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MENSIO Federico Grazie, Presidente. Un atto come questo, che è assolutamente sottoscrivibile, lo dico molto francamente, come fece in qualche Consiglio fa il Consigliere Lavolta, sarebbe stato, a nostro avviso, opportuno fosse condiviso dalla Presidenza del Consiglio Comunale, però ciò non toglie che, come ho detto, è condivisibile, tanto più che ci siamo impegnati a rappresentarlo anche con degli emendamenti che hanno trovato, come dire, la concordia con i primi firmatari dello stesso. Io parto un attimo, visto che ci sono alcuni emendamenti, ma è giusto per dire che sono emendamenti che vanno a specificare un po’ di più alcune cose che noi abbiamo tenuto, insieme al collega Malanca e altri colleghi del nostro gruppo, specificare un po’ meglio, ma non per sfiducia nei firmatari e soprattutto negli ispiratori di questa, anzi, ma è giusto dargli una connotazione politica molto forte e molto più forte, probabilmente, di quanto in altre Città hanno fatto. Detto questo, io nel 1968 ricordo che Aurelio Peccei, come ricordava il Consigliere del Partito Democratico, cioè un illustre cittadino torinese, fondò con gli altri esponenti del mondo scientifico e della società civile il Club di Roma, che nel ‘72 commissionò al MIT, proprio il rapporto sui limiti dello sviluppo, rapporto in cui già si parlava di crisi e in particolare di crisi delle risorse non rinnovabili e crisi da inquinamento. Tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso poi Alexander Langer, personaggio a me caro, che fu scrittore, giornalista, politico, fondatore dei Verdi italiani ed europei, in più discorsi e nei suoi scritti, parlava di conversione ecologica, ricercato alternative possibili a un sistema economico fondato sullo sfruttamento della natura e sul consumo illimitato delle risorse, sull’interesse privato e individualistico, sulla mercificazione della vita e ha contrapposto i valori della sobrietà e della conoscenza del limite e si è interrogato su quali consumi e produzioni siano compatibili con la riconversione ecologica dell’economia, capace di rispettare il pianeta. Poi nel 1992, cioè 26 anni prima di Greta, una ragazzina di 12 anni Severn Cullis-Suzuki, che aveva fondato l’Environmental Children’s Organization, andò ai vertici della Terra a Rio, autofinanziandosi, a parlare degli stessi problemi dei cambiamenti climatici 26 anni prima. Bene, dal 1968 a oggi, passando per tutti i decenni intermedi, sono mezzo secolo. Ecco, che cos’è cambiato in questo mezzo secolo? Quelle famose autorevoli voci, cioè Langer e molte altre, ma anche quella di Severn, 12 anni, perché non sono state ascoltate? E dov’era la politica in questi 50 anni? Dov’era la politica quando le aziende decidevano di investire sul motore endotermico, piuttosto che investire sui mezzi elettrici? Dov’era la politica quando si doveva parlare di prevenzione dei rifiuti, invece di tentare soluzioni non completamente efficaci o, di fatto, che non riducevano il problema? O, peggio ancora, di cedere alla soluzione nella costruzione di inceneritori? Dov’era la politica quando c’era da investire sul trasporto pubblico locale e invece oggi a Torino ci troviamo con 67 veicoli ogni 100 abitanti? Dov’era la politica quando era necessario prendere delle decisioni? Certo non popolari, ma necessarie per non trovarci nella situazione che oggi dobbiamo affrontare e soprattutto dovranno affrontare quelle generazioni future ispiratrici dell’atto? Ci troviamo oggi a parlare di emergenza climatica e ambientale, ma forse siamo leggermente in ritardo, il momento di agire probabilmente era 10, 15 o 20 anni fa e invece… e invece abbiamo seguito lo sviluppo, per quanto possa essere definito sostenibile e la crescita continua, il PIL, e siamo arrivati oggi, nel momento in cui non possiamo più invertire rotta, ce lo dicono gli studi, ma solo limitare i danni e per farlo dobbiamo tirare il freno a mano e spingere con tutti e due i piedi a fondo il pedale del freno. Eh, certo, parlare di certe cose non fa piacere a nessuno, di sicuro, neanche al sottoscritto ma, ahimè, a volte è necessario. Ecco, ma siamo in grado di tirare quel freno a mano? Io sinceramente non lo so più. Recentemente ho potuto leggere diversi testi e vedere anche dei film a CinemAmbiente, che ben delineano quali siano gli impatti dell’uomo sul Pianeta. Ne cito due: “Antropos in”, “The human era” e “The human factor”. Questi studi ci dicono che siamo entrati in una nuova era geologica, l’antropocene, ossia l’epoca geologica attuale, dicono gli studiosi, nella quale è l’essere umano e la sua attività che sono…, a cui attribuire le cause principali, modifiche territoriali, strutturali e climatiche. Ecco, noi siamo il problema, ma forse anche la soluzione. Quel dubbio…, il mio dubbio sul fatto che siamo come uomini, prima, e come cittadini e politici dopo, in grado di interrompere la pericolosa deviazione verso un binario morto e di non poter superare più il punto di non ritorno, è dovuto dal fatto che molti si dicono, sì, preoccupati e che si voglia agire in difesa dell’ambiente e del clima, ma nei fatti o non ci riescono, o