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Estratto dal verbale della seduta di Lunedì 29 Luglio 2019 ore 14,00
Paragrafo n. 18
DELIBERAZIONE (Giunta: proposta e urgenza) 2019-02307
MOTOVELODROMO. CONCESSIONE DEL DIRITTO DI SUPERFICIE SESSANTENNALE AD ASTA PUBBLICA CON VINCOLO DI DESTINAZIONE AD USO SPORTIVO. BASE ASTA EURO 250.000,00. APPROVAZIONE.
Interventi
TRESSO Francesco
Io prendo spunto dall’intervento che mi ha preceduto del Consigliere Chessa, per dire che invece sono profondamente rattristato di come oggi, a quasi un secolo dalla nascita di quell’oggetto, che è un oggetto particolare, che ha una valenza del tutto significativa ed emblematica per Torino, per quello che ha rappresentato nel mondo dello sport, per la sua localizzazione. Il modo con cui oggi andiamo invece a parlare, e purtroppo, temo, a votare del futuro di questo straordinario edificio, è un modo che mi vede profondamente critico, sia per quello che è stata la natura della procedura scelta, e sia per quello che sono i contenuti di questa proposta, che temo abbiamo inficiato anche il tipo di procedura che poi si è scelta. Dopo tre anni di valutazioni, onestamente mi aspettavo di più, ma lo dico sinceramente, anche perché, com’è stato richiamato a valle di quella che era stata la vicenda del Michelotti, questa era l’occasione davvero per dire: ci sono delle idee, proviamo a metterle in campo in maniera diversa. Proviamo a valutare anche che delle aree sono funzionali ad un periodo storico e che devono cogliere i mutamenti, i cambiamenti di quello che è un tessuto urbano. E quindi io che, peraltro, devo dire, sul discorso del Michelotti, mi ero trovato anche allineato sul fatto che per esempio ci si vincolasse per 40 anni all’idea di un certo tipo di utilizzo di quell’area... 30 erano, ecco, figurati, 30 anni. E poi per tutta risposta mi trovo addirittura una prima versione di questa delibera che vincola l’area per 99 anni, un secolo; un secolo, in cui il destino della città può cambiare in maniera complessiva e noi andiamo di fatto ad alienare un bene, perché l’istituto del diritto di concessione di fatto è un’alienazione del bene a tutti gli effetti. Se uno fa una visura successivamente, il proprietario compare il titolare del diritto di superficie. E quindi mi sembra una scelta di nuovo debole, proprio perché delega ancora una volta ed estromette la Città da un ruolo invece di governo, di controllo e di gestione di quello che è un bene pubblico. Tra l’altro lo dico sapendo tutta l’attenzione e la priorità che il tema dei beni pubblici, diciamo, riveste per la Maggioranza, che ancora oggi, ancora questa mattina in Commissione, in questo periodo, abbiamo modo di approfondire nell’ambito della definizione del regolamento. Quello che, riprendo appunto le domande che il Consigliere Chessa faceva, che cosa significa Motovelodromo, qual è il suo ruolo, e proprio quello che manca nel contenuto e nella narrazione di quest’atto. Manca un’idea forte, manca un’idea strategica, manca un rapporto di connessione tra quell’edificio e il resto di quel quadrante della città. Ora, ricordo che, non più tardi del 2012, Milano, esattamente su un problema analogo, il Velodromo Vigorelli, ha fatto un bando di valenza internazionale, ha fatto un bando europeo, ha fatto una proposta, ha chiesto una proposta, raccogliendo, appunto delle suggestioni, tra l’altro con una spesa molto limitata. Ma perché non potevamo permetterci anche noi, dopo aver perso il salone, (incomprensibile) cos’era, il bar, e le Olimpiadi e tutto, non potevamo invece forare, scimmiottare qualcosa anche malamente e provare anche noi a fare una manifestazione perché realmente si cogliessero delle opportunità e si potesse fare un qualcosa che desse una valenza di respiro maggiore, con un concorso internazionale di progettazione, per esempio di questo genere, da cui poi si poteva iniziare a capire la città che cosa