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Estratto dal verbale della seduta di Mercoledì 8 Luglio 2020 ore 10,00
Paragrafo n. 6

SITUAZIONE R.S.A. CITTADINE
Interventi
SICARI Francesco (Presidente)
Allora, può procedere. Okay, dite nome, cognome e la sigla a cui appartenete, per
l’intervento. Prego, Demichelis.

DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati)
Mi sentite?

SICARI Francesco (Presidente)
Sì, la sento un pochino bassa, ma la sento.

DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati)
Eh, proviamo. Buongiorno, io sono Demichelis della CISL FNP Pensionati di Torino e
oggi qua siamo invitati come SPI CGIL, FNP CISL e UILP UIL e (incomprensibile)
sindacale dei pensionati. Abbiamo presentato un…, abbiamo (incomprensibile) unitario
sia sulla loro autosufficienza…

SICARI Francesco (Presidente)
Può, per favore, avvicinarsi al microfono? La sentiamo troppo lontana.

DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati)
Sto arrivando. Va meglio come volume?

SICARI Francesco (Presidente)
Come volume va meglio. Cerchiamo tutti di parlare vicini al microfono, in modo che si
senta bene la voce e ciò che avete da dire. Prego, prosegua con l’intervento, grazie.

DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati)
No, dicevo che parlo a nome unitario del Sindacato dei Pensionati Confederali, SPI
CGIL, FNP CISL e UILP UIL. Noi abbiamo prodotto un documento unitario, appunto,
sulla non autosufficienza, che poi vi manderemo, al Presidente e al Consiglio, che è
molto più articolato di quello che posso dire, raccontare oggi in un breve intervento. È
un documento che riguarda proprio l’emergenza nelle RSA di cui stiamo parlando
questa mattina. Molto brevemente richiamo alcuni punti, che poi avrete occasione di
poter sviluppare e apprendere nel documento che noi vi daremo. Allora, intanto sulla
presenza di un componente che noi riteniamo che sia importante, un componente anche
sindacale o comunque di controllo nell’ambito delle RSA, queste strutture dove non
sono assolutamente gestite o comunque non sono controllate e verificate in nessun ruolo
e in nessuna misura, c’è stato quello che abbiamo visto in questo periodo, in cui
abbiamo registrato, da un punto di vista anche sanitario, ma anche dei rapporti tra le
persone. Credo che sia molto importante che noi rivendichiamo la possibilità di poter
avere anche degli organismi di consultazione, di partecipazione, non soltanto per il
controllo, ma anche per poter contribuire alla programmazione (incomprensibile) di
queste strutture. Credo che sia stata superata l’idea di considerare ospite una persona
che fa parte di questa struttura, perché deve essere considerato un residente a tutti gli
effetti e quindi anche dare la propria dignità a queste figure, a queste persone che
vengono… vivono dentro queste strutture. Credo che il superamento degli standard di
assistenza previsti dal D.G.R. 45, riteniamo che siano del tutto superati, quelli che
possono essere i criteri di assistenza dettati in questo caso, eppure pensiamo che sia
importante considerare la persona per quelle che siano le esigenze, al di là di quello che
può essere il contagio. Poi ci rendiamo conto che il rapporto, anche, con il personale
dipendente, va considerato e regolamentato, ma va superato questo tipo di situazione,
che vada riconosciuta anche un’adeguata retribuzione del personale, diciamo, assistente,
quindi infermieristico e medico, in queste strutture, per evitare anche che poi ci sia un
fuggi fuggi nell’ambito della sanità pubblica da parte di queste strutture che, come
sappiamo, sono strutture private. Un piano di rientro, riteniamo, delle liste di attesa
pieno di criticità, riavviare un percorso che porti ad una apprezzabile riduzione dei
tempi di attesa per le visite mediche che si sono interrotte con l’emergenza COVID.
Ormai sappiamo che le Case della Salute sono sulla carta, ma in realtà non funzionano e
quindi dobbiamo assolutamente pensare che una…, diciamo così, le cronicità vengano
considerate in una maniera diversa da quello che poteva essere (incomprensibile).
Riaprire le visite ai parenti, ancora oggi vediamo situazioni in cui i parenti stessi non
riescono ancora a raggiungere i propri cari. Credo che dobbiamo assolutamente
accelerare e far sì che comunque sia possibile riunificare i parenti con i pazienti, con
questi ospiti, come vengono chiamati, per verificare anche la possibilità di poter,
insieme, attivare dei momenti creativi, culturali, il tempo libero, cioè cercare di liberare
nuovamente questo spazio che si è bloccato, che si è interrotto, purtroppo, in questo
momento terribile che abbiamo vissuto. Un’altra cosa che riteniamo importante, è che
non si debbano considerare gli aumenti delle rette a carico degli ospiti, perché in questo
periodo invece abbiamo anche potuto in qualche modo assistere (incomprensibile) da
questo punto di vista. Non è giustificato questo aumento. Poi abbiamo richiamato un po’
tutto l’aspetto del territorio, che riteniamo sia importante, che sia collegato anche a
quello dell’aspetto delle RSA: adottare dei criteri di potenziamento della rete
assistenziale territoriale, potenziare la sanità territoriale che non richiede
l’ospedalizzazione e il ricovero e che quindi sia possibile anche ridurre il ricovero
presso queste strutture e sopperire a queste esigenze attraverso le Case della Salute, da
questo punto di vista vediamo una carenza. L’incremento dei servizi domiciliari
integrati, sia quelli sanitari, sia quelli socioassistenziali. È sempre più importante
unificare l’assistenziale con il sanitario, non è pensabile continuare ad andare avanti
separatamente da questo punto di vista. Quindi noi pensiamo che anche su questo
versante la domiciliarità è importantissimo. Pensate agli assegni di cura dove sono stati
bloccati. Probabilmente la Regione Piemonte in questo periodo sta addirittura pensando
di ridurre ed eliminare questo strumento che noi riteniamo invece possa aiutare
moltissimo nella domiciliarità e nell’equilibrio ad una dignità maggiore di cura di
queste persone. La riapplicazione al piano nazionale della non autosufficienza, su
questo noi vi manderemo un documento specifico su questo, dove abbiamo presentato
anche a livello nazionale delle Proposte di Legge rispetto a questo. Ormai è giunto il
tempo e non possiamo più andare avanti a pensare di non considerare la non
autosufficienza come uno dei problemi più importanti e sempre più pressanti di questa
nostra società. Teniamo presente che il Piemonte rispetto alle altre regioni d’Italia è
dove si contano la maggior percentuale di anziani over 65, per cui a maggior ragione noi
siamo interessati e coinvolti e pressati da questo punto di vista, ma avremo occasione di
poterlo vedere poi in quel documento di cui vi accennavo. Il potenziamento delle
USCA…

SICARI Francesco (Presidente)
La invito ad avviarsi alla conclusione, grazie.

DEMICHELIS Agostino (CISL FNP Pensionati)
Mi avvio velocemente. Le USCA dove non sono assolutamente presenti sul territorio,
sono una quarantina previste dalla Regione, saranno due o tre attive; l’incremento del
numero di infermieri assunti nelle strutture del sistema sanitario. Sono previste,
appunto, delle assunzioni, ma bisogna poi in qualche modo anche considerare in che
modo verranno utilizzate, soprattutto sul territorio e non soltanto nell’aspetto
ospedaliero. Poi avrei ancora altri punti da richiamare, chiedo scusa, ma mandiamo poi
questo documento al Presidente, in modo tale che possiate anche divulgarlo alle altre
associazioni, agli altri interessati su questo tema. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Ho visto prima si era collegato Cosimo Scarinzi, se riusciamo a recuperare
l’intervento sto soltanto cercando di vedere se è ancora collegato, non è ancora… non
riesce probabilmente ad essere collegato alla Sala virtuale. Procediamo allora con
Michele Assandri. Assandri può attivare il microfono e il video.

ASSANDRI Michele (Anaste Piemonte)
Buongiorno. Mi sentite?

SICARI Francesco (Presidente)
Buongiorno. Sì, la sento, prego.

ASSANDRI Michele (Anaste Piemonte)
Riporto il punto di vista della ella nostra sede regionale quindi parliamo non solo della
realtà, perché purtroppo si può trarre un'analisi molto omogenea di quello che è
accaduto. La premessa è questa, trattandosi di una pandemia a un po' colto tutti
all'improvviso. Il nostro settore è molto dispiaciuto del dipinto che è stato creato
soprattutto dei mass media dove sono state (audio disturbato) come luoghi di morte.
Certamente non siamo diventati il luogo di morte nel giro di 24 ore perché prima
dovevamo curare, assistere ed aggregare e poi con un balzo di sintesi temporale
dovevamo trasformarci in strutture capaci di fare isolamento per pazienti con un alto
tasso infettivo, quindi sono trasformazioni che materialmente non si possono realizzare
nel giro di 24 ore. Certo è che, come ha detto la Consigliera Grippo, come ha detto la
rappresentante dell’ASL, come ha detto il rappresentante delle Organizzazioni Sindacali
è necessaria una riforma radicale bisogna prendere atto che le nostre strutture devono
avere un'anima sanitaria prevalente rispetto a quella assistenziale e la figura del
Direttore Sanitario non deve essere una figura residuale come oggi descritta dalla DGR
45 perché più del 50% delle strutture piemontesi, non avendo ospiti di alta intensità, non
hanno nemmeno la figura del Direttore Sanitario. Quindi questa è una contraddizione
che la politica deve assumersi la responsabilità di risolvere, non fra sei mesi, ma mi
permetto di dire domani mattina altrimenti il problema non solo del Covid, ma di tutte
patologie simili o correlate al Covid continueranno a realizzarsi e a travolgere quello
che è il nostro settore. Per quanto riguarda il contesto operativo nel quale ci siamo
trovati, io ricordo tre passaggi a nostro avviso fondamentali: Ministero della Salute 22
gennaio circolare 1997, scrive a tutte le Regioni e dice: “Attenzione perché la
popolazione anziana sarà quella maggiormente colpita dall’evento Covid-19”, quindi
mette già in allerta e invita a creare sistemi di protezione nei confronti della popolazione
anziana; 22 febbraio, sempre Ministero della Salute e la circolare (audio disturbato)
ribadisce che gli ospiti Covid-19 positivi devono essere ospedalizzati, non possono
essere trattenuti in RSA; Ministero della Salute 3 aprile, circolare 11715, sottolinea
l'importanza della tamponatura sistematica di ospiti e operatori delle RSA. Ecco, io
chiudo il mio intervento non voglio fare nessun tipo di osservazione critica e sulla base
di queste tre circolari ministeriali facciamo una riflessione ciascuno con il proprio punto
di responsabilità e vediamo quello che è stato fatto per attuare quelle che sono state le
indicazioni ministeriali. Grazie, buon lavoro a tutti.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie al lei. Procediamo adesso con l'intervento di Francesco Lo Grasso della UIL.

LO GRASSO Francesco (UIL)
Grazie, Presidente. Grazie per l'invito anche che è stato fatto per l'opportunità che date a
me e alla mia Organizzazione di esprimervi alcune valutazioni che abbiamo potuto fare
dal nostro osservatorio che un osservatorio, se volete privilegiato nel senso che noi
abbiamo un punto di vista che ci arriva direttamente dal mondo del lavoro, ma ci arriva
anche dagli utenti di questi servizi perché noi aggreghiamo intanto i sindacati dei
pensionati per dirlo, così come quello degli operatori che operano nel settore specifico.
Che qualcosa non abbia funzionato è sotto gli occhi di tutti mi pare evidente. Quali sono
le cause? Sicuramente le cause partono anche da lontano nel senso che la famosa DGR
45, quella che ci rimodulava la classificazione dei pazienti e faceva, direi sotto il piano
di rientro già iniziato praticamente, cercava di limitare i costi, concedeva praticamente
alle parti in una sorta di baratto un abbattimento dei costi di gestione, questa è
un'operazione che ovviamente ha privato le strutture di qualità di operatori, veniva
ricordato fra l'altro anche i Direttori Sanitari che, soprattutto quelli sanitari, che quindi
non hanno concesso se volete anche la cultura delle strutture oltre che proprio le
strutture per affrontare un'emergenza epidemica e sanitaria come quella che ci si è
presentata. Che non abbia funzionato qualcosa anche nella cabina di comando che
partendo dalla Regione è arrivata praticamente fino alle strutture questa è anche sotto gli
occhi di tutti, il fatto che non siano, non si sia percepito che così come i parenti non
potessero entrare in quel periodo nelle strutture perché potenziali veicoli, anche gli
operatori potevano diventare un veicolo se non debitamente protetti per proteggere gli
ospiti che, veniva ricordato erano stati indicati come particolarmente sensibili, eh beh
questo ci pare altrettanto evidente. Che la Regione abbia considerato queste strutture,
strutture private e quindi nelle quali scarso poteva essere il ruolo regionale
dimenticando che la Regione autorizza la nascita di queste strutture secondo parametri,
che gli accredita nel momento in cui di fatto concedere prestazioni pubbliche al posto
ovviamente del pubblico e che paga le prestazioni sanitarie che attraverso le ASL le
controlla e poi però le considera stranamente delle strutture private sulle quali nulla può
dire, beh anche questo è stato un incongruenza. Io voglio dire che ovviamente i
problemi sono anche derivati dal fatto, per esempio che a differenza che in tutto il resto
il mondo del lavoro il sindacato ha firmato dal livello nazionale a livello regionale i
livelli di azienda dei protocolli di sicurezza e possiamo dire che nell'ambito del mondo
produttivo noi non abbiamo rilevato alcun focolaio, mentre purtroppo qui non sono stati
stipulati se non a livello nazionale dei protocolli in questa Regione non è ancora,
nonostante sia stato costituito il Comitato regionale di coordinamento per la sicurezza e
la salute nei luoghi di lavoro di sanità pubblica-privata e socio-sanitario che quindi
garantisce tanto gli operatori quanto gli ospiti, in questa Regione non è ancora stato
stipulato alcun protocollo che garantisca questa salute e sicurezza. Vengono emanate
delle, dire delle indicazioni, dei profili che però sono del tutto autonomi e che non sono
oggetto di un confronto, è ovvio veniva ricordato che la Legge 45 va rivista e rivisitata,
ma va rivisitata nell'ambito di una, direi, di una concezione diversa anche della
residenzialità così come della rete territoriale dei servizi. Noi dobbiamo invertire le
circolarità che ad oggi sono ospedale-territorio e deve diventare la circolarità territorio-
ospedale, quindi il territorio deve svolgere appieno il suo ruolo per fare sì che solo in
casi di acuzie o di elezione vengono trasmessi agli ospedali. Il ruolo dei medici di
Medicina Generale non è secondario in questo caso, bisogna assolutamente passare da
prescrittori, direi, di nuovo a diagnosti e terapeuti aiutati perché no da figure come
l'infermiere di comunità, l'infermiere di famiglia come vogliamo chiamarlo che
comunque come vedete pretende che però le strutture della rete territoriale dei servizi
siano strutture specialistiche aiutate dai medici di Medicina Generale, ma con una loro
capacità di risposta sul territorio. Molti malati curati a domicilio probabilmente non
sarebbero finiti in ospedale e però questo pretendeva una cabina direi una filiera molto
corta decisionale d’intervento, cioè i medici di famiglia dovevano immediatamente
capire chi erano i casi sospetti, dovevano essere ovviamente protetti per poterlo fare
perché non potevano andare nudi, come sono andati nudi si può dire nella fase iniziale
gli operatori a lavorare nelle strutture e debitamente protetti dovevano individuare i casi
sospetti farli tamponare e subito magari iniziare le terapie, questo avrebbe evitato un
sacco di problemi. La stessa cosa ovviamente capitava per quanto riguarda la questione
residenzialità anche qui la circolarità deve mutare da residenzialità a domiciliarità quasi
come se uno va in domiciliarità solo se non trova un posto in residenzialità. Noi
pensiamo che invece la circolarità vada invertita e prioritariamente si debba andare in
domiciliarità ed essere ovviamente curati in domiciliarità non addossando tutti i costi
alle famiglie, come purtroppo oggi capita, quindi dovremo trovare un modello diverso e
quindi nel momento solo in cui non fosse più appropriata la cura domiciliare a quel
punto si passa alla residenzialità. Residenzialità che a quel punto può avere anche con
mutazioni più sanitarie, ma sicuramente per esempio dovrebbe anche essere capace di
dare sollievo alle famiglie nel momento in cui fosse anche solo necessario dare sollievo.
Ieri finalmente si è aperto un tavolo con la Regione Piemonte presenti il Presidente
Cirio e l'Assessore Riccardi e l'Assessore Caucino che fino ad oggi si può dire non
avevamo visto colpa del Covid? Perché no, non li abbiamo visti nemmeno prima quindi
evidentemente c'era un problema di relazioni sindacali, ieri si è aperto questo tavolo e ci
si è, come dire, riconosciuti come parti…

SICARI Francesco (Presidente)
La sento un attimo male.

