Interventi |
SICARI Francesco (Presidente) Allora, può procedere. Okay, dite nome, cognome e la sigla a cui appartenete, per l’intervento. Prego, Demichelis. DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati) Mi sentite? SICARI Francesco (Presidente) Sì, la sento un pochino bassa, ma la sento. DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati) Eh, proviamo. Buongiorno, io sono Demichelis della CISL FNP Pensionati di Torino e oggi qua siamo invitati come SPI CGIL, FNP CISL e UILP UIL e (incomprensibile) sindacale dei pensionati. Abbiamo presentato un…, abbiamo (incomprensibile) unitario sia sulla loro autosufficienza… SICARI Francesco (Presidente) Può, per favore, avvicinarsi al microfono? La sentiamo troppo lontana. DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati) Sto arrivando. Va meglio come volume? SICARI Francesco (Presidente) Come volume va meglio. Cerchiamo tutti di parlare vicini al microfono, in modo che si senta bene la voce e ciò che avete da dire. Prego, prosegua con l’intervento, grazie. DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati) No, dicevo che parlo a nome unitario del Sindacato dei Pensionati Confederali, SPI CGIL, FNP CISL e UILP UIL. Noi abbiamo prodotto un documento unitario, appunto, sulla non autosufficienza, che poi vi manderemo, al Presidente e al Consiglio, che è molto più articolato di quello che posso dire, raccontare oggi in un breve intervento. È un documento che riguarda proprio l’emergenza nelle RSA di cui stiamo parlando questa mattina. Molto brevemente richiamo alcuni punti, che poi avrete occasione di poter sviluppare e apprendere nel documento che noi vi daremo. Allora, intanto sulla presenza di un componente che noi riteniamo che sia importante, un componente anche sindacale o comunque di controllo nell’ambito delle RSA, queste strutture dove non sono assolutamente gestite o comunque non sono controllate e verificate in nessun ruolo e in nessuna misura, c’è stato quello che abbiamo visto in questo periodo, in cui abbiamo registrato, da un punto di vista anche sanitario, ma anche dei rapporti tra le persone. Credo che sia molto importante che noi rivendichiamo la possibilità di poter avere anche degli organismi di consultazione, di partecipazione, non soltanto per il controllo, ma anche per poter contribuire alla programmazione (incomprensibile) di queste strutture. Credo che sia stata superata l’idea di considerare ospite una persona che fa parte di questa struttura, perché deve essere considerato un residente a tutti gli effetti e quindi anche dare la propria dignità a queste figure, a queste persone che vengono… vivono dentro queste strutture. Credo che il superamento degli standard di assistenza previsti dal D.G.R. 45, riteniamo che siano del tutto superati, quelli che possono essere i criteri di assistenza dettati in questo caso, eppure pensiamo che sia importante considerare la persona per quelle che siano le esigenze, al di là di quello che può essere il contagio. Poi ci rendiamo conto che il rapporto, anche, con il personale dipendente, va considerato e regolamentato, ma va superato questo tipo di situazione, che vada riconosciuta anche un’adeguata retribuzione del personale, diciamo, assistente, quindi infermieristico e medico, in queste strutture, per evitare anche che poi ci sia un fuggi fuggi nell’ambito della sanità pubblica da parte di queste strutture che, come sappiamo, sono strutture private. Un piano di rientro, riteniamo, delle liste di attesa pieno di criticità, riavviare un percorso che porti ad una apprezzabile riduzione dei tempi di attesa per le visite mediche che si sono interrotte con l’emergenza COVID. Ormai sappiamo che le Case della Salute sono sulla carta, ma in realtà non funzionano e quindi dobbiamo assolutamente pensare che una…, diciamo così, le cronicità vengano considerate in una maniera diversa da quello che poteva essere (incomprensibile). Riaprire le visite ai parenti, ancora oggi vediamo situazioni in cui i parenti stessi non riescono ancora a raggiungere i propri cari. Credo che dobbiamo assolutamente accelerare e far sì che comunque sia possibile riunificare i parenti con i pazienti, con questi ospiti, come vengono chiamati, per verificare anche la possibilità di poter, insieme, attivare dei momenti creativi, culturali, il tempo libero, cioè cercare di liberare nuovamente questo spazio che si è bloccato, che si è interrotto, purtroppo, in questo momento terribile che abbiamo vissuto. Un’altra cosa che riteniamo importante, è che non si debbano considerare gli aumenti delle rette a carico degli ospiti, perché in questo periodo invece abbiamo anche potuto in qualche modo assistere (incomprensibile) da questo punto di vista. Non è giustificato questo aumento. Poi abbiamo richiamato un po’ tutto l’aspetto del territorio, che riteniamo sia importante, che sia collegato anche a quello dell’aspetto delle RSA: adottare dei criteri di potenziamento della rete assistenziale territoriale, potenziare la sanità territoriale che non richiede l’ospedalizzazione e il ricovero e che quindi sia possibile anche ridurre il ricovero presso queste strutture e sopperire a queste esigenze attraverso le Case della Salute, da questo punto di vista vediamo una carenza. L’incremento dei servizi domiciliari integrati, sia quelli sanitari, sia quelli socioassistenziali. È sempre più importante unificare l’assistenziale con il sanitario, non è pensabile continuare ad andare avanti separatamente da questo punto di vista. Quindi noi pensiamo che anche su questo versante la domiciliarità è importantissimo. Pensate agli assegni di cura dove sono stati bloccati. Probabilmente la Regione Piemonte in questo periodo sta addirittura pensando di ridurre ed eliminare questo strumento che noi riteniamo invece possa aiutare moltissimo nella domiciliarità e nell’equilibrio ad una dignità maggiore di cura di queste persone. La riapplicazione al piano nazionale della non autosufficienza, su questo noi vi manderemo un documento specifico su questo, dove abbiamo presentato anche a livello nazionale delle Proposte di Legge rispetto a questo. Ormai è giunto il tempo e non possiamo più andare avanti a pensare di non considerare la non autosufficienza come uno dei problemi più importanti e sempre più pressanti di questa nostra società. Teniamo presente che il Piemonte rispetto alle altre regioni d’Italia è dove si contano la maggior percentuale di anziani over 65, per cui a maggior ragione noi siamo interessati e coinvolti e pressati da questo punto di vista, ma avremo occasione di poterlo vedere poi in quel documento di cui vi accennavo. Il potenziamento delle USCA… SICARI Francesco (Presidente) La invito ad avviarsi alla conclusione, grazie. DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati) Mi avvio velocemente. Le USCA dove non sono assolutamente presenti sul territorio, sono una quarantina previste dalla Regione, saranno due o tre attive; l’incremento del numero di infermieri assunti nelle strutture del sistema sanitario. Sono previste, appunto, delle assunzioni, ma bisogna poi in qualche modo anche considerare in che modo verranno utilizzate, soprattutto sul territorio e non soltanto nell’aspetto ospedaliero. Poi avrei ancora altri punti da richiamare, chiedo scusa, ma mandiamo poi questo documento al Presidente, in modo tale che possiate anche divulgarlo alle altre associazioni, agli altri interessati su questo tema. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Ho visto prima si era collegato Cosimo Scarinzi, se riusciamo a recuperare l’intervento sto soltanto cercando di vedere se è ancora collegato, non è ancora… non riesce probabilmente ad essere collegato alla Sala virtuale. Procediamo allora con Michele Assandri. Assandri può attivare il microfono e il video. ASSANDRI Michele (Anaste Piemonte) Buongiorno. Mi sentite? SICARI Francesco (Presidente) Buongiorno. Sì, la sento, prego. ASSANDRI Michele (Anaste Piemonte) Riporto il punto di vista della ella nostra sede regionale quindi parliamo non solo della realtà, perché purtroppo si può trarre un'analisi molto omogenea di quello che è accaduto. La premessa è questa, trattandosi di una pandemia a un po' colto tutti all'improvviso. Il nostro settore è molto dispiaciuto del dipinto che è stato creato soprattutto dei mass media dove sono state (audio disturbato) come luoghi di morte. Certamente non siamo diventati il luogo di morte nel giro di 24 ore perché prima dovevamo curare, assistere ed aggregare e poi con un balzo di sintesi temporale dovevamo trasformarci in strutture capaci di fare isolamento per pazienti con un alto tasso infettivo, quindi sono trasformazioni che materialmente non si possono realizzare nel giro di 24 ore. Certo è che, come ha detto la Consigliera Grippo, come ha detto la rappresentante dell’ASL, come ha detto il rappresentante delle Organizzazioni Sindacali è necessaria una riforma radicale bisogna prendere atto che le nostre strutture devono avere un'anima sanitaria prevalente rispetto a quella assistenziale e la figura del Direttore Sanitario non deve essere una figura residuale come oggi descritta dalla DGR 45 perché più del 50% delle strutture piemontesi, non avendo ospiti di alta intensità, non hanno nemmeno la figura del Direttore Sanitario. Quindi questa è una contraddizione che la politica deve assumersi la responsabilità di risolvere, non fra sei mesi, ma mi permetto di dire domani mattina altrimenti il problema non solo del Covid, ma di tutte patologie simili o correlate al Covid continueranno a realizzarsi e a travolgere quello che è il nostro settore. Per quanto riguarda il contesto operativo nel quale ci siamo trovati, io ricordo tre passaggi a nostro avviso fondamentali: Ministero della Salute 22 gennaio circolare 1997, scrive a tutte le Regioni e dice: “Attenzione perché la popolazione anziana sarà quella maggiormente colpita dall’evento Covid-19”, quindi mette già in allerta e invita a creare sistemi di protezione nei confronti della popolazione anziana; 22 febbraio, sempre Ministero della Salute e la circolare (audio disturbato) ribadisce che gli ospiti Covid-19 positivi devono essere ospedalizzati, non possono essere trattenuti in RSA; Ministero della Salute 3 aprile, circolare 11715, sottolinea l'importanza della tamponatura sistematica di ospiti e operatori delle RSA. Ecco, io chiudo il mio intervento non voglio fare nessun tipo di osservazione critica e sulla base di queste tre circolari ministeriali facciamo una riflessione ciascuno con il proprio punto di responsabilità e vediamo quello che è stato fatto per attuare quelle che sono state le indicazioni ministeriali. Grazie, buon lavoro a tutti. SICARI Francesco (Presidente) Grazie al lei. Procediamo adesso con l'intervento di Francesco Lo Grasso della UIL. LO GRASSO Francesco (UIL) Grazie, Presidente. Grazie per l'invito anche che è stato fatto per l'opportunità che date a me e alla mia Organizzazione di esprimervi alcune valutazioni che abbiamo potuto fare dal nostro osservatorio che un osservatorio, se volete privilegiato nel senso che noi abbiamo un punto di vista che ci arriva direttamente dal mondo del lavoro, ma ci arriva anche dagli utenti di questi servizi perché noi aggreghiamo intanto i sindacati dei pensionati per dirlo, così come quello degli operatori che operano nel settore specifico. Che qualcosa non abbia funzionato è sotto gli occhi di tutti mi pare evidente. Quali sono le cause? Sicuramente le cause partono anche da lontano nel senso che la famosa DGR 45, quella che ci rimodulava la classificazione dei pazienti e faceva, direi sotto il piano di rientro già iniziato praticamente, cercava di limitare i costi, concedeva praticamente alle parti in una sorta di baratto un abbattimento dei costi di gestione, questa è un'operazione che ovviamente ha privato le strutture di qualità di operatori, veniva ricordato fra l'altro anche i Direttori Sanitari che, soprattutto quelli sanitari, che quindi non hanno concesso se volete anche la cultura delle strutture oltre che proprio le strutture per affrontare un'emergenza epidemica e sanitaria come quella che ci si è presentata. Che non abbia funzionato qualcosa anche nella cabina di comando che partendo dalla Regione è arrivata praticamente fino alle strutture questa è anche sotto gli occhi di tutti, il fatto che non siano, non si sia percepito che così come i parenti non potessero entrare in quel periodo nelle strutture perché potenziali veicoli, anche gli operatori potevano diventare un veicolo se non debitamente protetti per proteggere gli ospiti che, veniva ricordato erano stati indicati come particolarmente sensibili, eh beh questo ci pare altrettanto evidente. Che la Regione abbia considerato queste strutture, strutture private e quindi nelle quali scarso poteva essere il ruolo regionale dimenticando che la Regione autorizza la nascita di queste strutture secondo parametri, che gli accredita nel momento in cui di fatto concedere prestazioni pubbliche al posto ovviamente del pubblico e che paga le prestazioni sanitarie che attraverso le ASL le controlla e poi però le considera stranamente delle strutture private sulle quali nulla può dire, beh anche questo è stato un incongruenza. Io voglio dire che ovviamente i problemi sono anche derivati dal fatto, per esempio che a differenza che in tutto il resto il mondo del lavoro il sindacato ha firmato dal livello nazionale a livello regionale i livelli di azienda dei protocolli di sicurezza e possiamo dire che nell'ambito del mondo produttivo noi non abbiamo rilevato alcun focolaio, mentre purtroppo qui non sono stati stipulati se non a livello nazionale dei protocolli in questa Regione non è ancora, nonostante sia stato costituito il Comitato regionale di coordinamento per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro di sanità pubblica-privata e socio-sanitario che quindi garantisce tanto gli operatori quanto gli ospiti, in questa Regione non è ancora stato stipulato alcun protocollo che garantisca questa salute e sicurezza. Vengono emanate delle, dire delle indicazioni, dei profili che però sono del tutto autonomi e che non sono oggetto di un confronto, è ovvio veniva ricordato che la Legge 45 va rivista e rivisitata, ma va rivisitata nell'ambito di una, direi, di una concezione diversa anche della residenzialità così come della rete territoriale dei servizi. Noi dobbiamo invertire le circolarità che ad oggi sono ospedale-territorio e deve diventare la circolarità territorio- ospedale, quindi il territorio deve svolgere appieno il suo ruolo per fare sì che solo in casi di acuzie o di elezione vengono trasmessi agli ospedali. Il ruolo dei medici di Medicina Generale non è secondario in questo caso, bisogna assolutamente passare da prescrittori, direi, di nuovo a diagnosti e terapeuti aiutati perché no da figure come l'infermiere di comunità, l'infermiere di famiglia come vogliamo chiamarlo che comunque come vedete pretende che però le strutture della rete territoriale dei servizi siano strutture specialistiche aiutate dai medici di Medicina Generale, ma con una loro capacità di risposta sul territorio. Molti malati curati a domicilio probabilmente non sarebbero finiti in ospedale e però questo pretendeva una cabina direi una filiera molto corta decisionale d’intervento, cioè i medici di famiglia dovevano immediatamente capire chi erano i casi sospetti, dovevano essere ovviamente protetti per poterlo fare perché non potevano andare nudi, come sono andati nudi si può dire nella fase iniziale gli operatori a lavorare nelle strutture e debitamente protetti dovevano individuare i casi sospetti farli tamponare e subito magari iniziare le terapie, questo avrebbe evitato un sacco di problemi. La stessa cosa ovviamente capitava per quanto riguarda la questione residenzialità anche qui la circolarità deve mutare da residenzialità a domiciliarità quasi come se uno va in domiciliarità solo se non trova un posto in residenzialità. Noi pensiamo che invece la circolarità vada invertita e prioritariamente si debba andare in domiciliarità ed essere ovviamente curati in domiciliarità non addossando tutti i costi alle famiglie, come purtroppo oggi capita, quindi dovremo trovare un modello diverso e quindi nel momento solo in cui non fosse più