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Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 1 Giugno 2020 ore 13,00
Paragrafo n. 32
ORDINE DEL GIORNO 2020-01173
(ODG N. 13/2020) "OMICIDIO PROCURATORE BRUNO CACCIA - 26 GIUGNO 1983. LA FAMIGLIA ATTENDE ANCORA DI CONOSCERE LA VERIT?" PRESENTATA IN DATA 22 MAGGIO 2020 - PRIMA FIRMATARIA TEVERE.
Interventi
TEVERE Carlotta
Grazie, Presidente. Innanzitutto ringrazio la Conferenza dei Capigruppo per aver deciso
di far passare questo ordine del giorno come primo atto dopo la votazione delle delibere.
L’ordine del giorno che ci apprestiamo a votare mi vede come prima firmataria, ma ci
tengo a sottolineare che si tratta di un atto condiviso e presentato dalla Commissione
Legalità tutta. La vicenda del Procuratore Bruno Caccia, infatti, è una vicenda che
questo Comune e questo Consiglio seguono da anni. Numerose sono state le audizioni
della famiglia e dell’avvocato Repici in Commissione, affinché i Consiglieri potessero
essere informati degli sviluppi processuali. Nel 2016 la Città si è anche costituita Parte
Civile nel processo a carico di Rocco Schirripa. Immancabile la presenza della Città
all’appuntamento che ogni anno, da otto anni, la Scuola Primaria D’Azeglio organizza,
nell’ambito del progetto “La scuola adotta un monumento”, proprio davanti alla lapide
voluta dalla famiglia e dal Sindaco dell’epoca, nella via in cui viveva e dove è stato
assassinato bruno Caccia. Grazie, infatti, alla sensibilità della Dirigenza scolastica e
della maestra Lucia, ma non solo, i bambini, nel ricordare con profondo affetto il
Magistrato torinese, affrontano il tema del rispetto delle regole e della legalità con un
approccio capace di emozionare e far riflettere genitori ed ospiti, che assistono
commossi. Quest’anno avremmo voluto invitare la scuola a Palazzo Civico, ma
l’emergenza sanitaria, ovviamente, ci ha obbligati a rimandare. L’anno scorso, su
proposta del movimento Agende Rosse Torino, che è uno degli invitati permanenti della
Commissione, è stato organizzato un convegno di approfondimento, al quale ha
partecipato anche il dottor Mario Vaudano, Magistrato oggi in pensione, che fu Giudice
Istruttore presso il Tribunale di Torino. L’Associazione Libera, come sappiamo, ha
intitolato a Bruno Caccia, la cascina confiscata a Domenico Belfiore a San Sebastiano
da Po e tra poco, per chi non lo sa, dirò chi è Belfiore e capirete quanto è stata
significativa questa confisca. Tutte iniziative volte non solo a ricordare il prezioso
lavoro del Magistrato, ma soprattutto, come chiede la famiglia da anni, a rimarcare, così
come per altri delitti commessi negli anni dalle organizzazioni criminali, la necessità di
sapere esattamente come sono andate le cose e perché. Il 19 febbraio 2020 la Corte di
Cassazione ha rigettato il ricorso di Rocco Schirripa e pertanto la sua condanna, quale
responsabile dell’omicidio di Bruno Caccia, è divenuta irrevocabile. Una vicenda
processuale lunga e complicata, che l’avvocato Repici ha esposto molto bene durante le
sedute. In questa sede mi limito a riprendere le parole della requisitoria del Procuratore
Generale della Cassazione, dottor Viola, riportate dagli organi di stampa, il quale
definisce l’uccisione di Caccia come: “Connotata - e qui cito testualmente - da trame
ampie e complesse”. Sempre cito testualmente: “Caccia è stato un servitore dello Stato
con una condotta fuori dall’ordinario, non per i passi fatti in avanti, ma per i passi
indietro fatti da altri”, e con le parole di Giovanni Falcone ricordo che: “Si muore
perché spesso si è privi delle necessarie alleanze”. Lo stesso Viola ha aggiunto che:
“Caccia è stata la prima vittima di mafia al Nord”, a Torino, aggiungo io. Oggi, pochi
giorni dopo l’anniversario della strage di Capaci e a 25 giorni da quello di Bruno
Caccia, le parole di Giovanni Falcone devono risuonare anche in quest’Aula virtuale e
purtroppo paiono ben adattarsi anche alla vicenda che oggi ci occupa. “Si muore
generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande”, così
diceva il Magistrato siciliano, e negli anni troppe e troppo dolorose sono state le morti
come queste. Era il 26 giugno 1983, nei giorni immediatamente successivi al delitto si
succedettero telefonate agli organi di informazione, con le quali si rivendicò alle Brigate
Rosse la paternità del grave delitto, rivendicazioni poi rivelatesi successivamente false.
È noto invece che all’epoca il dottor Caccia indagava sul Casino di Saint Vincent ed era
al vaglio degli inquirenti l’ipotesi del riciclaggio di denaro proveniente dai sequestri di
persona commessi dalla criminalità organizzata. Due sono le condanne emesse e
diventate definitive: 23 settembre 1992, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso di
Domenico Belfiore e conferma definitivamente la sua condanna all’ergastolo, quale
mandante dell’omicidio di Bruno Caccia; ecco perché è significativa la confisca del suo
immobile a San Sebastiano. Il 19 febbraio 2020, come già detto pocanzi, la Corte di
Cassazione rigetta il ricorso di Schirripa e pertanto la sua condanna, quale uno dei
responsabili dell’omicidio di Bruno Caccia, è divenuta irrevocabile. Ma durante l’ultima
audizione del 21 aprile scorso, il legale della famiglia riferisce di procedimenti e di
indagini ancora aperti presso il Tribunale di Milano. Oggi, dunque, come questo atto il
Consiglio Comunale di Torino dimostra la volontà di voler andare oltre il doveroso e
dovuto ricordo, chiedendo alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno
delle mafie di attivarsi ai sensi della propria Legge istitutiva e del proprio Regolamento
sull’omicidio del Procuratore Bruno Caccia, omicidio che quasi 37 anni fa ha sconvolto
la nostra città. Dopo la votazione, l’atto sarà inviato alla Commissione e sarà mia cura
verificare la sua presa in carico, con l’auspicio che la nostra Commissione ed il
Consiglio tutto possano essere tenuti al corrente, nelle forme e nei modi ritenuti più
opportuni e nel rispetto delle normative e prerogative di legge, dei lavori della
Commissione Parlamentare. Credo, infatti, che questo sia dovuto non solo a Bruno
Caccia il Magistrato, Magistrato integerrimo ed inavvicinabile, motivazione per la
quale, come si legge in una delle sentenze, fu ucciso, ma anche a Bruno Caccia l’uomo,
marito di Carla e papà di Paola, Cristina e Guido, Bruno Caccia che non ha potuto
vedere i propri figli crescere, che ha potuto conoscere solo quattro degli otto nipoti
avuti, nipoti che non hanno potuto avere un nonno che li viziasse, che non ha potuto
continuare semplicemente a svolgere un lavoro che amava e vivere la sua vita, e la
domanda è una sola: perché? Grazie, Presidente.

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