in cui nasceva la genesi del precedente Piano Regolatore, che è stato adottato sì nel ’95, ma, insomma, la genesi risale ad una trentina di anni fa, se vogliamo. Quindi in un contesto completamente differente, Torino proprio in un momento completamente diverso. E c’erano dei segni, dei segni pesanti che erano stati delineati, non da parte degli autori di quel Piano Regolatore, c’erano dei segni forti in termini di infrastrutture, c’era la volontà di dare un valore elevato, alla Spina pensiamo, a corso Marche, al collegamento tra Stupinigi e Venaria. Ecco, c’erano comunque degli elementi di riconoscimento, che poi sono stati attuati, alcuni non completamente, ma che hanno avuto un ruolo importante nel definire poi dopo come si è sviluppata la Città. Adesso, al di là poi di certe, magari, declinazioni che possono essere non state felici in alcuni casi, però, ecco, c'era sicuramente un'idea forte che emergeva. Mi rendo conto che è anche vero, lo dico, come dire, anche a beneficio dell'Amministrazione, che oggi non è più il tempo di… forse avere dei segni così pesanti, che diano un indirizzo, perché è una crescita diversa, non è una crescita in espansione, però, attenzione, perché la crescita non è solo una crescita in termini reali, in termini di popolazione, di demografia, c’è una crescita immateriale a cui non possiamo sottrarci ed è questo l'elemento mancante dal punto di vista politico. Cioè oggi forse è corretto dire che pesano di più un insieme di piccole azioni che vanno a definire qual è l'idea di città che abbiamo in testa, però il tema vero è come metterle a sistema queste piccole azioni, come renderle efficaci. È vero che, per esempio, devono essere riviste tutta una serie di funzioni, però mi sembra che dalla lettura degli elementi del piano si riconoscono cose che già esistono, sono cartografate, messe sulla carta delle cose che già esistono, ma non ci si pone il problema di dire: “Sì, già c'erano, ma io come le vedo nel futuro?”. Manca una lettura di questo… di questo senso, è quello che mi sembra molto poco di prospettiva e c'è una carta che riassume lo stato di attuazione del piano, adesso non mi ricordo più il numero, insomma, da lì poi però non c'è un'analisi di dire: “Questo è quello che c'è, ma come io me lo vedo in una città che è profondamente cambiata e che quindi deve capire quali siano le prospettive di rivedere quelle funzioni in un’ottica…”, come dico, “… in un arco temporale di un ventennio”, supponiamo. Allora, questo è veramente l'elemento mancante. Gli uffici hanno fatto un ottimo lavoro, un lavoro impegnativo, ma certo completamente in autonomia, senza una guida politica che desse delle indicazioni e loro, giustamente, hanno fatto un lavoro da tecnici, ecco, questo era. Mi sembra, viceversa, che anche, forse è stato accennato anche in qualche intervento che mi ha preceduto, anche un’idea sui luoghi di effettuazione, non c’è questo…, non emerge questo tessuto, questa idea, questa visione. Diciamo, se non siamo neanche in grado di dire quali sono le produzioni che vogliamo, almeno dire quelle che non vogliamo e quindi in questo senso manca anche un poco di…, come dire, di capacità di inventiva, di innovazione. Per esempio, anche il concetto di dire: “Sì, è vero, ci sono state alcune cose che si possono anche apprezzare, come la riduzione, anche in termini di destinazioni, quindi un minimo di semplificazione, questo è vero, i Temporary Use” e quindi una visione che può semplificare alcuni aspetti, è vero. Però per esempio, non so, la densità, i coefficienti sono variabili, ma non vanno a capire se ci sono certe aree in cui ammettiamo delle densità maggiori. Io penso, si è parlato, l’Assessore ne ha accennato, alla metropolitana, bene, però probabilmente (incomprensibile) che noi possiamo anche accettare che in corrispondenza dei quartieri che verranno toccati dalla metropolitana, nelle prossimità della stazione, noi possiamo anche accettare una densità maggiore, magari. Quindi ci vuole anche un’interpretazione di questo senso. Ci sono delle…, non ci sono più i grandi segni di una volta, ma ci sono delle realizzazioni importanti. La Città della Salute è uno di quelli, ma non si avverte come sia effettivamente concepito il tema di un grande insegnamento che ha una concezione fortemente innovativa di sinergia tra una funzione, non è un ospedale, no, è un luogo dove vivono in sinergia tutta una serie di funzioni diverse, che vanno dalla ricerca, dall’assistenza, all’ospedalizzazione, alla residenzialità, allo studio (incomprensibile), ma poi ci vuole questa lettura invece del territorio di come venga mantenuta, un presidio della salute dei cittadini, e oggi più che mai, a valle di quello che viviamo, questo deve essere una chiave di lettura importante, altri prima di me l'hanno fatto notare, e questo è assolutamente mancante. Il tema è dire: “Un Piano Regolatore può essere un buon Regolamento Edilizio?”