appropriata la cura domiciliare a quel punto si passa alla residenzialità. Residenzialità che a quel punto può avere anche con mutazioni più sanitarie, ma sicuramente per esempio dovrebbe anche essere capace di dare sollievo alle famiglie nel momento in cui fosse anche solo necessario dare sollievo. Ieri finalmente si è aperto un tavolo con la Regione Piemonte presenti il Presidente Cirio e l'Assessore Riccardi e l'Assessore Caucino che fino ad oggi si può dire non avevamo visto colpa del Covid? Perché no, non li abbiamo visti nemmeno prima quindi evidentemente c'era un problema di relazioni sindacali, ieri si è aperto questo tavolo e ci si è, come dire, riconosciuti come parti… SICARI Francesco (Presidente) La sento un attimo male. LO GRASSO Francesco (UIL) Mi sente meglio adesso? SICARI Francesco (Presidente) Abbiamo un sovraccarico sulla linea. LO GRASSO Francesco (UIL) Interrompo anche la camera, adesso mi sente meglio? Mi sente? SICARI Francesco (Presidente) La sento… la sento male. LO GRASSO Francesco (UIL) Se possono spegnere tutte le camere probabilmente è meglio. Comunque, adesso è meglio? SICARI Francesco (Presidente) Sì, adesso è meglio. LO GRASSO Francesco (UIL) Va bene. Allora, la informavo, informavo il Consiglio che ieri finalmente c’è stato questo primo incontro con il Presidente della Regione, Alberto Cirio, con e gli Assessori Riccardi e Caucino che si può dire con i quali non era stato possibile approcciare i problemi, si è convenuto che il sistema sanitario regionale sia da rivisitare e che appunto le cose che dicevo prima, cioè le circolarità vanno invertite territorio rispetto a ospedale quindi un forte rafforzamento del territorio, non dimenticando che anche il parco ospedale da noi è un parco, la nostra Regione è un parco piuttosto vecchio e quindi necessita anche quello di rinnovamento anche tecnologico oltre che strutturale, noi fra l’altro come città siamo interessati anche alla questione Parco della Salute che non è una cosa così secondaria voglio dire e come… SICARI Francesco (Presidente) La invito a concludere. LO GRASSO Francesco (UIL) Certo. Una forte, direi, rimodulazione della rete territoriale di servizi e un forte lavoro sulla questione domiciliarità. Ecco queste sono le cose sulle quali noi stiamo ragionando per dare rimedio a problemi che sono emersi e che evidentemente necessitavano di correttivi e di assunzioni di responsabilità che non ci sono state purtroppo. Grazie SICARI Francesco (Presidente) La ringrazio. Adesso può intervenire Cosimo Scarinzi per il CUB Pubblico Impiego, prego. SCARINZI Cosimo (CUB Pubblico Impiego) Mi sente? SICARI Francesco (Presidente) Cosimo Scarinzi può procedere. SCARINZI Cosimo (CUB Pubblico Impiego) Mi sente? SICARI Francesco (Presidente) Sì, la sento. Prego. SCARINZI Cosimo (CUB Pubblico Impiego) Bene. Allora sulla questione delle Case di Riposo interverranno i colleghi anche di (incomprensibile) sanità. Io porrei l'accento soprattutto su quanto già è stato detto… ovvero sia la necessità di una presenza sul territorio di supporto alla questione sanità in senso stretto e in generale quindi sul welfare municipale. Io credo che le difficoltà che si sono affrontate derivano anche, non solo ma anche, da quello che non è stato rilevato, cioè il fatto che l'intervento sul territorio era in quanto tale debole e questo è emerso con evidenza per quanto riguarda diciamo la medicina sul territorio, ma emerge anche ad esempio dal fatto che tutte le attività, gli operatori sociali sul territorio, mi riferisco gli assistenti sociali, più in generale agli operatori sociali è stato fortemente penalizzato dalla mancanza di personale dal fatto che si ricorre al personale precario (audio disturbato) nel tempo, penso quindi mettere (incomprensibile), diciamo, sistema ospedaliero del territorio adeguato (audio disturbato) nel momento in cui bisogna affrontare… particolarmente grave e quindi voglio dire credo che si debba pensare al sistema, diciamo, di protezione sociale come un sistema generale. Un altro esempio credo assolutamente importante è quello, per quanto riguarda diciamo la struttura scolastica municipale, noi abbiamo una situazione in cui non è garantito la presenza di personale perché, come voi sapete, il personale precario verrà licenziato a settembre e in un segmento di lavoratori di età avanzata molti dei quali ormai non è in condizione di lavorare negli asili nido, nelle scuole materne, il deficit di personale, la perdita di competenze accumulate negli anni diventa un problema. Fondamentalmente, come dire, la questione della salute non può essere vista come una questione separata dal sistema di welfare e quindi da sostegno al reddito, cosa che è già stata ricordata ma insisterei per quanto riguarda i settori a più basso reddito da un monitoraggio puntuale sul territorio con una rete di protezione sociale diffusa che sia tale da permettere di affrontare questa situazione e in generale ogni situazione di crisi come abbiamo visto in questo periodo è stato affrontato in maniera assolutamente disastrosa. Ecco, credo che, come dire, solamente in una visione generale che ponga (incomprensibile) il welfare municipale si possa, come dire, affrontare in maniera efficace ogni situazione di crisi. Punterei l'accento su questo pensando che non dobbiamo immaginare la sanità come un universo a parte rispetto alla protezione sociale, rispetto alla formazione, ma come un segmento di un sistema integrato, pensiamo per esempio per quanto riguarda la scuola alla necessità di una rete di presenza di operatori sanitari che possono, come dire, controllare la situazione istituto per istituto e di questo, diciamo, la questione su cui credo dobbiamo ragionare e su cui bisogna agire con forza. Mi fermerei qui. SICARI Francesco (Presidente) La ringrazio per l'intervento. Chiedo di disattivare il video. Ora, dovrei avere Salvatore Rao tra gli interventi, però non lo trovo con nome e cognome mi può dire se è presente? RAO Salvatore (Alleanza per la Tutela della non autosufficienza) Sì, sono presente. SICARI Francesco (Presidente) Perfetto. Può intervenire, ricordando di dire per chi interviene. Prego. RAO Salvatore (Alleanza per la Tutela della non autosufficienza) Sì, buongiorno. Presidente e il Consiglio per quest'iniziativa e opportunità, sono Salvatore Rao, Presidente dell'Associazione La Bottega del Possibile, ma intervengo a nome dell'Alleanza per la Tutela della non autosufficienza. Da più parti si afferma anche questa mattina che l'elevato numero di decessi che è avvenuto all'interno delle RSA poteva essere evitato. Sicuramente sì, diciamo, lo dimostra anche il fatto che in un quarto delle attuali strutture non sono stati riscontrati contagi. Certamente è utile analizzare quanto è successo per non ripetere nel futuro gli stessi errori, anche perché la pandemia è ancora presente e può riproporsi con la carica virale che abbiamo conosciuto. Occorreva evitare che gli ammalati fossero trasferiti dagli ospedali alle RSA e predisporre l'isolamento già al manifestarsi dei primi sintomi oltre che organizzare un maggior numero di tamponi soprattutto sul personale. Per fare però un’analisi seria occorrerebbe avere dati certi, aggiornati che purtroppo fino ad oggi sono mancati, ma soprattutto cosa possiamo fare e cosa possiamo contribuire a cambiare e quindi quale residenzialità futura noi possiamo immaginare possibile? Allora struttura dentro le quali le persone innanzitutto siano riconosciute in quanto tali non come pazienti o peggio ancora come clienti; verso quale forma e modello di abitare insieme per le persone non autosufficienti ci incamminiamo? Questo ci porta a ragionare non solo sui servizi, ma soprattutto sui bisogni affinché si possa mettere in campo risposte adeguate, appropriate, non preconfezionate e standardizzate. Situazioni come quella vissuta potranno ancora ripresentarsi, questo ci obbliga a rivedere, a ripensare l'intero sistema certamente, ma anche a prendere in considerazione il livello di rischio che siamo disposti ad accettare specie nel momento in cui mettiamo in campo luoghi in cui persone malate, fragili, non autosufficienti convivono con altre. Lasciando ad altre accertare eventuali responsabilità su quanto accaduto siamo soprattutto interessati a ragionare sul futuro, in quanto sono presenti i rischi di un affacciarsi di nuove forme di istituzionalizzazione che non possiamo permetterci e nel buttare a mare in decenni di lavoro e di impegno per l'apertura e l'umanizzazione dei luoghi deputate a per prendersi cura delle persone malate o in una condizione di non autosufficienza. Quindi le spinte verso una completa sanitarizzazione dell’attuale RSA non le condividiamo, non saremmo d'accordo a trasformare le strutture in piccoli ospedali riproducendo quel modello e organizzazione. La pandemia ha messo una lente d'ingrandimento sulla fragilità, sulle persone fragili con ridotte autonomie, su quelle persone che sono in parte dipendenti dall'aiuto fornito da altri, le fragilità e inadeguatezze di questo settore sono emerse non solo però nel nostro Paese, poiché stiamo parlando di una cosa che è avvenuta a livello mondiale. Certo ci sono responsabilità della politica della nostra Regione che non possono essere taciuti, sulle RSA c'è stato un scaricare problematiche che non potevo essere da queste gestite stante l'attuale modello figure professionali impiegate mandati e supporti ricevuti. Dobbiamo quindi saper sconfiggere innanzitutto quella cultura che considera gli anziani scarti, persone da tempo improduttive sui quali è giusto non investire, spendere risorse e le RSA luoghi dove confinare questi scarti. Nell'immaginario collettivo le RSA sono luoghi senz'anima, luoghi terminali l'ultima risposta che mette in campo il nostro sistema, consideriamo da molto tempo le strutture residenziali risorse della comunità, risorse che anche a supporto della domiciliarità in quanto crediamo della fecondità e nella e fecondità di un rapporto che può essere innescato tra questi due ambiti. La DGR 34, per esempio sulle RSA aperte riproduceva il modello lombardo che non aveva dato prova di grande risultato però aveva quindi carenze e delegava totalmente la presa in carico al gestore delle strutture deresponsabilizzante in parte le ASL, ma nonostante le lacune che aveva non è stata curata e eseguita per consentirne la sua applicazione per generare una possibile innovazione che poteva produrre. Da più parti si concorda sulla necessità quindi di mettere mano ad un sistema, l'attuale modello organizzativo deve essere certamente ripensato anche per dare certezza ai diritti, un modello che deve poter far parte di un sistema territoriale per poter contribuire a dare risposte ai bisogni di quel territorio e delle persone che non possono più essere curate, assistite nel proprio domicilio. La pandemia ha posto il tema della inadeguatezza del nostro sistema territoriale e dei servizi non solo delle RSA, ha posto l'inadeguatezza della nostra medicina territoriale, dell'insufficienza e inadeguata assistenza domiciliare ed è un sistema schiacciato che vede stringere intorno ai due poli opposti le attuali risposte o al domicilio o nelle RSA che sono spesso inadeguate e del tutto insufficienti. Le risposte che si devono mettere in campo non possono limitarsi ad un incremento di posti letto, di medici e operatori sanitari però, la pandemia ha riproposto l'urgenza di mettere in campo un vero e proprio sistema delle cure domiciliari che parta dall'ospedale, faciliti e rientrino nel proprio domicilio migliorando sia sul piano quantitativo e qualitativo gli attuali interventi e servizi di sostegno alla domiciliarità… SICARI Francesco (Presidente) La invito di avviarsi alla conclusione. RAO Salvatore (Alleanza per la Tutela della non autosufficienza) Sì, neanche un minuto e ho finito. La filiera delle attuali risposte. Poiché dati ci dimostrano che anche in questo tempo del coronavirus la casa si è rilevata il miglior luogo di cura, luogo che garantiva protezione e sicurezza anche per gli operatori che erano chiamati a operare al suo interno, quindi questo dovrà essere la scelta prioritaria su cui investire per riorientare il sistema e per dare preminenza alla domiciliarità rispetto alle altre risposte. Il Piemonte ha una legge, la Legge 10 del 2010 ed è una legge che consentirebbe di mettere in campo un sistema regionale omogeneo orientato alla domiciliarità, abbiamo pertanto bisogno di introdurre meccanismi che vincolino e a offrire ovunque più ampio ventaglio possibile di supporti perché i bisogni cruciali delle persone non autosufficienti non richiedono solo attività infermieristiche mediche- riabilitative, ma soprattutto tutela della funzione della vita quotidiana, occorre quindi ampliare la gamma delle risposte per poter uscire da questa polarizzazione. Quindi, ribadiamo che le strutture residenziali devono essere luoghi di vita aperte al territorio, risorse della comunità in cui sono insediate non istituzioni dentro le quali la persona è annullata esclusa dal suo contesto e impossibilitata a coltivare un legame, un rapporto con la rete di riferimento. Le strutture di cui si sente bisogno sono quelle in cui le persone non siano considerate pazienti o ospiti, ma appunto abitanti, devono essere luoghi dotati di senso e per questo capaci di ricostruire un ambiente familiare capace di offrire alle persone non soltanto cure e assistenza, ma anche un luogo di vita, una nuova casa per non fare in modo che le persone depongano nel cassetto la voglia di vivere. Grazie per l'attenzione. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Adesso ho Daniela Simone - Ordine Assistenti Sociali. Che vedo oltretutto collegata. SIMONE Daniela (Tesoriere OASP Ordine Assistenti Sociali Piemonte) Buongiorno a tutte e a tutti. Allora, come Ordine Assistenti Sociali in questo periodo abbiamo avuto occasione di confrontarci a lungo con colleghi che hanno lavorato in questa fase complicata. Ora, cosa dire sul tema delle RSA, allora da un lato certamente questa fase clinica, cioè questa fase di pandemia, scusate, ha posto l’attenzione molto forte al tema della cura clinica, medica dell'intervento di urgenza, dell'intervento di ospedalizzazione di quello che era necessario, ma sembrerebbe essere un po' passato in secondo piano purtroppo, dal nostro punto di vista, tutto ciò che ha a che vedere con gli aspetti di vita di relazionalità delle persone. Certamente c'è stata una responsabilità regionale, l’ha detto anche chi mi ha preceduto, su come sono state organizzate i sistemi degli interventi, noi purtroppo non abbiamo avuto nessuna interlocuzione in questa fase con la Regione Piemonte, quindi anche l'impossibilità di portare un nostro punto di vista, il punto di vista dei professionisti che quotidianamente si trovano a lavorare sul territorio, in ospedale, nelle strutture, eccetera. Allora, ponevo l’attenzione a questi aspetti relazionali perché che cosa è emerso? Che a fronte degli aspetti di cura, cioè quindi degli aspetti medici molti nuclei, molte situazioni, molte persone anziane siano esse a domicilio o all'interno delle strutture la cosa più grande di cui hanno sofferto è nelle strutture il completo taglio delle relazioni con i propri familiari tra l’altro familiari molto spesso anche loro persone già avanti con gli anni e quindi impossibilitati non solo ad avere informazioni da parte del personale delle strutture, ma anche certamente avere l'impossibilità di sostenere il parente in quella fase, stiamo parlando anche di anziani che non erano malati, noi abbiamo alcune esperienze della RSA di Torino in cui gli anziani comunque appunto non potevano vedere i loro parenti qualcuno ha concesso un contatto alla finestra, ma anziani che stanno oggi dimostrando, come peraltro altre fasce di popolazione, gli effetti di questa formula di isolamento. Quindi, l'attenzione al tema delle necessità, degli anziani messi praticamente in clausura nelle strutture, in alcune strutture non era consentito neanche agli anziani sani che stavano in struttura di uscire per andare a fare una passeggiata nel giardino della struttura, provocando quindi evidentemente anche un appesantimento poi della salute complessiva delle persone anziane. Allora, prima nell’introduzione la Consigliera