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Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 16 Settembre 2019 ore 14,00
Paragrafo n. 17

Comunicazioni della Sindaca su "Nuovo assetto della Giunta Comunale".
Interventi
RUSSI Andrea
Grazie, Presidente. Grazie a lei, Sindaca. Sono davvero molto, molto contento di questo
spostamento di deleghe per l’importanza concettuale che ricopre. Premetto, il mio
giudizio non ha nulla a che vedere con i risultati raggiunti dall'Assessore Sacco, che ha
svolto a mio giudizio un ottimo lavoro, sia nel ruolo di mediazione con le sigle sindacali
e sia portando avanti le istanze della Città di Torino nelle diverse crisi del territorio che
abbiamo potuto esaminare e affrontare anche all'interno della III Commissione con i
commissari e si va dalle mense ai lavoratori Italia on line, a Imbraco, insomma, sono
tutte crisi che sono passate dalla III Commissione. Mi fa piacere che questa parte di
deleghe infatti sia rimasta in capo a lui, ma le mie considerazioni sono più relative ai
problemi occupazionali che sono introdotti dalla grande rivoluzione tecnologica che
stiamo vivendo, assieme ai problemi legati alle larghe economie di scala e alla
globalizzazione, infatti ha reso molto, molto obsoleto il paradigma che collega un
aumento di posto di lavoro a un aumento della produzione. È una formula che non
funziona più e diventano sempre più necessarie nuove forme di redistribuzione della
ricchezza. Nel ‘95 l'economista Jeremy Rifkin scrisse un saggio dal titolo emblematico,
quanto provocatorio, che era intitolato “La fine del lavoro”. Nella parte iniziale del libro
l'autore espone la tua tesi: “Prima delle rivoluzioni industriali più del 90% della
popolazione americana si occupava di agricoltura. Nella prima rivoluzione industriale
grandi masse di lavoratori lasciano l'agricoltura per andare a operare nelle fabbriche e
attualmente solo il 3% infatti della popolazione americana si occupa ed è impiegata
nell'agricoltura, ma grazie alle macchine agricole la domanda è ampiamente soddisfatta
dalla produzione. Nella seconda rivoluzione industriale è avvenuto qualcosa di analogo,
le macchine in automazione hanno preso il posto dell'uomo nell'industria manifatturiera
e le masse di lavoratori lasciano le fabbriche per spostarsi nel settore terziario ed
adottare il computer come nuovo strumento di lavoro. Ora siamo nel corso di una terza
rivoluzione industriale, nella quale l’incredibile progressione della potenza di calcolo
dei moderni lavoratori pone in esubero un crescente numero di lavoratori”, in pratica la
tecnologia che prende il posto del lavoro dell'uomo. A seguito di questo, la realtà che
l'autore vuole evidenziare è che le masse di lavoratori che escono dal terziario entrano a
far parte del mondo della disoccupazione. Non esiste un settore quaternario dove si
possono reimpiegare e insomma tutto ciò causa un impoverimento, anche delle persone
che già erano impiegate per via della maggiore concorrenza e di un numero sempre
minore di posti di lavoro disponibili. È una situazione che arriva quotidianamente alla
nostra attenzione, è veramente miope non rendersene conto. Il 30 gennaio 2019
ANSA.it titolava che “L'automazione ruberà il 25% dei lavori”. Viviamo in un mondo
dove 100 operai sono stati sostituiti da un unico Ingegnere che comando una catena
dove il lavoro di 99 operai non esiste più. E dove vanno a finire queste risorse? 20
casellanti autostradali sono sostituiti da bancomat e telepass e la settimana scorsa i
dipendenti della Catena alberghiera Marriot hanno indetto il primo sciopero contro i
robot che rubano il lavoro, in quanto sono stati introdotti nuovi sistemi di
riconoscimento dei clienti, praticamente attraverso la tecnologia di riconoscimento
facciale. Il mio stesso lavoro, sono un tecnico di radiologia, probabilmente e verrà
sostituito dalle macchine. Qua a Torino parliamo di guida autonoma, che sicuramente
non aiuterà il lavoro degli autisti. Molte delle aziende che abbiamo ascoltato in
Commissione Lavoro, tra l'altro non solo continuano a produrre, anzi producono molto
di più, aumentano la produzione, ma sono sempre meno persone che ci lavorano e sono
sempre meno pagate, di conseguenza sono sempre meno necessari i lavoratori per la
produzione. Dopotutto le nuove tecnologie nascono proprio per quello, per lavorare di
meno e avere più tempo libero, solo che in una società come la nostra, fortemente
impostata sul lavoro, tanto che il lavoro è il primo punto della nostra Costituzione, tra i
principi fondamentali, il reddito è legato all’attività lavorativa che genera consumi e
dunque altro lavoro. Si può affermare, estremizzando, che se non c'è lavoro, mancano
proprio le fondamenta su cui è costituita la nostra società. I risultati sono sotto gli occhi
di tutti e molto spesso si trasformano in disoccupazione e impoverimento e ricorso agli
ammortizzatori sociali. Gli stessi Sindacati non hanno più gli strumenti adeguati per
contrastare questo processo. Lo Stato e tutte le Istituzioni, compresa la nostra,
dovrebbero cambiare il modo di intendere il lavoro e dovrebbero assumersi più
responsabilità nella regolamentazione e nella redistribuzione delle risorse. Dobbiamo
immaginare un altro mondo in cui esistono un salario minimo orario, ovviamente, ma
soprattutto un reddito di cittadinanza in un certo modo slegato dal lavoro, ma in
accompagnamento alla ricerca di un impiego, come forme di redistribuzione della
ricchezza, che è sempre più nelle mani di poche persone. Alla luce di queste
considerazioni, che sono un po' la fotografia dell'epoca che stiamo vivendo, e, ripeto,
non vederlo secondo me dimostra una miopia veramente infinita, diventa indispensabile
recuperare la dignità del lavoro anche attraverso percorsi assistenzialisti e sono contento
che la nostra Amministrazione abbia scelto con questo spostamento delle deleghe di
andare in questa direzione, che è, a mio giudizio, l'unica possibile. Grazie.

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