LO GRASSO Francesco (UIL)
Mi sente meglio adesso?

SICARI Francesco (Presidente)
Abbiamo un sovraccarico sulla linea.

LO GRASSO Francesco (UIL)
Interrompo anche la camera, adesso mi sente meglio? Mi sente?

SICARI Francesco (Presidente)
La sento… la sento male.

LO GRASSO Francesco (UIL)
Se possono spegnere tutte le camere probabilmente è meglio. Comunque, adesso è
meglio?

SICARI Francesco (Presidente)
Sì, adesso è meglio.

LO GRASSO Francesco (UIL)
Va bene. Allora, la informavo, informavo il Consiglio che ieri finalmente c’è stato
questo primo incontro con il Presidente della Regione, Alberto Cirio, con e gli Assessori
Riccardi e Caucino che si può dire con i quali non era stato possibile approcciare i
problemi, si è convenuto che il sistema sanitario regionale sia da rivisitare e che appunto
le cose che dicevo prima, cioè le circolarità vanno invertite territorio rispetto a ospedale
quindi un forte rafforzamento del territorio, non dimenticando che anche il parco
ospedale da noi è un parco, la nostra Regione è un parco piuttosto vecchio e quindi
necessita anche quello di rinnovamento anche tecnologico oltre che strutturale, noi fra
l’altro come città siamo interessati anche alla questione Parco della Salute che non è una
cosa così secondaria voglio dire e come…

SICARI Francesco (Presidente)
La invito a concludere.

LO GRASSO Francesco (UIL)
Certo. Una forte, direi, rimodulazione della rete territoriale di servizi e un forte lavoro
sulla questione domiciliarità. Ecco queste sono le cose sulle quali noi stiamo ragionando
per dare rimedio a problemi che sono emersi e che evidentemente necessitavano di
correttivi e di assunzioni di responsabilità che non ci sono state purtroppo. Grazie

SICARI Francesco (Presidente)
La ringrazio. Adesso può intervenire Cosimo Scarinzi per il CUB Pubblico Impiego,
prego.

SCARINZI Cosimo (CUB Pubblico Impiego)
Mi sente?

SICARI Francesco (Presidente)
Cosimo Scarinzi può procedere.

SCARINZI Cosimo (CUB Pubblico Impiego)
Mi sente?

SICARI Francesco (Presidente)
Sì, la sento. Prego.

SCARINZI Cosimo (CUB Pubblico Impiego)
Bene. Allora sulla questione delle Case di Riposo interverranno i colleghi anche di
(incomprensibile) sanità. Io porrei l'accento soprattutto su quanto già è stato detto…
ovvero sia la necessità di una presenza sul territorio di supporto alla questione sanità in
senso stretto e in generale quindi sul welfare municipale. Io credo che le difficoltà che si
sono affrontate derivano anche, non solo ma anche, da quello che non è stato rilevato,
cioè il fatto che l'intervento sul territorio era in quanto tale debole e questo è emerso con
evidenza per quanto riguarda diciamo la medicina sul territorio, ma emerge anche ad
esempio dal fatto che tutte le attività, gli operatori sociali sul territorio, mi riferisco gli
assistenti sociali, più in generale agli operatori sociali è stato fortemente penalizzato
dalla mancanza di personale dal fatto che si ricorre al personale precario (audio
disturbato) nel tempo, penso quindi mettere (incomprensibile), diciamo, sistema
ospedaliero del territorio adeguato (audio disturbato) nel momento in cui bisogna
affrontare… particolarmente grave e quindi voglio dire credo che si debba pensare al
sistema, diciamo, di protezione sociale come un sistema generale. Un altro esempio
credo assolutamente importante è quello, per quanto riguarda diciamo la struttura
scolastica municipale, noi abbiamo una situazione in cui non è garantito la presenza di
personale perché, come voi sapete, il personale precario verrà licenziato a settembre e in
un segmento di lavoratori di età avanzata molti dei quali ormai non è in condizione di
lavorare negli asili nido, nelle scuole materne, il deficit di personale, la perdita di
competenze accumulate negli anni diventa un problema. Fondamentalmente, come dire,
la questione della salute non può essere vista come una questione separata dal sistema di
welfare e quindi da sostegno al reddito, cosa che è già stata ricordata ma insisterei per
quanto riguarda i settori a più basso reddito da un monitoraggio puntuale sul territorio
con una rete di protezione sociale diffusa che sia tale da permettere di affrontare questa
situazione e in generale ogni situazione di crisi come abbiamo visto in questo periodo è
stato affrontato in maniera assolutamente disastrosa. Ecco, credo che, come dire,
solamente in una visione generale che ponga (incomprensibile) il welfare municipale si
possa, come dire, affrontare in maniera efficace ogni situazione di crisi. Punterei
l'accento su questo pensando che non dobbiamo immaginare la sanità come un universo
a parte rispetto alla protezione sociale, rispetto alla formazione, ma come un segmento
di un sistema integrato, pensiamo per esempio per quanto riguarda la scuola alla
necessità di una rete di presenza di operatori sanitari che possono, come dire, controllare
la situazione istituto per istituto e di questo, diciamo, la questione su cui credo
dobbiamo ragionare e su cui bisogna agire con forza. Mi fermerei qui.

SICARI Francesco (Presidente)
La ringrazio per l'intervento. Chiedo di disattivare il video. Ora, dovrei avere Salvatore
Rao tra gli interventi, però non lo trovo con nome e cognome mi può dire se è presente?

RAO Salvatore (Alleanza per la Tutela della non autosufficienza)
Sì, sono presente.

SICARI Francesco (Presidente)
Perfetto. Può intervenire, ricordando di dire per chi interviene. Prego.

RAO Salvatore (Alleanza per la Tutela della non autosufficienza)
Sì, buongiorno. Presidente e il Consiglio per quest'iniziativa e opportunità, sono
Salvatore Rao, Presidente dell'Associazione La Bottega del Possibile, ma intervengo a
nome dell'Alleanza per la Tutela della non autosufficienza. Da più parti si afferma
anche questa mattina che l'elevato numero di decessi che è avvenuto all'interno delle
RSA poteva essere evitato. Sicuramente sì, diciamo, lo dimostra anche il fatto che in un
quarto delle attuali strutture non sono stati riscontrati contagi. Certamente è utile
analizzare quanto è successo per non ripetere nel futuro gli stessi errori, anche perché la
pandemia è ancora presente e può riproporsi con la carica virale che abbiamo
conosciuto. Occorreva evitare che gli ammalati fossero trasferiti dagli ospedali alle RSA
e predisporre l'isolamento già al manifestarsi dei primi sintomi oltre che organizzare un
maggior numero di tamponi soprattutto sul personale. Per fare però un’analisi seria
occorrerebbe avere dati certi, aggiornati che purtroppo fino ad oggi sono mancati, ma
soprattutto cosa possiamo fare e cosa possiamo contribuire a cambiare e quindi quale
residenzialità futura noi possiamo immaginare possibile? Allora struttura dentro le quali
le persone innanzitutto siano riconosciute in quanto tali non come pazienti o peggio
ancora come clienti; verso quale forma e modello di abitare insieme per le persone non
autosufficienti ci incamminiamo? Questo ci porta a ragionare non solo sui servizi, ma
soprattutto sui bisogni affinché si possa mettere in campo risposte adeguate,
appropriate, non preconfezionate e standardizzate. Situazioni come quella vissuta
potranno ancora ripresentarsi, questo ci obbliga a rivedere, a ripensare l'intero sistema
certamente, ma anche a prendere in considerazione il livello di rischio che siamo
disposti ad accettare specie nel momento in cui mettiamo in campo luoghi in cui
persone malate, fragili, non autosufficienti convivono con altre. Lasciando ad altre
accertare eventuali responsabilità su quanto accaduto siamo soprattutto interessati a
ragionare sul futuro, in quanto sono presenti i rischi di un affacciarsi di nuove forme di
istituzionalizzazione che non possiamo permetterci e nel buttare a mare in decenni di
lavoro e di impegno per l'apertura e l'umanizzazione dei luoghi deputate a per prendersi
cura delle persone malate o in una condizione di non autosufficienza. Quindi le spinte
verso una completa sanitarizzazione dell’attuale RSA non le condividiamo, non
saremmo d'accordo a trasformare le strutture in piccoli ospedali riproducendo quel
modello e organizzazione. La pandemia ha messo una lente d'ingrandimento sulla
fragilità, sulle persone fragili con ridotte autonomie, su quelle persone che sono in parte
dipendenti dall'aiuto fornito da altri, le fragilità e inadeguatezze di questo settore sono
emerse non solo però nel nostro Paese, poiché stiamo parlando di una cosa che è
avvenuta a livello mondiale. Certo ci sono responsabilità della politica della nostra
Regione che non possono essere taciuti, sulle RSA c'è stato un scaricare problematiche
che non potevo essere da queste gestite stante l'attuale modello figure professionali
impiegate mandati e supporti ricevuti. Dobbiamo quindi saper sconfiggere innanzitutto
quella cultura che considera gli anziani scarti, persone da tempo improduttive sui quali è
giusto non investire, spendere risorse e le RSA luoghi dove confinare questi scarti.
Nell'immaginario collettivo le RSA sono luoghi senz'anima, luoghi terminali l'ultima
risposta che mette in campo il nostro sistema, consideriamo da molto tempo le strutture
residenziali risorse della comunità, risorse che anche a supporto della domiciliarità in
quanto crediamo della fecondità e nella e fecondità di un rapporto che può essere
innescato tra questi due ambiti. La DGR 34, per esempio sulle RSA aperte riproduceva
il modello lombardo che non aveva dato prova di grande risultato però aveva quindi
carenze e delegava totalmente la presa in carico al gestore delle strutture
deresponsabilizzante in parte le ASL, ma nonostante le lacune che aveva non è stata
curata e eseguita per consentirne la sua applicazione per generare una possibile
innovazione che poteva produrre. Da più parti si concorda sulla necessità quindi di
mettere mano ad un sistema, l'attuale modello organizzativo deve essere certamente
ripensato anche per dare certezza ai diritti, un modello che deve poter far parte di un
sistema territoriale per poter contribuire a dare risposte ai bisogni di quel territorio e
delle persone che non possono più essere curate, assistite nel proprio domicilio. La
pandemia ha posto il tema della inadeguatezza del nostro sistema territoriale e dei
servizi non solo delle RSA, ha posto l'inadeguatezza della nostra medicina territoriale,
dell'insufficienza e inadeguata assistenza domiciliare ed è un sistema schiacciato che
vede stringere intorno ai due poli opposti le attuali risposte o al domicilio o nelle RSA
che sono spesso inadeguate e del tutto insufficienti. Le risposte che si devono mettere in
campo non possono limitarsi ad un incremento di posti letto, di medici e operatori
sanitari però, la pandemia ha riproposto l'urgenza di mettere in campo un vero e proprio
sistema delle cure domiciliari che parta dall'ospedale, faciliti e rientrino nel proprio
domicilio migliorando sia sul piano quantitativo e qualitativo gli attuali interventi e
servizi di sostegno alla domiciliarità…

SICARI Francesco (Presidente)
La invito di avviarsi alla conclusione.

RAO Salvatore (Alleanza per la Tutela della non autosufficienza)
Sì, neanche un minuto e ho finito. La filiera delle attuali risposte. Poiché dati ci
dimostrano che anche in questo tempo del coronavirus la casa si è rilevata il miglior
luogo di cura, luogo che garantiva protezione e sicurezza anche per gli operatori che
erano chiamati a operare al suo interno, quindi questo dovrà essere la scelta prioritaria
su cui investire per riorientare il sistema e per dare preminenza alla domiciliarità
rispetto alle altre risposte. Il Piemonte ha una legge, la Legge 10 del 2010 ed è una
legge che consentirebbe di mettere in campo un sistema regionale omogeneo orientato
alla domiciliarità, abbiamo pertanto bisogno di introdurre meccanismi che vincolino e a
offrire ovunque più ampio ventaglio possibile di supporti perché i bisogni cruciali delle
persone non autosufficienti non richiedono solo attività infermieristiche mediche-
riabilitative, ma soprattutto tutela della funzione della vita quotidiana, occorre quindi
ampliare la gamma delle risposte per poter uscire da questa polarizzazione. Quindi,
ribadiamo che le strutture residenziali devono essere luoghi di vita aperte al territorio,
risorse della comunità in cui sono insediate non istituzioni dentro le quali la persona è
annullata esclusa dal suo contesto e impossibilitata a coltivare un legame, un rapporto
con la rete di riferimento. Le strutture di cui si sente bisogno sono quelle in cui le
persone non siano considerate pazienti o ospiti, ma appunto abitanti, devono essere
luoghi dotati di senso e per questo capaci di ricostruire un ambiente familiare capace di
offrire alle persone non soltanto cure e assistenza, ma anche un luogo di vita, una nuova
casa per non fare in modo che le persone depongano nel cassetto la voglia di vivere.
Grazie per l'attenzione.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Adesso ho Daniela Simone - Ordine Assistenti Sociali. Che vedo oltretutto
collegata.