Grippo, dice che cosa succederà domani e credo che sia lì che dovremo porre la nostra attenzione. Allora, cosa succederà domani diventa centrale il tema del territorio, diventa centrale il tema che già qualcuno ha ripreso nei precedenti interventi della nostra DGR 45 perché forse va modificata, che va ripensata, cioè io credo che se ne consideriamo gli ospiti delle strutture e coloro che vivono nelle strutture sia RSA, ma anche abbiamo avuto situazioni analoghe in strutture per autosufficienti, se noi ragioniamo sull'importanza che la cura clinica, cioè che l'iter medico non deve solo preoccuparsi dell’aspetto strettamente sanitario, ma se condividiamo il principio dell’Organizzazione Mondiale Sanità in cui il benessere ha a che vedere anche con gli aspetti affettivi, aspetti relazionarli su questo qualche problema dobbiamo porcelo, dobbiamo capire anche come affrontarlo. Dobbiamo pensare che abbiamo la DGR che standardizza gli interventi che è l'esatto opposto di quello che invece dovrebbe essere nel termine di personalizzazione degli interventi a favore delle persone, tutti hanno diritto ad avere e a vivere in qualsiasi fase della propria vita un benessere personale e nel caso delle persone anche non autoinsufficienti un benessere personale, nonostante le proprie limitazioni e molto spesso questo “nonostante” non viene non viene preso in considerazione. Quindi quali sono e i bisogni che hanno le persone nelle strutture? Chi si occupa delle cure e degli aspetti relazionali, cioè quale cultura noi abbiamo in questo il tema delle relazioni. Noi per esempio abbiamo fatto uno studio in cui abbiamo verificato che in moltissime RSA la figura dell'assistente sociale non esiste, ora non è perché siamo un ordine professionale di assistenti sociali vogliamo difendere questa professione, ma proprio a tutela dei cittadini che è un altro nostro compito come ordine, il problema di avere al primo incontro molte, molte strutture hanno come primo incontro dei cittadini che vengono a chiedere informazioni, che vogliono sapere se le possibilità di ricovero, eccetera, mediamente figure di profilo amministrativo che poco sono in grado di fare una valutazione dei bisogni e anche probabilmente di emarginare delle proposte alternative a quella del ricovero in struttura. Allora, perché non esiste questa figura professionale all'interno delle RSA, a quale logica questo tipo di assenza vuol rispondere o una non logica, una completa disattenzione, considerando che il ruolo dell’assistente sociale anche potrebbe più facilmente consentire tutta quella riflessione che è stata fatta pocanzi anche sulle RSA aperte che è vero sono state nelle intenzioni che volevano essere evidentemente una grande opportunità, ma va ripensata, va ricalibrata, allora è vero che le RSA possono diventare strutture di accoglienza, possono diventare un presidio di sostegno anche per l’anziano che vive a domicilio fornendo tutta una serie interventi. Il tema della territorialità, del territorio e servizi del territorio… SICARI Francesco (Presidente) … ad avviarsi alla conclusione. SIMONE Daniela (Ordine Assistenti Sociali) Sì. Concludo su questa questione del territorio. Indubbiamente l’inadeguatezza del sistema lo ha messo, cioè scusate, la pandemia ha messo in evidenza l’inadeguatezza del sistema, certamente questo tema della domiciliarità diventa centrale. Quello che gli assistenti sociali per esempio in questo periodo hanno affrontato anche con gli anziani a domicilio con comunque i malati a domicilio era la necessità di rispondere ad un’altra seria di bisogno del nucleo, cioè se siamo davanti ad una coppia di anziani e uno dei due coniugi è messo in quarantena, l’altro avrà una serie di problemi nel provare a gestire quella situazione. Oggi, avremmo forse un’opportunità e su questo allora il richiamo diventa forte le USCA sono state introdotte e saranno introdotti gli assistenti sociali proprio per garantire il raccordo con il territorio, bisogna che la Città di Torino, da questo punto di vista, attrezzi i propri servizi affinché il collegamento con le USCA possa consentire davvero di costruire tutte le risposte che sono necessarie per garantire la protezione sociale delle persone a domicilio. Avrei concluso qua, visto che il tempo… Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei per l’intervento. Procediamo adesso con Fulvio Perini per ATTAC Torino. PERINI Fulvio (ATTAC Torino) Buongiorno, si sente? SICARI Francesco (Presidente) Sì, la sento. Prego. PERINI Fulvio (ATTAC Torino) L’intervento che svolgerò è a nome di ATTAC Torino, il tema trattato verrà svolto sulla base di una discussione più ampia che si è svolta nelle settimane precedenti. Lo leggo per restare nei tempi: “Quanto avvenuto nelle RSA è espressione evidente del fallimento del principio previsto dall’art. 41 della Costituzione, l’iniziativa economica privata e libera non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Sono i dati a dire che l’utilità sociale è stata fortemente compromessa. (Incomprensibile) evidenziano notevoli differenze da realtà a realtà; l’inchiesta sugli aspetti epidemiologici, gestionali e di prevenzione è quindi del tutto condivisibile. I numeri del contagio nelle RSA sono particolarmente gravi, ma le eccezioni ci sono state e hanno visto un limitare notevolmente la diffusione in alcune unità. Per queste ragioni, emerge una differenza tra chi ha operato con notevoli sensibilità e competenze professionali mettendo invece in luce notevoli disfunzioni del sistema generale. L’epidemia proponeva sin dai primi momenti una decisa prevenzione sanitaria, ma questa nel caso specifico delle residenze per gli anziani ha dovuto operare in troppe realtà dove l’approccio gestionale e anche il senso comune portano a considerare il problema quasi esclusivamente come questione di natura assistenziale. Quindi è necessario riportare a pieno titolo l’attività rivolta agli anziani non autosufficienti nel servizio sanitari per affrontare un problema per quello che è, un problema di salute e non di previdenza assistenziale. Come ATTAC intendiamo concorrere alla discussione orientata a decisioni di riaffermazione concreta del carattere sanitario del supporto agli anziani, da un lato cancellando la deliberazione 45 del 2012 della Regione, utile forse per valutare i costi di un capitolato d’appalto, l’accreditamento e gli appalti di sua fornitura ma non per gestire un’attività rivolta alla salute di una persona; in secondo luogo, ripristinando la prevenzione sanitaria per tutti gli operatori nelle RSA come soggetti esposti a rischio biologico e come possibili portatori del contagio a colleghi e soprattutto ai pazienti. Infine, va ripensato un uovo sistema di partecipazione di controllo sociale con il concorso degli utenti e delle associazioni che hanno competenze in materia. Della deliberazione Regionale 45 colpisce la tabella allegata con i tempi delle prestazioni degli operatori in ragione del grado di inidoneità della persona; in qualche caso, per fortuna raro, questi tempi sono misurati in pochi minuti. Tutti tempi standard, sempre uguali per ogni anziano in difficoltà, per ogni ora e per ogni giorno, al di là delle sue concrete condizioni fisiche e psicologiche, come se dovessero montare dei bulloni di serraggio a un’attrezzatura meccanica, quando invece sappiamo che ogni operatore è chiamato ad operare con un altro essere umano di momento in momento in ambiti molte volte diversi. La stessa distinzione tra sanitari e assistenziale è in buona parte impropria. (Incomprensibile) all’anziano giova al benessere fisico e ciclico come un’iniezione, per ricordare la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla salute. Queste norme vanno cambiate adottando altri metodi per stimare il lavoro, e soprattutto introducendo metodi di valutazione qualitativi, l’esperienza degli operatori tutti può offrire un notevole contributo. Per quanto riguarda la prevenzione sanitaria agli operatori, ci si interroga perché non si è proseguito sulla base dell’esperienza della precedente pandemia, quella della SARS; quando la valutazione del rischio di esposizione a un agente biologico, in questo caso il Covid-19, doveva rientrare nella valutazione dei rischi ai sensi delle norme di legge esistenti, così avvenne allora e invece oggi si è imboccata esclusivamente la strada dell’emergenza, eppure molte sentenze e la Cassazione hanno confermato l’obbligo di valutare tutti i rischi durante tutto lo svolgimento del lavoro e ovunque questo si svolga. Una valutazione del rischio biologico d’altra parte era già obbligatoria prima della pandemia, essendo presente il rischio biologico nelle unità considerate. Ignorando questo indirizzo, si è atteso così un orientamento generale con il primo DPCM in particolare dell’11 marzo, che è rimasto nell’ambito del sistema emergenziale e con una serie di deformazioni di errori dovuti al fatto che si guardava più alle attività industriali lavorative e altre che non a quelle di natura sanitaria”… SICARI Francesco (Presidente) (Voci sovrapposte) di avviarsi alla conclusione. PERINI Fulvio (ATTAC Torino) Arrivo, “... sino al paradosso che la (incomprensibile) in ambito sanitario. L’esito è stata la diffusione del contagio e un amaro numero di anziani deceduti accompagnato da clamorose violazioni delle norme di prevenzione precisamente denunciate da lavoratrici e rappresentanti dei lavoratori, così come riportato nell’opuscolo del sindacato CUB o nelle denunce di altri sindacalisti su Facebook. Non fornire le mascherine, non fornire i guanti, non anticipare le sanificazioni sono notizie di reato e la Magistratura dovrebbe acquisirle evitando di ignorare il problema, come è già avvenuto per i rischi dei lavoratori riders, i fattorini in bicicletta”. Ho terminato. SICARI Francesco (Presidente) La ringrazio. Adesso ho l’intervento di Milena Vasta per il CUB Sanità Torino. VASTA Milena (CUB Sanità Torino) Sì, buongiorno a tutti. SICARI Francesco (Presidente) Buongiorno. VASTA Milena (CUB Sanità Torino) (Incomprensibile) lavoro in RSA e (incomprensibile) per CUB Sanità. Come lavoratrici e lavoratori delle case di riposo torinesi, vorremmo innanzitutto evidenziare che l’altissimo numero di contagi e di decessi nelle RSA non è che il prodotto di un vero e proprio modus operandi delle aziende, che era in realtà ben presente prima dell’emergenza epidemiologica, il Covid non ha fatto altro che confermare l’inadeguatezza di questo metodo. Parliamo dell’abitudine di ignorare completamente il concetto di prevenzione, di affrontare le situazioni di emergenza sul momento, quando sono già scoppiate, anziché attuare le dovute misure di prevenzione (incomprensibile) per evitare che certe situazioni vengano a verificarsi, o quantomeno limitarne i danni per gli utenti e per gli operatori. Tutto ciò avviene evidentemente in un’ottica di risparmio. Gli ospiti delle case di riposo sono da sempre dei soggetti fragili, quindi spesso contraggono delle infezioni, come il comune Clostridium, che richiedano comunque delle misure, l’osservazione di protocolli di isolamento che però vengono spesso trascurate queste procedure, spesso con una scarsa, se non assente, fornitura dei (incomprensibile), addirittura l’operatore si sente rimproverare di sprecarli. Rispetto a queste cattive abitudini, non è stata fatta sicuramente eccezione per il Covid; per questo nella maggior parte dei casi non vi è stata alcuna idea di prevenzione e messa in sicurezza del personale e degli ospiti di fronte all’emergenza da coronavirus. Questo atteggiamento di risparmio peraltro è illegittimo, la Legge 81 sulla sicurezza dice chiaramente che non si può risparmiare sulla tutela della salute, non va considerata un costo aggiuntivo, semmai è un obbligo costante e assoluto del datore di lavoro. In alcuni casi sono stati i lavoratori a insistere sulla prevenzione attraverso i delegati sindacali rappresentati della sicurezza, mentre molti direttori sanitari sono stati i primi ad ammalarsi perché loro stessi hanno ignorato i protocolli di sicurezza; o alcuni direttori di struttura si sono chiusi in casa per paura del contagio, lasciando il personale (incomprensibile), altri non hanno (incomprensibile) rischi ai quali gli operatori e gli utenti vanno incontro. Il 9 e il 23 marzo abbiamo chiesto con forza che la Regione emanasse delle ordinanze con le indicazioni su ciò che le RSA avrebbero dovuto fare per tutelare i propri ospiti, ma non c’è stata risposta. A fine aprile (incomprensibile) dell’Assessore Icardi per l’unità di crisi è stata di non interferire con l’attività privata delle aziende e direttori sanitari privati; questa mancata gestione di indirizzo e controllo ha consentito però alle aziende di fare tutto sommato ciò che volevano, ad esempio in molte strutture non è stata organizzata in tempo la chiusura alle ditte esterne, oppure non è stata rivista l’organizzazione del lavoro in termini di sicurezza, tutto ciò non è stato fatto perché i direttori e le aziende hanno continuato sostanzialmente a pensare come prima, quindi preoccupandosi del risparmio a discapito della salute di ospiti e operatori. Questo è successo nelle strutture private ma anche nelle cooperative, dove spesso la situazione è ancora peggiore. Vi è di fatto una carenza di tutela del lavoratore e della sua salute, il lavoratore della cooperativa è un lavoratore che paga per diventare socio e per lavorare, ma quando si ammala o invecchia, perché anche la nostra salute si deteriora, diventa fondamentalmente personale “da rottamare”. Noi riteniamo che non si possa assolutamente continuare così, come se fossimo in una catena di montaggio, tra l’altro con un tot di minuti per svolgere una certa attività di assistenza per persona e perciò chiediamo anche che venga abolito il sistema dei minutaggi dei servizi sociali e sanitari che è simbolo di una concessione aziendalista e industrialista dell’assistenza della salute. Crediamo anche bisognerebbe integrare e potenziare l’assistenza domiciliare, portarla avanti il più possibile, assorbire alle dipendenze del Comune tutto il personale necessario - OSS, infermieri, ausiliari - per assistere le persone quanto più possibile sul territorio piuttosto che in RSA. (Incomprensibile) l’emergenza non è finita e in molte strutture si stanno ripetendo gli errori di marzo: le aziende puntano ad avere nuovi ospiti e quindi nuove rette, allentano sensibilmente le misure di sicurezza o non le adottano affatto, e ad esempio in una RSA torinese abbiamo alcuni ospiti tecnicamente in isolamento ma che consumano i pasti nella sala comune con gli altri ospiti; oppure operatori (incomprensibile) come se niente fosse, e impedendo così un’eventuale circoscrizione del contagio. L’esperienza spesso tragica degli ultimi mesi viene sostanzialmente ignorata. Il problema però è anche chi controlla, le commissioni (incomprensibile) non funzionano... SICARI Francesco (Presidente) La invito ad avviarsi a conclusione. VASTA Milena (CUB Sanità Torino) Arrivo. In questo periodo, per indagare sulla cattiva gestione, nelle strutture sono intervenute i NAS o la Guardia di Finanzia, le Commissioni di Vigilanza quando visitano le strutture guardano le carte che vengono mostrate loro dalle aziende e sembra sempre tutto a posto, chiaramente. Se viene fatta una segnalazione da parte dei familiari o lavoratori, rimane sistematicamente senza risposta e quindi non c’è in realtà una tutela della gestione dei servizi. Il controllo sulle attività delle strutture assistenziali e sanitarie dovrebbe essere effettuato coinvolgendo lavoratori, utenti, familiari e perciò noi chiediamo che venga immediatamente riformata la Commissione di Vigilanza del Comune di Torino integrando, nel sistema di controllo sulle attività delle strutture assistenziali, il pieno coinvolgimento di chi conosce dall’interno tutti i giorni il loro funzionamento, quindi il personale, gli utenti, i familiari anche attraverso il coinvolgimento di Sindacati e associazioni. In questo modo si otterranno dei risultati, ovvero che le vigilanze saranno a loro volta soggette a un controllo democratico partecipativo, trovando (incomprensibile) a rendere conto anche del loro operato, cosa che oggi non accade, e d’altro canto potranno disporre di informazioni dirette aumentando la propria capacità (incomprensibile) senza (incomprensibile) su quello che l’azienda ha messo in mostra, dove magicamente sempre tutto va bene, l’igiene e la sicurezza sono il top ma la pandemia ci ha dimostrato che non è proprio così. Questa ci sembra la modalità più semplice e immediata di restituire alle istituzioni un ruolo preminente che per molti anni è stato attribuito al privato con i risultati che sappiamo, e le morti di questi mesi dovrebbero bastare a convincerci a cambiare subito questo sistema. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Adesso chiudiamo con l’intervento del dottor Andrea Ciattaglia, se è collegato... prego, ci ricorda anche per chi interviene. Non la sento io... no, non la sento. Vado avanti con gli interventi, eventualmente la recupero dopo, nel frattempo cerchiamo di dare una mano per valutare il collegamento. Va benissimo. procediamo allora con il dottor Pietro Tuttolomondo. TUTTOLOMONDO Pietro (Coordinatore infermieristico emergenza-urgenza) Buongiorno a tutti innanzitutto, e grazie dell’opportunità che mi è stata data. Sono Pietro Tuttolomondo, sono un coordinatore infermieristico in ambito di emergenza- urgenza di un pronto soccorso della Città Metropolitana. Allora, da quanto vissuto, l’emergenza Covid ha messo in evidenza la fragilità del contesto territoriale, nello specifico delle RSA; quindi l’opinione pubblica ha avuto un ritorno da questa criticità molto importante, ma per gli operatori che lavorano in sanità purtroppo queste criticità già erano ben note da anni, specialmente per chi lavora in pronto soccorso. Il pronto soccorso negli ultimi anni è diventato l’alternativa alla carenza territoriale, con un dispendio di risorse economiche e di appropriatezza purtroppo non consona col periodo che stiamo vivendo. Andrebbe rivisto tutto un piano di investimenti nei confronti del territorio, e questi investimenti andrebbero indirizzati nella rideterminazione per esempio delle piante organiche, nell’istituzione di nuovi ruoli all’interno dell’organizzazione territoriale, che già sono state menzionate da altri interventi precedenti, come per esempio un Case Manager, un Case Manager che faccia da collante fra territorio e azienda ospedaliera, come infermiere di comunità. Gli investimenti vanno rivolti nella formazione, nella formazione dei medici curanti e nella possibilità di implementare una diagnostica strumentale laboratoristica, di base, in tempo zero negli studi dei medici curanti; si parla tanto di aggregazioni funzionali, si parla di Casa della Salute da un ventennio circa, era l’ex Ministra Turco che ne parlò per prima, ma ancora implementazione nel territorio cittadino non se ne vede. A fronte di ciò, il sistema di emergenza-urgenza in pronto soccorso diventa l’alternativa alle carenze territoriali. A fronte di ciò, a fronte di ciò e di quanto detto, non si può pensare più di gestire la persona, il malato con un’assistenza frammentata, è fondamentale garantire la continuità assistenziale adeguata, quindi seguire il paziente in modo olistico da tutti i punti di vista, non solo dal punto di vista sanitario, non solo dal punto di vista sociale e non solo dal punto di vista delle aspettative di questa persona; a fronte di ciò ci vuole un collante fra i due sistemi - territorio e azienda - soprattutto ci vogliono gli strumenti, come i meccanismi informativi, non è possibile che nel 2020 ancora non ci sia un programma informatico comune per poter garantire di accedere a quelle notizie e garantire la tutela alla salute (voci sovrapposte) scusatemi... con una qualità di certo differente da quella che possiamo garantire adesso con la frammentazione delle cure. Niente, concludo e sarò breve e incisivo su una domanda che mi ha colpito: la Consigliera Grippo all’inizio nella sua presentazione fa un punto di domanda, un punto di domanda, io la porterei ulteriormente..., farei un passo successivo, nel senso che, purtroppo, noi siamo abituati ad essere molto reattivi, nel senso che si manifesta il problema e agiamo di conseguenza (incomprensibile) reattività, ma siamo poco proattivi, ci immaginiamo poco i fenomeni, però purtroppo oggi vista la situazione Covid dobbiamo imparare un po’ ad immaginarci i fenomeni come si potrebbero mostrare e avere una visione accelerata e imminente del domani, e lascio tutto col punto di domanda: ma siamo organizzati in modo differente se nel futuro prossimo, nel prossimo autunno, come prevede l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ci possa essere una seconda ondata? I SISP, le RSA, le USCA, le Aziende Ospedaliere in questo momento stanno immaginando cosa potrà succedere nell’eventualità di essere (incomprensibile) alla gestione del fenomeno? Ringrazio e chiudo l’intervento, grazie dell’opportunità che mi è stata data. SICARI Francesco (Presidente) La ringrazio anche io. Adesso dovremo recuperare l’intervento del dottor Andrea Ciattaglia... CIATTAGLIA Andrea (Fondazione e promozione sociale onlus - CSA) Mi sentite adesso? SICARI Francesco (Presidente) Adesso la sento. CIATTAGLIA Andrea (Fondazione e promozione sociale onlus - CSA) Perfetto, grazie. Allora, grazie Presidente, sono Andrea Ciattaglia della Fondazione Promozione Sociale e del Comitato vittime RSA che si è costituito nel mese di aprile. Volevo fare un intervento un po’ sui generis rispetto a quelli che mi hanno preceduto, concentrando l’intervento sulle questioni comunali della... con riferimento alla pandemia ma non solo ovviamente, anche (incomprensibile) dei malati cronici non autosufficienti. È una situazione ovviamente che vede come primo interlocutore la Regione ma anche il Comune ha delle specifiche possibilità di intervento che cercheremo di focalizzare. Allora, il contesto è che parliamo di malati da art.32 della Costituzione e da Legge 833 del ’78, quindi tutelati da queste leggi fondamentali dello Stato italiano, ma purtroppo di malati per cui è stata istituita una sanità di serie B, che si è sentita negli interventi precedenti; non solo una sanità di serie B per i malati ma anche per i lavoratori che afferiscono a questi servizi, una sanità di servizi con vincoli all’accesso che non guardano solo alla componente sanitaria ma anche a quella socioeconomica, e con compartecipazione economica, laddove poi questo accesso avvenga, molto elevata, nelle RSA si parla del 50% della retta almeno, e con copertura sanitaria, come abbiamo sentito da alcuni interventi, bassissima, il responsabile della (incomprensibile) giustamente ha sottolineato che addirittura nella metà delle RSA piemontesi non esiste un direttore sanitario, quindi le persone lì ricoverate sono comunque persone con patologie molto gravi e spesso con demenza, quindi persone con demenza non autosufficienti senza un medico presente nella situazione. Allora, i dati che ci vengono forniti dall’ASL non fanno sufficiente chiarezza su quello che è l’impatto a Torino della situazione della pandemia Covid, sicuramente quelli (incomprensibile) dei gestori, quei 4.500 posti vuoti in RSA dopo il picco Covid dicono che c’è stata un’ecatombe nelle strutture. Allora, alla Regione Piemonte che è stata latitante in questa situazione perché, come si ricordava prima, ha scaricato sui privati molta della responsabilità che invece è in carico alla Regione come Ente che ha accreditato tutte le strutture, che organizza la funzione generale e che ovviamente deve controllarle, alla Regione sono già state avanzate da parte nostra le richieste di riforma del settore delle RSA con l’intervento molto più estensivo della sanità e anche la presenza medica in équipe all’interno delle strutture, così come la questione del domicilio, delle cure sociosanitarie domiciliari con quota secca della sanità, così come sul modello Torino. In più, è stata avanzata una richiesta pressante sulla questione delle visite, perché ricordiamoci che le strutture che fino a un mese fa erano adattissime per la Regione - delibera del 20 marzo - per ospitare pazienti Covid positivi che poi hanno creato un disastro, parte del disastro che si è creato, oggi sono praticamente interdette, se non per volontà dei singoli direttori sanitari, alle visite dei parenti, cioè dei congiunti di queste persone che spesso non li vedono da 4-5 mesi. Questa è un po’ la schizofrenia nella quale ci si trova. Fatta questa lunga premessa di contesto e di inquadramento della situazione, al Comune di Torino, così come avevamo già chiesto il 9 maggio del 2018, altro Consiglio aperto sulla questione della presa in carico dei non autosufficienti, ci sentiamo di rivolgere quattro richieste specifiche, la prima: sulle cure domiciliari è necessario che il modello Torino, e addirittura l’ampliamento del modello Torino, con la quota sanitaria di risorse che provengono dal Servizio Sanitario, per la presa in carico dei malati non autosufficienti a domicilio, resista agli attacchi della Regione Piemonte, perché la Regione Piemonte vuole chiudere questa esperienza per far transitare tutta questa partita nella parte socioassistenziale vincolata alla valutazione socioeconomica e quindi con molti meno esborsi e molti meno ingressi di pazienti. Le cure domiciliari hanno riportato anche in questa pandemia, con livelli di mortalità Covid infinitesimali, sotto l’1% dei presi in carico, che sono la soluzione assolutamente migliore, oltre (incomprensibile) dalle famiglie. Quindi alla Sindaca Appendino, che non so se è ancora collegata, e all’Assessora Schellino alla quale spero trasmetterete le richieste, resistere su questa partita. Secondo: il sistema di esclusione dalle cure sanitarie e sociosanitarie vede ovviamente la partecipazione delle aziende sanitarie nelle Commissioni che definiscono un progetto residenziale per una persona, ma dicono: “Tu sei in lista d’attesa”; ma vedono anche una componente all’interno delle Unità di Valutazione Geriatriche dei funzionari e dei professionisti del Comune. Allora, come era già stato richiesto in quel Consiglio aperto, al quale facevo riferimento, dalla Consigliera Artesio, alla quale non può essere non riconosciuta un’esperienza di lungo corso in queste materie, un segnale molto forte per rivendicare il fatto che la parte sanitaria deve essere (incomprensibile) in ragione della patologia senza guardare alcun tipo di condizione socioeconomica personale, sarebbe quella di ritirare il personale dalle UVG e (incomprensibile) socio assistenziale, oppure di non far firmare loro la dichiarazione che estromette dal servizio complessivo, quindi anche dalla parte sanitaria, coloro che lo richiedono. Infine, due questioni di più largo respiro ma anche queste molto importanti, la prima: la necessità di una campagna informativa che noi avevamo richiesto al Sindaco sotto forma di una lettera a tutti gli over 65 della città, la chiederemmo a lei Presidente come Consiglio comunale sulla scorta di quanto fatto dal Consiglio dei Seniores 2 anni fa per una comunicazione con un opuscolo, con un volantino, con un’iniziativa, quello che volete ma comunque una documentazione pubblica riscontrabile, che dia le informazioni di base ai malati non autosufficienti e ai loro parenti per poter rivendicare i propri diritti di essere presi in carico a domicilio, nelle RSA, di accedere ai servizi. E infine, per quanto riguarda la questione della programmazione dei servizi, in realtà su questa materia, materia delle RSA, non è che sia rimasto moltissimo al Comune di Torino neanche dal punto di vista della vigilanza, ma su un punto fondamentale è necessario, e con questo chiudo, che il Consiglio comunale - questo, il prossimo - ma anche con l’occasione della progettata riforma del Piano Regolatore si interroghi. Oggi le RSA hanno sostituito i centri commerciali di vecchia memoria nell’essere la parte appetibile per coloro che vengono chiamati a riqualificare o ristrutturare delle parti di città, perché in tutti i progetti di riqualificazione di area è inserito il permesso di fare una RSA, banalmente perché rende e quindi l’operatore che valorizza quel terreno ha interesse a entrare perché c’è la RSA che gli garantisce il margine sul quale fare (incomprensibile) margine economico, ma questa è una scelta che la Città deliberatamente si assume, cioè di moltiplicare le RSA perché (voci sovrapposte) SICARI Francesco (Presidente) (voci sovrapposte) concludere. CIATTAGLIA Andrea (Fondazione e promozione sociale onlus - CSA) ... la parte domiciliare chiaramente entra in contrasto con questa scelta e quindi non possiamo avere vera valorizzazione della parte domiciliare se dall’altra parte continuiamo a far costruire strutture, anche oltre il vero fabbisogno delle persone non autosufficienti. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Io adesso farei intervenire l’Assessora Schellino in quanto è riuscita a collegarsi e può intervenire adesso. Quindi Assessora Schellino, prego. SCHELLINO Sonia (Vicesindaca) Grazie, buongiorno a tutti. Sì, ho sentito buona parte dell’incontro di oggi con un’interruzione di un quarto d’ora perché avevo un altro appuntamento telefonico, e ne approfitto per ringraziare tutte le persone che sono intervenute per una panoramica ricca di spunti. Io spero, perché non riesco a vederlo dai collegamenti, che ci siano presenti, ad ascoltare perlomeno, persone dell’Assessorato regionale alla Sanità e dell’Assessorato regionale al Welfare perché, come sappiamo, là è il luogo di programmazione della Regione su questi temi, tant’è che all’interno di quella Commissione speciale che venne fatta sulle RSA, sull’emergenza RSA, durante il periodo Covid, era proprio l’Assessorato al Welfare insieme alla Prefettura e alla Città Metropolitana a guidare questa ricognizione sul tema. Credo che da quello che è emerso oggi e da quello che era già emerso durante il periodo di emergenza, in questi mesi abbiamo un po’ visto la fragilità della Medicina territoriale, la necessità di avere una Medicina territoriale più forte, la necessità di curare le persone, non solo all’interno di strutture, come possono essere le RSA, di curare intendo... assistere le persone anziane con patologie, non solo all’interno delle RSA, ma l’importanza della domiciliarità che più volte è stata evocata questa mattina. Domiciliarità nella quale, come giustamente è stato detto prima, il modello Torino è un modello forte, un modello che abbiamo costruito, che non è certo merito mio, è merito di tutte le Giunte che si sono succedute in questi ultimi 20 anni almeno, una costruzione di un modello di domiciliarità attento alle persone con un mix sanitario e assistenziale che ha garantito e che continua a garantire la permanenza a casa, quindi in un contesto positivo, familiare o comunque nella propria casa di residenza della maggior parte possibile delle persone; e questo quando, come sapete, ogni 6 mesi o ogni anno, l’anno scorso o in epoche passate con tempistiche ancora minori, c’è il momento della proroga dei finanziamenti regionali sulla domiciliarità, disabilità e anziani e minori, no. Sapete che abbiamo sempre questo tema, ne abbiamo parlato più volte all’interno dei Consigli e delle Commissioni consiliari, l’ultima proroga ci porta fino a fine anno, ma già prima del periodo di emergenza Covid avevamo iniziato a ragionare con l’Assessore alla Sanità della costruzione di un tavolo che partendo dal modello Torino e cercando, perlomeno per quanto ci riguarda ovviamente, cercando di salvaguardare tutto il buono che è stato costruito i questi anni garantisca alle persone un’assistenza il più possibile tagliata su misura, un’assistenza che veda una valutazione del singolo caso, una progettualità sulle persone anziane e che non sia solo quella dell’inserimento in RSA, ovviamente tutto laddove è possibile. Sul tema invece della cura all’interno di queste strutture si è vista, in particolare in questo periodo, la debolezza della DGR 45, la necessità di rivedere tutta una serie di parametri, soprattutto questo tema del minutaggio, che si è rivelato un problema grosso nell’ambito di questa emergenza, ma lo era anche prima; sappiamo perfettamente che man mano che vengono inserite persone o che le RSA sono popolate da persone con patologie, con pluripatologie e l’incidenza delle persone pluripatologiche aumenta all’interno delle strutture, un minutaggio molto