Interventi |
POLLICINO Marina La ringrazio, Presidente. Un ringraziamento anche alla proponente della proposta di ordine del giorno. Durante l’illustrazione in Commissione, la Vicepresidente Artesio, di cui cito le parole a memoria, ma in modo abbastanza preciso, ha sottolineato come l’affermazione del potere del regime nazista, ed anche fascista, si sia basato soprattutto sulla costruzione di un clima di consenso e di acquiescenza, all’idea che il progresso e la supremazia di un popolo potessero dipendere dall’eliminazione fisica, non solo di quelle che erano considerate razze inferiori, ma anche di soggetti considerati indesiderabili, inutili, disturbanti, e valutati come elementi improduttivi, e quindi costi per la società. Ed è su questo che vorrei porre l’attenzione, perché trovo che ci siano preoccupanti elementi di similitudine tra gli anni ‘20 - ’30 del secolo scorso, ed i primi 20 anni del nuovo millennio. Le somiglianze, che io noto, sono quelle che fanno riferimento al lento processo di formazione di quel clima di consenso, accettazione di tesi, disvalori e principi che, fino a qualche tempo fa, avrebbero provocato lo stigma deciso della maggioranza dei cittadini e delle forze politiche dell’intero arco costituzionale, e l’allontanamento da ogni mezzo di comunicazione mediatica, e che purtroppo oggi provocano reazioni indignate sempre più stanche e non sempre in grado di contrastare la devianza di un messaggio che è diventato ancora più subdolo rispetto al passato. Se da un lato, infatti, si riconoscono i diritti fondamentali, le pari opportunità, l’inclusione ed il contrasto alla discriminazione, dall’altro, implicitamente, si ammette che purtroppo, spesso, per ragioni di bilancio, non si può fare di più. E di fronte ai bilanci e ai problemi economici in qualche modo si afferma l’impotenza della politica, e si fa passare strisciante il messaggio che le politiche pubbliche siano necessariamente costrette ad arrivare fin dove si può, e non oltre, nell’assicurare i principi costituzionalmente garantiti, e che quindi certi costi siano affrontabili, ma fino ad un certo punto. D’altra parte, se viviamo in una società, nella quale pubblicità classiste possono tranquillamente instillare nella mente dei nostri figli l’idea che a scuola, sotto una gioiosa nevicata, possano andare solo i bambini i cui genitori dispongano di ingombranti auto d’élite; e se si accetta impunemente che si possano costruire carriere basate sulla sollecitazione dei più vergognosi istinti di umiliazione e violenza sulle donne; se pur di non affrontare i problemi reali del Paese, si punta il dito contro lo straniero, il diverso culturalmente, percepito come un costo o un pericolo; se si spinge, in assenza di un dibattito aperto nel Paese, sull’approvazione di accordi per conseguire l’autonomia differenziata, facendo credere che in questo modo alcune regioni abbiano la possibilità di liberarsi della zavorra di altre, siamo già ben oltre la fase di colpevole acquiescenza ad una certa visione della società, siamo alla sua accettazione da parte di un corpo sociale abbastanza consistente, per rendere minoritaria la rimanente parte sana e ferma sui valori della nostra Costituzione. Ed è significativo che proprio un cantautore italiano abbia ricevuto il premio Amnesty International Italia 2018 per il miglior brano sui diritti umani, con la canzone dal titolo evocativo “L’uomo nero”, dal cui testo traggo le seguenti parole: “E tu che pensavi che fosse tutta acqua passata, che questa tragica, lurida storia, non si sarebbe più ripetuta; tu che credevi nel progresso e nei sorrisi di Mandela; tu che pensavi che dopo l’inverno sarebbe arrivata la primavera, e invece no, e invece no”. Parole significative a cui mi appello per contrastare la deriva etico-culturale che sta interessando la società contemporanea, che non condivido e che non mi appartiene. Per queste motivazioni, sostengo convintamente l’ordine del giorno della Vicepresidente Artesio, che considero particolarmente attuale. Auspico vivamente che l’Amministrazione trovi le risorse adeguate per porre in essere le politiche di inclusione sociale e pari opportunità necessarie oggi più di ieri. |