SIMONE Daniela (Tesoriere OASP Ordine Assistenti Sociali Piemonte)
Buongiorno a tutte e a tutti. Allora, come Ordine Assistenti Sociali in questo periodo
abbiamo avuto occasione di confrontarci a lungo con colleghi che hanno lavorato in
questa fase complicata. Ora, cosa dire sul tema delle RSA, allora da un lato certamente
questa fase clinica, cioè questa fase di pandemia, scusate, ha posto l’attenzione molto
forte al tema della cura clinica, medica dell'intervento di urgenza, dell'intervento di
ospedalizzazione di quello che era necessario, ma sembrerebbe essere un po' passato in
secondo piano purtroppo, dal nostro punto di vista, tutto ciò che ha a che vedere con gli
aspetti di vita di relazionalità delle persone. Certamente c'è stata una responsabilità
regionale, l’ha detto anche chi mi ha preceduto, su come sono state organizzate i sistemi
degli interventi, noi purtroppo non abbiamo avuto nessuna interlocuzione in questa fase
con la Regione Piemonte, quindi anche l'impossibilità di portare un nostro punto di
vista, il punto di vista dei professionisti che quotidianamente si trovano a lavorare sul
territorio, in ospedale, nelle strutture, eccetera. Allora, ponevo l’attenzione a questi
aspetti relazionali perché che cosa è emerso? Che a fronte degli aspetti di cura, cioè
quindi degli aspetti medici molti nuclei, molte situazioni, molte persone anziane siano
esse a domicilio o all'interno delle strutture la cosa più grande di cui hanno sofferto è
nelle strutture il completo taglio delle relazioni con i propri familiari tra l’altro familiari
molto spesso anche loro persone già avanti con gli anni e quindi impossibilitati non solo
ad avere informazioni da parte del personale delle strutture, ma anche certamente avere
l'impossibilità di sostenere il parente in quella fase, stiamo parlando anche di anziani
che non erano malati, noi abbiamo alcune esperienze della RSA di Torino in cui gli
anziani comunque appunto non potevano vedere i loro parenti qualcuno ha concesso un
contatto alla finestra, ma anziani che stanno oggi dimostrando, come peraltro altre fasce
di popolazione, gli effetti di questa formula di isolamento. Quindi, l'attenzione al tema
delle necessità, degli anziani messi praticamente in clausura nelle strutture, in alcune
strutture non era consentito neanche agli anziani sani che stavano in struttura di uscire
per andare a fare una passeggiata nel giardino della struttura, provocando quindi
evidentemente anche un appesantimento poi della salute complessiva delle persone
anziane. Allora, prima nell’introduzione la Consigliera Grippo, dice che cosa succederà
domani e credo che sia lì che dovremo porre la nostra attenzione. Allora, cosa succederà
domani diventa centrale il tema del territorio, diventa centrale il tema che già qualcuno
ha ripreso nei precedenti interventi della nostra DGR 45 perché forse va modificata, che
va ripensata, cioè io credo che se ne consideriamo gli ospiti delle strutture e coloro che
vivono nelle strutture sia RSA, ma anche abbiamo avuto situazioni analoghe in strutture
per autosufficienti, se noi ragioniamo sull'importanza che la cura clinica, cioè che l'iter
medico non deve solo preoccuparsi dell’aspetto strettamente sanitario, ma se
condividiamo il principio dell’Organizzazione Mondiale Sanità in cui il benessere ha a
che vedere anche con gli aspetti affettivi, aspetti relazionarli su questo qualche
problema dobbiamo porcelo, dobbiamo capire anche come affrontarlo. Dobbiamo
pensare che abbiamo la DGR che standardizza gli interventi che è l'esatto opposto di
quello che invece dovrebbe essere nel termine di personalizzazione degli interventi a
favore delle persone, tutti hanno diritto ad avere e a vivere in qualsiasi fase della propria
vita un benessere personale e nel caso delle persone anche non autoinsufficienti un
benessere personale, nonostante le proprie limitazioni e molto spesso questo
“nonostante” non viene non viene preso in considerazione. Quindi quali sono e i bisogni
che hanno le persone nelle strutture? Chi si occupa delle cure e degli aspetti relazionali,
cioè quale cultura noi abbiamo in questo il tema delle relazioni. Noi per esempio
abbiamo fatto uno studio in cui abbiamo verificato che in moltissime RSA la figura
dell'assistente sociale non esiste, ora non è perché siamo un ordine professionale di
assistenti sociali vogliamo difendere questa professione, ma proprio a tutela dei cittadini
che è un altro nostro compito come ordine, il problema di avere al primo incontro molte,
molte strutture hanno come primo incontro dei cittadini che vengono a chiedere
informazioni, che vogliono sapere se le possibilità di ricovero, eccetera, mediamente
figure di profilo amministrativo che poco sono in grado di fare una valutazione dei
bisogni e anche probabilmente di emarginare delle proposte alternative a quella del
ricovero in struttura. Allora, perché non esiste questa figura professionale all'interno
delle RSA, a quale logica questo tipo di assenza vuol rispondere o una non logica, una
completa disattenzione, considerando che il ruolo dell’assistente sociale anche potrebbe
più facilmente consentire tutta quella riflessione che è stata fatta pocanzi anche sulle
RSA aperte che è vero sono state nelle intenzioni che volevano essere evidentemente
una grande opportunità, ma va ripensata, va ricalibrata, allora è vero che le RSA
possono diventare strutture di accoglienza, possono diventare un presidio di sostegno
anche per l’anziano che vive a domicilio fornendo tutta una serie interventi. Il tema
della territorialità, del territorio e servizi del territorio…

SICARI Francesco (Presidente)
… ad avviarsi alla conclusione.

SIMONE Daniela (Ordine Assistenti Sociali)
Sì. Concludo su questa questione del territorio. Indubbiamente l’inadeguatezza del
sistema lo ha messo, cioè scusate, la pandemia ha messo in evidenza l’inadeguatezza del
sistema, certamente questo tema della domiciliarità diventa centrale. Quello che gli
assistenti sociali per esempio in questo periodo hanno affrontato anche con gli anziani a
domicilio con comunque i malati a domicilio era la necessità di rispondere ad un’altra
seria di bisogno del nucleo, cioè se siamo davanti ad una coppia di anziani e uno dei due
coniugi è messo in quarantena, l’altro avrà una serie di problemi nel provare a gestire
quella situazione. Oggi, avremmo forse un’opportunità e su questo allora il richiamo
diventa forte le USCA sono state introdotte e saranno introdotti gli assistenti sociali
proprio per garantire il raccordo con il territorio, bisogna che la Città di Torino, da
questo punto di vista, attrezzi i propri servizi affinché il collegamento con le USCA
possa consentire davvero di costruire tutte le risposte che sono necessarie per garantire
la protezione sociale delle persone a domicilio. Avrei concluso qua, visto che il
tempo… Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei per l’intervento. Procediamo adesso con Fulvio Perini per ATTAC Torino.

PERINI Fulvio (ATTAC Torino)
Buongiorno, si sente?

SICARI Francesco (Presidente)
Sì, la sento. Prego.

PERINI Fulvio (ATTAC Torino)
L’intervento che svolgerò è a nome di ATTAC Torino, il tema trattato verrà svolto sulla
base di una discussione più ampia che si è svolta nelle settimane precedenti. Lo leggo
per restare nei tempi: “Quanto avvenuto nelle RSA è espressione evidente del fallimento
del principio previsto dall’art. 41 della Costituzione, l’iniziativa economica privata e
libera non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Sono i dati a dire che l’utilità
sociale è stata fortemente compromessa. (Incomprensibile) evidenziano notevoli
differenze da realtà a realtà; l’inchiesta sugli aspetti epidemiologici, gestionali e di
prevenzione è quindi del tutto condivisibile. I numeri del contagio nelle RSA sono
particolarmente gravi, ma le eccezioni ci sono state e hanno visto un limitare
notevolmente la diffusione in alcune unità. Per queste ragioni, emerge una differenza tra
chi ha operato con notevoli sensibilità e competenze professionali mettendo invece in
luce notevoli disfunzioni del sistema generale. L’epidemia proponeva sin dai primi
momenti una decisa prevenzione sanitaria, ma questa nel caso specifico delle residenze
per gli anziani ha dovuto operare in troppe realtà dove l’approccio gestionale e anche il
senso comune portano a considerare il problema quasi esclusivamente come questione
di natura assistenziale. Quindi è necessario riportare a pieno titolo l’attività rivolta agli
anziani non autosufficienti nel servizio sanitari per affrontare un problema per quello
che è, un problema di salute e non di previdenza assistenziale. Come ATTAC
intendiamo concorrere alla discussione orientata a decisioni di riaffermazione concreta
del carattere sanitario del supporto agli anziani, da un lato cancellando la deliberazione
45 del 2012 della Regione, utile forse per valutare i costi di un capitolato d’appalto,
l’accreditamento e gli appalti di sua fornitura ma non per gestire un’attività rivolta alla
salute di una persona; in secondo luogo, ripristinando la prevenzione sanitaria per tutti
gli operatori nelle RSA come soggetti esposti a rischio biologico e come possibili
portatori del contagio a colleghi e soprattutto ai pazienti. Infine, va ripensato un uovo
sistema di partecipazione di controllo sociale con il concorso degli utenti e delle
associazioni che hanno competenze in materia. Della deliberazione Regionale 45
colpisce la tabella allegata con i tempi delle prestazioni degli operatori in ragione del
grado di inidoneità della persona; in qualche caso, per fortuna raro, questi tempi sono
misurati in pochi minuti. Tutti tempi standard, sempre uguali per ogni anziano in
difficoltà, per ogni ora e per ogni giorno, al di là delle sue concrete condizioni fisiche e
psicologiche, come se dovessero montare dei bulloni di serraggio a un’attrezzatura
meccanica, quando invece sappiamo che ogni operatore è chiamato ad operare con un
altro essere umano di momento in momento in ambiti molte volte diversi. La stessa
distinzione tra sanitari e assistenziale è in buona parte impropria. (Incomprensibile)
all’anziano giova al benessere fisico e ciclico come un’iniezione, per ricordare la
definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla salute. Queste norme vanno
cambiate adottando altri metodi per stimare il lavoro, e soprattutto introducendo metodi
di valutazione qualitativi, l’esperienza degli operatori tutti può offrire un notevole
contributo. Per quanto riguarda la prevenzione sanitaria agli operatori, ci si interroga
perché non si è proseguito sulla base dell’esperienza della precedente pandemia, quella
della SARS; quando la valutazione del rischio di esposizione a un agente biologico, in
questo caso il Covid-19, doveva rientrare nella valutazione dei rischi ai sensi delle
norme di legge esistenti, così avvenne allora e invece oggi si è imboccata
esclusivamente la strada dell’emergenza, eppure molte sentenze e la Cassazione hanno
confermato l’obbligo di valutare tutti i rischi durante tutto lo svolgimento del lavoro e
ovunque questo si svolga. Una valutazione del rischio biologico d’altra parte era già
obbligatoria prima della pandemia, essendo presente il rischio biologico nelle unità
considerate. Ignorando questo indirizzo, si è atteso così un orientamento generale con il
primo DPCM in particolare dell’11 marzo, che è rimasto nell’ambito del sistema
emergenziale e con una serie di deformazioni di errori dovuti al fatto che si guardava
più alle attività industriali lavorative e altre che non a quelle di natura sanitaria”…

SICARI Francesco (Presidente)
(Voci sovrapposte) di avviarsi alla conclusione.

PERINI Fulvio (ATTAC Torino)
Arrivo, “... sino al paradosso che la (incomprensibile) in ambito sanitario. L’esito è stata
la diffusione del contagio e un amaro numero di anziani deceduti accompagnato da
clamorose violazioni delle norme di prevenzione precisamente denunciate da lavoratrici
e rappresentanti dei lavoratori, così come riportato nell’opuscolo del sindacato CUB o
nelle denunce di altri sindacalisti su Facebook. Non fornire le mascherine, non fornire i
guanti, non anticipare le sanificazioni sono notizie di reato e la Magistratura dovrebbe
acquisirle evitando di ignorare il problema, come è già avvenuto per i rischi dei
lavoratori riders, i fattorini in bicicletta”. Ho terminato.

SICARI Francesco (Presidente)
La ringrazio. Adesso ho l’intervento di Milena Vasta per il CUB Sanità Torino.

VASTA Milena (CUB Sanità Torino)
Sì, buongiorno a tutti.

SICARI Francesco (Presidente)
Buongiorno.

VASTA Milena (CUB Sanità Torino)
(Incomprensibile) lavoro in RSA e (incomprensibile) per CUB Sanità. Come lavoratrici
e lavoratori delle case di riposo torinesi, vorremmo innanzitutto evidenziare che
l’altissimo numero di contagi e di decessi nelle RSA non è che il prodotto di un vero e
proprio modus operandi delle aziende, che era in realtà ben presente prima
dell’emergenza epidemiologica, il Covid non ha fatto altro che confermare
l’inadeguatezza di questo metodo. Parliamo dell’abitudine di ignorare completamente il
concetto di prevenzione, di affrontare le situazioni di emergenza sul momento, quando
sono già scoppiate, anziché attuare le dovute misure di prevenzione (incomprensibile)
per evitare che certe situazioni vengano a verificarsi, o quantomeno limitarne i danni per
gli utenti e per gli operatori. Tutto ciò avviene evidentemente in un’ottica di risparmio.
Gli ospiti delle case di riposo sono da sempre dei soggetti fragili, quindi spesso
contraggono delle infezioni, come il comune Clostridium, che richiedano comunque
delle misure, l’osservazione di protocolli di isolamento che però vengono spesso
trascurate queste procedure, spesso con una scarsa, se non assente, fornitura dei
(incomprensibile), addirittura l’operatore si sente rimproverare di sprecarli. Rispetto a
queste cattive abitudini, non è stata fatta sicuramente eccezione per il Covid; per questo
nella maggior parte dei casi non vi è stata alcuna idea di prevenzione e messa in
sicurezza del personale e degli ospiti di fronte all’emergenza da coronavirus. Questo
atteggiamento di risparmio peraltro è illegittimo, la Legge 81 sulla sicurezza dice
chiaramente che non si può risparmiare sulla tutela della salute, non va considerata un
costo aggiuntivo, semmai è un obbligo costante e assoluto del datore di lavoro. In alcuni
casi sono stati i lavoratori a insistere sulla prevenzione attraverso i delegati sindacali
rappresentati della sicurezza, mentre molti direttori sanitari sono stati i primi ad
ammalarsi perché loro stessi hanno ignorato i protocolli di sicurezza; o alcuni direttori
di struttura si sono chiusi in casa per paura del contagio, lasciando il personale
(incomprensibile), altri non hanno (incomprensibile) rischi ai quali gli operatori e gli
utenti vanno incontro. Il 9 e il 23 marzo abbiamo chiesto con forza che la Regione
emanasse delle ordinanze con le indicazioni su ciò che le RSA avrebbero dovuto fare
per tutelare i propri ospiti, ma non c’è stata risposta. A fine aprile (incomprensibile)
dell’Assessore Icardi per l’unità di crisi è stata di non interferire con l’attività privata
delle aziende e direttori sanitari privati; questa mancata gestione di indirizzo e controllo
ha consentito però alle aziende di fare tutto sommato ciò che volevano, ad esempio in
molte strutture non è stata organizzata in tempo la chiusura alle ditte esterne, oppure
non è stata rivista l’organizzazione del lavoro in termini di sicurezza, tutto ciò non è
stato fatto perché i direttori e le aziende hanno continuato sostanzialmente a pensare
come prima, quindi preoccupandosi del risparmio a discapito della salute di ospiti e
operatori. Questo è successo nelle strutture private ma anche nelle cooperative, dove
spesso la situazione è ancora peggiore. Vi è di fatto una carenza di tutela del lavoratore
e della sua salute, il lavoratore della cooperativa è un lavoratore che paga per diventare
socio e per lavorare, ma quando si ammala o invecchia, perché anche la nostra salute si
deteriora, diventa fondamentalmente personale “da rottamare”. Noi riteniamo che non si
possa assolutamente continuare così, come se fossimo in una catena di montaggio, tra
l’altro con un tot di minuti per svolgere una certa attività di assistenza per persona e
perciò chiediamo anche che venga abolito il sistema dei minutaggi dei servizi sociali e
sanitari che è simbolo di una concessione aziendalista e industrialista dell’assistenza
della salute. Crediamo anche bisognerebbe integrare e potenziare l’assistenza
domiciliare, portarla avanti il più possibile, assorbire alle dipendenze del Comune tutto
il personale necessario - OSS, infermieri, ausiliari - per assistere le persone quanto più
possibile sul territorio piuttosto che in RSA. (Incomprensibile) l’emergenza non è finita
e in molte strutture si stanno ripetendo gli errori di marzo: le aziende puntano ad avere
nuovi ospiti e quindi nuove rette, allentano sensibilmente le misure di sicurezza o non le
adottano affatto, e ad esempio in una RSA torinese abbiamo alcuni ospiti tecnicamente
in isolamento ma che consumano i pasti nella sala comune con gli altri ospiti; oppure
operatori (incomprensibile) come se niente fosse, e impedendo così un’eventuale
circoscrizione del contagio. L’esperienza spesso tragica degli ultimi mesi viene
sostanzialmente ignorata. Il problema però è anche chi controlla, le commissioni
(incomprensibile) non funzionano...

SICARI Francesco (Presidente)
La invito ad avviarsi a conclusione.

VASTA Milena (CUB Sanità Torino)
Arrivo. In questo periodo, per indagare sulla cattiva gestione, nelle strutture sono
intervenute i NAS o la Guardia di Finanzia, le Commissioni di Vigilanza quando
visitano le strutture guardano le carte che vengono mostrate loro dalle aziende e sembra
sempre tutto a posto, chiaramente. Se viene fatta una segnalazione da parte dei familiari
o lavoratori, rimane sistematicamente senza risposta e quindi non c’è in realtà una tutela
della gestione dei servizi. Il controllo sulle attività delle strutture assistenziali e sanitarie
dovrebbe essere effettuato coinvolgendo lavoratori, utenti, familiari e perciò noi
chiediamo che venga immediatamente riformata la Commissione di Vigilanza del
Comune di Torino integrando, nel sistema di controllo sulle attività delle strutture
assistenziali, il pieno coinvolgimento di chi conosce dall’interno tutti i giorni il loro
funzionamento, quindi il personale, gli utenti, i familiari anche attraverso il
coinvolgimento di Sindacati e associazioni. In questo modo si otterranno dei risultati,
ovvero che le vigilanze saranno a loro volta soggette a un controllo democratico
partecipativo, trovando (incomprensibile) a rendere conto anche del loro operato, cosa
che oggi non accade, e d’altro canto potranno disporre di informazioni dirette
aumentando la propria capacità (incomprensibile) senza (incomprensibile) su quello che
l’azienda ha messo in mostra, dove magicamente sempre tutto va bene, l’igiene e la
sicurezza sono il top ma la pandemia ci ha dimostrato che non è proprio così. Questa ci
sembra la modalità più semplice e immediata di restituire alle istituzioni un ruolo
preminente che per molti anni è stato attribuito al privato con i risultati che sappiamo, e
le morti di questi mesi dovrebbero bastare a convincerci a cambiare subito questo
sistema. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Adesso chiudiamo con l’intervento del dottor Andrea Ciattaglia, se è
collegato... prego, ci ricorda anche per chi interviene.
Non la sento io... no, non la sento. Vado avanti con gli interventi, eventualmente la
recupero dopo, nel frattempo cerchiamo di dare una mano per valutare il collegamento.
Va benissimo. procediamo allora con il dottor Pietro Tuttolomondo.