voleva cogliere, rispetto a quella che è la sua visione, come dico, del rapporto della città con lo sport, del rapporto della città con le università per esempio, perché c’è una connessione fisica anche, evidente, tra il Campus Einaudi, che è praticamente separato solo da una passerella sul Po da quell’oggetto. C’è un’idea, per esempio, di capire qual è il destino dell’Università di Scienze Motorie che ancora non abbiamo capito, forse poteva essere anche quella una proposta da valutare come possibile allocazione e investimenti per quel tipo di attività. C’è un rapporto del Motovelodromo con tutto un tessuto del verde, Torino città d’acqua, perché lì si colloca, siamo un fregio alla sponda del Po. C’è un rapporto, per esempio, tra la città e la recettività di un certo tipo, la recettività morbida, si poteva pensare di realizzare in quell’area una possibilità di ostello, anziché di campeggio, vai a sapere, ma tutto questo se c’era davvero un’idea di capire che cosa la città voleva mettere in connessione in quel quadrante della città con quel tipo di edificio che ha una valenza, come dicevo prima, molto importante. Molto importante, tra l’altro legato al mondo della bicicletta. Allora anche qui il fatto, per esempio, che si stia valutando e si è già alla progettazione definitiva, una ciclovia che unisce Venezia a Torino, poteva essere una suggestione di nuovo fortissima in cui, iconograficamente quell’oggetto diventava il punto ideale di arrivo o di partenza da cui poi probabilmente, i turisti che venivano a Torino per poter percorrere tratti o l’intera ciclovia, potevano avere modo di fermarsi, pianificare i loro percorsi e vedere la città in modo alternativo. E’ un mercato di targhe, è sicuro, ma è un mercato che, in molti paesi europei, smuove delle cifre importanti, basta pensare all’Austria, alla Francia, alla Germania. E anche su questo un’interlocuzione, peraltro con un Ministero amico, poteva esserci, per dire, ma a che punto siamo, abbiamo un ruolo che possiamo giocarci come città. Nulla di tutto questo, il silenzio assoluto. E anche la natura poi con cui è stata valutata quest’ipotesi, lascia dei dubbi fortissimi. Uno su tutti: si pare con una delibera che prevede un diritto di superficie per 99 anni, a fronte di una valutazione economica di 250.000 euro, la si riduce a 60 anni e si lascia invariata quella valutazione economica. Ma allora, scusate, ma come l’abbiamo fatta questa valutazione economica? C’è stato detto che sono stati valutati degli scenari in base alla valutazione di interventi, ma interventi che non sono stati assolutamente chiariti anche dalla componente tecnica degli uffici, perché gli interventi presumono che ci sia dentro un business plan, ci sarà sicuramente la messa in sicurezza, statica, la normativa antisismica, impiantistica, ma tutto dipende dal tipo di intervento che si vuole fare, tutto dipende dall’idea che si ha e quindi che tipo di investimento si vuole fare. Quindi la discrezionalità è totale, e quindi quella cifra che come dico, dimezziamo gli anni praticamente e rimane invariata, già ci fa presumere che forse quella valutazione iniziale era affetta quanto minimo da un livello di incertezza. Ma è possibile, Assessore, che arriviamo davvero a definire con questo livello di superficialità e di leggerezza, degli interventi di questa natura, che possono davvero avere emblematicamente anche un impatto fortissimo per la città, una capacità di avere una visione, la volontà di creare davvero intorno a Torino e al mondo dello sport che può rappresentare una visione di importanza, di futuro, di strategia. In ultimo ancora, il fatto che non sia stata valutata la possibilità di gestire, quindi scegliendo le modalità più opportune, un partenariato pubblico privato. Io sono ben contento che la Città, giustamente, ammetta che non ha dei soldi da investire e quindi cerchi delle risorse, però non possiamo delegare il