. Perché questo oggi affrontiamo. Noi abbiamo un buon lavoro di un Regolamento Edilizio. Insomma, il Piano Regolatore è un documento politico, ci dice appunto che cosa sarà la città. Un Regolamento è un oggetto, è uno strumento che fa manutenzione. Ecco, forse, diciamo, quello che è, insomma, ci siamo accontentati di fare un buon Regolamento Edilizio, ecco, manca completamente l’approccio, direi, la prospettiva di un Piano Regolatore. Ancora altri temi che mi sembra, non so, adesso mi viene in mente, per esempio anche sotto il profilo ambientale, che pure è un tema che a sentire gli interventi di chi mi ha anticipato, della Maggioranza, sta molto a cuore, è molto nelle corde del Movimento 5 Stelle, ma poi andiamo a vedere che cos'è esattamente dal punto di vista ambientale. Io penso, per esempio, se penso ad una città che si pone davvero questo tema, io vorrei una città che abbia l'economia circolare, una città circolare. Guardate, Amsterdam ha approvato (incomprensibile) un documento del Consiglio, un documento molto molto snello, credo sia una ventina di pagine, che parla proprio della “Città ciambella”, la “City Doughnut”, ed è interessante, perché lì emergono però delle chiavi di lettura molto interessanti, ma con un documento snellissimo, come dico, in cui ci fa capire come siano degli elementi di valore… e come li concretizziamo. Io, francamente, non lo evinco da questo, non capisco neanche una dimensione geografica. Pensiamo, dico una cosa che chi mi ha conosciuto in questi anni sa che mi sta a cuore, ho presentato anche delle mozioni in questo senso, il rapporto tra la Città e i fiumi, la città, i parchi e i fiumi, perché sono anche degli oggetti, sono dei tasselli fortemente interconnessi. Manca completamente questa dimensione geografica e Torino, invece, è radicata fortemente su un contesto fluviale, perché il corso fluviale vuol dire anche un sistema di connessioni che è Torino con le sue (incomprensibile), la dimensione metromontana di Torino, la connessione con Susa, con Lanzo, che corre verso valle, verso la pianura, ma non c’è questa, non emerge questa dimensione, non vengono concepiti i corsi d’acqua fluviali, come delle risorse che, effettivamente, sono delle connessioni tra il tessuto, diciamo, della collina, del verde collinare, con tutta una serie di corridoi ecologici che invece connettono con tutta la parte fuori. Non vedo assolutamente questo tipo di lettura e anche il verde non viene, quindi, definito e valutato secondo dei criteri che possono essere di diverse funzioni che deve assolvere e quindi anche in funzione della loro spazializzazione queste funzioni possono essere più o meno esaltate. Come dico, si potrebbe continuare ancora molto, poi vabbè, c’è una parte che per la mia provenienza, insomma, anche più professionale, io trovo che, per esempio, sotto il profilo anche di quello che è l’assetto idrogeologico…, in generale c'è stato un lavoro accurato, ma molto compilativo. Allora, visto che non si metterà mano alla parte geologica ancor poi per parecchio tempo, perché non è che lo si fa tutti i momenti, forse valeva la pena di tentare degli approfondimenti su tematiche specifiche o su particolari porzioni del territorio un po’ più approfonditi. Ne cito due veloci, abbiamo avuto modo di parlarne in Commissione, io ho fatto delle domande, ma non è che mi sia stata data molto risposta. Ci sono, per esempio, degli aspetti legati all’aggiornamento degli strumenti propedeutici per il piano, per esempio l’adeguamento del piano di gestione dei rischi (incomprensibile) fluviali che di frequente è stato aggiornato, però attenzione che sono ampie di importazione edificate, per esempio, lungo la Dora Riparia, che sappiamo