burocratico, come è quello della DGR 45, non consente una cura attenta della persona. Quindi credo che, con la Regione, il superamento o una revisione profonda della DGR 45, così come l’attuazione finalmente della DGR 10 del 2010, su questo e su altri fronti, siano i temi sui qui quali bisognerà lavorare non solo come Comune di Torino, ma anche con gli enti gestori, tutti coloro che lavoriamo sul tema sociosanitario. Con gli altri enti gestori e anche un po’ con l’ANCI abbiamo cercato di lavorare, di fare delle proposte alla Regione di tavoli, insomma di poter dire la nostra; credo che... ripeto, se sono presenti dirigenti regionali dei due Assessorati credo che un momento come questo sia un insieme di spunti che sicuramente sono utili per fare quel lavoro di ricognizione, di ripensamento di quelle norme, cioè di attuazione di una e di ripensamento dell’altra, con un occhio poi al tema della Medicina territoriale, come dicevamo. Dal punto di vista del monitoraggio della Città di Torino sui territori, la Conferenza sociosanitaria ha incontrato durante questo periodo più di una volta l’ASL, ed è un po’ il luogo dove, insieme ai Presidenti di Circoscrizione, cerchiamo anche qui di portare le istanze del territorio, chiedere conto e dare qualche suggerimento. Credo davvero che quello che è stato raccontato oggi e quello che si vedrà ancora, si racconterà ancora negli interventi che ci saranno, da qui in poi, sia davvero un patrimonio di spunti e di conoscenze che debba essere preso in considerazione dalla Regione proprio per lavorare su queste tematiche. Quindi se sono presenti, perché non ho modo di vederlo, persone della Regione, dei due Assessorati di riferimento di queste tematiche, mi piacerebbe se potessero con un intervento anche loro dare un feedback di quello che hanno sentito, se ci sono... io credo che fossero temi che erano, la maggior parte di questi, già stati posti alla loro attenzione, ma se ci sono delle evoluzioni già all’interno del lavoro tecnico che si sta facendo in Regione, noi naturalmente siamo disponibili a continuare a lavorare a quel tavolo di lavoro che, purtroppo, ha avuto una battuta d’arresto durante il periodo del Covid, questo è anche comprensibile. C’era stata una prima riunione prima dell’emergenza, ho già ricordato all’Assessore Icardi che al più presto dobbiamo riprendere perché è veramente importante che sul tema della domiciliarità si superi il discorso proroghe e si arrivi a guardare a un modello che naturalmente dal nostro punto di vista parte dal modello Torino, ma che sia sì un modello che tiene conto di tutti i territori, tenendo conto delle peculiarità e delle differenze tra territori di tutta la Regione in termini di dimensione, in termini di demografia e in termini di caratteristiche delle strutture presenti sul territorio, è un lavoro credo abbastanza impegnativo al quale noi siamo disponibili a dare tutto il nostro contributo come Città. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei, Vicesindaca Schellino. Adesso procedo con gli ulteriori interventi, ne abbiamo ancora quattro per il momento. Ho il dottor Michele Colaci, al quale chiedo di attivare il microfono. COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ) Eccomi qua, mi sentite? SICARI Francesco (Presidente) Sì, la sento, ci ricorda anche la sigla per la quale interviene? Prego. Non la sento più... prego, prego. COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ) (Incomprensibile) queste iniziative servono ovviamente a migliorare e tentare di risolvere (incomprensibile) da quei terribili momenti, (incomprensibile) dal mese di febbraio, marzo e via discorrendo, dove ci sono stati dei problemi. Ricordiamoci che però appunto tutti quanti, a partire dal Governo centrale, tant’è che i primi provvedimenti sono stati emanati appunto nel mese di febbraio e marzo, quindi tutti quanti siamo stati colti di sorpresa perché il Covid era assolutamente un elemento (audio interrotto) queste riunioni, di cui ringrazio, rischiano (incomprensibile) sempre dei cahiers de doléances, dove però poi alla fine non si va poi al nocciolo e alla risoluzione del problema. A me è spiaciuto che anche oggi poi si è affrontato il problema e (incomprensibile) così un po’ particolare; mi sono spiaciuti gli interventi dove richiedevano addirittura - o a me sembrava - lo stato di Polizia rispetto ai controlli nelle RSA e questo spiace per chi ha combattuto in prima linea, combattuto quasi a mani nude (incomprensibile) il problema, e questo a noi spiace perché ha quello che per certi interventi è capitato oggi, (incomprensibile) perché non è che additando il dito contro qualcuno, dicendo “La sanità pubblica e privata va gettata a mare, ritorniamo alla sanità pubblica, può essere una soluzione”; perché (incomprensibile) io vorrei sommessamente ricordare che fino a qualche tempo fa alcune RSA erano in capo al pubblico ma sono state immediatamente trasferite ai privati (incomprensibile) o per problemi di … (audio interrotto). SICARI Francesco (Presidente) Non la sento più. COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ) Mi sente? SICARI Francesco (Presidente) Ora la sento, può disattivare il video perché le sta dando problemi probabilmente alla connessione, quindi è più leggera se va avanti solo con l’audio. COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ) Vabbè, a questi (incomprensibile) ho fatto circa 8 riunioni, 8-9 riunioni coordinate appunto da Sua Eccellenza il Prefetto, vi era il Comune di Torino, vi erano le Regioni, vi erano i Sindacati, vi erano tutti i rappresentanti che appunto potevano dare dei punti di vista, e attraverso questi consessi si sono anche risolti alcuni problemi, perché noi non dimentichiamo che in piena emergenza noi ci siamo trovati a non avere il supporto della Medicina del territorio, i medici di base; noi abbiamo avuto il problema delle (incomprensibile) perché il Covid spaventava di dover (incomprensibile) il personale che aveva paura (audio interrotto) perché da quello che emergeva (incomprensibile) tutti i giorni, sembrava che tutto il marcio fosse dentro le RSA, e nonostante questo siamo andati avanti e abbiamo cercato di gestire la situazione collaborando con tutte le istituzioni, perché all’interno di questi tavoli - dove, ripeto, c’erano tutti - abbiamo cercato di affrontare i problemi, abbiamo (incomprensibile) i problemi degli ospedali. I problemi degli ospedali nella fase critica purtroppo non potevano accettare i malati di Covid o quelli comunque asintomatici o quelli positivi, e anche questa situazione qua abbiamo dovuto gestirla, perché la struttura sanitaria della nostra Regione non era in grado, fortunatamente per un tempo breve, di poter raccogliere queste patologie. Abbiamo avuto, come vi dicevo, il problema dei medici del territorio, abbiamo avuto il problema dei (incomprensibile), perché nei periodi di crisi, nei periodi di forte crisi, i tamponi noi li chiedevamo ma non era possibile effettuarli in tempi rapidi per poter affrontare tali situazioni e attraverso questi tavoli, dove c’erano tutti, abbiamo potuto parzialmente in quel periodo risolvere il problema. Quindi, questo per dire: io capisco che è bello... bello non tanto per chi riceve, ma affrontare, approcciarsi a un problema in una maniera trovando forse quello che è il capro espiatorio, in questo momento però le RSA rischiano un problema grave oggi, rischiano ovviamente perché non è vero che si stanno riempiendo; oggi grazie a delle... come dire, (incomprensibile) di natura legislativa ancora alcune strutture non riescono a fare ingressi, con il problema che queste strutture ovviamente non riusciranno a breve più a gestirsi economicamente e molti di quelli che lavorano all’interno rischiano il licenziamento. Questa è una delle problematiche che in questi giorni sta emergendo. Abbiamo il problema del monitoraggio, perché io ho sentito tante cose da fare, ma l’aspetto più urgente sarebbe quello di mettere in condizioni le strutture di poter fare un monitoraggio dell’epidemia e del virus in maniera tale da consentire di mettere in sicurezza sia chi lavora all’interno delle strutture, sia chi ovviamente e sono gli ospiti - o pazienti, come li volete chiamare - all’interno. Quindi anche questo snellimento a noi, e credo (incomprensibile), aiuterebbe a gestire meglio la questione mentre oggi ancora non si sa a chi chiedere un tampone quando bisogna fare un ingresso, a chi chiedere un tampone quando bisogna fare un ingresso in convenzione, a chi chiedere il tampone quando bisogna fare un ingresso … (voci sovrapposte). SICARI Francesco (Presidente) Le chiedo di avviarsi alla conclusione. COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ) ... al privato e via discorrendo. Quindi che cosa dico e che cosa chiedo? Io chiedo di abbandonare fra tutti quella che è la parte più squisitamente ideologica e provare tutti insieme a capire quali sono i problemi più urgenti e tentare di dare una risoluzione a questi problemi. Dopodiché, a bocce ferme potremo vedere se andare a rimodulare, cambiare, stravolgere quella che è la legge 45, ma in ogni caso, in questo momento, ci sono dei problemi più urgenti che vanno risolti, e questo è il mio auspicio e l’augurio che faccio a me stesso e a tutti quanti. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Adesso abbiamo Tiziana Tripodi, CISL. TRIPODI Tiziana (CISL FP T) Sì, buongiorno. SICARI Francesco (Presidente) Buongiorno. TRIPODI Tiziana (CISL FP T) Grazie Presidente, buongiorno a tutti e grazie per l’invito. Sono Tiziana Tripodi della CISL Funzione Pubblica di Torino. Attivo anche il video. Allora, direi che la fase emergenziale ha mostrato a tutti che le strutture, le RSA, sono state, di fatto, l’anello debole della sanità, direi proprio nel Paese non soltanto nella Regione Piemonte; come CISL quello che sosteniamo, come CISL Funzione Pubblica, chiaramente il nostro punto di vista è quello dei lavoratori che nelle strutture lavorano, riteniamo che questo di fatto è capitato perché queste strutture erano già molto fragili prima, e i motivi della loro fragilità, di fatto, sono le normative che regolamentano questo tipo di strutture che, come vogliamo ricordare, sono normative DGR regionali dove di fatto sono previste delle dotazioni organiche che sono assolutamente insufficienti per rispondere ai bisogni di cura delle persone che in queste strutture ci vivono. Trovo, ma questa è un’osservazione direi personale, che esprimere i minuti di assistenza, le necessità, i bisogni delle persone anziane ricoverate sia quantomeno disumano, anche perché, ricordo, che quando parliamo di persone che hanno bisogno di un’alta intensità assistenziale parliamo di 120 minuti di assistenza nella giornata, quindi pensiamo che i bisogni di quella persona si esauriscono dal punto di vista dell’assistenza tutelare, quindi di OSS, in 2 ore all’interno della giornata; se poi invece parliamo dell’infermiere, ecco, i bisogni si esauriscono con 30 minuti nell’arco delle 24 ore. Non soltanto la questione delle dotazioni organiche dell’assistenza rende fragili le strutture, ma bisogna anche ricordare che le tariffe di queste strutture sono ferme al 2012, inevitabilmente i costi - anche soltanto quelli legati al personale e i rinnovi dei contratti - sono aumentati e di fatto se non si mettono delle risorse, diventa difficile che queste strutture già in una fase normale siano in grado di reggere, figuriamoci in una fase emergenziale com’è quella che abbiamo vissuto. Teniamo anche conto che queste strutture sono soggette alle logiche degli appalti, i contratti che vengono applicati sono tantissimi; spesso purtroppo, e non voglio cadere nelle generalizzazioni, si generano anche delle corse al ribasso, motivo per cui esiste una norma regionale, la DGR 14 del 2009, che prevede all’allegato D un’autodichiarazione dove di fatto i gestori si impegnano ad applicare uno dei contratti sottoscritti dalle parti datoriali e sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. È importante dirlo qui perché questo documento è inviato, oltre alla Commissione di Vigilanza, anche al Comune di Torino; di fatto ad oggi ci sono delle strutture che non applicano contratti sottoscritti dalle Organizzazioni Sindacali e datoriali maggiormente rappresentative, eppure sono autorizzate e accreditate, e credo sia importante definire questa situazione perché il sistema di regole aiuta non solo nell’emergenza, ma anche nella normalità. Quindi ricondurre il tutto a delle regole che valgono per tutti credo che sia assolutamente indispensabile. Bisogna quindi ripensare completamente il modello e bisogna ripensarlo sia dal punto di vista delle persone che nelle strutture ci vivono, ma anche dal punto di vista di chi ci lavora, perché purtroppo hanno pagato entrambi, in termini di contagi e di mortalità, il grosso prezzo di questa situazione. Abbiamo individuato come Organizzazione Sindacale, secondo noi, 7 criticità che sono emerse durante la pandemia, queste 7 criticità, che vorrei elencarvi, non servono per individuare le colpe e i responsabili perché queste saranno accertate purtroppo da qualcun altro, purtroppo o per fortuna nel senso che sarebbe stato secondo noi opportuno riportare il tutto a dei tavoli di confronto e non sicuramente alle denunce perché le denunce non servono per evitare i contagi e le vittime. Questi 7 punti sono sicuramente stati già elencati da chi mi ha preceduto, li dico velocemente: c’è stata un’esecuzione tardiva dei tamponi, quindi i tamponi non sono stati fatti a scopo preventivo per individuare i positivi eventualmente anche asintomatici e separarli e isolarli; gli isolamenti nelle strutture sono stati fallimentari, queste strutture sono pensate per aggregare le persone che vivono all’interno, non certo per separarle, per dividerle e per isolarle, non sono strutture di fatto pronte a far fronte a bisogni di cura di persone che hanno un tasso di contagiosità elevato come quello che c’è stato con la pandemia; ci sono state delle incongruenze tra le linee guida e i protocolli delle ASL territoriali e quelle della Regione Piemonte e dell’unità di crisi che hanno di fatto generato errori e confusioni, pensiamo alla delibera che successivamente è stata integrata e meglio chiarita della possibilità quindi di accogliere i Covid positivi all’interno delle RSA, e a come, di fatto, le ASL territoriali chiedessero agli enti gestori di accogliere nelle proprie strutture pazienti Covid in via di guarigione; la mancata fornitura dei dispositivi di protezione al personale è stata evidente, siamo dovuti a un certo punto intervenire anche con le associazioni datoriali per richiedere alla Protezione Civile che venissero destinate nelle strutture dispositivi di protezione al pari che negli ospedali, perché ad un certo punto gli ordini che venivano fatti venivano in qualche modo bloccati. Su questo punto, l’unica cosa che mi sento di dire è che ad un certo punto la difficoltà è stata evidente per tutti, di fatto - e anche qui ci sono delle differenze che vanno fatte e che non bisogna generalizzare - c’è chi aveva delle scorte ed è riuscito in qualche modo a sopperire alle carenze, e chi di fatto scorte non ne aveva e si è trovato in assenza di Dispositivi di Protezione. Di fatto, per noi questa cosa è stata grave perché nei Documenti di Valutazione dei Rischi delle strutture il rischio biologico è contemplato e quindi riteniamo che per il futuro sarebbe utile pensare anche alle scorte dei Dispositivi di Protezione Individuale. È stata inefficace l’attività dei servizi di igiene pubblica … (voci sovrapposte). SICARI Francesco (Presidente) Le chiedo di concludere. TRIPODI Tiziana (CISL FP T) Sì, i tamponi al personale sanitario posto in quarantena in alcuni casi non sono mai arrivati; ci sono state poi delle dimissioni dagli ospedali di degenti senza il tampone, dando origine poi ai contagi nelle strutture; l’assenza di dati certi sulla diffusione del contagio e quindi anche sulla mortalità dovuta al Covid. Questi sono i 7 punti, ringrazio e concludo. SICARI Francesco (Presidente) La ringrazio. Adesso procediamo con l’intervento di Fabrizio Ghisio per Federsolidarietà. Prego. GHISIO Fabrizio (Federsolidarietà) Grazie, Presidente. Fabrizio Ghisio, Confcooperativa Federsolidarietà; grazie