TUTTOLOMONDO Pietro (Coordinatore infermieristico emergenza-urgenza)
Buongiorno a tutti innanzitutto, e grazie dell’opportunità che mi è stata data. Sono
Pietro Tuttolomondo, sono un coordinatore infermieristico in ambito di emergenza-
urgenza di un pronto soccorso della Città Metropolitana.
Allora, da quanto vissuto, l’emergenza Covid ha messo in evidenza la fragilità del
contesto territoriale, nello specifico delle RSA; quindi l’opinione pubblica ha avuto un
ritorno da questa criticità molto importante, ma per gli operatori che lavorano in sanità
purtroppo queste criticità già erano ben note da anni, specialmente per chi lavora in
pronto soccorso. Il pronto soccorso negli ultimi anni è diventato l’alternativa alla
carenza territoriale, con un dispendio di risorse economiche e di appropriatezza
purtroppo non consona col periodo che stiamo vivendo. Andrebbe rivisto tutto un piano
di investimenti nei confronti del territorio, e questi investimenti andrebbero indirizzati
nella rideterminazione per esempio delle piante organiche, nell’istituzione di nuovi
ruoli all’interno dell’organizzazione territoriale, che già sono state menzionate da altri
interventi precedenti, come per esempio un Case Manager, un Case Manager che faccia
da collante fra territorio e azienda ospedaliera, come infermiere di comunità. Gli
investimenti vanno rivolti nella formazione, nella formazione dei medici curanti e nella
possibilità di implementare una diagnostica strumentale laboratoristica, di base, in
tempo zero negli studi dei medici curanti; si parla tanto di aggregazioni funzionali, si
parla di Casa della Salute da un ventennio circa, era l’ex Ministra Turco che ne parlò
per prima, ma ancora implementazione nel territorio cittadino non se ne vede. A fronte
di ciò, il sistema di emergenza-urgenza in pronto soccorso diventa l’alternativa alle
carenze territoriali. A fronte di ciò, a fronte di ciò e di quanto detto, non si può pensare
più di gestire la persona, il malato con un’assistenza frammentata, è fondamentale
garantire la continuità assistenziale adeguata, quindi seguire il paziente in modo
olistico da tutti i punti di vista, non solo dal punto di vista sanitario, non solo dal punto
di vista sociale e non solo dal punto di vista delle aspettative di questa persona; a fronte
di ciò ci vuole un collante fra i due sistemi - territorio e azienda - soprattutto ci
vogliono gli strumenti, come i meccanismi informativi, non è possibile che nel 2020
ancora non ci sia un programma informatico comune per poter garantire di accedere a
quelle notizie e garantire la tutela alla salute (voci sovrapposte) scusatemi... con una
qualità di certo differente da quella che possiamo garantire adesso con la
frammentazione delle cure. Niente, concludo e sarò breve e incisivo su una domanda
che mi ha colpito: la Consigliera Grippo all’inizio nella sua presentazione fa un punto
di domanda, un punto di domanda, io la porterei ulteriormente..., farei un passo
successivo, nel senso che, purtroppo, noi siamo abituati ad essere molto reattivi, nel
senso che si manifesta il problema e agiamo di conseguenza (incomprensibile)
reattività, ma siamo poco proattivi, ci immaginiamo poco i fenomeni, però purtroppo
oggi vista la situazione Covid dobbiamo imparare un po’ ad immaginarci i fenomeni
come si potrebbero mostrare e avere una visione accelerata e imminente del domani, e
lascio tutto col punto di domanda: ma siamo organizzati in modo differente se nel
futuro prossimo, nel prossimo autunno, come prevede l’Organizzazione Mondiale della
Sanità, ci possa essere una seconda ondata? I SISP, le RSA, le USCA, le Aziende
Ospedaliere in questo momento stanno immaginando cosa potrà succedere
nell’eventualità di essere (incomprensibile) alla gestione del fenomeno? Ringrazio e
chiudo l’intervento, grazie dell’opportunità che mi è stata data.

SICARI Francesco (Presidente)
La ringrazio anche io. Adesso dovremo recuperare l’intervento del dottor Andrea
Ciattaglia...

CIATTAGLIA Andrea (Fondazione e promozione sociale onlus - CSA)
Mi sentite adesso?

SICARI Francesco (Presidente)
Adesso la sento.

CIATTAGLIA Andrea (Fondazione e promozione sociale onlus - CSA)
Perfetto, grazie. Allora, grazie Presidente, sono Andrea Ciattaglia della Fondazione
Promozione Sociale e del Comitato vittime RSA che si è costituito nel mese di aprile.
Volevo fare un intervento un po’ sui generis rispetto a quelli che mi hanno preceduto,
concentrando l’intervento sulle questioni comunali della... con riferimento alla
pandemia ma non solo ovviamente, anche (incomprensibile) dei malati cronici non
autosufficienti. È una situazione ovviamente che vede come primo interlocutore la
Regione ma anche il Comune ha delle specifiche possibilità di intervento che
cercheremo di focalizzare. Allora, il contesto è che parliamo di malati da art.32 della
Costituzione e da Legge 833 del ’78, quindi tutelati da queste leggi fondamentali dello
Stato italiano, ma purtroppo di malati per cui è stata istituita una sanità di serie B, che si
è sentita negli interventi precedenti; non solo una sanità di serie B per i malati ma anche
per i lavoratori che afferiscono a questi servizi, una sanità di servizi con vincoli
all’accesso che non guardano solo alla componente sanitaria ma anche a quella
socioeconomica, e con compartecipazione economica, laddove poi questo accesso
avvenga, molto elevata, nelle RSA si parla del 50% della retta almeno, e con copertura
sanitaria, come abbiamo sentito da alcuni interventi, bassissima, il responsabile della
(incomprensibile) giustamente ha sottolineato che addirittura nella metà delle RSA
piemontesi non esiste un direttore sanitario, quindi le persone lì ricoverate sono
comunque persone con patologie molto gravi e spesso con demenza, quindi persone con
demenza non autosufficienti senza un medico presente nella situazione.
Allora, i dati che ci vengono forniti dall’ASL non fanno sufficiente chiarezza su quello
che è l’impatto a Torino della situazione della pandemia Covid, sicuramente quelli
(incomprensibile) dei gestori, quei 4.500 posti vuoti in RSA dopo il picco Covid dicono
che c’è stata un’ecatombe nelle strutture. Allora, alla Regione Piemonte che è stata
latitante in questa situazione perché, come si ricordava prima, ha scaricato sui privati
molta della responsabilità che invece è in carico alla Regione come Ente che ha
accreditato tutte le strutture, che organizza la funzione generale e che ovviamente deve
controllarle, alla Regione sono già state avanzate da parte nostra le richieste di riforma
del settore delle RSA con l’intervento molto più estensivo della sanità e anche la
presenza medica in équipe all’interno delle strutture, così come la questione del
domicilio, delle cure sociosanitarie domiciliari con quota secca della sanità, così come
sul modello Torino. In più, è stata avanzata una richiesta pressante sulla questione delle
visite, perché ricordiamoci che le strutture che fino a un mese fa erano adattissime per la
Regione - delibera del 20 marzo - per ospitare pazienti Covid positivi che poi hanno
creato un disastro, parte del disastro che si è creato, oggi sono praticamente interdette,
se non per volontà dei singoli direttori sanitari, alle visite dei parenti, cioè dei congiunti
di queste persone che spesso non li vedono da 4-5 mesi. Questa è un po’ la schizofrenia
nella quale ci si trova.
Fatta questa lunga premessa di contesto e di inquadramento della situazione, al Comune
di Torino, così come avevamo già chiesto il 9 maggio del 2018, altro Consiglio aperto
sulla questione della presa in carico dei non autosufficienti, ci sentiamo di rivolgere
quattro richieste specifiche, la prima: sulle cure domiciliari è necessario che il modello
Torino, e addirittura l’ampliamento del modello Torino, con la quota sanitaria di risorse
che provengono dal Servizio Sanitario, per la presa in carico dei malati non
autosufficienti a domicilio, resista agli attacchi della Regione Piemonte, perché la
Regione Piemonte vuole chiudere questa esperienza per far transitare tutta questa partita
nella parte socioassistenziale vincolata alla valutazione socioeconomica e quindi con
molti meno esborsi e molti meno ingressi di pazienti. Le cure domiciliari hanno
riportato anche in questa pandemia, con livelli di mortalità Covid infinitesimali, sotto
l’1% dei presi in carico, che sono la soluzione assolutamente migliore, oltre
(incomprensibile) dalle famiglie. Quindi alla Sindaca Appendino, che non so se è ancora
collegata, e all’Assessora Schellino alla quale spero trasmetterete le richieste, resistere
su questa partita.
Secondo: il sistema di esclusione dalle cure sanitarie e sociosanitarie vede ovviamente
la partecipazione delle aziende sanitarie nelle Commissioni che definiscono un progetto
residenziale per una persona, ma dicono: “Tu sei in lista d’attesa”; ma vedono anche
una componente all’interno delle Unità di Valutazione Geriatriche dei funzionari e dei
professionisti del Comune. Allora, come era già stato richiesto in quel Consiglio aperto,
al quale facevo riferimento, dalla Consigliera Artesio, alla quale non può essere non
riconosciuta un’esperienza di lungo corso in queste materie, un segnale molto forte per
rivendicare il fatto che la parte sanitaria deve essere (incomprensibile) in ragione della
patologia senza guardare alcun tipo di condizione socioeconomica personale, sarebbe
quella di ritirare il personale dalle UVG e (incomprensibile) socio assistenziale, oppure
di non far firmare loro la dichiarazione che estromette dal servizio complessivo, quindi
anche dalla parte sanitaria, coloro che lo richiedono.
Infine, due questioni di più largo respiro ma anche queste molto importanti, la prima: la
necessità di una campagna informativa che noi avevamo richiesto al Sindaco sotto
forma di una lettera a tutti gli over 65 della città, la chiederemmo a lei Presidente come
Consiglio comunale sulla scorta di quanto fatto dal Consiglio dei Seniores 2 anni fa per
una comunicazione con un opuscolo, con un volantino, con un’iniziativa, quello che
volete ma comunque una documentazione pubblica riscontrabile, che dia le
informazioni di base ai malati non autosufficienti e ai loro parenti per poter rivendicare i
propri diritti di essere presi in carico a domicilio, nelle RSA, di accedere ai servizi.
E infine, per quanto riguarda la questione della programmazione dei servizi, in realtà su
questa materia, materia delle RSA, non è che sia rimasto moltissimo al Comune di
Torino neanche dal punto di vista della vigilanza, ma su un punto fondamentale è
necessario, e con questo chiudo, che il Consiglio comunale - questo, il prossimo - ma
anche con l’occasione della progettata riforma del Piano Regolatore si interroghi. Oggi
le RSA hanno sostituito i centri commerciali di vecchia memoria nell’essere la parte
appetibile per coloro che vengono chiamati a riqualificare o ristrutturare delle parti di
città, perché in tutti i progetti di riqualificazione di area è inserito il permesso di fare
una RSA, banalmente perché rende e quindi l’operatore che valorizza quel terreno ha
interesse a entrare perché c’è la RSA che gli garantisce il margine sul quale fare
(incomprensibile) margine economico, ma questa è una scelta che la Città
deliberatamente si assume, cioè di moltiplicare le RSA perché (voci sovrapposte)

SICARI Francesco (Presidente)
(voci sovrapposte) concludere.

CIATTAGLIA Andrea (Fondazione e promozione sociale onlus - CSA)
... la parte domiciliare chiaramente entra in contrasto con questa scelta e quindi non
possiamo avere vera valorizzazione della parte domiciliare se dall’altra parte
continuiamo a far costruire strutture, anche oltre il vero fabbisogno delle persone non
autosufficienti. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Io adesso farei intervenire l’Assessora Schellino in quanto è riuscita a
collegarsi e può intervenire adesso. Quindi Assessora Schellino, prego.

SCHELLINO Sonia (Vicesindaca)
Grazie, buongiorno a tutti. Sì, ho sentito buona parte dell’incontro di oggi con
un’interruzione di un quarto d’ora perché avevo un altro appuntamento telefonico, e ne
approfitto per ringraziare tutte le persone che sono intervenute per una panoramica ricca
di spunti. Io spero, perché non riesco a vederlo dai collegamenti, che ci siano presenti,
ad ascoltare perlomeno, persone dell’Assessorato regionale alla Sanità e
dell’Assessorato regionale al Welfare perché, come sappiamo, là è il luogo di
programmazione della Regione su questi temi, tant’è che all’interno di quella
Commissione speciale che venne fatta sulle RSA, sull’emergenza RSA, durante il
periodo Covid, era proprio l’Assessorato al Welfare insieme alla Prefettura e alla Città
Metropolitana a guidare questa ricognizione sul tema. Credo che da quello che è emerso
oggi e da quello che era già emerso durante il periodo di emergenza, in questi mesi
abbiamo un po’ visto la fragilità della Medicina territoriale, la necessità di avere una
Medicina territoriale più forte, la necessità di curare le persone, non solo all’interno di
strutture, come possono essere le RSA, di curare intendo... assistere le persone anziane
con patologie, non solo all’interno delle RSA, ma l’importanza della domiciliarità che
più volte è stata evocata questa mattina. Domiciliarità nella quale, come giustamente è
stato detto prima, il modello Torino è un modello forte, un modello che abbiamo
costruito, che non è certo merito mio, è merito di tutte le Giunte che si sono succedute
in questi ultimi 20 anni almeno, una costruzione di un modello di domiciliarità attento
alle persone con un mix sanitario e assistenziale che ha garantito e che continua a
garantire la permanenza a casa, quindi in un contesto positivo, familiare o comunque
nella propria casa di residenza della maggior parte possibile delle persone; e questo
quando, come sapete, ogni 6 mesi o ogni anno, l’anno scorso o in epoche passate con
tempistiche ancora minori, c’è il momento della proroga dei finanziamenti regionali
sulla domiciliarità, disabilità e anziani e minori, no. Sapete che abbiamo sempre questo
tema, ne abbiamo parlato più volte all’interno dei Consigli e delle Commissioni
consiliari, l’ultima proroga ci porta fino a fine anno, ma già prima del periodo di
emergenza Covid avevamo iniziato a ragionare con l’Assessore alla Sanità della
costruzione di un tavolo che partendo dal modello Torino e cercando, perlomeno per
quanto ci riguarda ovviamente, cercando di salvaguardare tutto il buono che è stato
costruito i questi anni garantisca alle persone un’assistenza il più possibile tagliata su
misura, un’assistenza che veda una valutazione del singolo caso, una progettualità sulle
persone anziane e che non sia solo quella dell’inserimento in RSA, ovviamente tutto
laddove è possibile.
Sul tema invece della cura all’interno di queste strutture si è vista, in particolare in
questo periodo, la debolezza della DGR 45, la necessità di rivedere tutta una serie di
parametri, soprattutto questo tema del minutaggio, che si è rivelato un problema grosso
nell’ambito di questa emergenza, ma lo era anche prima; sappiamo perfettamente che
man mano che vengono inserite persone o che le RSA sono popolate da persone con
patologie, con pluripatologie e l’incidenza delle persone pluripatologiche aumenta
all’interno delle strutture, un minutaggio molto burocratico, come è quello della DGR
45, non consente una cura attenta della persona. Quindi credo che, con la Regione, il
superamento o una revisione profonda della DGR 45, così come l’attuazione finalmente
della DGR 10 del 2010, su questo e su altri fronti, siano i temi sui qui quali bisognerà
lavorare non solo come Comune di Torino, ma anche con gli enti gestori, tutti coloro
che lavoriamo sul tema sociosanitario. Con gli altri enti gestori e anche un po’ con
l’ANCI abbiamo cercato di lavorare, di fare delle proposte alla Regione di tavoli,
insomma di poter dire la nostra; credo che... ripeto, se sono presenti dirigenti regionali
dei due Assessorati credo che un momento come questo sia un insieme di spunti che
sicuramente sono utili per fare quel lavoro di ricognizione, di ripensamento di quelle
norme, cioè di attuazione di una e di ripensamento dell’altra, con un occhio poi al tema
della Medicina territoriale, come dicevamo.
Dal punto di vista del monitoraggio della Città di Torino sui territori, la Conferenza
sociosanitaria ha incontrato durante questo periodo più di una volta l’ASL, ed è un po’
il luogo dove, insieme ai Presidenti di Circoscrizione, cerchiamo anche qui di portare le
istanze del territorio, chiedere conto e dare qualche suggerimento. Credo davvero che
quello che è stato raccontato oggi e quello che si vedrà ancora, si racconterà ancora
negli interventi che ci saranno, da qui in poi, sia davvero un patrimonio di spunti e di
conoscenze che debba essere preso in considerazione dalla Regione proprio per lavorare
su queste tematiche. Quindi se sono presenti, perché non ho modo di vederlo, persone
della Regione, dei due Assessorati di riferimento di queste tematiche, mi piacerebbe se
potessero con un intervento anche loro dare un feedback di quello che hanno sentito, se
ci sono... io credo che fossero temi che erano, la maggior parte di questi, già stati posti
alla loro attenzione, ma se ci sono delle evoluzioni già all’interno del lavoro tecnico che
si sta facendo in Regione, noi naturalmente siamo disponibili a continuare a lavorare a
quel tavolo di lavoro che, purtroppo, ha avuto una battuta d’arresto durante il periodo
del Covid, questo è anche comprensibile. C’era stata una prima riunione prima
dell’emergenza, ho già ricordato all’Assessore Icardi che al più presto dobbiamo
riprendere perché è veramente importante che sul tema della domiciliarità si superi il
discorso proroghe e si arrivi a guardare a un modello che naturalmente dal nostro punto
di vista parte dal modello Torino, ma che sia sì un modello che tiene conto di tutti i
territori, tenendo conto delle peculiarità e delle differenze tra territori di tutta la Regione
in termini di dimensione, in termini di demografia e in termini di caratteristiche delle
strutture presenti sul territorio, è un lavoro credo abbastanza impegnativo al quale noi
siamo disponibili a dare tutto il nostro contributo come Città. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei, Vicesindaca Schellino. Adesso procedo con gli ulteriori interventi, ne
abbiamo ancora quattro per il momento. Ho il dottor Michele Colaci, al quale chiedo di
attivare il microfono.

COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ)
Eccomi qua, mi sentite?

SICARI Francesco (Presidente)
Sì, la sento, ci ricorda anche la sigla per la quale interviene? Prego. Non la sento più...
prego, prego.

COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ)
(Incomprensibile) queste iniziative servono ovviamente a migliorare e tentare di
risolvere (incomprensibile) da quei terribili momenti, (incomprensibile) dal mese di
febbraio, marzo e via discorrendo, dove ci sono stati dei problemi. Ricordiamoci che
però appunto tutti quanti, a partire dal Governo centrale, tant’è che i primi
provvedimenti sono stati emanati appunto nel mese di febbraio e marzo, quindi tutti
quanti siamo stati colti di sorpresa perché il Covid era assolutamente un elemento
(audio interrotto) queste riunioni, di cui ringrazio, rischiano (incomprensibile) sempre
dei cahiers de doléances, dove però poi alla fine non si va poi al nocciolo e alla
risoluzione del problema. A me è spiaciuto che anche oggi poi si è affrontato il
problema e (incomprensibile) così un po’ particolare; mi sono spiaciuti gli interventi
dove richiedevano addirittura - o a me sembrava - lo stato di Polizia rispetto ai controlli
nelle RSA e questo spiace per chi ha combattuto in prima linea, combattuto quasi a
mani nude (incomprensibile) il problema, e questo a noi spiace perché ha quello che per
certi interventi è capitato oggi, (incomprensibile) perché non è che additando il dito
contro qualcuno, dicendo “La sanità pubblica e privata va gettata a mare, ritorniamo alla
sanità pubblica, può essere una soluzione”; perché (incomprensibile) io vorrei
sommessamente ricordare che fino a qualche tempo fa alcune RSA erano in capo al
pubblico ma sono state immediatamente trasferite ai privati (incomprensibile) o per
problemi di … (audio interrotto).

SICARI Francesco (Presidente)
Non la sento più.

COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ)
Mi sente?

SICARI Francesco (Presidente)
Ora la sento, può disattivare il video perché le sta dando problemi probabilmente alla
connessione, quindi è più leggera se va avanti solo con l’audio.

COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ)
Vabbè, a questi (incomprensibile) ho fatto circa 8 riunioni, 8-9 riunioni coordinate
appunto da Sua Eccellenza il Prefetto, vi era il Comune di Torino, vi erano le Regioni,
vi erano i Sindacati, vi erano tutti i rappresentanti che appunto potevano dare dei punti
di vista, e attraverso questi consessi si sono anche risolti alcuni problemi, perché noi
non dimentichiamo che in piena emergenza noi ci siamo trovati a non avere il supporto
della Medicina del territorio, i medici di base; noi abbiamo avuto il problema delle
(incomprensibile) perché il Covid spaventava di dover (incomprensibile) il personale
che aveva paura (audio interrotto) perché da quello che emergeva (incomprensibile) tutti
i giorni, sembrava che tutto il marcio fosse dentro le RSA, e nonostante questo siamo
andati avanti e abbiamo cercato di gestire la situazione collaborando con tutte le
istituzioni, perché all’interno di questi tavoli - dove, ripeto, c’erano tutti - abbiamo
cercato di affrontare i problemi, abbiamo (incomprensibile) i problemi degli ospedali. I
problemi degli ospedali nella fase critica purtroppo non potevano accettare i malati di
Covid o quelli comunque asintomatici o quelli positivi, e anche questa situazione qua
abbiamo dovuto gestirla, perché la struttura sanitaria della nostra Regione non era in
grado, fortunatamente per un tempo breve, di poter raccogliere queste patologie.
Abbiamo avuto, come vi dicevo, il problema dei medici del territorio, abbiamo avuto il
problema dei (incomprensibile), perché nei periodi di crisi, nei periodi di forte crisi, i
tamponi noi li chiedevamo ma non era possibile effettuarli in tempi rapidi per poter
affrontare tali situazioni e attraverso questi tavoli, dove c’erano tutti, abbiamo potuto
parzialmente in quel periodo risolvere il problema. Quindi, questo per dire: io capisco
che è bello... bello non tanto per chi riceve, ma affrontare, approcciarsi a un problema in
una maniera trovando forse quello che è il capro espiatorio, in questo momento però le
RSA rischiano un problema grave oggi, rischiano ovviamente perché non è vero che si
stanno riempiendo; oggi grazie a delle... come dire, (incomprensibile) di natura
legislativa ancora alcune strutture non riescono a fare ingressi, con il problema che
queste strutture ovviamente non riusciranno a breve più a gestirsi economicamente e
molti di quelli che lavorano all’interno rischiano il licenziamento. Questa è una delle
problematiche che in questi giorni sta emergendo.
Abbiamo il problema del monitoraggio, perché io ho sentito tante cose da fare, ma
l’aspetto più urgente sarebbe quello di mettere in condizioni le strutture di poter fare un
monitoraggio dell’epidemia e del virus in maniera tale da consentire di mettere in
sicurezza sia chi lavora all’interno delle strutture, sia chi ovviamente e sono gli ospiti - o
pazienti, come li volete chiamare - all’interno. Quindi anche questo snellimento a noi, e
credo (incomprensibile), aiuterebbe a gestire meglio la questione mentre oggi ancora
non si sa a chi chiedere un tampone quando bisogna fare un ingresso, a chi chiedere un
tampone quando bisogna fare un ingresso in convenzione, a chi chiedere il tampone
quando bisogna fare un ingresso … (voci sovrapposte).

SICARI Francesco (Presidente)
Le chiedo di avviarsi alla conclusione.

COLACI Michele (Presidente Nazionale di CONFAPI SANITÀ)
... al privato e via discorrendo. Quindi che cosa dico e che cosa chiedo? Io chiedo di
abbandonare fra tutti quella che è la parte più squisitamente ideologica e provare tutti
insieme a capire quali sono i problemi più urgenti e tentare di dare una risoluzione a
questi problemi. Dopodiché, a bocce ferme potremo vedere se andare a rimodulare,
cambiare, stravolgere quella che è la legge 45, ma in ogni caso, in questo momento, ci
sono dei problemi più urgenti che vanno risolti, e questo è il mio auspicio e l’augurio
che faccio a me stesso e a tutti quanti. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Adesso abbiamo Tiziana Tripodi, CISL.

TRIPODI Tiziana (CISL FP T)
Sì, buongiorno.

SICARI Francesco (Presidente)
Buongiorno.

TRIPODI Tiziana (CISL FP T)
Grazie Presidente, buongiorno a tutti e grazie per l’invito. Sono Tiziana Tripodi della
CISL Funzione Pubblica di Torino. Attivo anche il video.
Allora, direi che la fase emergenziale ha mostrato a tutti che le strutture, le RSA, sono
state, di fatto, l’anello debole della sanità, direi proprio nel Paese non soltanto nella
Regione Piemonte; come CISL quello che sosteniamo, come CISL Funzione Pubblica,
chiaramente il nostro punto di vista è quello dei lavoratori che nelle strutture lavorano,
riteniamo che questo di fatto è capitato perché queste strutture erano già molto fragili
prima, e i motivi della loro fragilità, di fatto, sono le normative che regolamentano
questo tipo di strutture che, come vogliamo ricordare, sono normative DGR regionali
dove di fatto sono previste delle dotazioni organiche che sono assolutamente
insufficienti per rispondere ai bisogni di cura delle persone che in queste strutture ci
vivono. Trovo, ma questa è un’osservazione direi personale, che esprimere i minuti di
assistenza, le necessità, i bisogni delle persone anziane ricoverate sia quantomeno
disumano, anche perché, ricordo, che quando parliamo di persone che hanno bisogno di
un’alta intensità assistenziale parliamo di 120 minuti di assistenza nella giornata, quindi
pensiamo che i bisogni di quella persona si esauriscono dal punto di vista dell’assistenza
tutelare, quindi di OSS, in 2 ore all’interno della giornata; se poi invece parliamo
dell’infermiere, ecco, i bisogni si esauriscono con 30 minuti nell’arco delle 24 ore.
Non soltanto la questione delle dotazioni organiche dell’assistenza rende fragili le
strutture, ma bisogna anche ricordare che le tariffe di queste strutture sono ferme al
2012, inevitabilmente i costi - anche soltanto quelli legati al personale e i rinnovi dei
contratti - sono aumentati e di fatto se non si mettono delle risorse, diventa difficile che
queste strutture già in una fase normale siano in grado di reggere, figuriamoci in una
fase emergenziale com’è quella che abbiamo vissuto. Teniamo anche conto che queste
strutture sono soggette alle logiche degli appalti, i contratti che vengono applicati sono
tantissimi; spesso purtroppo, e non voglio cadere nelle generalizzazioni, si generano
anche delle corse al ribasso, motivo per cui esiste una norma regionale, la DGR 14 del
2009, che prevede all’allegato D un’autodichiarazione dove di fatto i gestori si
impegnano ad applicare uno dei contratti sottoscritti dalle parti datoriali e sindacali
maggiormente rappresentative a livello nazionale. È importante dirlo qui perché questo
documento è inviato, oltre alla Commissione di Vigilanza, anche al Comune di Torino;
di fatto ad oggi ci sono delle strutture che non applicano contratti sottoscritti dalle
Organizzazioni Sindacali e datoriali maggiormente rappresentative, eppure sono
autorizzate e accreditate, e credo sia importante definire questa situazione perché il
sistema di regole aiuta non solo nell’emergenza, ma anche nella normalità. Quindi
ricondurre il tutto a delle regole che valgono per tutti credo che sia assolutamente
indispensabile.
Bisogna quindi ripensare completamente il modello e bisogna ripensarlo sia dal punto di
vista delle persone che nelle strutture ci vivono, ma anche dal punto di vista di chi ci
lavora, perché purtroppo hanno pagato entrambi, in termini di contagi e di mortalità, il
grosso prezzo di questa situazione. Abbiamo individuato come Organizzazione
Sindacale, secondo noi, 7 criticità che sono emerse durante la pandemia, queste 7
criticità, che vorrei elencarvi, non servono per individuare le colpe e i responsabili
perché queste saranno accertate purtroppo da qualcun altro, purtroppo o per fortuna nel
senso che sarebbe stato secondo noi opportuno riportare il tutto a dei tavoli di confronto
e non sicuramente alle denunce perché le denunce non servono per evitare i contagi e le
vittime. Questi 7 punti sono sicuramente stati già elencati da chi mi ha preceduto, li dico
velocemente: c’è stata un’esecuzione tardiva dei tamponi, quindi i tamponi non sono
stati fatti a scopo preventivo per individuare i positivi eventualmente anche asintomatici
e separarli e isolarli; gli isolamenti nelle strutture sono stati fallimentari, queste strutture
sono pensate per aggregare le persone che vivono all’interno, non certo per separarle,
per dividerle e per isolarle, non sono strutture di fatto pronte a far fronte a bisogni di
cura di persone che hanno un tasso di contagiosità elevato come quello che c’è stato con
la pandemia; ci sono state delle incongruenze tra le linee guida e i protocolli delle ASL
territoriali e quelle della Regione Piemonte e dell’unità di crisi che hanno di fatto
generato errori e confusioni, pensiamo alla delibera che successivamente è stata
integrata e meglio chiarita della possibilità quindi di accogliere i Covid positivi
all’interno delle RSA, e a come, di fatto, le ASL territoriali chiedessero agli enti gestori
di accogliere nelle proprie strutture pazienti Covid in via di guarigione; la mancata
fornitura dei dispositivi di protezione al personale è stata evidente, siamo dovuti a un
certo punto intervenire anche con le associazioni datoriali per richiedere alla Protezione
Civile che venissero destinate nelle strutture dispositivi di protezione al pari che negli
ospedali, perché ad un certo punto gli ordini che venivano fatti venivano in qualche
modo bloccati. Su questo punto, l’unica cosa che mi sento di dire è che ad un certo
punto la difficoltà è stata evidente per tutti, di fatto - e anche qui ci sono delle differenze
che vanno fatte e che non bisogna generalizzare - c’è chi aveva delle scorte ed è riuscito
in qualche modo a sopperire alle carenze, e chi di fatto scorte non ne aveva e si è trovato
in assenza di Dispositivi di Protezione. Di fatto, per noi questa cosa è stata grave perché
nei Documenti di Valutazione dei Rischi delle strutture il rischio biologico è
contemplato e quindi riteniamo che per il futuro sarebbe utile pensare anche alle scorte
dei Dispositivi di Protezione Individuale. È stata inefficace l’attività dei servizi di igiene
pubblica … (voci sovrapposte).

SICARI Francesco (Presidente)
Le chiedo di concludere.

TRIPODI Tiziana (CISL FP T)
Sì, i tamponi al personale sanitario posto in quarantena in alcuni casi non sono mai
arrivati; ci sono state poi delle dimissioni dagli ospedali di degenti senza il tampone,
dando origine poi ai contagi nelle strutture; l’assenza di dati certi sulla diffusione del
contagio e quindi anche sulla mortalità dovuta al Covid. Questi sono i 7 punti, ringrazio
e concludo.

SICARI Francesco (Presidente)
La ringrazio. Adesso procediamo con l’intervento di Fabrizio Ghisio per
Federsolidarietà. Prego.

