Interventi |
TEVERE Carlotta Grazie, Presidente. Innanzitutto ringrazio la Conferenza dei Capigruppo per aver deciso di far passare questo ordine del giorno come primo atto dopo la votazione delle delibere. L’ordine del giorno che ci apprestiamo a votare mi vede come prima firmataria, ma ci tengo a sottolineare che si tratta di un atto condiviso e presentato dalla Commissione Legalità tutta. La vicenda del Procuratore Bruno Caccia, infatti, è una vicenda che questo Comune e questo Consiglio seguono da anni. Numerose sono state le audizioni della famiglia e dell’avvocato Repici in Commissione, affinché i Consiglieri potessero essere informati degli sviluppi processuali. Nel 2016 la Città si è anche costituita Parte Civile nel processo a carico di Rocco Schirripa. Immancabile la presenza della Città all’appuntamento che ogni anno, da otto anni, la Scuola Primaria D’Azeglio organizza, nell’ambito del progetto “La scuola adotta un monumento”, proprio davanti alla lapide voluta dalla famiglia e dal Sindaco dell’epoca, nella via in cui viveva e dove è stato assassinato bruno Caccia. Grazie, infatti, alla sensibilità della Dirigenza scolastica e della maestra Lucia, ma non solo, i bambini, nel ricordare con profondo affetto il Magistrato torinese, affrontano il tema del rispetto delle regole e della legalità con un approccio capace di emozionare e far riflettere genitori ed ospiti, che assistono commossi. Quest’anno avremmo voluto invitare la scuola a Palazzo Civico, ma l’emergenza sanitaria, ovviamente, ci ha obbligati a rimandare. L’anno scorso, su proposta del movimento Agende Rosse Torino, che è uno degli invitati permanenti della Commissione, è stato organizzato un convegno di approfondimento, al quale ha partecipato anche il dottor Mario Vaudano, Magistrato oggi in pensione, che fu Giudice Istruttore presso il Tribunale di Torino. L’Associazione Libera, come sappiamo, ha intitolato a Bruno Caccia, la cascina confiscata a Domenico Belfiore a San Sebastiano da Po e tra poco, per chi non lo sa, dirò chi è Belfiore e capirete quanto è stata significativa questa confisca. Tutte iniziative volte non solo a ricordare il prezioso lavoro del Magistrato, ma soprattutto, come chiede la famiglia da anni, a rimarcare, così come per altri delitti commessi negli anni dalle organizzazioni criminali, la necessità di sapere esattamente come sono andate le cose e perché. Il 19 febbraio 2020 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di Rocco Schirripa e pertanto la sua condanna, quale responsabile dell’omicidio di Bruno Caccia, è divenuta irrevocabile. Una vicenda processuale lunga e complicata, che l’avvocato Repici ha esposto molto bene durante le sedute. In questa sede mi limito a riprendere le parole della requisitoria del Procuratore Generale della Cassazione, dottor Viola, riportate dagli organi di stampa, il quale definisce l’uccisione di Caccia come: “Connotata - e qui cito testualmente - da trame ampie e complesse”. Sempre cito testualmente: “Caccia è stato un servitore dello Stato con una condotta fuori dall’ordinario, non per i passi fatti in avanti, ma per i passi indietro fatti da altri”, e con le parole di Giovanni Falcone ricordo che: “Si muore perché spesso si è privi delle necessarie alleanze”. Lo stesso Viola ha aggiunto che: “Caccia è stata la prima vittima di mafia al Nord”, a Torino, aggiungo io. Oggi, pochi giorni dopo l’anniversario della strage di Capaci e a 25 giorni da quello di Bruno Caccia, le parole di Giovanni Falcone devono risuonare anche in quest’Aula virtuale e purtroppo paiono ben adattarsi anche alla vicenda che oggi ci occupa. “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande”, così diceva il Magistrato siciliano, e negli anni troppe e troppo dolorose sono state le morti come queste. Era il 26 giugno 1983, nei giorni immediatamente successivi al delitto si succedettero telefonate agli organi di informazione, con le quali si rivendicò alle Brigate Rosse la paternità del grave delitto, rivendicazioni poi rivelatesi successivamente false. È noto invece che all’epoca il dottor Caccia indagava sul Casino di Saint Vincent ed era al vaglio degli inquirenti l’ipotesi del riciclaggio di denaro proveniente dai sequestri di persona commessi dalla criminalità organizzata. Due sono le condanne emesse e diventate definitive: 23 settembre 1992, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso di Domenico Belfiore e conferma definitivamente la sua condanna all’ergastolo, quale mandante dell’omicidio di Bruno Caccia; ecco perché è significativa la confisca del suo immobile a San Sebastiano. Il 19 febbraio 2020, come già detto pocanzi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso di Schirripa e pertanto la sua condanna, quale uno dei responsabili dell’omicidio di Bruno Caccia, è divenuta irrevocabile. Ma durante l’ultima audizione del 21 aprile scorso, il legale della famiglia riferisce di procedimenti e di indagini ancora aperti presso il Tribunale di Milano. Oggi, dunque, come questo atto il Consiglio Comunale di Torino dimostra la volontà di voler andare oltre il doveroso e dovuto ricordo, chiedendo alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno delle mafie di attivarsi ai sensi della propria Legge istitutiva e del proprio Regolamento sull’omicidio del Procuratore Bruno Caccia, omicidio che quasi 37 anni fa ha sconvolto la nostra città. Dopo la votazione, l’atto sarà inviato alla Commissione e sarà mia cura verificare la sua presa in carico, con l’auspicio che la nostra Commissione ed il Consiglio tutto possano essere tenuti al corrente, nelle forme e nei modi ritenuti più opportuni e nel rispetto delle normative e prerogative di legge, dei lavori della Commissione Parlamentare. Credo, infatti, che questo sia dovuto non solo a Bruno Caccia il Magistrato, Magistrato integerrimo ed inavvicinabile, motivazione per la quale, come si legge in una delle sentenze, fu ucciso, ma anche a Bruno Caccia l’uomo, marito di Carla e papà di Paola, Cristina e Guido, Bruno Caccia che non ha potuto vedere i propri figli crescere, che ha potuto conoscere solo quattro degli otto nipoti avuti, nipoti che non hanno potuto avere un nonno che li viziasse, che non ha potuto continuare semplicemente a svolgere un lavoro che amava e vivere la sua vita, e la domanda è una sola: perché? Grazie, Presidente. |