a lei e grazie ai Consiglieri per questo invito. Mi permetto solo di partire sfatando un mito, anche se da alcuni interventi si è già colto: gli standard dei modelli a cui facciamo riferimento, quando parliamo di questa tipologia di strutture, sono identici per le strutture pubbliche e per le strutture private, non esiste legislativamente (incomprensibile) e quindi non c’è ragione per cercare di individuare nella natura del soggetto che ha gestito e che gestisce queste strutture ragioni che possono addurre a differenze di qualsivoglia tipo. Però, fatto questo, vorrei partire da una premessa: i servizi torinesi sono frutto di un percorso che si è condiviso con ASL e Città a partire dalla fine degli anni ’90, non è un qualcosa che compare improvvisamente negli ultimi mesi, negli ultimi anni ma è frutto di una storia lunga, ed è un percorso che (audio interrotto) tratteggiato dal Legislatore regionale e dal (audio interrotto) da un lato un sistema di domiciliarità, dall’altro un sistema di residenzialità. Mi permetto solo di evidenziare due cose su questi due elementi: il servizio di domiciliarità oggi, che da tutti è richiamato come la risposta per eccellenza per poter affrontare eventi come quelli a cui abbiamo appena dovuto assistere, o meglio di cui siamo ancora nel pieno dell’esserne in qualche modo vittime, vede Torino aver evidenziato un fattore che è quello della domiciliarità come momento di forte territorialità, di attivazione di reti di servizi, di coinvolgimento delle competenze delle famiglie, le quali possono anche scegliere e condividere con la rete dei servizi come arrivare ad avere prestazioni per loro più confacenti e per loro più opportune. D’altra parte, il modello delle RSA per questa città ha voluto dire cose molto particolari che noi non dobbiamo dimenticarci, nel senso che aver costruito una rete di RSA che oggi sono presenti sul territorio torinese ha voluto dire generare risorse economiche e finanziarie per la città, pensiamo a cosa ha determinato in termini dei vari concessori questa fattispecie, ma ha voluto anche dire generare investimenti perché si è andati a riqualificare importanti parti della nostra città, ha voluto dire mettere a disposizione dei cittadini torinesi una risposta ad un bisogno di residenzialità che prima non era nelle disponibilità. E questi sono aspetti che non dobbiamo sottovalutare. Dentro questo schema, che quindi io mi permetto di ricordare, vede Torino e la sua rete di servizi residenziali e non residenziali profondamente figlia di una storia che è una storia che le istituzioni e le forze sociali hanno condiviso, generando anche investimenti importanti da parte di tutti gli attori pubblici, privati, privati sociali, senza distinzioni, si è misurato poi dopo con alcune criticità che in parte sono state descritte, in gran parte sono state descritte, le riepilogo solo sulla base degli elementi che maggiormente credo possano essere da rimarcare. Da un lato innegabile la straordinarietà degli eventi, ma dall'altra è innegabile il fatto che (incomprensibile) ha dimostrato, lo si diceva anche poc'anzi, che probabilmente di fronte ad eventi pandemici di tale portata, si tratta di attuare anche dei ripensamenti, perché sicuramente non ce n’è una piena idoneità. Sicuramente c'è stata un’altra criticità che non si aspettava e cioè che nell'affrontare le criticità si è dato preferenza, nelle misure straordinarie, ad altri luoghi, non ce lo si aspettava, ma è stato reso necessario, quindi ne abbiamo preso atto e parlo delle strutture ospedaliere (incomprensibile) e personale alla fine sono stati fatti convergere in quei luoghi e sicuramente questo è nella logica della costruzione in un percorso di risposta all'emergenza che non poteva lasciare che ogni singolo soggetto decidesse per parte sua qual era il percorso migliore, non a caso si è istituita una cabina di crisi. Certo è che le soluzioni individuate non sempre erano coniugabili, e ne parlo per oggi, ma ne parlo anche per domani, con le caratteristiche dei plessi fisici che si è andati a strutturare. Penso solo a cosa vuol dire parlare di percorsi sporco e pulito di isolamento in strutture che non nascono con quel tipo di codifica e che quindi non hanno, a tutti gli effetti, configurato neanche fisicamente gli spazi per poter andare in quella direzione. Credo che non abbia agevolato, ed è stata forse la criticità che ha scosso maggiormente gli operatori - veniva credo riportato anche prima -, lo stigma che, a un certo punto, chi gestiva le RSA si è ritrovato sulle spalle, ma che forse non è dissimile dallo stigma di tutti gli operatori che si sono ritrovati sulla prima frontiera, di fronte a qualcosa che era, oggettivamente, più grande di loro, che fosse un reparto di rianimazione o che fosse una RSA. Oggi, ci sono, però, alcune criticità e io mi permetto di citarle (incomprensibile), diversificandole tra quelle che sono le criticità della domiciliarità e le criticità della residenzialità. In realtà, è stato richiamato prima, in modo anche molto puntuale dalla Vicesindaca, siamo in uno stato di precarietà permanente; voi considerate che in pieno periodo di pandemia i nostri operatori non sapevano cosa sarebbe successo loro in piena pandemia, cioè se avrebbero continuato a lavorare, se avrebbero potuto continuare a dare continuità assistenziale ai loro assistiti e questo grazie al fatto che siamo alla proroga “n” di qualcosa che noi, tutti quanti, riteniamo sia fondamentale, talmente fondamentale che non vale la pena di preoccuparsi di darne continuità o, se lo si fa, lo si fa con modalità che, nella migliore delle ipotesi, instillano ansia, complessivamente, negli assistiti, negli operatori, nell’organizzazione. Il tutto condito dal fatto che, nel frattempo, io non esito a segnalarlo, anche in periodo di pandemia, noi abbiamo assistito ad un ridimensionamento costante… SICARI Francesco (Presidente) Le consiglio di avviarsi alla conclusione. GHISIO Fabrizio (Federsolidarietà) Grazie, certo… un ridimensionamento costante delle prese in carico - che cosa vuol dire?-, in realtà, delle disponibilità di accesso alla rete dei servizi, che, quindi, limita di molto la possibilità di fruire di questo servizio. (Incomprensibile) noi abbiamo assistito a un incremento di costi gestionali del 20%, mediamente, per effetto della pandemia, e questo bisognerà capire come influisce sui servizi di domani; sicuramente, un rallentamento giusto, legittimo, ma un rallentamento di nuovi ingressi nelle strutture e quindi una scopertura media del 20%, ma queste problematicità, e lo penso in particolare sulla residenzialità (incomprensibile) alla domiciliarità… il rischio è che, a breve, dopo che si sono ammalate le persone, si ammalino anche le strutture, ma attenzione, se si ammalano le strutture, il territorio sarà totalmente in balìa dei problemi che sono alla porta, che non sono solo i problemi virali, ma anche quelli demografici. La seconda ondata potrà arrivare, potrebbe però essere che non trovi più le RSA. Accendo un semaforo sui centri diurni per minori e per disabili, perché è sicuramente uno di quei luoghi dove oggi, magari più in silenzio o meno in evidenza giornalisticamente, mediaticamente parlando, si stanno sviluppando, però, sofferenze non gestionali, non patologiche, ma sofferenze di servizi significative, rispetto alle quali, forse, bisogna cominciare a pensare di intervenire, dando una forte accelerata alla ripresa dei servizi. Scusate, grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei, si figuri. Adesso ho l’intervento di Anna Di Mascio. DI MASCIO Anna (Forum Legacoop Piemonte) Buongiorno a tutti. Anche io ringrazio per la possibilità di intervenire. Sono, diciamo, ancora un terzo settore, ma anche mi associo a quanto precedentemente detto dal collega Ghisio perché, diciamo, anche Legacoop. Io faccio solo alcune riflessioni perché, appunto, molte sono già state evidenziate. Ricordo a tutti e lo ricordiamo, siamo ancora dentro una pandemia globale che ci ha trovato impreparati, ha trovato impreparati lo Stato, la Regione e le ASL, da cui sono scaturite indicazioni non coerenti, alcune volte, frammentarie e dove, nei primi giorni della pandemia, si è privilegiata, giustamente, la questione ospedale e non si è ritenuto prioritario intervenire sul tema RSA, malgrado alcuni segnali di allarme siano stati da noi lanciati alla Regione. Allora, qui entriamo un po’ nel merito e dobbiamo un po’ entrare nel merito, anche oggi, di quali saranno le prospettive su cui lavorare, rispetto al futuro, perché è evidente che le normative attuali, anche dal nostro punto di vista, vanno ripensate, ri-immaginando quindi le strutture residenziali come - e già qualcuno, prima di me, lo diceva - una risorsa per la comunità e per le famiglie. Ricordo che molti sono gli anziani non autosufficienti con pluripatologie che non si è in grado, anche, di occuparsene dalle proprie case e che quindi fanno parte…, sono punti della rete del sistema sociosanitario della nostra città e, di conseguenza, nella nostra regione. Allora, da questo punto di vista, francamente - e lo dico -, mi stupisce che soltanto ora sento degli interventi critici nei confronti della D.G.R. 45, che, ripeto, è del 2012, D.G.R. 45 rispetto alla quale le nostre organizzazioni avevano, più volte, posto alla Regione alcuni elementi di criticità che sono emersi in modo chiarissimo rispetto al Covid-19. Quindi, come dire, uno dei temi è stato evidenziato, il minutaggio, l’altro è il tema della presenza dei medici, l’altro tema è il rapporto con il territorio e la continuità assistenziale. Allora, da questo punto di vista, quindi, la necessità di rivedere questo tipo di modello sulla residenzialità, intanto deve arrivare da un livello che è nazionale, ma che poi deve essere soprattutto anche in ambito della nostra regione, perché le normative di riferimento sono normative della Regione Piemonte. Da questo punto di vista, quindi, andrebbe ripensato complessivamente il sistema dell’integrazione sociosanitaria, che riguarda non soltanto la residenzialità anziani, riguarda la domiciliarità e il sistema di cure complessivo, ma riguarda anche il tema della disabilità e delle persone delle fasce più vulnerabili. Allora, in questo senso, il rapporto tra, ripeto, sanità e sociosanitario è un rapporto che finalmente dovrebbe essere posto sotto la lente di ingrandimento e su cui occorre fare una riflessione insieme. Da questo punto di vista un ragionare solamente esclusivamente sul tema Sanità rischia di impoverire il tessuto sociale della nostra città, oltre che dei nostri territori, perché, quando noi immaginiamo e pensiamo alla salute di persone anziane, pensiamo alla salute di persone che possono e devono poter avere la possibilità di vivere in modo degno e di essere curate là dove serve. Allora, da questo punto di vista, il sistema anche della domiciliarità deve essere un sistema, come lo si ricordava, molto centrato non soltanto su una presenza sanitaria, ma su una presenza di figure che possono sostenere la persona negli aspetti della quotidianità della vita e, come si direbbe, della riproduzione sociale. Allora, da questo punto di vista, quindi, è chiaro che noi ci auspichiamo un ripensamento del modello, ma ci auspichiamo anche maggiori risorse su questo ambito dell’integrazione sociosanitaria, anche perché, non soltanto i bisogni aumentano, ma la vulnerabilità aumenta e, nello stesso tempo, siamo consapevoli del fatto che i sistemi attuali necessitano, ripeto, anche di risorse ulteriori per poter funzionare al meglio. Quindi, in questo senso, io mi auguro che si avvii in fretta e chiedo alla Città di Torino di farsi parte attiva verso la Regione Piemonte e a tutte anche le organizzazioni che qui sono presenti, perché si avvii in fretta una possibilità con la Regione di confrontarsi su questi temi e di arrivare ad un’ulteriore, possibilmente, rivisitazione del sistema della residenzialità e delle cure domiciliari e territoriali. Vorrei anche spezzare una lancia a favore invece di quelle strutture anche residenziali di RSA, che hanno resistito al Covid, che sono state capaci di sostenere questa ondata pandemica e sono state capaci a fronte dell’abnegazione, della presenza e della disponibilità degli operatori sociosanitari. Il tema dei DPI è stato un tema che, abbiamo visto, la Protezione Civile direttamente sequestrava e portava in ospedale, per cui, come dire, noi abbiamo avuto necessità di acquisire direttamente, là dove non avevamo, ma, nello stesso tempo, credo che sia importante riconoscere una professionalità anche in quelle strutture che sono state capaci… SICARI Francesco (Presidente) Le chiedo di avviarsi alla conclusione. DI MASCIO Anna (Forum Legacoop Piemonte) …di resistere a questa ondata pandemica. Quindi, detto questo, credo che la cosa importante per il futuro sia proprio quella di arrivare a ridefinire un modello, che, ripeto, deve, soprattutto, essere condiviso e sostenuto da Regione Piemonte. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Questo era l’ultimo intervento di quelli che abbiamo iscritto ad inizio Consiglio per quanto riguarda le persone che abbiamo invitato. Da questo momento in poi, quindi, prendo gli interventi dei Consiglieri Comunali, che da questo momento possono iscriversi, utilizzando la chat e poi procederemo con l’ordine. Prego, Consigliera Tisi, ne ha facoltà, anche lei, per sei minuti. TISI Elide Grazie, Presidente. Grazie a tutti coloro i quali oggi sono intervenuti in questo Consiglio Comunale aperto e grazie a coloro i quali hanno anche voluto darci il loro contributo, che credo sia stato estremamente ricco anche da angolazioni e punti di osservazione diversi. Io credo che…, intanto, volevo sottolineare il fatto che tra gli invitati, se non erro - sulla richiesta che, con molti Colleghi, è stata formulata a partire dalla Consigliera Grippo -, auspicavamo anche una partecipazione politica da parte della Regione Piemonte, in quanto certamente il tema, per come si è sviluppato, per come è stato affrontato, per i toni e i contenuti che ha sviluppato, credo abbia una valenza fortemente politica, oltre che conoscitiva. Certamente, questa necessità di interlocuzione politica con la Regione e l’ASL è anche in relazione ad un’altra richiesta che è stata fatta, l’ha fatta la Collega Grippo nell’introduzione, è stata fatta anche nella richiesta sottoposta a lei, Presidente, di poter avere una completezza anche di dati, perché, certamente, ci sono stati riferiti dati, relativamente ai tamponi effettuati - alcuni dati erano stati riportati anche in precedenti Consigli Comunali, in cui abbiamo affrontato questo tema -, ma io credo che sia necessario avere un quadro più preciso dei dati e non soltanto dei dati di quanto è accaduto e le conseguenze del Covid nelle RSA, ma dei dati più in generale che hanno toccato la popolazione torinese e la popolazione anziana, in modo particolare, e anche quella a domicilio. Perché, certamente, questa fragilità, che pure com’è stato evidenziato in uno degli interventi, più volte richiamata dal Governo, dal Ministero della Salute, forse non è stata poi sufficientemente attenzionata sui territori. Quindi, analizzare quanto è successo per poter costruire, a partire dai numeri, non soltanto dai numeri, il perimetro delle criticità e, naturalmente, questo ha lo scopo di evitare di ripetere gli errori, ma anche di trovare delle soluzioni, in qualche caso antiche com’è stato ricordato; forse recuperare alcuni modelli già presenti nella nostra Città, può essere sicuramente una cosa utile, ma anche soluzioni inedite, che guardino a tutto il mondo dei nostri anziani con occhi e forse anche con cuore diverso, rispetto a quanto è avvenuto in questi ultimi mesi. Certamente c’è un ruolo fondamentale, che è quello della politica, della politica regionale, della politica comunale anche, perché c’è bisogno di una strategia sociosanitaria a livello locale, che preveda e consenta davvero di svolgere una funzione di indirizzo da parte della Città nei confronti dell’Azienda Sanitaria, perché questo tema non sia la Cenerentola, ma diventi il cuore delle attività territoriali e uno dei temi principali con i quali guardare anche ai servizi del futuro. Il tema dell’invecchiamento, per