non vogliono, o non possono rinunciare a determinate commodities e spesso non ci si informa o si viene informati in modo non completo, scientificamente e tecnicamente corretto ed esaustivo, convincendosi poi, per se stessi, che la propria posizione sia supportata da articoli di giornali o dal sentito dire. Allora termini come sostenibilità, economia verde, fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni, sono citati in modo non sempre consapevole, anche perché alcuni richiedono un cambio di abitudini o di atteggiamenti, che non sempre, come cittadini siamo in grado di accettare. Nella politica poi, ho la vaghissima impressione che si tenda a perseguire temi ambientali a fasi alterne o a seconda del bacino elettorale di riferimento, si veda recentemente il problema di inquinamento di smog delle aree urbane. In entrambi i casi si devono fare scelte difficili, sia come cittadini, sia come politici, impopolari e a volte scomode ma necessarie, se si guarda oltre il proprio mandato elettorale o oltre la propria necessità di vita nel prossimo lustro. Questo perché i tempi dell’ambiente e della natura non sono minimamente compatibili con la velocità che il genere umano ha raggiunto ai tempi di strumenti digitali e di internet. Langer aveva già previsto tutto ciò in un celebre discorso, che sintetizzo, disse: “Citius, altius, fortius, tre parole che potrebbero essere assunte bene come quinta essenza della competizione della nostra civiltà e messaggio cardine che oggi ci viene dato, essere più veloci, arrivare più in alto, essere più forti”, ecco il succo. Vi propongo il contrario: “Lentius, profundius e suavius”, più lentamente, più in profondità e più dolcemente, invece che con più energia e più roboanti. Così non si vince nessuna battaglia frontale, però forse si ha il fiato più lungo. Le scelte che quindi vanno fatte sono, sinceramente difficili, per tutti: ridurre in modo drastico lo sfruttamento delle risorse naturali e azzerare il consumo di quelle non rinnovabili, iniziare seriamente ad applicare i principi dell’economia circolare, consumare meno e meglio, pensare alla propria impronta ecologica, non seguire più la chimera dello sviluppo e della crescita a tutti i costi. Alla politica non piace, spesso, sentire parlare di decrescita “in-felice”, meglio parlare di sviluppo sostenibile, due facce della stessa medaglia, che fino ad oggi la politica ha dimenticato e ha dimenticato insieme a essi i temi ambientali e usa, a seconda delle necessità, come una sorta di greenwashing. Allora ben vengano le innovazioni tecnologiche sulle emissioni dei motori endotermici, che sono motori in tutti i sensi di sviluppo ma guai a toccare la mobilità privata. Le scelte che la politica è chiamata a fare, oggi non sono più procrastinabili e assoggettabili ad alcun interesse di parte, ma solo e soltanto a un interesse, quello della sopravvivenza della salute del Pianeta e con lui tutte le specie animali e vegetali che lo abitano. E il compito della politica, deve essere proprio quello di indirizzare quelle scelte e anche soprattutto determinati gruppi in tal senso. In coscienza so che la nostra parte politica, almeno nel Comune di Torino, ha fatto tutto il possibile in tal senso. Non cito tutte le cose che sono state fatte, le ha già dette in parte il Consigliere del PD, prima, però lo dico sapendo che la Commissione che ho il privilegio di presiedere ha, da più di un anno, posto l’accento sugli aspetti dei cambiamenti climatici, argomento che, sì, dovrebbe travalicare le ideologie politiche in tutti i sensi. Abbiamo avuto ospiti illustri, come l’ex Presidente di Kiribati, i rappresentanti della Città di Portland e altri, ma in quelle Commissioni spesso la presenza della politica, era sempre e solo quella di chi ci crede veramente. Purtroppo lo dico anche conscio del fatto che l’ambiente è talmente importante per questo Consiglio, che la nostra è l’unica Commissione che ormai da quattro mesi, oltre alla sua naturale scadenza, attende l’indicazione di un nome del Vicepresidente in seno alle Minoranze. Ebbene, l’atto che andiamo a votare, e che sottoscriviamo con il nostro voto e che abbiamo ritenuto, come ho già detto, avesse necessità di alcuni emendamenti, deve avere proprio questo indirizzo per tutti, guardare decisamente oltre l’interesse politico e oltre il mandato, sapendo che ciò che stiamo facendo e che faremo nel futuro sul tema dell’ambiente e del clima, sarà giudicato da chi verrà dopo di noi, esattamente come dovrebbero essere giudicati coloro che negli ultimi 20 anni non hanno preso sul serio le parole di Peccei, Langer, Cullis e molti altri. Termino con il messaggio che Langer, un messaggio che dovrebbe guidare le scelte politiche ed economiche del nostro futuro, sperando che questo futuro sia veramente lungo: “Oggi dovremmo dire che di per sé ogni nostro comportamento, per essere equo, dovrebbe, teoricamente essere moltiplicabile per 5 miliardi…”, oggi 7 “…tali siamo gli abitanti del mondo e credo che allora, molto presto, ci accorgeremo che molti dei nostri comportamenti non sono eticamente accettabili, perché non sono moltiplicabili per 5 miliardi”. |