essere un corso d’acqua estremamente antropizzato e quindi costretto nel suo percorso cittadino, che in passato sappiamo e ricordiamo (incomprensibile) i problemi che ha causato, ma non si ritiene… non si è ritenuto di mantenere limiti di progetto con la fascia B di progetto, cosiddetto, adesso non voglio entrare sopra negli aspetti tecnicistici, ma per motivazioni di tipo paesaggistico, probabilmente anche coerenti, non si è ritenuto di potere realizzare degli argini e allora questo rimarrà con un vincolo piuttosto forte sotto un edificato di una porzione ampia, finché non verranno realizzate delle opere a monte, le famose casse di espansione di Alpignano, ma di cui nulla si sa, si dice, in che stato siamo di attuazione. Quindi rimaniamo con una classificazione pesante, i vincoli premessi da Cassa 3B2, però anche questo, comunque, avrà delle ripercussioni, così come in altri casi. Per esempio, trovo che anche il fatto di non aver considerato sul progetto preliminare le ricadute per ragione vincolistico che determina una redazione della Carta idrogeologica, che invece viene rimandata, fa pensare che poi, per esempio, per tutti quelli che sono delle realizzazioni di interrati, in alcuni settori del territorio comunale, può comportare dei vincoli piuttosto pesanti. Quindi, adesso non voglio andare oltre su questi aspetti che sono molto specifici, però per dire, anche in questo caso, vista l’eccezionalità di uno strumento del genere, l’eccezionalità, voglio dire, perché non si fa tutti gli anni, ecco. Abbiamo visto che passano comunque dei decenni, forse vale la pena di approfondirlo e approfondire la discussione, perché ancora una volta qui non c'è stata. Checché se ne dica, avremmo fatto anche i famosi mercoledì del PRGC in cui c’erano 20-30 persone che venivano a sentire Montanari che parlava, però, voglio dire, forse è un po' diverso poi confrontarsi sui temi veramente, i cosiddetti stakeholders che richiama il Consigliere che mi precedeva. Allora, qui bisogna veramente capire cosa vuol dire, però, condividere degli strumenti di piano di questo genere, anche condividere un’impostazione, come dico, sotto il profilo politico, perché è questo che, invece, mi sembra che non si sia voluto tanto attuare. Anche queste tempistiche così contratte ci restituiscono una situazione che, forse, risponde proprio a questa logica, che è una logica, abbiate pazienza, un pochino di tipo elettorale, cioè dopo quattro anni c'è bisogno di far vedere che qualcosa si è concluso, che non si è perso tempo, (incomprensibile) gli uffici parecchio, allora cerchiamo di portare a casa un (incomprensibile) risultato. Cosa possiamo dire? Niente, possiamo dire che è stata una buona attività di manutenzione, probabilmente da riproporre e ripartire con la prossima Amministrazione e bisognerà dire bene: “È stata una mancata occasione”, peccato perché i prodromi c'erano tutti, c’erano le volontà di farlo, c’era il programma elettorale, c’erano nel programma di Governo, già dal momento di indirizzo si era capito che era un documento un po' debole, proprio perché mancava, c’era un riconoscimento, diciamo, degli argomenti, ma mancava proprio un criterio di priorità. Quindi l’elencazione, se poi non è seguita da una priorità di strategia, ben poco vale. Da qui bisognerà ripartire. È un'occasione mancata, non è un vero Piano Regolatore, come dico, è un documento più di manutenzione e certo non ci dice bene quale sarà la visione della Città, uso un termine, lo so che il bandito spiace anche all'Assessore, che gli crea un po’ di orticaria, questo è proprio il paladino, questo Piano Regolatore, di quello che è stato il Governo di questi quattro anni. Cioè si fanno molte elencazioni, si fanno molti elenchi di valori, di buone intenzioni, poi manca proprio la capacità, però, pragmatica di metterli in una linea di indirizzo precisa o comunque che ci dica quale sia lo sviluppo e la visione di una città che deve evolvere, non dico che debba crescere numericamente, che debba crescere in termini spaziali, ci mancherebbe, non solo da rigenerare, però deve crescere comunque perché ha bisogno di sviluppo, ha bisogno di portare lavoro, ha bisogno di portare prossimità nella sua concezione. Un'occasione mancata e va bene, sapremo poi da dove bisognerà ripartire. Grazie, Presidente. |