ruolo di controllo, il ruolo di definizione delle strategie ad un privato, senza minimamente entrare… perché il livello poi di perimetro che andiamo a definire, i paletti che mettiamo sono molto laschi, si parla genericamente di attività legate allo sport, al mondo dello sport; ci è già stato spiegato come gli uffici non possono e ci hanno detto chiaramente, non si può ex ante prevedere che un certo tipo di attività commerciale non risulti poi generica, ancorché si tratti di piccole superfici, ma siamo sempre nell’ambito dei 250 metri quadri, ma si può benissimo realizzare una galleria commerciale, fatta di tanti lotti, ognuno di 250 metri quadri. Non è stata valutata la possibilità di una recettività e quell’area, destinata ai servizi pubblici, per i giochi o per lo sport, secondo quelle che sono le normative del PRG attuale, prevede parzialmente la destinazione di..., diciamo anche di strutture recettive, ma solo parzialmente, perché si parla di studentati, allora capire se questo era possibile rivederlo, si poteva fare una variante anche per esempio; l’ex Assessore Montanari ci disse “Non c’è stato tempo”, ma in tre anni si poteva fare tanta cosa, insomma, si poteva portare a casa anche una variante, se c’era un’idea davvero e se c’era anche un’idea di riscatto rispetto ad altre realtà limitrofe come quella del Michelotti. Invece una debolezza assoluta. Né la Città ha pensato che potesse mettere un piede, proprio nell’ottica di gestire un partenariato, affacciandosi anche a dei possibili bandi per cercare delle risorse, dei finanziamenti e quindi dire: io faccio una mia piccola parte perché ci credo su questo progetto e voglio vedere chi mi segue su un’idea che ho forte, sul Motovelodromo. Io sono andato a vedermi i bandi dell’Istituto per il Credito Sportivo, ce n’è uno che si chiama “Comuni in pista”, che sembra addirittura scritto apposta per il Motovelodromo, tra l’altro per l’area metropolitana dava fino a 6 milioni di euro per interventi che rientrano esattamente in quello che poteva essere la natura, a tasso zero. Certo, era un passo iniziale, però questo forse valeva la pena giusto per dare un segnale che c’era un’idea di così posizionarsi.

TRESSO Francesco
Vado a concludere. Ritengo ancora che ci siano delle lacune fortissime anche sotto il profilo di quelle che sono le idee progettuali su quell’area; il tema del parcheggio non viene minimamente valutato; ci sono dei vincoli ideologici che chiedono, per esempio, di spostare a ridosso della via Lomellina, quindi nell’area anche commercialmente meno significativa, tutta una serie di realizzazioni, ma anche quelle si potevano vedere, i vincoli (incomprensibile) si possono anche interpretare, si possono mettere delle limitazioni o delle migliorie dal punto di vista realizzativo, e come dico, poi tra l’altro c’è un problema dei parcheggi che non è stato minimamente valutato. Chiudo dicendo che, certo, però bisogna avere idee, ahimè bisogna lavorare sì, questo è vero, bisogna avere idee, lavorarle e si possono cercare dei finanziamenti europei, ci si può fare aiutare facendo dei concorsi, bisogna fare scouting tra gli investimenti, certo - tra gli investitori, chiedo scusa - e questo è fondamentale per poter poi gestire dei partenariati pubblico-privati, e fondamentale nel dichiarare che servono delle idee forti e allora poi forse gli investitori si sentono facenti parte di usa struttura che è robusta e che ha delle idee. Delegare è molto più semplice; fare un bando di questo tipo, molto debole, è facile, perché negli uffici un bando lo sanno fare, certo, se non c’è un imprinting politico il bando va avanti da solo...

TRESSO Francesco
E mi sembra che stiamo un po’ giocando a fare la pesca d’altura, si getta un amo, si spera che qualcosa abbocchi, ma non si ha assolutamente contezza di quello che abboccherà.
Prego, Capogruppo Napoli

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