GHISIO Fabrizio (Federsolidarietà)
Grazie, Presidente. Fabrizio Ghisio, Confcooperativa Federsolidarietà; grazie a lei e
grazie ai Consiglieri per questo invito. Mi permetto solo di partire sfatando un mito,
anche se da alcuni interventi si è già colto: gli standard dei modelli a cui facciamo
riferimento, quando parliamo di questa tipologia di strutture, sono identici per le
strutture pubbliche e per le strutture private, non esiste legislativamente
(incomprensibile) e quindi non c’è ragione per cercare di individuare nella natura del
soggetto che ha gestito e che gestisce queste strutture ragioni che possono addurre a
differenze di qualsivoglia tipo. Però, fatto questo, vorrei partire da una premessa: i
servizi torinesi sono frutto di un percorso che si è condiviso con ASL e Città a partire
dalla fine degli anni ’90, non è un qualcosa che compare improvvisamente negli ultimi
mesi, negli ultimi anni ma è frutto di una storia lunga, ed è un percorso che (audio
interrotto) tratteggiato dal Legislatore regionale e dal (audio interrotto) da un lato un
sistema di domiciliarità, dall’altro un sistema di residenzialità. Mi permetto solo di
evidenziare due cose su questi due elementi: il servizio di domiciliarità oggi, che da tutti
è richiamato come la risposta per eccellenza per poter affrontare eventi come quelli a
cui abbiamo appena dovuto assistere, o meglio di cui siamo ancora nel pieno
dell’esserne in qualche modo vittime, vede Torino aver evidenziato un fattore che è
quello della domiciliarità come momento di forte territorialità, di attivazione di reti di
servizi, di coinvolgimento delle competenze delle famiglie, le quali possono anche
scegliere e condividere con la rete dei servizi come arrivare ad avere prestazioni per loro
più confacenti e per loro più opportune.
D’altra parte, il modello delle RSA per questa città ha voluto dire cose molto particolari
che noi non dobbiamo dimenticarci, nel senso che aver costruito una rete di RSA che
oggi sono presenti sul territorio torinese ha voluto dire generare risorse economiche e
finanziarie per la città, pensiamo a cosa ha determinato in termini dei vari concessori
questa fattispecie, ma ha voluto anche dire generare investimenti perché si è andati a
riqualificare importanti parti della nostra città, ha voluto dire mettere a disposizione dei
cittadini torinesi una risposta ad un bisogno di residenzialità che prima non era nelle
disponibilità. E questi sono aspetti che non dobbiamo sottovalutare. Dentro questo
schema, che quindi io mi permetto di ricordare, vede Torino e la sua rete di servizi
residenziali e non residenziali profondamente figlia di una storia che è una storia che le
istituzioni e le forze sociali hanno condiviso, generando anche investimenti importanti
da parte di tutti gli attori pubblici, privati, privati sociali, senza distinzioni, si è misurato
poi dopo con alcune criticità che in parte sono state descritte, in gran parte sono state
descritte, le riepilogo solo sulla base degli elementi che maggiormente credo possano
essere da rimarcare. Da un lato innegabile la straordinarietà degli eventi, ma dall'altra è
innegabile il fatto che (incomprensibile) ha dimostrato, lo si diceva anche poc'anzi, che
probabilmente di fronte ad eventi pandemici di tale portata, si tratta di attuare anche dei
ripensamenti, perché sicuramente non ce n’è una piena idoneità. Sicuramente c'è stata
un’altra criticità che non si aspettava e cioè che nell'affrontare le criticità si è dato
preferenza, nelle misure straordinarie, ad altri luoghi, non ce lo si aspettava, ma è stato
reso necessario, quindi ne abbiamo preso atto e parlo delle strutture ospedaliere
(incomprensibile) e personale alla fine sono stati fatti convergere in quei luoghi e
sicuramente questo è nella logica della costruzione in un percorso di risposta
all'emergenza che non poteva lasciare che ogni singolo soggetto decidesse per parte sua
qual era il percorso migliore, non a caso si è istituita una cabina di crisi. Certo è che le
soluzioni individuate non sempre erano coniugabili, e ne parlo per oggi, ma ne parlo
anche per domani, con le caratteristiche dei plessi fisici che si è andati a strutturare.
Penso solo a cosa vuol dire parlare di percorsi sporco e pulito di isolamento in strutture
che non nascono con quel tipo di codifica e che quindi non hanno, a tutti gli effetti,
configurato neanche fisicamente gli spazi per poter andare in quella direzione. Credo
che non abbia agevolato, ed è stata forse la criticità che ha scosso maggiormente gli
operatori - veniva credo riportato anche prima -, lo stigma che, a un certo punto, chi
gestiva le RSA si è ritrovato sulle spalle, ma che forse non è dissimile dallo stigma di
tutti gli operatori che si sono ritrovati sulla prima frontiera, di fronte a qualcosa che era,
oggettivamente, più grande di loro, che fosse un reparto di rianimazione o che fosse una
RSA. Oggi, ci sono, però, alcune criticità e io mi permetto di citarle (incomprensibile),
diversificandole tra quelle che sono le criticità della domiciliarità e le criticità della
residenzialità. In realtà, è stato richiamato prima, in modo anche molto puntuale dalla
Vicesindaca, siamo in uno stato di precarietà permanente; voi considerate che in pieno
periodo di pandemia i nostri operatori non sapevano cosa sarebbe successo loro in piena
pandemia, cioè se avrebbero continuato a lavorare, se avrebbero potuto continuare a
dare continuità assistenziale ai loro assistiti e questo grazie al fatto che siamo alla
proroga “n” di qualcosa che noi, tutti quanti, riteniamo sia fondamentale, talmente
fondamentale che non vale la pena di preoccuparsi di darne continuità o, se lo si fa, lo si
fa con modalità che, nella migliore delle ipotesi, instillano ansia, complessivamente,
negli assistiti, negli operatori, nell’organizzazione. Il tutto condito dal fatto che, nel
frattempo, io non esito a segnalarlo, anche in periodo di pandemia, noi abbiamo assistito
ad un ridimensionamento costante…

SICARI Francesco (Presidente)
Le consiglio di avviarsi alla conclusione.

GHISIO Fabrizio (Federsolidarietà)
Grazie, certo… un ridimensionamento costante delle prese in carico - che cosa vuol
dire?-, in realtà, delle disponibilità di accesso alla rete dei servizi, che, quindi, limita di
molto la possibilità di fruire di questo servizio. (Incomprensibile) noi abbiamo assistito
a un incremento di costi gestionali del 20%, mediamente, per effetto della pandemia, e
questo bisognerà capire come influisce sui servizi di domani; sicuramente, un
rallentamento giusto, legittimo, ma un rallentamento di nuovi ingressi nelle strutture e
quindi una scopertura media del 20%, ma queste problematicità, e lo penso in
particolare sulla residenzialità (incomprensibile) alla domiciliarità… il rischio è che, a
breve, dopo che si sono ammalate le persone, si ammalino anche le strutture, ma
attenzione, se si ammalano le strutture, il territorio sarà totalmente in balìa dei problemi
che sono alla porta, che non sono solo i problemi virali, ma anche quelli demografici.
La seconda ondata potrà arrivare, potrebbe però essere che non trovi più le RSA.
Accendo un semaforo sui centri diurni per minori e per disabili, perché è sicuramente
uno di quei luoghi dove oggi, magari più in silenzio o meno in evidenza
giornalisticamente, mediaticamente parlando, si stanno sviluppando, però, sofferenze
non gestionali, non patologiche, ma sofferenze di servizi significative, rispetto alle
quali, forse, bisogna cominciare a pensare di intervenire, dando una forte accelerata alla
ripresa dei servizi. Scusate, grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei, si figuri. Adesso ho l’intervento di Anna Di Mascio.

DI MASCIO Anna (Forum Legacoop Piemonte)
Buongiorno a tutti. Anche io ringrazio per la possibilità di intervenire. Sono, diciamo,
ancora un terzo settore, ma anche mi associo a quanto precedentemente detto dal collega
Ghisio perché, diciamo, anche Legacoop.
Io faccio solo alcune riflessioni perché, appunto, molte sono già state evidenziate.
Ricordo a tutti e lo ricordiamo, siamo ancora dentro una pandemia globale che ci ha
trovato impreparati, ha trovato impreparati lo Stato, la Regione e le ASL, da cui sono
scaturite indicazioni non coerenti, alcune volte, frammentarie e dove, nei primi giorni
della pandemia, si è privilegiata, giustamente, la questione ospedale e non si è ritenuto
prioritario intervenire sul tema RSA, malgrado alcuni segnali di allarme siano stati da
noi lanciati alla Regione. Allora, qui entriamo un po’ nel merito e dobbiamo un po’
entrare nel merito, anche oggi, di quali saranno le prospettive su cui lavorare, rispetto al
futuro, perché è evidente che le normative attuali, anche dal nostro punto di vista, vanno
ripensate, ri-immaginando quindi le strutture residenziali come - e già qualcuno, prima
di me, lo diceva - una risorsa per la comunità e per le famiglie. Ricordo che molti sono
gli anziani non autosufficienti con pluripatologie che non si è in grado, anche, di
occuparsene dalle proprie case e che quindi fanno parte…, sono punti della rete del
sistema sociosanitario della nostra città e, di conseguenza, nella nostra regione. Allora,
da questo punto di vista, francamente - e lo dico -, mi stupisce che soltanto ora sento
degli interventi critici nei confronti della D.G.R. 45, che, ripeto, è del 2012, D.G.R. 45
rispetto alla quale le nostre organizzazioni avevano, più volte, posto alla Regione alcuni
elementi di criticità che sono emersi in modo chiarissimo rispetto al Covid-19. Quindi,
come dire, uno dei temi è stato evidenziato, il minutaggio, l’altro è il tema della
presenza dei medici, l’altro tema è il rapporto con il territorio e la continuità
assistenziale. Allora, da questo punto di vista, quindi, la necessità di rivedere questo tipo
di modello sulla residenzialità, intanto deve arrivare da un livello che è nazionale, ma
che poi deve essere soprattutto anche in ambito della nostra regione, perché le
normative di riferimento sono normative della Regione Piemonte. Da questo punto di
vista, quindi, andrebbe ripensato complessivamente il sistema dell’integrazione
sociosanitaria, che riguarda non soltanto la residenzialità anziani, riguarda la
domiciliarità e il sistema di cure complessivo, ma riguarda anche il tema della disabilità
e delle persone delle fasce più vulnerabili. Allora, in questo senso, il rapporto tra, ripeto,
sanità e sociosanitario è un rapporto che finalmente dovrebbe essere posto sotto la lente
di ingrandimento e su cui occorre fare una riflessione insieme. Da questo punto di vista
un ragionare solamente esclusivamente sul tema Sanità rischia di impoverire il tessuto
sociale della nostra città, oltre che dei nostri territori, perché, quando noi immaginiamo
e pensiamo alla salute di persone anziane, pensiamo alla salute di persone che possono e
devono poter avere la possibilità di vivere in modo degno e di essere curate là dove
serve. Allora, da questo punto di vista, il sistema anche della domiciliarità deve essere
un sistema, come lo si ricordava, molto centrato non soltanto su una presenza sanitaria,
ma su una presenza di figure che possono sostenere la persona negli aspetti della
quotidianità della vita e, come si direbbe, della riproduzione sociale. Allora, da questo
punto di vista, quindi, è chiaro che noi ci auspichiamo un ripensamento del modello, ma
ci auspichiamo anche maggiori risorse su questo ambito dell’integrazione
sociosanitaria, anche perché, non soltanto i bisogni aumentano, ma la vulnerabilità
aumenta e, nello stesso tempo, siamo consapevoli del fatto che i sistemi attuali
necessitano, ripeto, anche di risorse ulteriori per poter funzionare al meglio. Quindi, in
questo senso, io mi auguro che si avvii in fretta e chiedo alla Città di Torino di farsi
parte attiva verso la Regione Piemonte e a tutte anche le organizzazioni che qui sono
presenti, perché si avvii in fretta una possibilità con la Regione di confrontarsi su questi
temi e di arrivare ad un’ulteriore, possibilmente, rivisitazione del sistema della
residenzialità e delle cure domiciliari e territoriali. Vorrei anche spezzare una lancia a
favore invece di quelle strutture anche residenziali di RSA, che hanno resistito al Covid,
che sono state capaci di sostenere questa ondata pandemica e sono state capaci a fronte
dell’abnegazione, della presenza e della disponibilità degli operatori sociosanitari. Il
tema dei DPI è stato un tema che, abbiamo visto, la Protezione Civile direttamente
sequestrava e portava in ospedale, per cui, come dire, noi abbiamo avuto necessità di
acquisire direttamente, là dove non avevamo, ma, nello stesso tempo, credo che sia
importante riconoscere una professionalità anche in quelle strutture che sono state
capaci…

SICARI Francesco (Presidente)
Le chiedo di avviarsi alla conclusione.

DI MASCIO Anna (Forum Legacoop Piemonte)
…di resistere a questa ondata pandemica. Quindi, detto questo, credo che la cosa
importante per il futuro sia proprio quella di arrivare a ridefinire un modello, che, ripeto,
deve, soprattutto, essere condiviso e sostenuto da Regione Piemonte. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Questo era l’ultimo intervento di quelli che abbiamo iscritto ad inizio
Consiglio per quanto riguarda le persone che abbiamo invitato. Da questo momento in
poi, quindi, prendo gli interventi dei Consiglieri Comunali, che da questo momento
possono iscriversi, utilizzando la chat e poi procederemo con l’ordine. Prego,
Consigliera Tisi, ne ha facoltà, anche lei, per sei minuti.

TISI Elide
Grazie, Presidente. Grazie a tutti coloro i quali oggi sono intervenuti in questo Consiglio
Comunale aperto e grazie a coloro i quali hanno anche voluto darci il loro contributo,
che credo sia stato estremamente ricco anche da angolazioni e punti di osservazione
diversi. Io credo che…, intanto, volevo sottolineare il fatto che tra gli invitati, se non
erro - sulla richiesta che, con molti Colleghi, è stata formulata a partire dalla Consigliera
Grippo -, auspicavamo anche una partecipazione politica da parte della Regione
Piemonte, in quanto certamente il tema, per come si è sviluppato, per come è stato
affrontato, per i toni e i contenuti che ha sviluppato, credo abbia una valenza fortemente
politica, oltre che conoscitiva. Certamente, questa necessità di interlocuzione politica
con la Regione e l’ASL è anche in relazione ad un’altra richiesta che è stata fatta, l’ha
fatta la Collega Grippo nell’introduzione, è stata fatta anche nella richiesta sottoposta a
lei, Presidente, di poter avere una completezza anche di dati, perché, certamente, ci sono
stati riferiti dati, relativamente ai tamponi effettuati - alcuni dati erano stati riportati
anche in precedenti Consigli Comunali, in cui abbiamo affrontato questo tema -, ma io
credo che sia necessario avere un quadro più preciso dei dati e non soltanto dei dati di
quanto è accaduto e le conseguenze del Covid nelle RSA, ma dei dati più in generale
che hanno toccato la popolazione torinese e la popolazione anziana, in modo particolare,
e anche quella a domicilio. Perché, certamente, questa fragilità, che pure com’è stato
evidenziato in uno degli interventi, più volte richiamata dal Governo, dal Ministero
della Salute, forse non è stata poi sufficientemente attenzionata sui territori. Quindi,
analizzare quanto è successo per poter costruire, a partire dai numeri, non soltanto dai
numeri, il perimetro delle criticità e, naturalmente, questo ha lo scopo di evitare di
ripetere gli errori, ma anche di trovare delle soluzioni, in qualche caso antiche com’è
stato ricordato; forse recuperare alcuni modelli già presenti nella nostra Città, può essere
sicuramente una cosa utile, ma anche soluzioni inedite, che guardino a tutto il mondo
dei nostri anziani con occhi e forse anche con cuore diverso, rispetto a quanto è
avvenuto in questi ultimi mesi. Certamente c’è un ruolo fondamentale, che è quello
della politica, della politica regionale, della politica comunale anche, perché c’è bisogno
di una strategia sociosanitaria a livello locale, che preveda e consenta davvero di
svolgere una funzione di indirizzo da parte della Città nei confronti dell’Azienda
Sanitaria, perché questo tema non sia la Cenerentola, ma diventi il cuore delle attività
territoriali e uno dei temi principali con i quali guardare anche ai servizi del futuro. Il
tema dell’invecchiamento, per il nostro Paese più in generale, ma per la nostra Città più
particolare, è un tema primario, anche osservando i dati demografici della nostra
popolazione e quindi era già importante in precedenza, ma oggi questa pandemia ha
davvero acceso un riflettore che noi non possiamo non vedere. Dall’altro la presenza
della politica regionale, la Regione ha un ruolo di programmazione su queste tematiche,
che è importantissimo. Io credo che non basti autorizzare l’apertura di nuove strutture,
senza avere un disegno più complessivo (incomprensibile), disegno più ampio di servizi
agli anziani ed alle loro famiglie. Penso, per esempio ad uno sviluppo di persone con
patologie anche gravi e con demenze, che, in molti casi, sono una risposta; penso ai
servizi domiciliari, qui più volte richiamati che hanno visto, negli ultimi anni, una
grande incertezza, fino ad arrivare, vorrei ricordarlo a molti Colleghi Consiglieri, ad un
incontro svolto in una Commissione congiunta (incomprensibile) alla Città di Torino
per la ridistribuzione su tutto il territorio regionale (incomprensibile) perché quando si
parla di domiciliarità, e lo ricordava poc’anzi il rappresentante di Federsolidarietà,
Fabrizio Ghisio, dobbiamo ripercorrere molti anni di lavoro e di storia della nostra città,
ma dobbiamo, soprattutto, immaginare servizi che rendano davvero possibile ad una
persona non autosufficiente il poter stare presso il proprio domicilio. Quindi, interventi
che sostengano davvero le persone e le loro famiglie. Alcune ore durante la settimana
non sono sufficienti. Di qui, il modello ad esempio di assegni di cura, ma se ne
potrebbero analizzare molti altri, ma occorre la volontà di avviarci, appunto, in questa
direzione, occorre una volontà politica forte, sia da parte della Città, che da parte della
Regione. Qualcuno, nell’intervento, ha chiesto se questo dramma si poteva evitare, io
credo che, sicuramente, si poteva contenere.