il nostro Paese più in generale, ma per la nostra Città più particolare, è un tema primario, anche osservando i dati demografici della nostra popolazione e quindi era già importante in precedenza, ma oggi questa pandemia ha davvero acceso un riflettore che noi non possiamo non vedere. Dall’altro la presenza della politica regionale, la Regione ha un ruolo di programmazione su queste tematiche, che è importantissimo. Io credo che non basti autorizzare l’apertura di nuove strutture, senza avere un disegno più complessivo (incomprensibile), disegno più ampio di servizi agli anziani ed alle loro famiglie. Penso, per esempio ad uno sviluppo di persone con patologie anche gravi e con demenze, che, in molti casi, sono una risposta; penso ai servizi domiciliari, qui più volte richiamati che hanno visto, negli ultimi anni, una grande incertezza, fino ad arrivare, vorrei ricordarlo a molti Colleghi Consiglieri, ad un incontro svolto in una Commissione congiunta (incomprensibile) alla Città di Torino per la ridistribuzione su tutto il territorio regionale (incomprensibile) perché quando si parla di domiciliarità, e lo ricordava poc’anzi il rappresentante di Federsolidarietà, Fabrizio Ghisio, dobbiamo ripercorrere molti anni di lavoro e di storia della nostra città, ma dobbiamo, soprattutto, immaginare servizi che rendano davvero possibile ad una persona non autosufficiente il poter stare presso il proprio domicilio. Quindi, interventi che sostengano davvero le persone e le loro famiglie. Alcune ore durante la settimana non sono sufficienti. Di qui, il modello ad esempio di assegni di cura, ma se ne potrebbero analizzare molti altri, ma occorre la volontà di avviarci, appunto, in questa direzione, occorre una volontà politica forte, sia da parte della Città, che da parte della Regione. Qualcuno, nell’intervento, ha chiesto se questo dramma si poteva evitare, io credo che, sicuramente, si poteva contenere. SICARI Francesco (Presidente) Le chiedo di concludere. TISI Elide Vado a concludere. Certamente, ancora una piccola chiosa. Sicuramente, si poteva contenere se avessimo (incomprensibile) maggiormente alle indicazioni nazionali, ma, soprattutto, io credo che dobbiamo, oggi, evitare che succeda ancora e quindi mettere in campo, ripensare i modelli, mettere in campo tutte le azioni e considerare il Consiglio Comunale di oggi come occasione preziosa da cui prendere spunto anche per indirizzi politici che, mi auspico, arriveranno dal nostro Consiglio Comunale e di cui noi siamo interpreti in questa giornata, per riprendere (incomprensibile) di Sanità di territorio e un sociosanitario che (incomprensibile). Grazie, Presidente e grazie a tutti gli altri ospiti. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei, Consigliera Tisi. Adesso ho l’intervento del Presidente Versaci. Prego, ne ha facoltà. VERSACI Fabio Grazie, Presidente. Saluto tutti i nostri ospiti e li ringrazio per gli interventi che si sono susseguiti stamattina perché sono stati assolutamente molto preziosi e importanti. Tra l’altro, con alcuni di loro ci conosciamo perché partecipano spesso ai lavori della IV Commissione. Dico, sin da subito, che do la mia disponibilità, ovviamente, per ritornare sul tema in qualità di Presidente della IV Commissione, per approfondire, per comunque monitorare, soprattutto sulla questione dei dati, come è stato anche ricordato adesso dalla Vicepresidente Tisi, quindi do la mia disponibilità a ritornare ovviamente sul tema in Commissione. Il Consiglio è stato assolutamente importante, perché ha dato uno spazio sicuramente, uno spazio politico anche molto importante, che la Commissione non ha sicuramente, ma la Commissione ha la possibilità di entrare più nello specifico sui temi, anche per fare più Commissioni, quindi io do, da subito, la mia disponibilità, la do agli ospiti e ovviamente ai Colleghi del Consiglio Comunale, qualora si presenterà la necessità di, come diceva la Collega Tisi, di dare degli atti di indirizzo, come spesso facciamo. Dico semplicemente una cosa, ovviamente non è mia intenzione stare qui a speculare politicamente sulla questione, anche perché, obiettivamente, lo si poteva fare, non lo abbiamo fatto, personalmente io non l’ho fatto, ma neanche la Maggioranza, ma neanche il Consiglio Comunale, mi permetto di dirlo, sia durante che dopo la pandemia, cioè dopo no, perché ancora non è finita; dopo la calma della pandemia si poteva speculare molto di più su quello che è avvenuto all’interno delle RSA, però penso che abbiamo agito, secondo me, in maniera corretta e siamo rimasti coi piedi per terra e abbiamo pensato a portare il nostro contributo. Mi dispiace che la Regione, oggi, non sia qui, però non mi stupisce nel senso che me lo aspettavo e credo che abbia sbagliato perché non era sicuramente intenzione di questo Consiglio Comunale processare nessuno, però era, secondo me, un momento per poter capire e collaborare insieme per provare a portare delle soluzioni, perché, come è stato ricordato da tutti, se davvero, come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ritornerà in autunno questo virus così violentemente, dobbiamo essere in grado di rispondere e reagire in maniera corretta, perché è evidente che sono stati fatti degli errori ed è anche evidente che dagli errori si impara. Purtroppo, sono morte tantissime persone, poi ognuno di noi ha avuto, per conoscenza o dei familiari o, per conoscenza, delle persone che, purtroppo, questa pandemia se le è portate via e quindi diciamo che siamo molto colpiti tutti personalmente, in modi diversi, da quello che è accaduto. Quindi, secondo me, è stato importante, oggi, ripeto, aver dato spazio ai nostri ospiti che, diciamo, conoscono il tema, hanno vissuto il tema molti e lo conoscono molto meglio di noi; noi l’abbiamo vissuto marginalmente, almeno io personalmente marginalmente. Quindi, io ripeto, Presidente, io ringrazio ancora e do di nuovo la mia disponibilità sia agli ospiti che (incomprensibile) della IV Commissione per continuare a lavorare sul tema e provare a portare delle proposte che possano migliorare la situazione attuale. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei, Presidente Versaci. Adesso, procediamo con l’intervento della Capogruppo Artesio. Prego, ne ha facoltà per sei minuti. ARTESIO Eleonora Grazie. Il miglior modo per ringraziare delle presenze di oggi è quello di assumere degli impegni, in quanto siamo un’istituzione e a questa responsabilità siamo chiamati. Io provo a definirne alcuni. La prima questione mi sembra questa: la sottolineatura irreversibile, mi auguro, del fatto che stiamo parlando di condizioni personali, di malattia, tali per le quali le persone non sono in grado di svolgere autonomamente le funzioni essenziali della vita. Quindi, non stiamo parlando di solitudine, certo, c’è anche la solitudine; non stiamo parlando di fragilità conseguente all’invecchiamento, certo, c’è anche questo; stiamo parlando di condizioni, quelle dell’invecchiamento, quella della solitudine, in alcuni casi, quella della povertà, aggravate da una condizione di malattia con diversi livelli di intensità assistenziale, perché questo è il requisito in base al quale le persone, sia nelle cure domiciliari in lungo assistenza, sia negli ingressi RSA, vengono accompagnate, a seguito di un’unità di valutazione geriatrica o multidimensionale. Quindi, se parliamo di una condizione di malattia, che si associa a un’altra condizione di fragilità e che può essere dignitosamente curata in diversi contesti, domiciliari o residenziali, a seconda delle condizioni personali, è ineludibile la competenza di carattere sanitario, una competenza di carattere sanitario che si esercita nella sfera dei servizi sociosanitari. Dal punto di vista normativo, l’inquadramento era esplicito e illuminato fin dalla costituzione di questi servizi e di queste prestazioni. Ora, che le condizioni particolari rendano evidente la necessità di rafforzare la competenza sanitaria, che, in base ai parametri di accreditamento e di funzionamento, è risultata, in alcuni casi, particolarmente debole a reggere un urto e, in altri, invece, capace di reggere quell’urto, probabilmente perché con una struttura più forte, che noi si (incomprensibile) sanitarizzare, significa semplicemente che la concezione olistica dell’integrità della persona, che passa attraverso qualità della relazione, fatta di tanti elementi: quello dell’assistenza tutelare, quello dell’animazione e così via, non può far venir meno, anzi si deve coniugare e deve enfatizzare, la qualità delle cure e cioè della componente clinica. Quindi, io non vedo, quando si dice di rafforzare la competenza sanitaria, un rischio di sanitarizzazione; la sanitarizzazione accade quando si trasforma in malattia ciò che non è. Qui, stiamo parlando di condizioni di persone malate, che vanno accolte, in quanto persone, nelle RSA, in un contesto sociale, nei quali, contesti di cura, la cura ci deve essere, insieme alla cura delle relazioni e, probabilmente, accanto al rafforzamento della competenza del Direttore Sanitario, forse, dovremmo anche ragionare di altri tipi di competenze, sia che intervengono nel rafforzamento clinico, come le ore dedicate alla motricità e al mantenimento della mobilità, sia nel rafforzamento delle competenze cosiddette di relazione, come tutte le attività dedicate alle terapie occupazionali. Quindi, io credo che dire: è una responsabilità che si esercita nella sfera sociosanitaria e che prevede un rafforzamento della competenza sanitaria, sia un punto di principio al quale dobbiamo approdare. La seconda questione significa che, se questo è, la condizione di non autosufficienza non è una condizione riconosciuta ad intervalli temporali altalenanti, per cui si sostengono, con risorse destinate, le condizioni di non autosufficienza se viene periodicamente istituito un fondo nazionale o si sostiene la domiciliarità con proroghe progressive. Se la condizione di non autosufficienza, che si gestisce come cura, all’interno dell’area sociosanitaria, è una condizione che riconosciamo, allora va strutturata nei livelli essenziali di assistenza e a questi va data continuità e garanzia come la si dà rispetto ai servizi essenziali delle prestazioni sanitarie, e, ovviamente, poiché tutti hanno detto che la domiciliarità è una condizione fondamentale, dove sussistano le condizioni…, perché voglio ricordare che curare a casa delle persone in condizioni di malattia e particolarmente deboli da altri punti di vista, ad esempio quelli affettivi, quelli relazionali, quelli economici, significa sempre avere un punto di riferimento nel caregiver, il che introduce tutto il tema del volontariato intrafamiliare che qui non approfondisco, ma sottolineo che riconoscere le cure domiciliari in lunga assistenza non vuol dire, come dicono i LEA oggi, riconoscere gli interventi professionali clinici, ma riconoscere tutto quel tema dell’assistenza tutelare che, nel modello Torino, è stato ampiamente valorizzato e quindi un impegno, anche su questo aspetto, nei Livelli Essenziali di Assistenza. L’ultima cosa su cui intervengo è quella relativa alle possibilità di rafforzare la partecipazione sociale nei servizi di carattere residenziale. SICARI Francesco (Presidente) Le chiedo di avviarsi alla conclusione, grazie. ARTESIO Eleonora …nei servizi di carattere residenziale. Ho chiesto il funzionamento delle nità di vigilanza comunali, penso che possano essere aperte anche alla partecipazione le unità di vigilanza comunali, quelle regionali, delle organizzazioni di rappresentanza. In altri casi, come nel caso della salute mentale, questo era stato previsto con specifiche delibere regionali. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) La ringrazio. Adesso, ho il Capogruppo Petrarulo. PETRARULO Raffaele Grazie, Presidente. Ho ascoltato tutti gli interventi di chi si è succeduto, prendendo anche alcuni appunti su quello che è questo capitolo delle RSA, che era collegato, voi tutti lo sapete benissimo, alla grande polemica che c’è stata con l’emergenza Coronavirus. Non veniamo oggi a parlare di RSA, quando il problema delle RSA, delle liste di attesa, di tutto quello che succede è una cosa che sta andando avanti da decenni, quindi non è che, oggi, scopriamo l’acqua calda in cui abbiamo liste di attesa non di poco conto, non si riesce a rientrare o via discorrendo, quindi non è una questione solo del Comune di Torino, ma di tutta la Regione Piemonte. Mi dispiace che manchino alcuni interlocutori. Gli interlocutori…, io dico sempre che chi è assente, chi non vuole partecipare, da qualsiasi colore politico possa venire, sbaglia, perché i sindacati, i referenti, coloro che hanno parlato hanno snocciolato. Io non sono uno che legge, se vedete questa è una mozione che poi vi dirò dopo, parlo a braccio, perché quando uno le cose le vede, le sa e le sente e non deve dare numeri, perché non devo dare io i numeri, non sono io sono l’Assessore alla Sanità, non sono io l’Assessore al Welfare del Comune di Torino, non sono in Giunta e non devo sicuramente andare a dire quanti sono stati dimessi, perché io non ho accesso alle carte, come voi ben sapete, perché non c’è una Commissione preposta a fare questo, allora, io mi domando e chiedo, dopo questa adunanza, che è avvenuta oggi che è l’8 luglio, senza prendermi il merito, ma il “co-merito” me lo prendo, quando la Consigliera Scanderebech, in un Consiglio di alcune settimane fa, aveva chiesto e aveva detto e poi ha fatto, ha presentato una mozione, lo dico agli interlocutori, la faccio vedere per correttezza, io sono uno di quelli che…, ecco il foglio che sto leggendo, non sto leggendo fogli di intervento, è la mozione 202001413/002, avente ad oggetto: “Costituzione Commissione d’Indagine sui Presidi Socio Assistenziali di Torino”, presentata in data 23 giugno 2020, prima firmataria Scanderebech, e snocciola tante cose. Io mi sono chiesto, naturalmente - perché con lei ho parlato e poi, sicuramente, lo affermerà - che era una cosa molto interessante e intelligente; non ci sostituiamo alla Procura della Repubblica, ci mancherebbe, ma andava anche a capire tutte queste cose che state dicendo oggi. Ho sentito, io lo dico all’amico, l’amico e Presidente Versaci che dice: in IV Commissione andremo a snocciolare qualsiasi cosa su quello che riguarda le RSA, ben venga anche la IV Commissione; ma mi domando una cosa e questo mi fa molta rabbia, lo dico a tutti, ma lo porterò ogni settimana sul sito (incomprensibile), ma perché la mozione del 23 giugno 2020, che vede prima firmataria Scanderebech, vede solamente come cofirmatari…, perché voi sapete benissimo, lo dico a chi ci sta ascoltando, perché venga costituita una Commissione d’Indagine occorrono undici firme, undici Consiglieri che firmano, non che parlano nei congressi, non che parlano nelle assemblee, non che parlano nelle Commissioni, non che parlano per strada o al bar o a cena, devono firmare on line la mozione, per correttezza, dato che non sono il primo e l’unico, prima firmataria c’è Scanderebech Federica, poi c’è Curatella Cataldo, Petrarulo Raffaele, il sottoscritto - mi ha battuto Curatella, in questo caso -, Montalbano Deborah, Pollicino Marina, Artesio Eleonora, solo sei. Presentata il 23 giugno, questa è stata stampata alle ore 12.49 del mercoledì 8 luglio ed è a conoscenza di tutto il Consiglio Comunale. Ora, io mi attendo e chiedo che tutti questi - che hanno a cuore le RSA, che vogliono capire cosa sta succedendo nelle RSA, che vogliono entrare anche a capire per quali motivi non stanno funzionando o non hanno funzionato, senza andare a dare colpa a destra o a sinistra, per andare nell’interesse di quelli che, forse, sono morti per alcune inefficienze, forse si poteva fare meglio, forse si potrà fare meglio - spero e penso che oggi, domani, entro domenica firmino per fare arrivare questo quorum e far sì che la mozione prima firmataria Scanderebech, con Petrarulo che è sostenitore al 100% di questa, possa avere questa Commissione d’Indagine, così come dice il Regolamento Comunale, e, naturalmente, possa far avere anche i tempi molto più stringenti di una Commissione normale. Non me ne voglia Versaci, ma non penso che Versaci possa fare le Commissioni tutti i giorni, abbiamo degli slot, abbiamo le