Interventi |
ARTESIO Eleonora Grazie. Sarò meno gentildonna di quanto sia stato gentiluomo il collega Tresso. Ricordo molto bene le convocazioni delle Commissioni e del Consiglio Comunale in carcere e la retorica diffusa in quella occasione, che io all’epoca interpretai come sincera volontà e come onesta intenzione di considerare la condizione di detenzione e il carcere della città di Torino come una dimensione cittadina, come un altro quartiere di Torino. Così come ricordo molto bene le conferenze stampa affollate da Giunta, Sindaca, Consiglieri di Maggioranza, quando si sono siglati protocolli, appunto utilizzando le risorse di Cassa Ammende, con l’invito al Presidente di Cassa Ammende, ad esempio per l’impiego occupazionale dei detenuti che possono scontare quota parte della pena attraverso attività lavorativa, oppure che, giunti a fine pena, possano utilmente impiegare le competenze professionali acquisite. Se il carcere è un quartiere di Torino, lo è anche quando non diventa oggetto di una conferenza stampa. Se il carcere è un quartiere di Torino, lo è anche quando non si è in condizioni di proporre progetti apprezzabili dal punto di vista dell’opinione pubblica e degli organi di informazione, ma si è chiamati a dover condividere questioni acute e dolorose. Quindi io credo che il ritardo con il quale il Comune di Torino ha dato seguito alle preoccupazioni espresse sia da coloro che hanno compiti istituzionali, peraltro nominati dalle Istituzioni in ordine alla tutela delle persone private della libertà, ritardo e anche, diciamo, ignoranza delle possibilità da applicare e da praticare, perché, se è pur vero, e conosco bene il tema, che la Sanità Penitenziaria è compito della Regione, è altrettanto vero che le misure alternative alla permanenza in carcere si fondano su una possibilità di collaborazione tra l’interno e l’esterno, tra le necessità avanzate da chi è dentro e le opportunità ricercate da chi è fuori. Quindi la possibilità di intervenire sul tema del sovraffollamento, dannoso sempre, pericoloso nella condizione dell’emergenza sanitaria, avrebbe chiamato in causa tempestivamente, e a mio modo di vedere doverosamente, l’attività dell’Amministrazione Comunale, a maggior ragione laddove, come in questo caso, era possibile attivare delle risorse finalizzate allo scopo, come quelle di Cassa Ammende. Il perché si è tardato è chiaro nella relazione che ci è stata illustrata, perché se il finanziamento è una startup, cioè consente e copre una fase temporale, quella dell’avviamento, poi ci troveremmo a dover ragionare sulla continuità e quindi a doverci preoccupare di intervenire come Ente Comune. Questa è la motivazione, l’argomento ricorrente, il fil rouge che percorre tutti i comportamenti della nostra Amministrazione, così solerte nell’indicare istituzionalmente i compiti altrui, così veemente nel segnalare politicamente le negligenze altrui, così attenta ad evitare di essere minimamente coinvolta. Ora io credo che su questa vicenda, che peraltro sta facendo dibattere molto tutta l’opinione pubblica nazionale, noi si debba segnalare che in questa contingenza specifica non abbiamo trovato lo spirito che ascoltavamo nelle dichiarazioni dell’Amministrazione e della Giunta in altre occasioni, non abbiamo ritrovato il ponte di cui tanto si sente parlare, ma abbiamo rintracciato una banale, burocratica modalità, secondo la quale se non è nostra competenza o se lo è solo indirettamente, meglio è non essere coinvolti. Mi dispiace molto su questo, come su altri temi di cui parleremo dopo e di cui abbiamo parlato nelle settimane scorse, di ritrovare questo stile. |