SICARI Francesco (Presidente)
Le chiedo di concludere.

TISI Elide
Vado a concludere. Certamente, ancora una piccola chiosa. Sicuramente, si poteva
contenere se avessimo (incomprensibile) maggiormente alle indicazioni nazionali, ma,
soprattutto, io credo che dobbiamo, oggi, evitare che succeda ancora e quindi mettere in
campo, ripensare i modelli, mettere in campo tutte le azioni e considerare il Consiglio
Comunale di oggi come occasione preziosa da cui prendere spunto anche per indirizzi
politici che, mi auspico, arriveranno dal nostro Consiglio Comunale e di cui noi siamo
interpreti in questa giornata, per riprendere (incomprensibile) di Sanità di territorio e un
sociosanitario che (incomprensibile). Grazie, Presidente e grazie a tutti gli altri ospiti.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei, Consigliera Tisi. Adesso ho l’intervento del Presidente Versaci. Prego, ne
ha facoltà.

VERSACI Fabio
Grazie, Presidente. Saluto tutti i nostri ospiti e li ringrazio per gli interventi che si sono
susseguiti stamattina perché sono stati assolutamente molto preziosi e importanti. Tra
l’altro, con alcuni di loro ci conosciamo perché partecipano spesso ai lavori della IV
Commissione. Dico, sin da subito, che do la mia disponibilità, ovviamente, per ritornare
sul tema in qualità di Presidente della IV Commissione, per approfondire, per
comunque monitorare, soprattutto sulla questione dei dati, come è stato anche ricordato
adesso dalla Vicepresidente Tisi, quindi do la mia disponibilità a ritornare ovviamente
sul tema in Commissione. Il Consiglio è stato assolutamente importante, perché ha dato
uno spazio sicuramente, uno spazio politico anche molto importante, che la
Commissione non ha sicuramente, ma la Commissione ha la possibilità di entrare più
nello specifico sui temi, anche per fare più Commissioni, quindi io do, da subito, la mia
disponibilità, la do agli ospiti e ovviamente ai Colleghi del Consiglio Comunale,
qualora si presenterà la necessità di, come diceva la Collega Tisi, di dare degli atti di
indirizzo, come spesso facciamo. Dico semplicemente una cosa, ovviamente non è mia
intenzione stare qui a speculare politicamente sulla questione, anche perché,
obiettivamente, lo si poteva fare, non lo abbiamo fatto, personalmente io non l’ho fatto,
ma neanche la Maggioranza, ma neanche il Consiglio Comunale, mi permetto di dirlo,
sia durante che dopo la pandemia, cioè dopo no, perché ancora non è finita; dopo la
calma della pandemia si poteva speculare molto di più su quello che è avvenuto
all’interno delle RSA, però penso che abbiamo agito, secondo me, in maniera corretta e
siamo rimasti coi piedi per terra e abbiamo pensato a portare il nostro contributo. Mi
dispiace che la Regione, oggi, non sia qui, però non mi stupisce nel senso che me lo
aspettavo e credo che abbia sbagliato perché non era sicuramente intenzione di questo
Consiglio Comunale processare nessuno, però era, secondo me, un momento per poter
capire e collaborare insieme per provare a portare delle soluzioni, perché, come è stato
ricordato da tutti, se davvero, come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità,
ritornerà in autunno questo virus così violentemente, dobbiamo essere in grado di
rispondere e reagire in maniera corretta, perché è evidente che sono stati fatti degli
errori ed è anche evidente che dagli errori si impara. Purtroppo, sono morte tantissime
persone, poi ognuno di noi ha avuto, per conoscenza o dei familiari o, per conoscenza,
delle persone che, purtroppo, questa pandemia se le è portate via e quindi diciamo che
siamo molto colpiti tutti personalmente, in modi diversi, da quello che è accaduto.
Quindi, secondo me, è stato importante, oggi, ripeto, aver dato spazio ai nostri ospiti
che, diciamo, conoscono il tema, hanno vissuto il tema molti e lo conoscono molto
meglio di noi; noi l’abbiamo vissuto marginalmente, almeno io personalmente
marginalmente. Quindi, io ripeto, Presidente, io ringrazio ancora e do di nuovo la mia
disponibilità sia agli ospiti che (incomprensibile) della IV Commissione per continuare
a lavorare sul tema e provare a portare delle proposte che possano migliorare la
situazione attuale. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei, Presidente Versaci. Adesso, procediamo con l’intervento della Capogruppo
Artesio. Prego, ne ha facoltà per sei minuti.

ARTESIO Eleonora
Grazie. Il miglior modo per ringraziare delle presenze di oggi è quello di assumere degli
impegni, in quanto siamo un’istituzione e a questa responsabilità siamo chiamati. Io
provo a definirne alcuni. La prima questione mi sembra questa: la sottolineatura
irreversibile, mi auguro, del fatto che stiamo parlando di condizioni personali, di
malattia, tali per le quali le persone non sono in grado di svolgere autonomamente le
funzioni essenziali della vita. Quindi, non stiamo parlando di solitudine, certo, c’è anche
la solitudine; non stiamo parlando di fragilità conseguente all’invecchiamento, certo, c’è
anche questo; stiamo parlando di condizioni, quelle dell’invecchiamento, quella della
solitudine, in alcuni casi, quella della povertà, aggravate da una condizione di malattia
con diversi livelli di intensità assistenziale, perché questo è il requisito in base al quale
le persone, sia nelle cure domiciliari in lungo assistenza, sia negli ingressi RSA,
vengono accompagnate, a seguito di un’unità di valutazione geriatrica o
multidimensionale. Quindi, se parliamo di una condizione di malattia, che si associa a
un’altra condizione di fragilità e che può essere dignitosamente curata in diversi
contesti, domiciliari o residenziali, a seconda delle condizioni personali, è ineludibile la
competenza di carattere sanitario, una competenza di carattere sanitario che si esercita
nella sfera dei servizi sociosanitari. Dal punto di vista normativo, l’inquadramento era
esplicito e illuminato fin dalla costituzione di questi servizi e di queste prestazioni. Ora,
che le condizioni particolari rendano evidente la necessità di rafforzare la competenza
sanitaria, che, in base ai parametri di accreditamento e di funzionamento, è risultata, in
alcuni casi, particolarmente debole a reggere un urto e, in altri, invece, capace di reggere
quell’urto, probabilmente perché con una struttura più forte, che noi si
(incomprensibile) sanitarizzare, significa semplicemente che la concezione olistica
dell’integrità della persona, che passa attraverso qualità della relazione, fatta di tanti
elementi: quello dell’assistenza tutelare, quello dell’animazione e così via, non può far
venir meno, anzi si deve coniugare e deve enfatizzare, la qualità delle cure e cioè della
componente clinica. Quindi, io non vedo, quando si dice di rafforzare la competenza
sanitaria, un rischio di sanitarizzazione; la sanitarizzazione accade quando si trasforma
in malattia ciò che non è. Qui, stiamo parlando di condizioni di persone malate, che
vanno accolte, in quanto persone, nelle RSA, in un contesto sociale, nei quali, contesti
di cura, la cura ci deve essere, insieme alla cura delle relazioni e, probabilmente,
accanto al rafforzamento della competenza del Direttore Sanitario, forse, dovremmo
anche ragionare di altri tipi di competenze, sia che intervengono nel rafforzamento
clinico, come le ore dedicate alla motricità e al mantenimento della mobilità, sia nel
rafforzamento delle competenze cosiddette di relazione, come tutte le attività dedicate
alle terapie occupazionali. Quindi, io credo che dire: è una responsabilità che si esercita
nella sfera sociosanitaria e che prevede un rafforzamento della competenza sanitaria, sia
un punto di principio al quale dobbiamo approdare. La seconda questione significa che,
se questo è, la condizione di non autosufficienza non è una condizione riconosciuta ad
intervalli temporali altalenanti, per cui si sostengono, con risorse destinate, le condizioni
di non autosufficienza se viene periodicamente istituito un fondo nazionale o si sostiene
la domiciliarità con proroghe progressive. Se la condizione di non autosufficienza, che
si gestisce come cura, all’interno dell’area sociosanitaria, è una condizione che
riconosciamo, allora va strutturata nei livelli essenziali di assistenza e a questi va data
continuità e garanzia come la si dà rispetto ai servizi essenziali delle prestazioni
sanitarie, e, ovviamente, poiché tutti hanno detto che la domiciliarità è una condizione
fondamentale, dove sussistano le condizioni…, perché voglio ricordare che curare a
casa delle persone in condizioni di malattia e particolarmente deboli da altri punti di
vista, ad esempio quelli affettivi, quelli relazionali, quelli economici, significa sempre
avere un punto di riferimento nel caregiver, il che introduce tutto il tema del
volontariato intrafamiliare che qui non approfondisco, ma sottolineo che riconoscere le
cure domiciliari in lunga assistenza non vuol dire, come dicono i LEA oggi, riconoscere
gli interventi professionali clinici, ma riconoscere tutto quel tema dell’assistenza
tutelare che, nel modello Torino, è stato ampiamente valorizzato e quindi un impegno,
anche su questo aspetto, nei Livelli Essenziali di Assistenza. L’ultima cosa su cui
intervengo è quella relativa alle possibilità di rafforzare la partecipazione sociale nei
servizi di carattere residenziale.

SICARI Francesco (Presidente)
Le chiedo di avviarsi alla conclusione, grazie.

ARTESIO Eleonora
…nei servizi di carattere residenziale. Ho chiesto il funzionamento delle nità di
vigilanza comunali, penso che possano essere aperte anche alla partecipazione le unità
di vigilanza comunali, quelle regionali, delle organizzazioni di rappresentanza. In altri
casi, come nel caso della salute mentale, questo era stato previsto con specifiche
delibere regionali. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
La ringrazio. Adesso, ho il Capogruppo Petrarulo.

PETRARULO Raffaele
Grazie, Presidente. Ho ascoltato tutti gli interventi di chi si è succeduto, prendendo
anche alcuni appunti su quello che è questo capitolo delle RSA, che era collegato, voi
tutti lo sapete benissimo, alla grande polemica che c’è stata con l’emergenza
Coronavirus. Non veniamo oggi a parlare di RSA, quando il problema delle RSA, delle
liste di attesa, di tutto quello che succede è una cosa che sta andando avanti da decenni,
quindi non è che, oggi, scopriamo l’acqua calda in cui abbiamo liste di attesa non di
poco conto, non si riesce a rientrare o via discorrendo, quindi non è una questione solo
del Comune di Torino, ma di tutta la Regione Piemonte. Mi dispiace che manchino
alcuni interlocutori. Gli interlocutori…, io dico sempre che chi è assente, chi non vuole
partecipare, da qualsiasi colore politico possa venire, sbaglia, perché i sindacati, i
referenti, coloro che hanno parlato hanno snocciolato. Io non sono uno che legge, se
vedete questa è una mozione che poi vi dirò dopo, parlo a braccio, perché quando uno le
cose le vede, le sa e le sente e non deve dare numeri, perché non devo dare io i numeri,
non sono io sono l’Assessore alla Sanità, non sono io l’Assessore al Welfare del
Comune di Torino, non sono in Giunta e non devo sicuramente andare a dire quanti
sono stati dimessi, perché io non ho accesso alle carte, come voi ben sapete, perché non
c’è una Commissione preposta a fare questo, allora, io mi domando e chiedo, dopo
questa adunanza, che è avvenuta oggi che è l’8 luglio, senza prendermi il merito, ma il
“co-merito” me lo prendo, quando la Consigliera Scanderebech, in un Consiglio di
alcune settimane fa, aveva chiesto e aveva detto e poi ha fatto, ha presentato una
mozione, lo dico agli interlocutori, la faccio vedere per correttezza, io sono uno di quelli
che…, ecco il foglio che sto leggendo, non sto leggendo fogli di intervento, è la
mozione 202001413/002, avente ad oggetto: “Costituzione Commissione d’Indagine sui
Presidi Socio Assistenziali di Torino”, presentata in data 23 giugno 2020, prima
firmataria Scanderebech, e snocciola tante cose. Io mi sono chiesto, naturalmente -
perché con lei ho parlato e poi, sicuramente, lo affermerà - che era una cosa molto
interessante e intelligente; non ci sostituiamo alla Procura della Repubblica, ci
mancherebbe, ma andava anche a capire tutte queste cose che state dicendo oggi. Ho
sentito, io lo dico all’amico, l’amico e Presidente Versaci che dice: in IV Commissione
andremo a snocciolare qualsiasi cosa su quello che riguarda le RSA, ben venga anche la
IV Commissione; ma mi domando una cosa e questo mi fa molta rabbia, lo dico a tutti,
ma lo porterò ogni settimana sul sito (incomprensibile), ma perché la mozione del 23
giugno 2020, che vede prima firmataria Scanderebech, vede solamente come
cofirmatari…, perché voi sapete benissimo, lo dico a chi ci sta ascoltando, perché venga
costituita una Commissione d’Indagine occorrono undici firme, undici Consiglieri che
firmano, non che parlano nei congressi, non che parlano nelle assemblee, non che
parlano nelle Commissioni, non che parlano per strada o al bar o a cena, devono firmare
on line la mozione, per correttezza, dato che non sono il primo e l’unico, prima
firmataria c’è Scanderebech Federica, poi c’è Curatella Cataldo, Petrarulo Raffaele, il
sottoscritto - mi ha battuto Curatella, in questo caso -, Montalbano Deborah, Pollicino
Marina, Artesio Eleonora, solo sei. Presentata il 23 giugno, questa è stata stampata alle
ore 12.49 del mercoledì 8 luglio ed è a conoscenza di tutto il Consiglio Comunale. Ora,
io mi attendo e chiedo che tutti questi - che hanno a cuore le RSA, che vogliono capire
cosa sta succedendo nelle RSA, che vogliono entrare anche a capire per quali motivi
non stanno funzionando o non hanno funzionato, senza andare a dare colpa a destra o a
sinistra, per andare nell’interesse di quelli che, forse, sono morti per alcune inefficienze,
forse si poteva fare meglio, forse si potrà fare meglio - spero e penso che oggi, domani,
entro domenica firmino per fare arrivare questo quorum e far sì che la mozione prima
firmataria Scanderebech, con Petrarulo che è sostenitore al 100% di questa, possa avere
questa Commissione d’Indagine, così come dice il Regolamento Comunale, e,
naturalmente, possa far avere anche i tempi molto più stringenti di una Commissione
normale. Non me ne voglia Versaci, ma non penso che Versaci possa fare le
Commissioni tutti i giorni, abbiamo degli slot, abbiamo le videoconferenze, abbiamo
tante di quelle cose che non funzionano, quindi per forza che non si possa fare. Anche
perché, in questa versione, la illustro io perché, certe volte, ho voluto anche, tra
virgolette, “che fosse presentata”, perché, capite, quando la Scanderebech scrive e dice,
noi diciamo: “I Presidi Socio Assistenziali sono strutture di accoglienza destinate a
persone che necessitano di tutela e di interventi appropriati di varia natura…”. Impegna,
quindi l’“Impegna” di questa mozione è: “La Sindaca, la Giunta e il Consiglio
Comunale a dare seguito a tutte le azioni necessarie per una corretta istituzione di una
Commissione d’Indagine sui Presidi Socio Assistenziali del territorio torinese”. Allora,
se non si raggiungeranno le undici firme, lo dico a chi ci segue, a tutti i sindacati a tutte
le RSA, alla Regione, ai giornalisti, che sia molto chiaro questo, naturalmente, non
verrà fatta questa Commissione d’Indagine, rimarremo qui a chiacchierare di avere fatto
una bella adunanza, di avere fatto (incomprensibile) che ben venga che l’abbiamo fatta,
ci mancherebbe, però dal 23 giugno, depositata l’8 luglio, io mi trovo sei firme su 40
Consiglieri. Ecco, su questo dato bisogna riflettere, su questo dato, e ringrazio la prima
firmataria, bisogna far chiaro. Qui non è questione di essere di Destra o di Sinistra, di
sopra o di sotto, stellato o non stellato, all’ottantesimo posto o all’80, si vuole fare
chiarezza, la si firmi; non si vuole fare chiarezza, continuiamo a fare le tavole rotonde,
andiamo al bar, andiamo in Commissione, chiacchieriamo con tutti, che fa piacere. Io
voglio chiarezza e la chiarezza la può fare solamente una Commissione d’Indagine,
dove va a chiedere nomi, cognomi, indirizzi, ovviamente riservati, per quello che è la
privacy, per quello che sia, sui numeri, su cosa è successo, su cosa si è fatto; si
interpellerà. Qualcuno non vorrà venire, benissimo, poi si trasmetterà tutto questo alla
Procura della Repubblica per far capire (incomprensibile) se qualcuno su questo
argomento ha fatto bene? Ha fatto male? Non lo so, non faccio il giudice, faccio il
commercialista, come dico spesso, e non faccio il medico, quindi non so fino a che
punto sia sbagliato o non sia sbagliato. Non voglio entrare nei campi di chi… non è la
mia professione, ma nel campo politico penso e credo che chi, oggi, è intervenuto, non è
intervenuto, viene, abbandona i lavori, faccia che cavolo vuole, però se no…

SICARI Francesco (Presidente)
Le chiedo di avviarsi alla conclusione.