videoconferenze, abbiamo tante di quelle cose che non funzionano, quindi per forza che non si possa fare. Anche perché, in questa versione, la illustro io perché, certe volte, ho voluto anche, tra virgolette, “che fosse presentata”, perché, capite, quando la Scanderebech scrive e dice, noi diciamo: “I Presidi Socio Assistenziali sono strutture di accoglienza destinate a persone che necessitano di tutela e di interventi appropriati di varia natura…”. Impegna, quindi l’“Impegna” di questa mozione è: “La Sindaca, la Giunta e il Consiglio Comunale a dare seguito a tutte le azioni necessarie per una corretta istituzione di una Commissione d’Indagine sui Presidi Socio Assistenziali del territorio torinese”. Allora, se non si raggiungeranno le undici firme, lo dico a chi ci segue, a tutti i sindacati a tutte le RSA, alla Regione, ai giornalisti, che sia molto chiaro questo, naturalmente, non verrà fatta questa Commissione d’Indagine, rimarremo qui a chiacchierare di avere fatto una bella adunanza, di avere fatto (incomprensibile) che ben venga che l’abbiamo fatta, ci mancherebbe, però dal 23 giugno, depositata l’8 luglio, io mi trovo sei firme su 40 Consiglieri. Ecco, su questo dato bisogna riflettere, su questo dato, e ringrazio la prima firmataria, bisogna far chiaro. Qui non è questione di essere di Destra o di Sinistra, di sopra o di sotto, stellato o non stellato, all’ottantesimo posto o all’80, si vuole fare chiarezza, la si firmi; non si vuole fare chiarezza, continuiamo a fare le tavole rotonde, andiamo al bar, andiamo in Commissione, chiacchieriamo con tutti, che fa piacere. Io voglio chiarezza e la chiarezza la può fare solamente una Commissione d’Indagine, dove va a chiedere nomi, cognomi, indirizzi, ovviamente riservati, per quello che è la privacy, per quello che sia, sui numeri, su cosa è successo, su cosa si è fatto; si interpellerà. Qualcuno non vorrà venire, benissimo, poi si trasmetterà tutto questo alla Procura della Repubblica per far capire (incomprensibile) se qualcuno su questo argomento ha fatto bene? Ha fatto male? Non lo so, non faccio il giudice, faccio il commercialista, come dico spesso, e non faccio il medico, quindi non so fino a che punto sia sbagliato o non sia sbagliato. Non voglio entrare nei campi di chi… non è la mia professione, ma nel campo politico penso e credo che chi, oggi, è intervenuto, non è intervenuto, viene, abbandona i lavori, faccia che cavolo vuole, però se no… SICARI Francesco (Presidente) Le chiedo di avviarsi alla conclusione. PETRARULO Raffaele Chiudo, firma (incomprensibile) condizioni. Io, lo dico a chi ci sta ascoltando, io domenica metterò la Commissione…, metterò su Facebook, naturalmente con tutti quelli che hanno firmato e lo metterò spesso e volentieri ed interverrò, naturalmente, con un’interpellanza in Consiglio Comunale, perché questa mozione deve essere approvata, occorre fare chiarezza se si vuole veramente fare giustizia e dare onore anche a chi oggi non c’è più. Grazie a tutti. Buona giornata. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Adesso ho la Vicepresidente Ferrero. Prego, ne ha facoltà. FERRERO Viviana (Vicepresidente) Quanti minuti, grazie? SICARI Francesco (Presidente) Sei. FERRERO Viviana (Vicepresidente) Grazie, Presidente. Io credo fosse importante sollevare il tema, dibatterlo, articolarlo, verificarne i percorsi. Io ringrazio veramente tutti gli intervenuti per i preziosi contenuti e contributi che ci hanno dato veramente una visione completa di quello che sia il problema. Il Comune si era espresso sulla Salute, si era espresso nell’occasione della Variante di piano sul Parco della Salute con una mozione di accompagnamento, perché la Salute pubblica non la dobbiamo solo sollevare nei momenti dell’emergenza, è uno di quegli argomenti che va, comunque, (incomprensibile) le strutture intermedie, le reti sociali, le cure domiciliari, quelle vanno affrontate come azione comunale di indirizzo. Io ritengo che oggi l’assenza della (incomprensibile) luce, il ghiaccio sottile della Sanità pubblica, che nessuno nasconde abbia criticità, ma che, comunque, questo Paese non può essere sempre il Paese dell’emergenza e deve superare quella che è, appunto, la questione sempre emergenziale per cui si mette in moto tutto solo sull’emergenza, con una programmazione attenta alle necessità, soprattutto su quella di un fattore non occasionale, ma assolutamente biologico dell’invecchiamento della popolazione, che è una situazione inevitabile e che sulla qualità di vita, sulla qualità di vita della persona anziana, nella parte spesso molto lunga della nostra vita e lenta della nostra vita, ecco questo è un argomento che credo interessi tutte le istituzioni a tutti i livelli. Una specie di educazione all’invecchiamento che concorre in quelli che sono tutti i passaggi che vanno raccordati come competenza. A me è piaciuto, è stato detto più volte in questa…, io ho preso diversi appunti, più volte si è parlato di cure olistiche, ecco, il fatto che si intervenga non solo con la medicalizzazione, ma con un percorso. Noi avevamo parlato, in questa mozione, di accompagnamento, di cure nelle Case della Salute, che non si sono poi, di fatto, mai realizzate e mi piacerebbe poi che la Regione ci desse il quadro di come vuole intervenire in questo tipo di procedura, che passa, appunto, dall’assistenza domiciliare, alle Case della Salute, all’estremo dell’ospedalizzazione. Ma, nel caso delle persone anziane, c’è tutto un percorso precedente che va analizzato, va rinforzato, va, in qualche modo, sostenuto. Ecco, io credo che, oggi, si sia fatta chiarezza su quello che è stato e su quello che dovrà essere. Io credo che anche il Comune di Torino possa, in qualche modo, farsi parte attiva, soprattutto nell’ascoltare le istanze di quelli che hanno lavorato a contatto con la malattia e soprattutto con quest’emergenza che, veramente, ha messo in luce anche le capacità di ognuno anche di reagire. Io spero che questo Covid si sia evoluto e che questa emergenza, in realtà, si riassorba, ma l’emergenza dell’invecchiamento è, invece, una di quelle emergenze che non è emergenza, ma è un fatto strutturale nella nostra vita. Quindi, io, su questo, mi interrogo, oggi, e credo che tutti gli spunti che sono stati dati dagli ospiti di oggi, che hanno dato una bella visione articolata, siano di grandissimo arricchimento per la nostra Amministrazione. Grazie, Presidente. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Adesso, ho il Capogruppo Tresso. Ne ha facoltà per sei minuti, grazie. TRESSO Francesco Grazie, Presidente. Io ringrazio, in primo luogo, i convenuti; mi è sembrata una discussione articolata, esaustiva e molto utile per tutti gli apporti che ci hanno saputo offrire. Ringrazio anche la Collega Grippo per aver promosso questo tipo di Consiglio, che reputo utile e necessario, anche alla luce di quella che è stata l’emergenza passata. Mi sembra che sia emerso, in maniera netta, e credo che sia necessaria una riflessione da parte nostra. Qui siamo il Consiglio Comunale di Torino, è necessario fare una riflessione su quello che possiamo portare a casa, anche in termine concreto di indirizzo per quello che è la nostra attività politica. Noi sappiamo bene che le funzioni e i compiti della materia sanitaria sono sovraordinati al nostro tipo di attività, però, nondimeno, ricordiamo che è proprio in capo alla Sindaca, al Sindaco, insomma, alla Città anche una funzione di responsabilità di igiene e Salute pubblica dei cittadini, dei propri cittadini e quindi non possiamo esimerci, in supporto all’attività dell’Amministrazione, di affrontare tutti quei temi che riguardano proprio il controllo, la verifica, il giudizio anche sull’attività della ASL e sulla programmazione dei servizi sociosanitari che sono quelli che poi devono garantire ai cittadini delle condizioni di salute, che poi, ricordiamo, vuol dire sostanzialmente garantire delle situazioni, quindi, di vita, di lavoro, di opportunità di poter condurre una vita in condizioni di tutela. Questo vale, a maggior ragione, per le categorie più fragili e, in una città come la nostra, che è caratterizzata da un’anagrafica piuttosto avanzata, deve avere un’attenzione del tutto particolare. In questo senso, e, mi spiace, lo faccio con una nota, sì, volutamente anche un po’ polemica, io avevo presentato, era il 20 aprile duemila... di quest’anno, quindi tre mesi fa, un ordine del giorno che faceva fronte alla condizione emergenziale, eravamo in pieno periodo di Covid, e, ritenendo non adeguata la risposta che si stava dando, avevo chiesto - con un ordine del giorno, che fu votato, appunto, in quella data dalla gran parte dei Consiglieri Colleghi - di chiedere alla Regione delle misure urgenti da mettere in atto per salvaguardare la tutela…, salvaguardare la salute dei cittadini. Ora, dico, mi spiace dover considerare che poi nulla è stato fatto perché l’Amministrazione non ha poi svolto alcuna azione diretta nei confronti della Regione, del Presidente della Regione, dell’Assessore competente per dare seguito a queste richieste, che erano poi sette punti che io richiamavo. Uno di questi punti è particolarmente centrato su quello che oggi è stato discusso perché, lo leggo testualmente, chiedeva proprio di: “Continuare ad assicurare e sviluppare l’assistenza specialistica territoriale, attualmente drasticamente contratta, soprattutto per i soggetti anziani portatori di patologie croniche, anche attraverso il teleconsulto per limitare la movimentazione di pazienti ed operatori”, quindi anche innestando delle tecniche che devono essere innovative, ma che sono assolutamente alla portata. Però, in tutto questo, voglio dire, c’era sostanzialmente, e lo sottolineo, la necessità di non contrarre ulteriormente l’assistenza specialistica territoriale - questo, credo, sia uno… - e quindi di continuare a mantenere anche un po’ quella capacità di sviluppare, a livello più pervasivo, la capacità di offrire questo tipo di cure. Non vado molto oltre sulle considerazioni, però mi soffermo, invece, su una considerazione che è stata fatta dal dottor Ciattaglia, che io condivido pienamente, perché, di nuovo, rientra nel perimetro di quelle che sono le nostre funzioni, su cui noi dobbiamo assolutamente assumere, in pieno, delle responsabilità, non demandando agli Enti sovraordinati. Il dottor Ciattaglia ha fatto riferimento all’assolutamente attuale attuazione del progetto preliminare della Variante generale del Piano Regolatore. Voi sapete che le Varianti generale hanno varie fasi, noi stiamo per approvare, abbiamo adesso un programma che, in dieci giorni, deve approvare un lavoro durato degli anni, che si chiama proprio “Proposta tecnica del progetto preliminare”. Allora, perché dico questo, perché si è parlato di cure olistiche, ecco vorrei che anche nell’Urbanistica noi adottassimo un principio di questo tipo, un principio olistico, cioè che va a capire come noi dobbiamo lavorare su un tessuto della città che deve farsi carico di questi problemi e che, quindi, non può demandare, a quelle che sono delle leggi di mercato, l’attuazione di… - dal punto di vista della logica di chi opera privatamente su questo mercato è più che lecita -, ma, voglio dire, di attuare degli interventi, e, sicuramente, il mondo dell’edilizia, fortemente contratto, sta guardando quei tipi di intervento sulle RSA con un interesse e un appetito molto molto forte, e lo vediamo anche sulla nostra Città in questi anni, ma questo deve essere regolato in qualche misura dalla Città, deve essere verificato e pianificato. Noi non possiamo lasciare che le cose succedano, senza che ci sia dietro un disegno, una volontà di riuscire, come dicevo, appunto, ad avere un principio anche olistico, nel senso che questo tipo di interventi devono poter parlare col territorio, devono poter capire come si inseriscono e che tipo di condizioni andiamo a garantire per la vita delle persone che si trovano nella fase terminale della loro vita e quindi nell’ultimo periodo e che possono davvero innestare dei sistemi, anche, di possibilità di servizi che devono essere assolutamente garantiti. Questo perché, credo, è una delle cose attuali che, oggi, è stata richiamata, mi sembra anche con grande puntualità e che noi, proprio nei dieci giorni che vediamo da qui in avanti, dovremmo discutere. Io ritengo che dieci giorni siano un periodo assolutamente troppo breve per poter valutare dei temi così importanti, però è importante e sarà necessario, che, anche nelle fasi poi successive di quest’iter di approvazione di uno strumento così importante - perché non è solamente andare a definire i parametri di edificabilità, è proprio una visione che abbiamo sulla Città in un arco temporale, comunque, almeno, di un paio di decenni -, è necessario che questa riflessione sia profonda, sia attenta e capace, come oggi, di aprirsi a tutta una serie di apporti che dobbiamo poter fare nostri e che, quindi, ci renda contezza delle responsabilità che dobbiamo apportare. La ringrazio, Presidente e soprattutto ringrazio gli ospiti. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Adesso ho la Consigliera Scanderebech. Prego, ha sei minuti. SCANDEREBECH Federica Grazie, Presidente. Intanto ringrazio anch’io tutti gli intervenuti, perché, secondo me, non bisogna additare nessuno, ma nel rispetto dei tanti morti, della tanta sofferenza, un dibattito costruttivo era dovuto e quindi, oggi, con molta attenzione, ho ascoltato tutti gli interventi e delle riflessioni successive, secondo me, vanno svolte e bisogna sviscerare i tanti temi, anche più particolari, in cui, politicamente, con dovizia di dati, si potrebbe affrontare un dibattito molto più ampio, sia nelle tempistiche e sia negli argomenti. Infatti, veniva da alcuni richiamato il perimetro delle nostre funzioni, delle nostre responsabilità, delle nostre competenze, come Città di Torino, ma anche come organo di indirizzo politico, organo di indirizzo politico sulla città e sull’area metropolitana, ricordando sempre che la nostra Sindaca, chiaramente, ha una competenza anche sull’area metropolitana più ampia. Ad esempio, non ho sentito citare, ma perché l’argomento, probabilmente, si è svolto in maniera un po’ più ampia, il fatto che sono a conoscenza, ad esempio, che a febbraio i nostri servizi della Città avevano in carica circa 900 tutelati tra anziani, disabili e adulti in difficoltà. Tra questi 900 tutelati - ricordiamo che il tutore è la nostra Assessora Schellino -, alcuni, chiaramente, erano nelle RSA, alcuni, purtroppo, non sono più qui con noi, quindi, ad esempio, questo è uno dei tanti temi che, in un’ipotetica Commissione d’Indagine, che era stata proposta, poteva essere sviscerato, sia con dovizia di dati più precisi, rispetto a quelli che io personalmente ho in possesso da febbraio, ma anche, diversamente, si poteva, tramite questa Commissione d’Indagine, che veniva proposta, che veniva richiamata prima dal Collega Petrarulo - e ringrazio chi ha sottoscritto la mozione - perché, a parer mio, veramente, dobbiamo - e, anche dopo gli interventi di oggi, la necessità, secondo me, c’è - approfondire il tema in maniera più ampia. Una slot in più di Commissione solo sul tema, forse, sarebbe necessaria e opportuna. Io faccio un appello all’Aula, sinceramente: se siamo ancora in tempo a capire come fare per approfondire ancora di più il tema, capire come fare, magari sottoscrivendo anche questa mozione di indagine, che non vuole, assolutamente, additare nessuno, ma vuole dare più spazio ad un dibattito che potrebbe essere, veramente, proficuo e costruttivo e, soprattutto, potrebbe sviscerare tutte quelle competenze, responsabilità e quei dati in possesso della Città e che la Città, secondo me, responsabilmente deve, per i tanti morti e decaduti che ci sono stati nelle nostre strutture, ma anche, di per sé, in maniera più ampia, nella nostra città. Quindi, Presidente, termino e concludo ringraziando veramente tutti gli intervenuti e ringraziando per questa possibilità di dibattito che c’è stata oggi, che ho considerato veramente proficua e utile. Grazie. SICARI Francesco (Presidente) Grazie a lei. Io non ho altre richieste di intervento da parte dei Consiglieri. Attendo soltanto un attimo. Allora, non vedo richieste di intervento. |