PETRARULO Raffaele
Chiudo, firma (incomprensibile) condizioni. Io, lo dico a chi ci sta ascoltando, io
domenica metterò la Commissione…, metterò su Facebook, naturalmente con tutti
quelli che hanno firmato e lo metterò spesso e volentieri ed interverrò, naturalmente,
con un’interpellanza in Consiglio Comunale, perché questa mozione deve essere
approvata, occorre fare chiarezza se si vuole veramente fare giustizia e dare onore anche
a chi oggi non c’è più. Grazie a tutti. Buona giornata.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Adesso ho la Vicepresidente Ferrero. Prego, ne ha facoltà.

FERRERO Viviana (Vicepresidente)
Quanti minuti, grazie?

SICARI Francesco (Presidente)
Sei.

FERRERO Viviana (Vicepresidente)
Grazie, Presidente. Io credo fosse importante sollevare il tema, dibatterlo, articolarlo,
verificarne i percorsi. Io ringrazio veramente tutti gli intervenuti per i preziosi contenuti
e contributi che ci hanno dato veramente una visione completa di quello che sia il
problema. Il Comune si era espresso sulla Salute, si era espresso nell’occasione della
Variante di piano sul Parco della Salute con una mozione di accompagnamento, perché
la Salute pubblica non la dobbiamo solo sollevare nei momenti dell’emergenza, è uno di
quegli argomenti che va, comunque, (incomprensibile) le strutture intermedie, le reti
sociali, le cure domiciliari, quelle vanno affrontate come azione comunale di indirizzo.
Io ritengo che oggi l’assenza della (incomprensibile) luce, il ghiaccio sottile della Sanità
pubblica, che nessuno nasconde abbia criticità, ma che, comunque, questo Paese non
può essere sempre il Paese dell’emergenza e deve superare quella che è, appunto, la
questione sempre emergenziale per cui si mette in moto tutto solo sull’emergenza, con
una programmazione attenta alle necessità, soprattutto su quella di un fattore non
occasionale, ma assolutamente biologico dell’invecchiamento della popolazione, che è
una situazione inevitabile e che sulla qualità di vita, sulla qualità di vita della persona
anziana, nella parte spesso molto lunga della nostra vita e lenta della nostra vita, ecco
questo è un argomento che credo interessi tutte le istituzioni a tutti i livelli. Una specie
di educazione all’invecchiamento che concorre in quelli che sono tutti i passaggi che
vanno raccordati come competenza. A me è piaciuto, è stato detto più volte in questa…,
io ho preso diversi appunti, più volte si è parlato di cure olistiche, ecco, il fatto che si
intervenga non solo con la medicalizzazione, ma con un percorso. Noi avevamo parlato,
in questa mozione, di accompagnamento, di cure nelle Case della Salute, che non si
sono poi, di fatto, mai realizzate e mi piacerebbe poi che la Regione ci desse il quadro di
come vuole intervenire in questo tipo di procedura, che passa, appunto, dall’assistenza
domiciliare, alle Case della Salute, all’estremo dell’ospedalizzazione. Ma, nel caso delle
persone anziane, c’è tutto un percorso precedente che va analizzato, va rinforzato, va, in
qualche modo, sostenuto. Ecco, io credo che, oggi, si sia fatta chiarezza su quello che è
stato e su quello che dovrà essere. Io credo che anche il Comune di Torino possa, in
qualche modo, farsi parte attiva, soprattutto nell’ascoltare le istanze di quelli che hanno
lavorato a contatto con la malattia e soprattutto con quest’emergenza che, veramente, ha
messo in luce anche le capacità di ognuno anche di reagire. Io spero che questo Covid si
sia evoluto e che questa emergenza, in realtà, si riassorba, ma l’emergenza
dell’invecchiamento è, invece, una di quelle emergenze che non è emergenza, ma è un
fatto strutturale nella nostra vita. Quindi, io, su questo, mi interrogo, oggi, e credo che
tutti gli spunti che sono stati dati dagli ospiti di oggi, che hanno dato una bella visione
articolata, siano di grandissimo arricchimento per la nostra Amministrazione. Grazie,
Presidente.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Adesso, ho il Capogruppo Tresso. Ne ha facoltà per sei minuti, grazie.

TRESSO Francesco
Grazie, Presidente. Io ringrazio, in primo luogo, i convenuti; mi è sembrata una
discussione articolata, esaustiva e molto utile per tutti gli apporti che ci hanno saputo
offrire. Ringrazio anche la Collega Grippo per aver promosso questo tipo di Consiglio,
che reputo utile e necessario, anche alla luce di quella che è stata l’emergenza passata.
Mi sembra che sia emerso, in maniera netta, e credo che sia necessaria una riflessione
da parte nostra. Qui siamo il Consiglio Comunale di Torino, è necessario fare una
riflessione su quello che possiamo portare a casa, anche in termine concreto di indirizzo
per quello che è la nostra attività politica. Noi sappiamo bene che le funzioni e i compiti
della materia sanitaria sono sovraordinati al nostro tipo di attività, però, nondimeno,
ricordiamo che è proprio in capo alla Sindaca, al Sindaco, insomma, alla Città anche
una funzione di responsabilità di igiene e Salute pubblica dei cittadini, dei propri
cittadini e quindi non possiamo esimerci, in supporto all’attività dell’Amministrazione,
di affrontare tutti quei temi che riguardano proprio il controllo, la verifica, il giudizio
anche sull’attività della ASL e sulla programmazione dei servizi sociosanitari che sono
quelli che poi devono garantire ai cittadini delle condizioni di salute, che poi,
ricordiamo, vuol dire sostanzialmente garantire delle situazioni, quindi, di vita, di
lavoro, di opportunità di poter condurre una vita in condizioni di tutela. Questo vale, a
maggior ragione, per le categorie più fragili e, in una città come la nostra, che è
caratterizzata da un’anagrafica piuttosto avanzata, deve avere un’attenzione del tutto
particolare. In questo senso, e, mi spiace, lo faccio con una nota, sì, volutamente anche
un po’ polemica, io avevo presentato, era il 20 aprile duemila... di quest’anno, quindi tre
mesi fa, un ordine del giorno che faceva fronte alla condizione emergenziale, eravamo
in pieno periodo di Covid, e, ritenendo non adeguata la risposta che si stava dando,
avevo chiesto - con un ordine del giorno, che fu votato, appunto, in quella data dalla
gran parte dei Consiglieri Colleghi - di chiedere alla Regione delle misure urgenti da
mettere in atto per salvaguardare la tutela…, salvaguardare la salute dei cittadini. Ora,
dico, mi spiace dover considerare che poi nulla è stato fatto perché l’Amministrazione
non ha poi svolto alcuna azione diretta nei confronti della Regione, del Presidente della
Regione, dell’Assessore competente per dare seguito a queste richieste, che erano poi
sette punti che io richiamavo. Uno di questi punti è particolarmente centrato su quello
che oggi è stato discusso perché, lo leggo testualmente, chiedeva proprio di:
“Continuare ad assicurare e sviluppare l’assistenza specialistica territoriale, attualmente
drasticamente contratta, soprattutto per i soggetti anziani portatori di patologie croniche,
anche attraverso il teleconsulto per limitare la movimentazione di pazienti ed operatori”,
quindi anche innestando delle tecniche che devono essere innovative, ma che sono
assolutamente alla portata. Però, in tutto questo, voglio dire, c’era sostanzialmente, e lo
sottolineo, la necessità di non contrarre ulteriormente l’assistenza specialistica
territoriale - questo, credo, sia uno… - e quindi di continuare a mantenere anche un po’
quella capacità di sviluppare, a livello più pervasivo, la capacità di offrire questo tipo di
cure. Non vado molto oltre sulle considerazioni, però mi soffermo, invece, su una
considerazione che è stata fatta dal dottor Ciattaglia, che io condivido pienamente,
perché, di nuovo, rientra nel perimetro di quelle che sono le nostre funzioni, su cui noi
dobbiamo assolutamente assumere, in pieno, delle responsabilità, non demandando agli
Enti sovraordinati. Il dottor Ciattaglia ha fatto riferimento all’assolutamente attuale
attuazione del progetto preliminare della Variante generale del Piano Regolatore. Voi
sapete che le Varianti generale hanno varie fasi, noi stiamo per approvare, abbiamo
adesso un programma che, in dieci giorni, deve approvare un lavoro durato degli anni,
che si chiama proprio “Proposta tecnica del progetto preliminare”. Allora, perché dico
questo, perché si è parlato di cure olistiche, ecco vorrei che anche nell’Urbanistica noi
adottassimo un principio di questo tipo, un principio olistico, cioè che va a capire come
noi dobbiamo lavorare su un tessuto della città che deve farsi carico di questi problemi e
che, quindi, non può demandare, a quelle che sono delle leggi di mercato, l’attuazione
di… - dal punto di vista della logica di chi opera privatamente su questo mercato è più
che lecita -, ma, voglio dire, di attuare degli interventi, e, sicuramente, il mondo
dell’edilizia, fortemente contratto, sta guardando quei tipi di intervento sulle RSA con
un interesse e un appetito molto molto forte, e lo vediamo anche sulla nostra Città in
questi anni, ma questo deve essere regolato in qualche misura dalla Città, deve essere
verificato e pianificato. Noi non possiamo lasciare che le cose succedano, senza che ci
sia dietro un disegno, una volontà di riuscire, come dicevo, appunto, ad avere un
principio anche olistico, nel senso che questo tipo di interventi devono poter parlare col
territorio, devono poter capire come si inseriscono e che tipo di condizioni andiamo a
garantire per la vita delle persone che si trovano nella fase terminale della loro vita e
quindi nell’ultimo periodo e che possono davvero innestare dei sistemi, anche, di
possibilità di servizi che devono essere assolutamente garantiti. Questo perché, credo, è
una delle cose attuali che, oggi, è stata richiamata, mi sembra anche con grande
puntualità e che noi, proprio nei dieci giorni che vediamo da qui in avanti, dovremmo
discutere. Io ritengo che dieci giorni siano un periodo assolutamente troppo breve per
poter valutare dei temi così importanti, però è importante e sarà necessario, che, anche
nelle fasi poi successive di quest’iter di approvazione di uno strumento così importante -
perché non è solamente andare a definire i parametri di edificabilità, è proprio una
visione che abbiamo sulla Città in un arco temporale, comunque, almeno, di un paio di
decenni -, è necessario che questa riflessione sia profonda, sia attenta e capace, come
oggi, di aprirsi a tutta una serie di apporti che dobbiamo poter fare nostri e che, quindi,
ci renda contezza delle responsabilità che dobbiamo apportare. La ringrazio, Presidente
e soprattutto ringrazio gli ospiti.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Adesso ho la Consigliera Scanderebech. Prego, ha sei minuti.

SCANDEREBECH Federica
Grazie, Presidente. Intanto ringrazio anch’io tutti gli intervenuti, perché, secondo me,
non bisogna additare nessuno, ma nel rispetto dei tanti morti, della tanta sofferenza, un
dibattito costruttivo era dovuto e quindi, oggi, con molta attenzione, ho ascoltato tutti
gli interventi e delle riflessioni successive, secondo me, vanno svolte e bisogna
sviscerare i tanti temi, anche più particolari, in cui, politicamente, con dovizia di dati, si
potrebbe affrontare un dibattito molto più ampio, sia nelle tempistiche e sia negli
argomenti. Infatti, veniva da alcuni richiamato il perimetro delle nostre funzioni, delle
nostre responsabilità, delle nostre competenze, come Città di Torino, ma anche come
organo di indirizzo politico, organo di indirizzo politico sulla città e sull’area
metropolitana, ricordando sempre che la nostra Sindaca, chiaramente, ha una
competenza anche sull’area metropolitana più ampia. Ad esempio, non ho sentito citare,
ma perché l’argomento, probabilmente, si è svolto in maniera un po’ più ampia, il fatto
che sono a conoscenza, ad esempio, che a febbraio i nostri servizi della Città avevano in
carica circa 900 tutelati tra anziani, disabili e adulti in difficoltà. Tra questi 900 tutelati -
ricordiamo che il tutore è la nostra Assessora Schellino -, alcuni, chiaramente, erano
nelle RSA, alcuni, purtroppo, non sono più qui con noi, quindi, ad esempio, questo è
uno dei tanti temi che, in un’ipotetica Commissione d’Indagine, che era stata proposta,
poteva essere sviscerato, sia con dovizia di dati più precisi, rispetto a quelli che io
personalmente ho in possesso da febbraio, ma anche, diversamente, si poteva, tramite
questa Commissione d’Indagine, che veniva proposta, che veniva richiamata prima dal
Collega Petrarulo - e ringrazio chi ha sottoscritto la mozione - perché, a parer mio,
veramente, dobbiamo - e, anche dopo gli interventi di oggi, la necessità, secondo me,
c’è - approfondire il tema in maniera più ampia. Una slot in più di Commissione solo
sul tema, forse, sarebbe necessaria e opportuna. Io faccio un appello all’Aula,
sinceramente: se siamo ancora in tempo a capire come fare per approfondire ancora di
più il tema, capire come fare, magari sottoscrivendo anche questa mozione di indagine,
che non vuole, assolutamente, additare nessuno, ma vuole dare più spazio ad un
dibattito che potrebbe essere, veramente, proficuo e costruttivo e, soprattutto, potrebbe
sviscerare tutte quelle competenze, responsabilità e quei dati in possesso della Città e
che la Città, secondo me, responsabilmente deve, per i tanti morti e decaduti che ci sono
stati nelle nostre strutture, ma anche, di per sé, in maniera più ampia, nella nostra città.
Quindi, Presidente, termino e concludo ringraziando veramente tutti gli intervenuti e
ringraziando per questa possibilità di dibattito che c’è stata oggi, che ho considerato
veramente proficua e utile. Grazie.

SICARI Francesco (Presidente)
Grazie a lei. Io non ho altre richieste di intervento da parte dei Consiglieri. Attendo
soltanto un attimo. Allora, non vedo richieste di intervento.
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